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Lidl ricerca 200 figure professionali

Lidl, il principale rivenditore al dettaglio, sta reclutando 200 nuove persone da collocare in più di 600 punti vendita in tutto il Paese. I compiti che dovranno svolgere i candidati sono i seguenti:

  • Personale di vendita, che dovrà collaborare con il team per una gestione ottimale del punto vendita, rifornire gli scaffali, sistemare e pulire i locali;
  • Operatori di filiale, che dovranno preparare e gestire nuovi articoli promozionali, collaborare con il team per la cura dei punti vendita, rifornire i prodotti sugli scaffali ed occuparsi della pulizia interna ed esterna dei punti vendita;
  • Preparatore di merce, che dovrà preparare i prodotti a magazzino, controllare la merce, mantenere l’ordine e la pulizia nel centro logistico, supportare e svolgere le attività legate all’inventario del magazzino;
  • Manutentori, che dovranno verificare i mezzi necessari al ripristino delle strutture, farsi carico delle richieste e delle segnalazioni dei colleghi per garantire una postazione di lavoro funzionale, eseguire piccoli lavori di manutenzione, controllare che i fornitori esterni rispettino le misure di sicurezza previste dalle normative vigenti, monitorare lo stato degli uffici aziendali, della palestra e dell’asilo aziendale per evitare problemi tecnici immobiliari e molto altro ancora.

I candidati devono essere diplomati o laureati, affidabili e flessibili, avere un forte orientamento al cliente, attitudine al lavoro di squadra, capacità di multitasking, precisione e attenzione ai dettagli, forti capacità organizzative, precisione, autonomia lavorativa, ecc.

Lidl, azienda tedesca solida e strutturata, offre un ambiente di lavoro giovane, dinamico e stimolante, sempre a contatto con il pubblico e che allo stesso tempo coinvolge i collaboratori per formare un team anche al di fuori del lavoro e permette loro di gestire la propria vita con flessibilità. L’azienda si impegna costantemente per offrire ai clienti freschezza e qualità al miglior prezzo, infatti, sugli scaffali di Lidl, è sempre possibile trovare prodotti freschi, specialità locali, cosmetici, ma anche strumenti, abbigliamento e prodotti per la casa. Per verificare le posizioni disponibili e per potersi candidare, cliccare qui.

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Lavoro

Donne e GenZ più felici in ufficio, welfare aziendale aiuta per il 60% dei lavoratori  

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Il concetto di welfare aziendale sta cambiando. Lo fotografa la nuova indagine dell’Osservatorio Benessere felicità, realizzata con la partnership tecnica di Up day, dove emerge come il 60% dei lavoratori riconosce il welfare aziendale come utile alla felicità al lavoro e il 45% lo vede come un elemento di benessere in azienda, ma non un plus per cambiare. In un’Italia meno felice del 2024 (con una media di 3.09 punti su 5 rispetto al 3.24 dell’anno scorso), la ricerca dell’Osservatorio Benessere felicità rileva che alla domanda ‘Quanto ti senti felice del tuo lavoro?’ le donne superano gli uomini (3.28 rispetto 3.23), la Generazione Z è capofila con un valore medio di 3.34 e seguono a ruota Baby Boomers (3.31), Millennials (3.27) e Generazione X (3.21).

“Quest’anno – afferma Elisabetta Dallavalle, presidente dell’associazione Ricerca felicità – abbiamo visto che rallenta lievemente la great resignation: alla domanda se ‘ti piacerebbe avere la possibilità di cambiare posto di lavoro o lavoro nei prossimi 12 mesi?’ il 59.9% dice di no (nel 2024 era il 55%). Rimane costante il 24% di chi vorrebbe cambiare azienda o posto di lavoro, ma scende la percentuale di chi vorrebbe cambiare lavoro o mestiere al 17% (l’anno scorso era il 21%). Tra gli aspetti considerati più importanti nello scegliere un nuovo posto di lavoro rimane alla prima posizione ‘avere uno stipendio maggiore’, che rispetto al 42% dell’anno scorso sale al 48%, oltre 25 punti percentuali sopra flessibilità (22%) e opportunità di crescita (21%). Scende ‘l’avere un welfare dell’azienda o del settore migliore’ dal 17% del 2024 al 13% e anche quest’anno lavorare in un ambiente/azienda con un marchio noto risulta essere l’ultima scelta per i lavoratori e le lavoratrici italiane”.

Tra dipendenti e autonomi sono più felici del proprio lavoro questi ultimi (3.40 rispetto a 3.22) e i laureati lo sono più di chi non ha avuto un percorso formativo universitario (3.33 rispetto a 3.21). Alla domanda ‘Secondo te, quanto il welfare aziendale determina la felicità dei/delle collaboratori/collaboratrici in azienda?’ emerge che uomini e donne sono pressoché allineati con rispettivamente una media di 3.59 e 3.58, tra le generazioni i più positivi sono i Millennials con 3.66, seguono Baby Boomers (3.61) Generazione Z (3.57) e Generazione X (3.53). Il Sud e le Isole, con 3.71, guidano geograficamente questa consapevolezza, seguono Nord Ovest (3.56), Nord Est (3.52) e chiude Centro con 3.50.

“Questi dati – afferma Mariacristina Bertolini, vice presidente, dg Up day e direttrice zona Euromed di Up – ci spingono a riflettere su una nuova grammatica del welfare. Questo perché emerge un disincanto forse dovuto anche alle eccessive aspettative in un welfare erogato dalle aziende, che non può competere o sostituirsi al welfare pubblico: basti pensare che quest’ultimo nel 2022 era di poco inferiore a 650 miliardi, a fronte dei 3 miliardi di quello privato. Paradossalmente, le risposte che vedono più determinante il welfare aziendale nella felicità dei lavoratori sono distribuite nei territori con un minor grado di diffusione degli stessi strumenti di welfare. Crediamo che questo sia dovuto al fatto che, chi l’ha ottenuto, ha compreso quanto il vero welfare non sia solo buoni pasto o buoni carburante, ma è qualcosa che promuove l’accompagnamento ai bisogni dei cicli di vita, la promozione dell’unicità delle persone, dello smart working, dei programmi di supporto alla genitorialità o del caregiving” .

“Non può più essere – sostiene . solo un pacchetto di benefit, ma deve evolversi verso un modello che metta al centro ciclo di vita, bisogni reali, relazioni, flessibilità e supporto alla vita personale. La ricerca dimostra che il 45% degli italiani ritiene che i servizi di welfare fanno parte del benessere in azienda e solo il 34% li vede come un benefit in più per scegliere dove andare a lavorare. Per il 18% degli intervistati la propria azienda non eroga nulla, ma quello che ci ha fatto riflettere è che solo il 13% ritiene che nella propria azienda o organizzazione vengano promossi programmi di supporto alla genitorialità e solo il 10% programmi di supporto al caregiving. Quello che servirebbe al nostro Paese”.

Il numero di interviste raccolte è stato pari a 1.000 e il campione è stato distribuito tenendo in considerazione variabili territoriali (Zona Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole), dimensione del centro abitato, genere, generazione culturale (Generazione Z, Millennials, Generazione X e Baby Boomer) e sono state monitorate anche le variabili sulla tipologia di rapporto di lavoro (dipendente/autonomo), fasce reddituali e titolo di studio (laureati/non laureati).

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Lavoro

Imprese, tributaristi: Int patrocinatore di tour di incontri con imprenditori e...

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“Fare rete è anche questo, fornire un supporto al Paese attraverso le tante eccellenze del territorio”. Così il presidente dell’Istituto nazionale tributaristi (Int), Riccardo Alemanno, ha sintetizzato il patrocinio dell’Int agli incontri di Confassociazioni Piemonte e Valle D’Aosta nelle province piemontesi, tour di eventi pensati e fortemente voluti dal suo Presidente Roberto Terranova, dove si incontreranno e si racconteranno imprese e professionisti.

Il prossimo evento, che si terrà lunedì 24 marzo nella provincia di Cuneo, nota per la vivacità imprenditoriale nell’industria e nei servizi, ma che ha saputo mantenere e rivalutare il territorio anche dal punto di vista agricolo, si intitolerà ‘Il Piemonte al servizio delle imprese tra Dna innovativo e tradizione industriale’ e sarà ospitato nella sede della Ors srl – Deda group a Molino di Roddi.

Tanti gli ospiti, tra cui il presidente nazionale di Confassociazioni Angelo Deiana, e i relatori, un’importante occasione di confronto che il presidente Roberto Terranova così descrive: “Gli eventi che organizza la nostra associazione sul territorio piemontese e valdostano portano alle imprese locali strumenti concreti e sono solo momenti di apertura di percorsi di sviluppo che, successivamente all’evento, ci vedono coinvolti direttamente sul territorio per ‘Fare rete’ durante tutto l’anno. Larete è lo strumento fondamentale per difendere l’impresa e l’Imprenditore che promuove le idee di crescita e di sviluppo tecnologico nel tempo”.

“A Roddi – spiega – nella prestigiosa sede di Deda group, avremo Axpo Aesi Italia come main sponsor e potremo parlare di prospettive energetiche e soluzioni per l’ambiente con aziende innovative del territorio Piemontese quali la Ompeco di Moncalieri, leader tecnologico nelle soluzioni di recupero energetico degli scarti produttivi di qualsiasi genere e la Angias di Vercelli, che porterà una visione innovativa nello sviluppo dei componenti per l’automotive. La straordinaria partecipazione di Byd permetterà inoltre ai partecipanti di testare e capire le strategie di sviluppo dell’Importante Brand Internazionale dell’Automotive, sempre più presente nel Nostro Paese. Azimut, infine, presenterà i migliori strumenti di protezione economica e finanziaria, mentre giovani imprenditori locali, quali Sebastiano Einaudi di Agrysapiens definiranno un nuovo modo di pensare l’imprenditoria agricola”.

Il presidente dell’Int Alemanno, che è anche vice presidente vicario nazionale di Confassociazioni, interverrà soffermandosi sui confronti istituzionali che Confassociazioni e le associazioni rappresentate hanno con governo e parlamento, in particolare il numero uno dei tributaristi Int parlerà delle ultime audizioni parlamentari, alle Commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato, sottolineando che: “Chi interloquisce e si confronta con il legislatore dovrebbe sempre tenere ben presente l’interesse generale e poi, al di là dell’evidenziare le criticità dei provvedimenti legislativi, deve fornire soluzioni applicabili e sostenibili, altrimenti non farebbe che implementare discussioni senza costrutto e di queste ce ne sono già troppe nel nostro Paese”.

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Lavoro

Vino, strategie per adeguarsi ai prossimi cicli economici per settore resiliente  

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Si è tenuta a Milano la presentazione della ricerca accademica ‘Resilienza e preparazione al prossimo ciclo di consumo globale di vino. Masi: Un caso studio originale’, a cura di Jean-Marie Cardebat, professore di economia all’Università di Bordeaux, direttore del Dipartimento di Ricerca Ecor, professore affiliato all’Inseec Grande École e direttore della Cattedra Wines & Spirits di Parigi, e Davide Gaeta, professore e docente di economia dell’impresa vitivinicola e dei mercati agroalimentari e competitività al Dipartimento di Management del’Università degli studi di Verona. Due Università a confronto con il mondo dell’impresa hanno presentato i risultati dello studio nato da una visione internazionale del vino e completato con la case history Masi attraverso l’intervento di Federico Girotto, ad Masi Agricola Spa e presidente e ad di Canevel Spumanti Spa.

Preceduto da un’attenta analisi del contesto nazionale e internazionale dei mercati del vino e delle possibili evoluzioni delle tendenze della domanda, lo studio accademico ha esaminato gli strumenti strategici necessari per adeguarsi ai prossimi cicli economici del settore vitivinicolo, riscontrando, per quanto riguarda l’Italia, in Masi Agricola un interessante esempio di resilienza e di capacità di competizione all’interno di situazioni che possono rivelarsi critiche in mancanza di organizzazione, struttura e diversificazione.

La ricerca realizzata dalle due Università ha analizzato, nella prima parte, le possibili cause di flessione della domanda e i fattori di minaccia che i mercati delle diverse tipologie di vino possono attraversare in questo ciclo economico; in una seconda parte, sono riportati invece i fattori chiave di resilienza nei modelli di adattamento del mercato del vino. Infine, nella terza parte dello studio, è stato analizzato il caso di un brand leader di mercato: Masi. Brand che è stato individuato per: la facilità di accesso informativo (è l’unica azienda vitivinicola italiana quotata in Borsa); per la sua organizzazione strutturata; e per la presenza di fattori che hanno permesso all’azienda di rafforzarsi in un contesto di mercato sfidante attraverso il modello della resilienza economica e i vantaggi competitivi di Porter.

Jean-Marie Cardebat ha dichiarato: “L’andamento ciclico dell’economia ha sempre influenzato il consumo globale di vino e il quadro attuale non fa eccezione. Se da un lato l’attuale contesto economico e geopolitico ha portato a una contrazione, la natura stessa dei cicli economici suggerisce che, mantenendo il fenomeno inflattivo sotto controllo, il 2026 potrebbe segnare l’anno di svolta con l’avvio, nel 2027, di una fase di ripresa per una nuova crescita sostenuta per il settore vitivinicolo. Ripresa che non sarà una semplice ripetizione del passato: la sociologia del consumo è cambiata, e il prossimo ciclo vedrà protagonisti nuovi trend e consumatori”.

“La premiumisation resta una tendenza chiave, con un crescente spostamento della domanda verso la ricerca di qualità e verso segmenti di alto valore. In questo scenario, è indispensabile investire in anticipo su ciò che potrebbe costituire la base del nuovo ciclo di crescita, rafforzando i marchi e valorizzando esperienze di consumo come l’enoturismo, un settore che ha registrato uno sviluppo importante negli ultimi quindici anni, con stime superiori ai 50 miliardi di dollari per il 2025. I mercati emergenti, inoltre, potrebbero ridefinire gli equilibri globali, con un interesse in aumento per i vini rossi. È importante che il settore vitivinicolo sia in grado di individuare i segnali e anticipare i trend per poter adottare strategie lungimiranti”, ha aggiunto.

Da parte sua, Davide Gaeta ha spiegato: “L’evoluzione dei cicli economici ha determinato la necessità di rimodulazione dell’organizzazione del business aziendale. La nostra ricerca ha individuato alcuni fattori chiave di resilienza che possono consentire alle imprese vitivinicole di consolidare la propria crescita e di sostenere le evoluzioni dei mercati internazionali quali: un modello organizzativo strutturato ed una governance solida, che consenta di crescere e di continuare a innovarsi; una gestione trasparente delle informazioni; e strategie mirate di acquisizione e diversificazione del portafoglio prodotti. Altro elemento cruciale è la capacità di adattarsi alle evoluzioni della domanda attraverso un approccio flessibile, sia nell’approvvigionamento delle uve, che nell’ampiezza della gamma prodotti”.

“La segmentazione della distribuzione, una presenza ponderata e diversificata sui mercati internazionali – ha proseguito – permettono inoltre di mitigare i rischi e cogliere opportunità di sviluppo. Ci sono anche altri elementi che contribuiscono a rafforzare la competitività delle imprese, come l’attenzione all’identità aziendale, il marketing strategico e l’innovazione orientata alla sostenibilità. Abbiamo dunque ricercato tutti questi fattori analizzando un caso di brand leader di mercato quale Masi, e rilevato come l’azienda abbia saputo muoversi in un contesto sfidante. L’azienda ha saputo combinare tradizione e innovazione, valorizzare il proprio radicamento territoriale, adottare un sistema di monitoraggio avanzato per garantire una gestione efficiente della produzione e della distribuzione, ed implementare una strategia di crescita lungimirante. Ne è dunque emerso come Masi rappresenti un modello di resilienza capace di trasformare le sfide in opportunità di crescita sostenibili”.

“Abbiamo apprezzato molto la ricerca – ha commentato Federico Girotto, ad Masi Agricola e presidente e ad di Canevel Spumanti – e siamo orgogliosi di averne fatto parte: da un lato, essa può rappresentare un contributo agli operatori del settore vitivinicolo per comprendere e acquisire consapevolezza circa i reali problemi del medesimo e dei suoi mercati di riferimento, chiudendo lo spazio a omissioni, al pessimismo e soprattutto all’illusione che tutto possa tornare a essere come prima. Dall’altro, lo studio delinea con chiarezza le caratteristiche necessarie ad affrontare efficacemente l’inevitabile percorso evolutivo dell’ecosistema aziendale, la cui necessarietà corre in parallelo ai mutamenti del settore. In Masi cerchiamo di incrementare la resilienza in diversi modi, ma soprattutto rafforzando i processi strategici di identificazione, analisi e mitigazione dei rischi, non distogliendo mai l’attenzione dalla nostra stella polare: il brand. Negli anni il gruppo Masi ha attivato diverse leve strategiche che ci hanno permesso di rispondere in anticipo all’evoluzione dei cicli economici, trasformando le sfide in opportunità”.

“In uno sguardo complessivo, in questi dieci anni dalla quotazione, abbiamo lavorato sulla sostenibilità, con il progetto Masi Green Governance, sull’omnicanalità comunicativa e distributiva, e sul rafforzamento della Masi Wine Experience, che quest’anno darà avvio a Monteleone21, il nostro visitor center in Valpolicella che risponde alla nuova domanda del settore enoturistico. Infine, abbiamo investito nell’innovazione di prodotto, come con Fresco di Masi, la linea di vini biologici che esprime la nostra visione di autenticità, attualità e attenzione al consumatore, e nell’ampliamento del portafoglio. Ne è un esempio il recente sbarco in Oltrepò Pavese con l’acquisizione della tenuta Casa Re e il lancio dello spumante Metodo Classico Moxxé del Re, dove contiamo di replicare quanto realizzato in Valdobbiadene con Canevel Spumanti, un brand che ha continuato a crescere, anche in termini di export”, ha concluso.

Per Sandro Boscaini, presidente Masi Agricola, “la prospettiva dei dazi imposti dagli Stati Uniti è motivo di seria preoccupazione per il settore del vino italiano”. “Il mercato statunitense è molto qualitativo, è il primo mercato a valore per il vino di qualità e secondo solo alla Germania per i volumi, dove il nostro vino gode di ottima reputazione e ottimo posizionamento. Se fossero confermati già i dazi al 25%, avremmo un forte impatto sulle esportazioni del vino italiano, del vino veneto, e sulla competitività di tutti i nostri prodotti che ne risentirebbe notevolmente. Del resto, complessivamente il vino italiano andrebbe e perdere in quel mercato all’incirca 1 miliardo di euro”, ha avvertito.

“La minaccia di applicare dazi al 200% sul vino italiano è priva di logica. Ma soprattutto è un danno reciproco. Il vino italiano ha sempre avuto un forte legame con gli Stati Uniti, non solo per la sua qualità, ma anche per il valore sociale che rappresenta. Non si tratta solo di un piacere per il palato, ma di un simbolo di identità culturale tramandato da generazioni di emigranti italiani, molti dei quali lavorano nei settori della ristorazione e distribuzione. Questo testimonia quanto il vino italiano sia profondamente radicato nel tessuto sociale e culturale americano. Tuttavia, pochi considerano l’impatto che i dazi hanno, non solo sui consumatori americani, ma anche sul loro sistema distributivo, che dipende in gran parte dai prodotti italiani. Questo include in particolare anche una buona percentuale di ristorazione italiana o che si rifà allo stile italiano come i tanti sistemi distribuitivi che sono nati e prosperato con il vino e i prodotti del made in Italy. In effetti, i dazi danneggiano entrambe le sponde dell’Atlantico, generando una tensione economica che potrebbe essere evitata attraverso politiche più equilibrate e reciprocamente vantaggiose”, ha aggiunto.

“In definitiva, l’imposizione di dazi non fa che creare difficoltà a un sistema che, da un lato, promuove l’eccellenza del vino italiano, e dall’altro, sostiene interi settori economici e sociali negli Stati Uniti. Gli effetti negativi non riguardano quindi solo le imprese italiane, ma l’intero mercato, dove entrambe le economie rischiano di subire danni reciproci. Non dimentichiamoci che per ogni dollaro di vino che noi incassiamo, agli Usa restano 4,3 dollari tra tasse e altri costi”, ha concluso.

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