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Intervista esclusiva a Roberto Chevalier: «Sono una persona che ama la semplicità e la tranquillità»

Attivo sin da bambino nel cinema e soprattutto in televisione, Roberto Chevalier a 9 anni diede la voce a Lucky nel lungometraggio della Walt Disney La carica dei 101 e a 13 anni divenne noto al grande pubblico impersonando il giovane David Copperfield nell’omonimo sceneggiato televisivo della Rai. Presta la sua voce a molti attori internazionali, tra cui Tom Cruise, Tom Hanks, Andy García, Dennis Quaid, John Travolta, Kurt Russell e molti altri. Chevalier iniziò a doppiare Tom Cruise nel 1986, nel film film Top Gun. Dopo oltre 30 anni, nel 2021, arriverà nelle sale cinematografiche il sequel di Top Gun, dove Roberto ha diretto il doppiaggio. Chevalier è inoltre direttore del doppiaggio e dialoghista delle serie tv CSI: Scena del crimine, CSI: Miami e CSI: NY, partecipando come attore, alla terza e alla quarta stagione di Distretto di polizia. È stato direttore di doppiaggio di circa 100 film, tra i quali Moulin Rouge!, La cena dei cretini, Ma mère, L’apparenza inganna, Juno, Transamerica, Little Miss Sunshine, The Core, Blade e Il grande match. Nel luglio 2006 ha vinto il premio Leggio d’oro per la miglior interpretazione maschile dell’anno per il doppiaggio di Tom Hanks ne Il codice Da Vinci. Ma questo è solo un accenno della sua biografia: noi lo abbiamo incontrato e ci ha concesso una bellissima intervista, raccontandoci in esclusiva un po’ di se, della sua vita, dei suoi progetti e di molto altro…

A cura di Junior Cristarella e con la preziosa collaborazione di Sante Cossentino per Massmedia Comunicazione

Ciao Roberto e benvenuto su Sbircia la Notizia Magazine. Chi è Roberto Chevalier nella vita di tutti i giorni, fuori dalla sala di doppiaggio?
Beh, chi è Roberto Chevalier… Sono una persona normale, con valori importanti quali onestà, rispetto, famiglia… Amo l’attenzione ai dettagli e conduco una vita senza eccessi. Sono legato a questi valori e cerco di tenerli sempre presenti, perché sono le cose importanti della vita. Parlando di famiglia, l’amore per i figli per me viene prima di ogni altra cosa. Ma soprattutto, io sono una persona che ama la semplicità e la tranquillità, la serenità soprattutto.

Quali sono le differenze sostanziali tra doppiaggio e recitazione?
Il doppiaggio è fatto di recitazione, per quanto più sai recitare, tanto più è facile poi applicarlo con le tecniche del doppiaggio. Il doppiaggio richiede una discreta conoscenza delle tecniche del mestiere che sono quelle del sincrono, quelle delle regole di sala e di sapere usare la voce… Ma la recitazione è alla base di tutto e saper recitare ti permette di immedesimarti appunto nel personaggio/attore che segui sullo schermo, di cui devi dare una corretta reinterpretazione al pubblico italiano. Bisogna quindi saper innanzitutto recitare per entrare in empatia con l’attore sullo schermo e applicando le tecniche di doppiaggio, restituire un’interpretazione fedele all’originale.

Come hai scoperto la tua passione per il doppiaggio?
Non è che ho scoperto la passione per il doppiaggio: il doppiaggio è una specializzazione dell’essere attore che è venuta nel cammino artistico che ho intrapreso sin da bambino. Quindi come ho imparato a recitare, a stare sul palcoscenico, a dar vita a personaggi quando faccio l’attore, così ho imparato a fare il doppiatore e a migliorare studiando sempre, naturalmente, perché per migliorarsi bisogna sempre studiare. Andando avanti nella carriera ho scoperto nuove sfide, nuovi attori e nuove interpretazioni con le quali cimentarmi.

Sei ormai la voce ufficiale italiana di Tom Hanks e Tom Cruise, ma hai anche doppiato Andy García, Dennis Quaid, John Travolta ed altri volti ben noti. Hai mai incontrato qualcuno di loro?
Ho doppiato tantissimi attori ma ne ho incontrati pochissimi. Ho incontrato Greg Kinnear; John James, l’attore che ho doppiato in Dynasty ma soprattutto, il mio incontro fondamentale è stato con Tom Cruise. Ci siamo incontrati tantissime volte, lui è stato sempre molto carino con me: abbracci, strette di mano, chiacchierate… Il momento più lungo in cui ci siamo incontrati è stato nel 2000 a Taormina quando io ho preso il Nastro D’Argento per averlo doppiato in Magnolia, lo ha ricevuto nello stesso tempo anche lui alla carriera e insieme abbiamo presentato sul palcoscenico il primo Mission Impossibile. Poi siamo stati a chiacchierare per parecchio tempo… E’ una persona molto gradevole, alla mano, disponibile ed è un attore senz’altro in ascesa ancora ma che deve, secondo me, ritornare a film con le storie. Perché ha dimostrato di essere un grande attore e che desse spazio alla storie e non solo ai muscoli, anche pensando al futuro… perché non andiamo ringiovanendo (ride, ndr).

Ci racconti qualche aneddoto divertente successo in sala di doppiaggio?
Beh, aneddoti divertenti ce ne sono a decine, a centinaia… Potremmo starci le ore a parlarne. Aneddoti divertenti che riguardano ad esempio il doppiatore non molto “smart” oppure gli scherzi che si fanno in sala di doppiaggio che mi sono stati fatti e che talvolta faccio anche io ai colleghi (ride, ndr)… Ce ne sono una miriade, ma la cosa più importatane, secondo me, è che il nostro è un lavoro, si, ma che va fatto anche con leggerezza… Ti devi divertire quando lavori, quindi se ogni tanto riesci a spezzare l’atmosfera estremamente professionale con qualche battuta, con qualche scherzo, con qualche calembour, l’atmosfera si alleggerisce e quindi anche la fatica diventa minore e si affronta tutto con il sorriso sulle labbra.

Stai organizzando dei corsi di doppiaggio, come è nata questa idea? Parlaci un po’ di questa iniziativa…
I miei corsi di doppiaggio sono nati casualmente, nel senso che io ho imparato a fare appunto il doppiaggio perché c’erano grandi direttori, grandi registi che ti insegnavano la professione e fino a qualche anno fa c’era tempo per poter crescere i nuovi doppiatori, nel senso che tu vedevi un giovane di talento e allora cercavi di insegnargli il mestiere e di migliorarlo. Oggi, purtroppo, c’è sempre meno tempo in sala in quanto i programmi di doppiaggio sono sempre molto intensi, per contenere i costi per la fretta dei clienti, eccetera e quindi c’è poco tempo per poter formare le nuove leve. Questo è un mestiere che va anche tramandato e di conseguenza gli attori e doppiatori con i quali lavoro quando faccio il direttore mi hanno dato l’idea di insegnarlo: ed è così che è nato questo nuovo filone professionale. Ho il mio sito (www.robertochevalier.it) dove do indicazioni con una mail dedicata (lezioni@robertochevalier.it), dove appunto attingere informazioni per iscriversi ai vari corsi, che sono divisi in due categorie: uno per principianti e l’altro avanzato, che è dedicato a chi viene già da altre scuole di doppiaggio, oppure è già un attore o doppiatore professionista che vuole migliorarsi o un doppiatore alle prime armi che vuole approfondire. Ci sono quindi varie tipologie di possibilità di accedere, sempre previa audizione, svolgendo un colloquio conoscitivo e fornendo il proprio curriculum, non solo professionale ma soprattutto per i principianti anche un curriculum “di vita” perché aiuta a conoscere la persona che si ha di fronte. Ormai sono una decina di anni che insegno e lo faccio proprio come l’hanno insegnata a me, aborrisco i corsi on-line perché chi fa un corso on line millanta credito. Insomma, non si può insegnare il doppiaggio on-line e quindi nel mio piccolo cerco di fare quello che vorrei fosse fatto per tutti, cioè insegnare il doppiaggio, la recitazione applicata al doppiaggio, l’aderenza all’attore guida, nelle migliori condizioni possibili e con la maggiore professionalità possibile per tramandare questa tradizione italiana.

Anche i tuoi figli si sono appassionati a questo mestiere, come è successo?
I miei figli si sono appassionati forse all’inizio un po’ per imitazione: David era particolarmente bravo ma quando era bambino io l’ho un po’ fermato perché non volevo che gli fosse sottratta la vita da bambino come è successo a me. Poi ha ripreso dopo qualche anno e l’ho rifermato un’altra volta… A 18 anni ha espresso il desiderio di volerlo fare come professione e allora gli ho detto “ti faccio fare il militare, ti insegno io in maniera rigida e severa come si fa, dopo vedrai che sarà tutto in discesa” perché appunto nessuno meglio di un padre, con amore, dedizione e soprattutto con una certa severità, può darti i giusti insegnamenti. Crescere ed educare un figlio non vuol dire essere cattivi ma vuol dire insegnare certi principi che poi ti aiutano nella vita, quindi se con me superi certi ostacoli poi tutto il resto ti sembrerà, come dicevo, in discesa. Le bambine, Fiore ed Arlena, invece, si sono appassionate però poi Arlena ha perso un po’ la passione ed ha intrapreso altri studi, coltivando nuovi interessi: adesso ha 17 anni ed ha smesso da due o tre anni. Mentre invece Fiore che ne ha 13 continua, anche perché è una commediante nata nella vita e vedremo se anche a lei passerà la voglia oppure continuerà nella formazione. Comunque anche per loro due ho sempre limitato il tempo di lavorazione, perché non volevo che fossero sottratte sia alla scuola che alla vita di bambine.

Sei doppiatore ma anche attore: avevi solo 5 anni quando hai cominciato a recitare per il grande schermo. Adesso ti stai dedicando solo al doppiaggio o continui anche a lavorare come attore?
Continuo sempre la mia carriera professionale ma soprattutto come doppiatore. Ogni tanto faccio ancora qualcosa come attore ma molto poco perché, a parte che il doppiaggio mi assorbe molto ma anche perché ormai sono un po’ fuori da certi giri, da certi casting, da certe conoscenze dell’ambiente che aiutano molto a rimanere inseriti come attori.

Che impatto ha avuto il Coronavirus sul mondo del doppiaggio?
Il Coronavirus ha avuto un impatto devastante, come in tutto il settore artistico. Nel senso che sono diminuite le occasioni di lavoro e pur lavorando in sicurezza, le modalità di lavoro sono cambiate e si lavora dieci volte in meno rispetto a prima. Questo è un danno non solo per il settore del doppiaggio e per tutte le maestranze coinvolte ma anche per i teatri, per i cinema e per la televisione – è tutto un settore che coinvolge migliaia di persone che è in crisi profonda. Già era un po’ in crisi prima e adesso ne sta sprofondando, speriamo quindi che tutto questo finisca presto.

C’è qualche progetto in cantiere per il breve o lungo termine?
Ci sono molti progetti in corso. Ho diretto un film molto bello con Johnny Depp, dal titolo “Minamata” che non so quando e se uscirà al cinema. Ho doppiato Tom Hanks in un film bellissimo che si chiama “Notizie dal mondo“, che probabilmente finirà su Netflix. Ho diretto un altro film di un giovane autore italiano dal titolo “American Night” ma anche in questo caso non si sa se uscirà al cinema o andrà sulle piattaforme. Adesso sto dirigendo l’integrazione dei dialoghi di una serie molto bella “La fuggitiva” che il regista Carlo Carlei ha preparato e che dovrebbe andare in onda in televisione, spero presto. Con Carlei, per esempio, ho lavorato come attore sia nella serie “Padre Pio” con Sergio Castellitto che ne “Il confine” e ho diretto molti altri suoi doppiaggi televisivi e non. Poi siamo qui in attesa che passi questo maledetto virus per poter riprendere la nostra professione con il giusto valore che da alla cultura e all’intrattenimento, perché la gente ha bisogno anche di distrarsi e di vivere in maniera libera e diversa da questo momento che stiamo attraversando. Quindi viva il mondo dell’arte, viva la cultura e speriamo di riprenderci tutti quanto prima.

Per seguire Roberto Chevalier su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale.

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Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Doug Pitt: l’uomo oltre il nome famoso

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Nel mondo delle celebrità, spesso i riflettori sono puntati su nomi familiari come Brad Pitt, ma dietro ogni grande figura c’è un intero universo di individui che contribuiscono in modo significativo al loro settore e alla società nel suo complesso. Uno di questi casi è quello di Doug Pitt, fratello minore dell’acclamato attore Brad Pitt. Ma Doug è molto di più di “il fratello di”. È un imprenditore di successo, un filantropo appassionato e una figura che merita sicuramente di essere conosciuta più a fondo. Personalità sfaccettata e di grande successo, ha un nome costruito grazie alle sue aziende votate alla tecnologia e alle numerose attività di filantropo nel corso degli anni.

Dal fratello di Brad Pitt all’individuo di successo

Nato il 2 novembre 1966 a Springfield, nel Missouri, Doug Pitt è soprattutto conosciuto perché condivide lo stesso sangue con l’attore hollywoodiano Brad Pitt. Spesso cresciuto all’ombra del più celebre fratello maggiore, Doug ha intrapreso una strada di successo contando sulle proprie capacità e i propri interessi. Dopo aver completato gli studi all’università della sua contea, infatti, ha iniziato una carriera tutta in salita nei settori immobiliare e finanziario, mostrando sin da subito il suo talento nel mondo degli affari. Risale all’aprile del 1991 la fondazione della sua prima azienda, la ServiceWorld Computer, occupata nella fornitura di servizi informatici. A soli 25 anni inizia così la scalata che lo porterà nel mirino del club dei milionari.

Nel 2007 decide di cedere il 75 per cento degli interessi dell’azienda a Miami Nations Enterprises rimanendone però il proprietario e principale partner operativo. Nel 2012 fonda quindi TSI Integrated Services in collaborazione con TSI Global. Nel 2013 Pitt e Miami Nations Enterprises decidono di fondere ServiceWorld con TSI Global. Nel 2017 Pitt ricompra la sua prima società di computer creando la nuova Pitt Development Group, società specializzata in sviluppi commerciali e territoriali. Con questa azienda si è proposto come leader indiscusso nel settore.

Imprenditore e Filantropo

Doug Pitt non è solamente un uomo d’affari di successo, ma un filantropo impegnato che usa i suoi mezzi a disposizione per intervenire in aree critiche del mondo. “Care to Learn”, di cui è il fondatore, è un’organizzazione benefica che fornisce risorse essenziali a bambini che vivono in contesti difficili. L’organizzazione si concentra su bisogni fondamentali come cibo, vestiti e attrezzature scolastiche, permettendo ai più giovani di crescere e imparare in un ambiente positivo e accogliente.

Doug è anche collaboratore di Waterboys.comWorldServe International e Africa 6000 International (a cui partecipa anche la sorella Julie), organizzazioni impegnate nella fornitura di acqua potabile nei paesi africani più in difficoltà, come Tanzania e Kenya. Nel 2010 l’allora presidente della Tanzania Jakaya Kikwete lo ha insignito del titolo di Ambasciatore di buona volontà per la Repubblica Unita di Tanzania. Con questo titolo opera in qualità di intermediario per tutte quelle aziende che vogliono contribuire alla rinascita economica e culturale del paese. Nel 2011 il presidente americano Bill Clinton lo ha premiato con l’Humanitarian Leadership Award.

Dietro le quinte dell’industria del vino

Oltre al suo coinvolgimento nel settore immobiliare e nell’ambito delle opere di beneficenza, Doug Pitt ha anche sviluppato una passione per il mondo del vino. È coinvolto nella gestione di “Pitt Vineyards”, un’azienda vinicola che produce vini di alta qualità. Questa dedizione per il vino riflette la sua grande curiosità e il suo interesse per settori imprenditoriali differenti.

Una vita riservata

La famiglia di primo piano non ha impedito a Doug Pitt di mantenere un profilo relativamente basso nel mondo dei media. Ha cercato, infatti, di proteggere la sua privacy e di concentrarsi sul suo lavoro e sulle sue passioni, piuttosto che sfruttare la sua connessione familiare per attirare l’attenzione dei riflettori. Nel 1990 ha sposato Lisa Pitt, conosciuta all’università, e insieme hanno tre figli: Landon, Sydney e Reagan.

Nonostante abbia sempre cercato di non farsi notare, in certe occasioni è apparso sui media presentandosi in modo scherzoso come il fratello del più celebre Brad. Ha girato diversi spot pubblicitari, come quello per Virgin Mobile Australia, e in alcuni ha vestito persino i panni del fratello, come nella pubblicità per Mother’s Brewing Company. In diverse interviste rilasciate (come quella all’emittente Nova FM) ha anche ammesso di essere scambiato per il fratello almeno 3 volte a settimana da sconosciuti che lo incontrano per strada. Questo perché i due fratelli oltre a condividere carriere di successo, hanno effettivamente un fisico e dei lineamenti molto simili.

L’eredità di Doug Pitt

La storia di Doug Pitt dimostra come dietro a ogni individuo ci siano esperienze, imprese e passioni diverse che meritano di essere riconosciute. Pur essendo spesso additato come “il fratello di Brad Pitt”, la sua dedizione per il mondo degli affari, il suo coinvolgimento nella beneficenza e la sua capacità di perseguire le sue passioni lo rendono un esempio di impegno e di successo. Il suo lavoro nel settore imprenditoriale e filantropico dimostra come sia possibile creare un’eredità significativa indipendentemente dal nome di famiglia e che ognuno ha il potenziale per influenzare positivamente sulla vita degli altri.

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Coronavirus

È finalmente nelle sale cinematografiche il film “Tic Toc”

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E continua anche il suo tour promozionale con vari appuntamenti.

Girato a Terni negli studios di Papigno, la commedia è stata diretta dal regista Davide Scovazzo mentre la produzione è stata affidata ad Anteprima Eventi Production e Management S.r.l. di Massimiliano Caroletti. Il film vanta un cast di eccezionali attori noti al pubblico tra cui Eva Henger, Maurizio Mattioli, Sergio Vastano, Fausto Leali, Donatella Pompadour, Valentino Marini, Paolo Pasquali alias Doctor Vintage, Cristiano Sabatini alias Bike Chef, Simone Bargiacchi alias Antonio Lo cascio, Samuel Comandini Alisa Zio_ Command, Fabio Stirlani alias Stirlo , Dimitri Tincano, Jennifer Caroletti, Antonella Scarpa alias Himorta, Vanessa Padovani alias Miss Mamma Sorriso, Chaimaa Cherbal, Claudia Letizia ,Elena Colombi , Paola Caruso, Luigi Iocca, Giuseppe Lisco, Rosy Campanale, Daniel Bellinchiodo, Francesco Aquila, Michela Motoc.

E proprio Eva Henger con Massimiliano Caroletti insieme alla figlia Jennifer, al suo debutto sul grande schermo, sono ospiti della prestigiosa kermesse cinematografica Ischia Global Fest, e incontreranno il pubblico prima della proiezione con Doctor Vintage, anche lui nel cast della pellicola, nella serata del 13 luglio.

Filo conduttore del film il rapporto con i social. Tic Toc è una commedia che intreccia tante vicende e scopre tante realtà partendo dalla storia di quattro intraprendenti scansafatiche che per guadagnare qualche soldo decidono di rapire Eva Henger. Un progetto che frana a causa del Covid e che innesca un susseguirsi di intoppi divertenti: “Un gruppo di Sinti, una sorta di gang Fedeli al triste, ma vero, gioco di parole “è tutto LORO quello che luccica”, i quattro passano giornate ad invidiare le superstar di oggi , ovvero gli, e soprattutto le, Influencers, attribuendo a ognuno e a ognuna di loro vite principesche, fatte di limousines, jet privati, champagne della migliore categoria, ville gigantesche e stuoli di servitori, tutto ciò che, nella loro miseria, è loro negato dalla vita, in una maniera che, dal loro punto di vista, reputano ingiusta ed immorale. Stufi di raccogliere le briciole di quello che loro credono essere solo un mondo dorato e pieno di privilegi, i quattro mascalzoni vengono a sapere che la star Eva Henger inaugurerà una Escape Room (cosa che loro non hanno idea di cosa sia) a Terni, per cui a Zagaja, ma ben presto condiviso dagli altri pur se con qualche perplessità soprattutto da parte di Bike Chef, viene la “brillante” idea: appostarsi poco prima dell’entrata della Escape Room e rapire la Diva, che per lui è anche il suo sogno erotico da sempre, in modo da chiedere il riscatto ai suoi numerosi sponsor”, ha spiegato l’ideatore Fabio Stirlani. La trama affronta in chiave drammatica argomenti comici che riflettono l’attualità.

Un film che segna il grande ritorno al cinema di Eva Henger che per l’occasione ha interpretato se stessa. Un ruolo cucito alla perfezione su di lei: “Ho interpretato me stessa. Pensavo fosse facile, invece è stato difficilissimo. Quando si interpreta la propria persona ci si rende conto di non conoscerla realmente. Ho dovuto metterci dell’ironia, verve e passione, anche perché sarà un film comico, che farà ridere molto”. Assieme a lei sul set la figlia Jennifer Caroletti interessata a seguire le orme della madre.

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Attualità

Uber Eats in Italia: il tramonto di un gigante della consegna a domicilio

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Uber Eats è una delle più grandi aziende al mondo che offre servizi di food delivery, che ha attraversato il panorama globale lasciando una scia inconfondibile. Nata nel cuore pulsante della Silicon Valley, l’azienda è l’emblema dell’innovazione e della modernità: una storia di successo che ha riscritto le regole del gioco nel settore della ristorazione. Da una singola città statunitense, San Francisco, Uber Eats ha esteso le sue ali in oltre 30 paesi, portando la comodità di un pasto caldo consegnato alla porta di casa a milioni di persone in tutto il mondo.

La sua entusiasmante avventura in Italia ha avuto inizio nel 2016, un’incursione coraggiosa in un mercato storicamente dominato dalla cucina locale e da un amore per la tradizione culinaria. Eppure, Uber Eats ha saputo navigare tra le onde dell’innovazione e della tradizione, creando un ponte tra la comodità della tecnologia e la passione per il buon cibo.

Ma, come un tramonto dopo una giornata luminosa, Uber Eats ha recentemente annunciato il suo ritiro dal territorio italiano a partire dal 15 luglio 2023, ponendo fine a un capitolo avventuroso nella sua storia. Nonostante una crescita esponenziale a livello globale e un modello di business che ha riscritto le regole dell’innovazione, il suolo italiano si è rivelato essere un terreno difficile. Non una sconfitta, ma un ritiro strategico, un’opportunità per ripensare, rinnovarsi e affrontare nuove sfide.

Un capitolo si chiude, ma la storia di Uber Eats è ancora in divenire. Analizziamo insieme le ragioni di questa decisione e il profondo impatto che la sua presenza ha avuto sul nostro Paese.

L’evoluzione di Uber Eats in Italia

Uber Eats ha intrapreso la sua audace espansione nel cuore del Belpaese, prendendo le mosse dalle luccicanti metropoli di Roma e Milano, per poi estendersi ad altre 60 città di media e ampia estensione, scontrandosi con le potenze rivali di Glovo e Deliveroo, nonché confrontandosi con la labirintica tessitura delle normative locali e le acrimonie riguardanti i diritti dei lavoratori.

Ciononostante, malgrado queste sfide, Uber Eats è riuscita a rivendicare un ruolo di protagonista nel teatro della consegna a domicilio, abbracciando incessantemente una filosofia di innovazione. Uber Eats, infatti, ha perpetuamente introdotto e sperimentato funzioni inedite e diversificato i propri servizi con costanza.

Un’espressione vivida di tale indole innovativa è stata l’implementazione della possibilità di ritiro in loco presso il ristorante, offerte speciali e la consegna di viveri, oltre al consueto cibo preparato, durante il periodo del lockdown dovuto alla pandemia.

L’innovazione per Uber Eats

Già nel 2019, l’azienda aveva annunciato l’intenzione di utilizzare droni per le consegne a domicilio all’insegna della velocità e della tecnologia. Ha anche avviato una collaborazione con Apple e Google, offrendo come modalità di pagamento rispettivamente ApplePay e GooglePay. Sempre nel rispetto del suo spirito pionieristico, Uber Eats ha anche introdotto l’opzione di preordine per cenare direttamente nel ristorante, tuttavia questa funzionalità non è mai arrivata in Italia.

Ha sostenuto l’industria della ristorazione nel Paese collaborando con migliaia di ristoranti e permettendo loro di espandere la propria clientela, fornendo allo stesso tempo nuove opportunità di business.

L’impatto di Uber Eats sul mercato italiano

Pur considerando il ritiro, l’effetto di questa azienda sul nostro mercato è stato ed è tuttora significativo perché ha cambiato in modo in cui le persone hanno iniziato a richiedere il cibo pronto direttamente nelle proprie case. Ma ha anche creato nuove opportunità di lavoro per i consegnatari e nuovi canali di vendita per i ristoratori.

Le positive innovazioni hanno però anche sollevato questioni sui diritti e la sicurezza dei Riders e controversie sulla struttura fiscale delle commissioni.

Perché Uber Eats ha cessato di operare in Italia

Nonostante il successo, l’azienda ha affrontato nel nostro Paese numerosissime sfide, prima tra tutte la concorrenza con le altre applicazioni di consegna. Ma non bisogna dimenticare anche la complessità delle leggi locali e le controversie circa i diritti dei lavoratori e i contratti non adeguatamente definiti. L’azienda ha dichiarato in un comunicato stampa ufficiale di aver avuto sempre come modello quello di un business sostenibile, ma le prospettive di crescita non hanno rispecchiato le aspettative originali. L’insieme di questi fattori ha contribuito alla decisione finale di chiudere l’operatività nel nostro Paese.

Le conseguenze per i ristoratori e per i dipendenti

Il fatto che Uber Eats si sia ritirato dal mercato ha avuto un forte impatto sui lavoratori coinvolti e sui ristoratori che collaboravano con l’applicazione. Da una parte i fattorini che hanno dovuto cercare piattaforme alternative di consegna per continuare l’attività e i ristoratori che hanno iniziato a cercare altri canali per raggiungere nuovi clienti o quelli già acquisiti attraverso la app. Sono circa 40 i dipendenti che lavorano negli uffici di Milano ad essere stati licenziati e migliaia i rider sparsi in tutta Italia.

Qual è il futuro delle consegne di cibo a domicilio

Con la partenza definitiva di Uber Eats, il panorama delle consegne a domicilio nell’ambito food si prepara a un nuovo cambiamento. Aziende come Deliveroo e Glovo possono sicuramente consolidare la propria posizione per coinvolgere gli utenti orfani di Uber Eats ma allo stesso tempo potrebbero apparire nuovi attori sul mercato, nel tentativo di approfittare di questo nuovo “spazio” vacante.

Gig economy e diritti del lavoro

L’esempio di Uber Eats ha sollevato l’attenzione sulle questioni relative a un modello di lavoro basato su contratti flessibili e a chiamata, ma senza la tipica protezione dell’impiego tradizionale. Questo dibattito è destinato a intensificarsi e arricchirsi anche dal punto di vista normativo, per cercare un maggiore equilibrio tra flessibilità e sicurezza per i lavoratori temporanei.

Uber Eats e crescita sostenibile

Ma nella pratica, come e perché è stata raggiunta la decisione di uscire dal mercato? Lo studio circa la sostenibilità del business necessita di dati e indicatori che gli esperti di project management utilizzano per valutare le performance. Lo studio può includere analisi dei trend di crescita dei ricavi ma anche i costi necessari per acquisire clienti, le spese sostenute e le previsioni relative al mercato.

Come molte altre aziende della delivery, Uber Eats ha un modello di business con margini ristretti e a questo deve corrispondere necessariamente una crescita rapida e costante per coprire tutti i costi ed essere redditizio. In Italia, tuttavia, questo tipo di mercato è altamente competitivo e con protagonisti consolidati: la crescita così diventa più difficile.

E se la base di clienti di Uber Eats non sembra destinata a crescere in modo sufficientemente rapido o se l’acquisizione dei nuovi clienti rivela costi eccessivi (ad esempio attraverso sconti e promozioni che riducono ulteriormente i margini), la conseguenza è una ulteriore pressione sul profitto complessivo.

Cosa rimane di Uber Eats in Italia

Uber è la società madre che, prima di Uber Eats, si è inizialmente proposta come servizio di car sharing e quindi nel settore della mobilità, dove continua e continuerà ad essere protagonista anche nel nostro Paese. 

Uber garantisce diversi servizi che consentono agli utenti di prenotare viaggi in auto con un conducente direttamente da un’applicazione sullo smartphone, con la possibilità di scegliere anche la tipologia di aiuto. Anche questi servizi hanno dovuto affrontare diverse problematiche, tra cui si sono evidenziate le proteste da parte dei tassisti professionisti e la necessità di rispettare tutte le normative locali. L’azienda ha comunque continuato ad investire nel servizio di mobilità riconoscendo il potenziale di crescita. Ad esempio, in alcune città, gli utenti possono già scegliere di viaggiare con auto elettrica o ibrida ed inoltre l’azienda sta cercando ulteriori modalità per migliorare il proprio impatto ambientale.

L’uscita dal mercato di Uber Eats segna la fine di un’epoca ma il suo impatto sarà duraturo, offrendo riferimenti importanti sia nel settore della food delivery che della gig economy, per quanto riguarda le innovazioni nel mondo del lavoro flessibile e delle consegne a domicilio.

Il vuoto incolmabile che lascia Uber Eats nel nostro Paese

A dispetto di queste possibili prospettive, un senso di perdita pervade i cuori di tutti quegli italiani che hanno utilizzato la piattaforma in questi anni. La verità è che Uber Eats, con il suo servizio impeccabile e la sua presenza ubiqua, lascerà un vuoto che sarà difficile da colmare.

È un vuoto che va oltre la semplice assenza di un servizio di consegna cibo. È un vuoto che risuona con l’eco di momenti condivisi, di serate tra amici salvate da un pasto inaspettato, di incontri a tarda notte con il solo conforto di un pasto caldo portato alla porta. È un vuoto che parla di innovazione, di cambiamento, di una rivoluzione silenziosa ma palpabile nel modo in cui viviamo e consumiamo.

La partenza di Uber Eats è, in realtà, molto più di una perdita commerciale: è una ferita nell’anima del nostro Paese, un taglio profondo nel tessuto della nostra quotidianità. Si tratta di una perdita di ciò che era diventato un elemento così integrato nelle nostre vite da sembrare quasi scontato.

Non è solo una questione di convenienza, ma di connessione. Un po’ come un sentimento di familiarità, di un senso di comunità che viene meno. Un servizio che, pur essendo globale, ha sempre avuto il potere di farci sentire a casa, ovunque fossimo.

Certo, il mondo non si fermerà. Nuovi servizi emergeranno, vecchi servizi si adatteranno e la vita continuerà. Ma quel vuoto, quel senso di mancanza che Uber Eats ci lascia, sarà difficile da riempire.

E così, mentre ci prepariamo a dire “arrivederci” a Uber Eats, ricordiamoci di quello che era e di come ha cambiato il modo in cui mangiamo, di come ha unito le persone, di come ha toccato le nostre vite. Ricordiamoci di Uber Eats, non solo come un servizio di consegna di cibo, ma come un amico, un compagno, un pezzo del cuore del nostro Paese. Ad maiora!

Concludiamo questo articolo con la nota ufficiale pubblicata sul sito ufficiale, uber.com.

«Il nostro viaggio con Uber Eats è iniziato a Milano nel 2016. Nel corso di questi sette anni abbiamo raggiunto oltre 60 città in tutte le regioni italiane, lavorando con migliaia di ristoranti partner che hanno potuto beneficiare dei nostri servizi per ampliare la loro clientela e le loro opportunità di business, specie in periodi critici come quello dovuto al Covid. In questi sette anni migliaia di corrieri e delivery partner hanno avuto la possibilità di guadagnare attraverso la nostra app in modo facile e immediato. In questi anni, purtroppo, non siamo cresciuti in linea con le nostre aspettative per garantire un business sostenibile nel lungo periodo. Ecco perché oggi siamo tristi di annunciare che abbiamo preso la difficile decisione di interrompere le nostre operazioni di consegna di cibo in Italia tramite l’app Uber Eats. Il nostro obiettivo principale è ora quello di fare il possibile per i nostri dipendenti, in conformità con le leggi vigenti, assicurando al contempo una transizione senza problemi per tutti i nostri ristoranti ed i corrieri che utilizzano la nostra piattaforma. Nonostante questa difficile decisione vogliamo ribadire il nostro impegno verso l’Italia, che non intendiamo assolutamente abbandonare: questa decisione ci consentirà di concentrarci ancora di più sui nostri servizi di mobilità, dove stiamo registrando una crescita importante. Grazie al servizio Uber Black e all’accordo con It Taxi, infatti, ad oggi siamo presenti in 10 città italiane: negli ultimi 12 mesi oltre un milione di italiani e turisti ha utilizzato l’app Uber per muoversi nelle città dove operiamo e quasi 10 mila autisti, tra NCC e taxi, hanno avuto la possibilità di realizzare almeno una corsa sempre attraverso la nostra app. Non solo: dopo il lancio del servizio Taxi in Sardegna annunciato la settimana scorsa, prevediamo di aumentare ulteriormente la nostra presenza nel Paese e di lanciare quattro nuove città entro la fine dell’anno. Vogliamo ringraziare tutti quelli che, in questi anni, ci hanno dato la loro fiducia, collaborazione, affetto, dedizione e passione. Grazie a tutti.»

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Scoperta straordinaria in Oman: un accampamento neolitico riemerge dal passato

Nel 2024, una campagna di scavi condotta nell’area di Hayy Al-Sarh, vicino alla città di Rustaq in Oman, ha portato...

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Strategie per migliorare la qualità della vita dei pazienti con epilessie rare

Garantire una migliore qualità della vita ai soggetti affetti da epilessie rare e alle loro famiglie richiede l’adozione urgente di...

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Nuove disposizioni europee sulle patenti di guida

Patente digitale, guida accompagnata a partire dai 17 anni, regolamentazioni più rigide per i neopatentati e criteri rafforzati in materia...

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Fiaccolata a Ostia: un appello per la giustizia e la dignità della comunità

Il Comitato Giustizia X Ostia invita la cittadinanza a partecipare a una fiaccolata che si terrà il 2 aprile alle...

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Dialoghi con Mister Parkinson: un viaggio attraverso la complessità della malattia

È stato definito un essere detestabile, Mister Parkinson, capace di invadere il corpo con i suoi effetti speciali, come racconta...

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Tempesta d’amore, anticipazioni dal 7 all’11 aprile 2025: legami inaspettati e tensioni...

Sarà una settimana intensa, non possiamo negarvelo. Eppure, siamo convinti che vi sorprenderete quanto noi. Dalle nuove rivelazioni sul fronte...

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Un posto al sole, a UPAS Damiano e Viola si giocano tutto con una mossa azzardata: le foto

Siamo rimasti un po’ con il cuore in gola quando abbiamo appreso di quell’invito che potrebbe ribaltare ogni certezza. Voi,...

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Beautiful, anticipazioni dal 7 al 13 aprile 2025: passione segreta e confessioni inattese

Sapete quel piccolo brivido che ci attraversa quando sentiamo che sta per succedere qualcosa di grosso? Noi lo percepiamo ogni...

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Il Paradiso delle Signore, nuovi scenari: Odile e Matteo in bilico tra passione e dubbi

Abbiamo annusato un clima di grande fermento dietro le quinte de Il Paradiso delle Signore. Voi sentite già l’elettricità nell’aria?...

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La Promessa, nuove svolte: le rivelazioni di Curro e l’intrigante arrivo di Matilde

Siamo davvero curiosi, e forse un po’ increduli, di fronte ai risvolti che ci attendono nelle prossime puntate de La...

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Tradimento, tensioni sconcertanti: il matrimonio che nessuno si aspettava

Ci chiediamo tutti, in fondo, come si possa arrivare a un matrimonio tanto insolito. Eppure, eccoci qui: Behram Dicleli si...

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Tempesta d’amore, anticipazioni: tumulto e rivalità tra Greta e Alexandra

Noi ci ritroviamo a vivere un momento di grande tensione, un turbinio di emozioni che lascia il segno e vi...

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Qualcuno di noi ci ha sperato fino all’ultimo, mentre altri erano già pronti a dire addio. Eppure l’uscita di scena...

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Tempesta d’amore, matrimonio lampo: Eleni e Leander pronti a dirsi sì

Stiamo tutti seguendo con il fiato sospeso ogni singolo colpo di scena. Vi siete ritrovati anche voi a pensare, di...

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Siamo sinceri: quando si parla di Grande Fratello, le sorprese non finiscono mai. Ieri, durante la semifinale andata in onda...

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Helena Prestes vola in finale al Grande Fratello: triple eliminazioni e un ultimo posto...

Ci siamo. Finalmente abbiamo vissuto una serata che ci ha fatto stare con il fiato sospeso, un colpo dietro l’altro....