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Perché hai bisogno di uno smartphone con la batteria che dura molto?

Gli smartphone sono diventati i nostri compagni di vita. Con loro comunichiamo, accediamo alle notizie, discutiamo, ascoltiamo musica, consultiamo mappe e, sempre più spesso, lavoriamo. Avere un telefono veloce e prestazionale, che abbia un ottimo processore e una vasta memoria è fondamentale per la maggior parte delle persone, ma… 

A cosa servono potenza, memoria e velocità, senza energia? La scarsa durata di batterie non all’altezza è stato il problema maggiore degli smartphone del passato che, diventando sempre più potenti, avevano alti consumi. Oggi le cose sono cambiate: le batterie durano più di 24 ore, pur facendo un uso intensivo del cellulare. Ma perché hai bisogno di uno smartphone con la batteria che dura molto? Ecco alcuni validi motivi.

Niente paura

Hai mai sentito parlare di nomofobia? È la paura di non avere più accesso alla rete mobile e a tutte le funzioni che svolge lo smartphone. Forse anche tu ne hai sofferto, in forma più o meno accentuata. Per esempio, quante volte, hai sentito un lieve panico vedendo il 10% di batteria residua? Quante volte sei tornato a casa perché ti sei accorto di essere uscito senza prendere il caricatore o la powerbank? Quante volte hai chiesto ai titolari di un bar di mettere in carica il tuo smartphone perché era quasi scarico? Questo avveniva quando gli smartphone avevano batterie inadeguate, ma oggi non è un problema, visto che hai la possibilità di acquistare dispositivi che durano veramente a lungo, qualunque uso tu ne faccia.

Mai più senza in caso di emergenza 

Hai utilizzato il tuo smartphone per tutto il giorno. Magari ti stavi annoiando in treno o ascoltavi musica mentre andavi a piedi a lavoro o a scuola. Trascorri la tua giornata ma poi accade un imprevisto: le corse del treno che devi prendere sono state cancellate per un guasto al sistema elettrico binari o c’è un forte acquazzone e tu sei a piedi. Vorresti chiamare qualcuno che venga a prenderti, ma la batteria del tuo smartphone, già esaurita, si scarica completamente. 

Non ti resta che chiedere a qualcuno il favore di farti telefonare a casa, ma chi si fiderebbe si un estraneo per strada? Se tu avessi avuto un cellulare con una batteria che dura a lungo, probabilmente il tuo fedele amico tecnologico avrebbe resistito abbastanza da permetterti di chiamare qualcuno per farti venire a prendere. Questo è un caso ordinario, ma pensa se quella chiamata, invece, avrebbe potuto salvarti la vita in una situazione più rischiosa.

Efficienza professionale

Non è così importante avere una batteria che dura a lungo, se usi il tuo telefono per intrattenerti. Il fatto che si scarichi potrebbe essere a limite fastidioso, ma non dannoso. Immagina, invece, si usare il tuo smartphone per scopi professionali anche quando non sei alla tua scrivania. In questo caso, dovresti poter contare su un dispositivo affidabile, che sia potente, veloce e durevole. Ammettiamo che tu abbia un lavoro per il quale devi scrivere email, effettuare telefonate, consultare il web, lavorare su file saltati nei cloud. Il tuo smartphone multitask sarà anche funzionale ma, se non una buona batteria, potrebbe scaricarsi, mandando in fumo il tuo lavoro o impedendoti di partecipare a una riunione online importante. Se svogli attività di elevata importanza con lo smartphone, togliti il pensiero e comprane uno che abbia una batteria a lunga durata.

Conclusioni

Per farla breve, nessuno metterebbe in dubbio il fatto che uno smartphone con una batteria che dura sia molto meglio che averne uno che si scarica dopo aver visualizzato un paio di video su Youtube. Sai qual è la cosa migliore? È che oggi anche i dispositivi entry level possono essere dotati di batterie che avrebbero fatto l’invidia dei top di gamma di qualche anno fa. E non devi neppure spendere un patrimonio. Vuoi un esempio? L’honor x7 prezzo quasi irrisorio per le sue prestazioni. La sua batteria è stata definita inesauribile. Cosa aspetti ad averlo?

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Curiosità

Gioielli luxury: ecco i trend da seguire nel 2025

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Gioielli luxury: ecco i trend da seguire nel 2025

Attenzione alla natura, dimensioni oversize e design minimal: sono queste le direttrici che caratterizzano i trend del mondo dei gioielli nel 2025. Stiamo parlando di un anno caratterizzato da un notevole fermento dal punto di vista creativo, con proposte che mettono in evidenza il connubio tra innovazione e tradizione suggellato dalla ricerca della sostenibilità. Sono molteplici gli stili che contraddistinguono i gioielli moda del 2025, e ciò si traduce in molteplici opportunità per fare in modo che accessori unici consentano di assecondare i diversi gusti. Tra colori accesi e un elogio alla natura, non mancano i richiami all’artigianalità.

Lo stile boho-chic

Lo stile boho-chic, fondato sull’impiego di materiali grezzi e con un evidente richiamo alla natura, è tra i motori del modus operandi del 2025 nel comparto dei gioielli, in un panorama ispirato ai valori artigianali e all’autenticità. Tutti gli amanti di accessori originali possono trovare negli oggetti realizzati con lavorazioni manuali ciò di cui sono in cerca: ecco, allora, bracciali intrecciati, ciondoli naturali per collane stratificate e orecchini pendenti impreziositi da pietre come il turchese, l’agata e il quarzo. Sono proprio i dettagli frutto di una lavorazione manuale a rispecchiare ciò che c’è di seducente nell’artigianalità. I metalli non trattati, le perle d’acqua dolce e le conchiglie sono materiali organici che si abbinano alla perfezione a texture irregolari e lavorazioni cesellate.

Il mondo di Rubinia

Rubinia è il marchio a cui fare riferimento quando si è in cerca di gioielli speciali. Da 40 anni questo brand sfrutta i migliori materiali naturali e si dedica all’amore per ciò che è prezioso con l’intento di dare origine a creazioni speciali e straordinarie. Basta esplorare il sito web di Rubinia per scoprire una vasta gamma di soluzioni che mettono in evidenza tutto ciò che c’è di bello nella sartoria preziosa. I migliori gioielli su misura sono il risultato di un sapere artigianale che mescola emozioni ed esclusività.

I gioielli artigianali

gioielli artigianali non riflettono semplicemente uno stile, ma soprattutto una vera e propria filosofia. Non è, insomma, unicamente una questione di bellezza: in gioco ci sono la passione, la creatività e la capacità di connettersi con la natura. E se i gioielli boho-chic si dimostrano delicati, quelli oversize sono più coraggiosi, ideali per coloro che desiderano catturare l’attenzione delle altre persone. È il caso, per esempio, di collane dalle dimensioni importanti abbinate a pendenti scultorei, ma anche di bracciali rigidi e orecchini con formato maxi. Tutto contribuisce a conferire un tocco altamente ricercato e moderno. Oltre ad essere degli accessori, questi gioielli hanno la capacità di rendere straordinario il più semplice dei look.

I protagonisti di ogni outfit

Secondo i trend del 2025, i gioielli sono destinati a diventare protagonisti dell’outfit di chi li sceglie. Lungi dal rappresentare dei semplici dettagli da completamento, appaiono come oggetti in grado di caratterizzare e definire un outfit a 360 gradi. Gli anelli e i bracciali XXL, in un certo senso, arrivano a sfidare le convenzioni e si dimostrano ideali per le persone che amano osare. Gioielli moderni, con linee geometriche e forme nette, pensati anche per un pubblico dinamico e di giovane età, che non ha paura di esprimere con decisione il proprio sentire.

Attenzione alla sostenibilità

Uno dei concetti chiave della gioielleria del 2025 sarà la sostenibilità, intesa anche come connessione con il mondo naturale: una realtà che riflette la selezione di materiali naturali, e più in generale di processi produttivi studiati per assecondare le esigenze dell’ambiente. Spazio, dunque, a nuove collezioni che prevedono l’impiego di materiali preziosi riciclati e il ricorso a gemme derivanti da fonti etiche. Tanti designer stanno puntando su motivi organici e floreali e vogliono utilizzare tecnologie all’avanguardia per garantire produzioni a impatto ridotto. Sì, ma i colori? A vincere saranno le tinte più vivaci, come il verde dello smeraldo, il rosso del rubino e il blu dello zaffiro, per una bellezza moderna e audace. Chi preferisce farsi notare, d’altro canto, non ha che l’imbarazzo della scelta fra opali multicolore, ametiste viola e tormaline rosa. Sono materiali che possono essere abbinati a metalli lucidi e impreziositi da tecniche all’avanguardia, per poter generare gioielli unici e sempre più trendy.

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Curiosità

L’app Intesa Sanpaolo e il curioso mistero di “rutto.mp3”:...

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A volte gli imprevisti bussano alla porta nei modi più strani. E stavolta, ci ritroviamo di fronte a una curiosità che ci ha colpiti e un po’ destabilizzati. Abbiamo scoperto – e “scoperto” è proprio la parola giusta – che l’app ufficiale di Intesa Sanpaolo, uno dei nomi più noti della scena bancaria italiana, contiene al suo interno un file audio denominato “rutto.mp3”. Già così, la vicenda suona strana. Eppure, dietro a ciò che potrebbe sembrare una semplice burla (o uno scherzo maldestro), si nascondono diverse questioni che meritano attenzione, soprattutto quando si tratta di un’app utilizzata da migliaia di persone per gestire i propri risparmi.

Potrebbe sembrare l’ennesima storia nata per far sorridere sui social ma non è esattamente così. Qui ci troviamo nel regno della finanza, un ambiente dove tutto dovrebbe essere meticolosamente controllato. Emerge Tools, la società che ha portato a galla questa anomalia, si è occupata di scandagliare la struttura dell’app di Intesa Sanpaolo. Ed è così che è venuto a galla “rutto.mp3”: un file nascosto (o meglio, dimenticato?) che non ha alcuna utilità. Non fa parte di un gioco, non è un Easter egg simpatico: sembra proprio un pezzo superfluo lasciato indietro durante la fase di sviluppo.

Un’app un po’ troppo “pesante” per i nostri dispositivi

Dopo la scoperta del file “rutto.mp3”, Emerge Tools ha voluto andare ancora più a fondo. E sapete cosa è emerso? Che l’app di Intesa Sanpaolo, nel complesso, arriva a sfiorare i 700 MB di spazio occupato sui nostri smartphone. Una cifra, onestamente, impressionante. Pensateci: in un’epoca in cui tutto corre veloce e l’ottimizzazione è la parola d’ordine, ritrovarsi con un’app bancaria così voluminosa può far storcere il naso a molti. Gli esperti hanno sottolineato che oltre il 64% di questo “peso” è dato dai cosiddetti framework dinamici, librerie che permettono il funzionamento dell’app ma che potrebbero essere alleggerite in modo considerevole.

L’analisi ha puntato il dito anche su tanti altri file: duplicati, immagini non ottimizzate e risorse probabilmente dimenticate da chiunque abbia messo mano al codice. Insomma, un accumulo di frammenti che, a prima vista, potrebbero essere ripuliti senza troppi traumi. E la domanda che sorge spontanea è: perché tutto ciò non è già stato fatto? O forse il team di sviluppo si è perso per strada, oppure non ha pensato che i dispositivi degli utenti possano risentirne parecchio. In ogni caso, la situazione non passa di certo inosservata.

“rutto.mp3”: uno scherzo o un segnale di scarsa attenzione?

Ma cos’è esattamente questo famoso file audio dal nome tanto esplicito quanto improbabile? A quanto pare, un contenuto senza alcun valore funzionale, giusto un frammento potenzialmente goliardico. Emerge Tools, però, l’ha messo sotto i riflettori per un motivo ben preciso: se in un’app così importante, destinata a operazioni bancarie di rilievo, si trova qualcosa che non dovrebbe esserci, viene subito da chiedersi se la cura per i dettagli sia adeguata. Certo, “rutto.mp3” in sé non mette a rischio i nostri conti correnti, ma quanto possiamo sentirci sicuri se gli sviluppatori lasciano in giro elementi del genere?

È una riflessione lecita, soprattutto se ci poniamo dal punto di vista di chi, ogni giorno, apre l’app per controllare il saldo, effettuare bonifici o gestire carte di credito. Nessuno si aspetterebbe di imbattersi in file che non hanno alcuna correlazione con le normali funzioni di un prodotto bancario.

Reazioni contrastanti sul web: tra risate e preoccupazioni

Non poteva mancare, ovviamente, il tam-tam mediatico e digitale. In molti, sui social, hanno reagito con ironia. Alcuni hanno scherzato sull’ipotesi che qualche sviluppatore si sia concesso un “momento di svago” dimenticando di ripulire il codice. Altri, più preoccupati, hanno sollevato dubbi sul fatto che un colosso bancario possa mostrare simili disattenzioni. In un settore così delicato, tutto dev’essere sotto controllo, dalla sicurezza informatica fino al dettaglio più microscopico. Qualcuno ha anche ipotizzato che, se si lasciano indizi di scarsa precisione a questo livello, allora ci potrebbe essere altro di cui preoccuparsi.

Possibili rischi per la reputazione e il ruolo della qualità del software

Va detto chiaramente: “rutto.mp3” non espone di per sé l’utente a rischi immediati. Non è un virus, né un malware. Ma la sua presenza diventa un elemento simbolico, un segnale che fa drizzare le antenne a chiunque abbia a che fare con programmi informatici di un certo rilievo. In un clima dove la fiducia del pubblico è merce preziosa, basta pochissimo per intaccare l’immagine di una banca. E sappiamo bene quanto, per un istituto finanziario, mantenere una reputazione solida sia fondamentale.

Intesa Sanpaolo: silenzio e attesa di chiarimenti

Al momento, da parte di Intesa Sanpaolo, non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale. Stiamo tenendo d’occhio la situazione, perché è plausibile che la banca si stia muovendo per risolvere la faccenda in modo tempestivo. Del resto, alleggerire un’app da 700 MB, eliminare i file superflui e magari rassicurare noi utenti sull’accuratezza dei prossimi aggiornamenti potrebbe essere un bel segnale di responsabilità. Se si vuole rimediare, si può fare. E in modo anche relativamente rapido. C’è da sperare che questa lezione serva a evitare ulteriori scivoloni e anzi, a rilanciare un processo di miglioramento.

Uno spunto per l’intero settore bancario e digitale

D’altronde, il caso “rutto.mp3” va ben oltre la singola vicenda di Intesa Sanpaolo. Porta alla luce un tema più ampio: l’importanza di curare ogni millimetro di software. Troppo spesso, nelle fasi di sviluppo, si lascia indietro qualcosa di inutile e si trascura l’ottimizzazione. Ma in un’epoca in cui le app bancarie sono il principale mezzo attraverso cui effettuiamo operazioni finanziarie, non si può permettere che anche un dettaglio trascurabile sfugga. Emerge Tools, dal canto suo, ha fatto un lavoro che ci spinge tutti a riflettere. Non è questione di trovare il colpevole ma di capire come assicurarsi che tutto funzioni in modo impeccabile.

Ciò che conta, in definitiva, è che il sistema bancario si mostri consapevole e reattivo. Da parte nostra, continueremo a seguire la storia, perché è interessante vedere come un episodio insolito possa trasformarsi in un richiamo per l’intera industria della finanza. Se “rutto.mp3” riuscirà a stimolare un miglioramento, allora forse, per quanto possa apparire strano dirlo, la sua breve e assurda esistenza avrà avuto uno scopo. Staremo a vedere se Intesa Sanpaolo saprà cogliere l’occasione per dimostrare che la fiducia dei cittadini è davvero una priorità. Nel frattempo, la curiosità resta: chi avrà mai pensato di inserire quel file? E soprattutto, quante altre “sorprese” simili si nascondono nel mondo delle app che usiamo ogni giorno? Domande aperte, che speriamo non restino troppo a lungo senza risposta.

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Attualità

Omicidio in Spagna risolto grazie a Google Maps: il caso...

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Poche volte, nella cronaca recente, ci è capitato di imbatterci in una vicenda tanto assurda e, allo stesso tempo, tristemente reale. Ci riferiamo a un omicidio che ha lasciato un intero Paese, e forse il mondo intero, a bocca aperta. E non stiamo esagerando: c’è di mezzo un uso davvero inatteso della tecnologia, perché tutto è venuto alla luce grazie a Google Street View. Già, proprio quel servizio di mappe online che molti di noi utilizzano ogni giorno per cercare una via o dare un’occhiata a un quartiere prima di andarci. Invece, stavolta, ha fatto da testimone involontario a una tragedia.

Siamo in Spagna, più precisamente nella provincia di Soria, dove una tranquilla località chiamata Tajueco è balzata tristemente agli onori della cronaca. Una storia di sentimenti traditi, illusioni e violenza, che risale al novembre 2023, quando un uomo di origine cubana, 33 anni appena, si volatilizza nel nulla. L’obiettivo del suo viaggio era apparentemente la speranza di riappacificarsi con la moglie. Eppure, da quel momento, di lui non si sa più nulla. È proprio uno dei suoi parenti a lanciare l’allarme: i messaggi che arrivavano sul cellulare sollevavano troppi dubbi, sembravano fuori luogo, non rispecchiavano il solito modo di esprimersi di quest’uomo. Si respirava un’aria sospetta, come se qualcuno cercasse di costruire una versione di comodo sul motivo della sua scomparsa.

L’antefatto: perplessità e silenzi

Il caso fa presto a rimbalzare tra le forze dell’ordine. Una persona sparita in modo così brusco mette in allarme chiunque, specialmente quando il motivo ufficiale del suo viaggio risulta ancora più enigmatico. Ci siamo chiesti tutti: come può un uomo che vuole ricucire un legame così importante sparire così, senza salutare, senza lasciare traccia, se non qualche messaggio ambiguo? Di solito, in queste situazioni, si punta tutto sulle testimonianze, sulle videocamere dei negozi e si interroga chiunque possa averlo visto per l’ultima volta. Ma qui, la vera svolta è arrivata da un luogo inaspettato, ossia l’obiettivo di Google Street View.

Sospetti e svolta tecnologica

A un certo punto, gli inquirenti si sono imbattuti in qualcosa di inquietante: sul servizio di mappatura fornito da Google, un’istantanea ritraeva un uomo che, con una calma surreale, caricava un grosso sacco bianco all’interno del bagagliaio della sua auto. L’immagine è piuttosto sfocata, come spesso capita su Street View, ma i contorni di quel sacco e il contesto generale hanno fatto scattare un campanello d’allarme. La gente del posto lo ha riconosciuto: si trattava di un barista residente proprio a Tajueco, lo stesso luogo dove il nostro trentatreenne era stato visto per l’ultima volta.

E qui, si apre lo scenario più cupo: emerge che questo barista intratteneva una relazione con la moglie della vittima. Un dettaglio sconvolgente, che ha condotto gli investigatori a mettere sotto la lente di ingrandimento tutti i movimenti di costui. Da quell’immagine catturata quasi per caso, la polizia ha cercato ulteriori conferme, scandagliando telefonate, messaggi e tracce digitali. Passo dopo passo, si è delineato un quadro terribile, in cui non sembra esserci spazio per ipotesi alternative.

Google Street View: alleato imprevisto

Non si tratta solo di foto che immortalano una strada o un edificio. In questo caso, Google Street View è diventato una sorta di testimone scomodo e implacabile. L’indizio fornito da quell’immagine ha gettato una luce sinistra sui sospetti, spingendo le autorità a fare accertamenti più mirati. Intercettazioni, controlli incrociati e infine l’arresto. Le manette si sono strette non soltanto intorno ai polsi del barista ma anche intorno a quelli della moglie dell’uomo scomparso, a cui sono stati contestati reati gravissimi.

Ritrovamento macabro

Arriviamo così al 13 dicembre 2024, una data difficile da dimenticare per la gente di questa zona. Nel cimitero di Andaluz, una località vicina a Tajueco, viene ritrovato il corpo smembrato della vittima. Il suo destino, purtroppo, si era compiuto settimane prima. Gli stessi sospettati hanno permesso il ritrovamento, indicando con precisione dove fossero nascosti i resti. Una scoperta che ha scosso profondamente l’intera comunità, finora abituata a una vita semplice e lontana dai riflettori.

Conseguenze e riflessioni su privacy e tecnologia

Non possiamo ignorare il lato etico della faccenda: per anni, abbiamo discusso sulla privacy, sui confini del lecito, sulla possibilità che un colosso tecnologico possa avere immagini di tutti noi. Adesso, ci ritroviamo a constatare che questi scatti, talvolta considerati una sorta di curiosità digitale, possono trasformarsi in prove fondamentali in un’indagine di omicidio. Il che fa sorgere una domanda: fino a che punto siamo pronti a sacrificare la nostra riservatezza per garantire la giustizia? Ogni volta che un caso come questo emerge, ci rendiamo conto di quanto sia sottile la linea che separa la sicurezza collettiva dal diritto individuale alla privacy.

Un precedente storico

Nel panorama investigativo, l’uso di Google Maps per risolvere un delitto rappresenta una novità destinata a far discutere a lungo. La piccola Tajueco verrà probabilmente ricordata come la località dove uno strumento comunissimo è diventato l’occhio che ha svelato un segreto criminale. Forse, in futuro, assisteremo a nuove modalità di indagine sempre più legate alla tecnologia di tutti i giorni. Resta però un brivido, una strana sensazione, pensando che un banale click sulle mappe online possa, di punto in bianco, rivelare i peggiori abissi della crudeltà umana.

Concludendo, ci troviamo di fronte a un episodio che racchiude dramma, tecnologia e domande scomode su ciò che siamo disposti a cedere pur di assicurare i colpevoli alla giustizia. Resta vivo un monito: non sappiamo mai chi ci sta osservando, anche quando cerchiamo di occultare ciò che non vorremmo fosse mai scoperto. E in questa circostanza, a fare chiarezza è stata proprio la prospettiva digitale, fredda e onnipresente, di Google Street View. Un fatto che, probabilmente, cambierà il nostro modo di guardare quel piccolo omino giallo sulla mappa. E forse, in fondo, cambierà anche il modo in cui riflettiamo sul delicato equilibrio fra controllo, privacy e verità.

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