Intervista esclusiva a Stefano Sarcinelli, in tournée con Francesco Paolantoni in “o Tello o…. Io”
Stefano Sarcinelli è un mondo da scoprire. Attore e autore, fra teatro e tv, è lui una delle firme del successo di “Stasera tutto è possibile” e intanto si divide fra tre impegni teatrali. Porta avanti lo spettacolo con Marco Marzocca “Ciao signò”, ha poi debuttato con Veronica Mazza e Eduardo Tartaglia con “Altro giro, altra corsa” e sarà in tournée con l’amico Francesco Paolantoni in “o Tello o…. Io”. Questa è la nostra intervista esclusiva, a cura di Roberto Mallò e Stefano Telese.
Come nasce la passione per il mondo dello spettacolo tanto da diventare poi il tuo lavoro?
“Mi sono avvicinato al mondo dello spettacolo piano piano, di nascosto. È cominciata questa passione frequentando piccoli gruppi teatrali di quando ero molto più giovane. Adesso sono ancora giovanissimo, però quando ero proprio bambino diciamo e anche signorino. Frequentavo i gruppi di teatro perché eravamo certi che col teatro si poteva cambiare il mondo, si poteva cambiare… e non abbiamo cambiato quasi niente però io ho cambiato la mia prospettiva, nel senso che il teatro mi ha cambiato moltissimo, mi ha dato innanzitutto una forma di disciplina che altrimenti, forse, non avrei avuto e quindi devo molto a questo, e poi mi ha soddisfatto in qualche modo un sogno, una passione. Ho cominciato a farlo di professione. Sono passato dai gruppi in cui si faceva Makbeth (credo abbia detto questo) in maniera ovviamente molto amatoriale, nel senso pieno d’amore ma forse con pochi soldi e poca professionalità a un teatro più leggero, probabilmente, però fatta con grande professionalità e grande passione. Ho iniziato con Nello Mascio, a Napoli, con Rigillo (credo), sono stato il suo aiuto regista per tre quattro anni; è stata la mia formazione. E poi, nel 1986/1987, sono stato a Milano, allo Zelig, e con Francesco Paolantoni debuttammo con uno spettacolo comico e ci rendemmo conto che, per fare meglio il teatro, era il momento di fare uscire dei nomi importanti e riconoscibili dal pubblico, che all’epoca era l’unico modo. Oggi con i social e con la televisione si può avere lo stesso risultato. La soluzione era quella di fare la televisone, in maniera allegra; era una parte della passione che prendeva un’altra strada.”
Quale è stata la tua prima esperienza da professionista?
“La prima esperienza vera da professionista, mi ricordo ancora il giorno in cui l’impresario mi diede i primi soldi, è stata La gondola fantasma di Gianni Rodari, uno spettacolo che feci a Napoli con la regia di Nello Mascia, che considero quello che mi ha dato questa grande opportunità. Poi ho avuto molta fortuna perché ho incontrato da lì Mariano Rigillo, dopo due anni che è stato un altro mio grande maestro a cui devo molto, e la televisione è stato Fate il vostro gioco, programma che facemmo per Raidue con Francesco Paolantoni nell’87/88. Con un giovanissimo Fabio Fazio che conduceva, insieme a Elvire Audray, con un cast che era composta da Malandrino e Veronica, Roberto Citran, Daniele Luttazzi, Lella Costa… Era tutto un gruppo di giovani attori comici, una grande esperienza per me.”
C’è stato un momento nella tua carriera che l’ha segnata in maniera importante?
“Nel 96/97 un’altra cosa importante è stato, per me, passare a fare l’autore in maniera più decisa. Con Macao, con Gianni Boncompagni, che è stata una grande professionalità. È stato molto impegnativo però è stata anche una scommessa. Attraverso un altro mio amico collega e autore, mi chiamò perché Gianni aveva bisogno di avere un confronto con uno che si occupasse più di comicità e quindi mi buttai un po’ a peso morto nel vuoto. Perché così io penso che questo lavoro debba essere fatto, con un po’ di fiducia verso il futuro, anche se non stai bene dove stai andando.”
Come ti descriveresti?
“Sono un posto che sta ancora cercando. Pigro, pelato e, come si può dire, umile. E anche passionale. Sono un appassionato, anche se non riesco a seguirla sempre, di pallacanestro. Ho giocato, una mezza schiappa, ma mi è sempre piaciuto tanto. Molto divertente, è uno sport di squadra, uno sport elegante, anche però bello duro. È spettacolare, ha molto a che fare con lo spettacolo il basket; le azioni velocissime, una dietro l’altra, e ogni giocatore… Poi la musica, fino a poco tempo fa compravo un sacco di dischi ecc. Adesso, con questa cosa di Spotify, ne compro meno; mi dispiace un po’ perché comunque l’oggetto disco era proprio bello. È bello sfogliare una copertina, leggere cosa l’artista in realtà ha voluto dire, ascoltare la musica e vedere chi suona, cosa suona, chi ha fatto gli arrangiamenti. Mi ha sempre appassionato molto questa cosa e quindi vado spesso ai concerti quando posso, suono malissimo la chitarra ma mi piace tantissimo. Volevo fare il chitarrista rock da grande, vorrei farlo ancora e credo che lo farò.”
Programmi e progetti futuri?
“A livello personale, vorrei perdere una 15ina di kg. Professionalmente mi piacerebbe molto fare più teatro. Ne parlavo con un amico e collega soprattutto; sarebbe bello recuperare col teatro quell’entusiasmo e quella passione di qualche anno fa, con la quale vivere soprattutto pensando alla bellezza di quello che stai facendo, che ha un valore di per sé perché mentre lo fai assume valore, non perché necessariamente bello o brutto. È come un po’ il ruolo delle anatre di Guccini… Cinque anatre volano a sud e la canzone finisce con queste anatre che non tutte arrivano a destinazione, ma l’importante era volare.”
C’è un collega che stimi particolarmente?
“Stefano De Martino è stata una piacevolissima sorpresa; e anche un punto di stimolo personale; è un gran lavoratore molto determinato, nel senso positivo del termine, è attento a quello che fa. Dedica la propria arte, nel senso sia mentale che fisica, al raggiungimento dello scopo non pensando soltanto al glamour che la televisione comunque ti dà, la visibilità. È anche un uomo disponibile, una persona veramente attenta al prossimo, arriva sempre in televisione ed è molto cordiale con tutti; c’è sempre spazio per un sorriso e una stretta di mano, per una chiacchiera. Spero che questa cosa, siccome lui è molto giovane, la conservi perché è un valore aggiunto alla professione.”
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