Economia
Leolandia punta a crescere del 10% sul 2023
Il presidente del parco, Giuseppe Ira: "Siamo una destinazione turistica, proseguiremo con investimenti"
Leolandia, tra i parchi divertimento italiani più importanti, si prepara a replicare il successo dell'anno scorso. "La stagione è iniziata nel febbraio scorso e si concluderà il 7 gennaio 2025 e i numeri non sono male - dice all’AdnKronos Giuseppe Ira, presidente del parco divertimenti di Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo - contiamo a maggio di recuperare quel poco che ci manca per crescere poi durante l’estate. Faremo meglio, il nostro budget ci dà un incremento tra il 6 e 10% sul 2023, che è sempre stato migliore del 2019, per noi anno di riferimento ante Covid".
Il 2023 si è chiuso "con 33 milioni circa di fatturato e un Ebitda attorno a 11 milioni" spiega Ira, snocciolando i dati dell’anno passato, che ha visto più della metà di ingressi da fuori Regione, soprattutto dal Sud e dalle Isole. “Siamo una destinazione turistica e l’obiettivo è incrementare quelle aree - evidenzia ancora il presidente di Leolandia -. Ormai siamo aperti non meno di 11 mesi all’anno, e intendiamo continuare in questa direzione per dare una certa continuità di stipendio ai nostri dipendenti”.
Il parco di Leolandia vanta 200.000 mq di superficie e conta 650 dipendenti. Nel 2023 gli investimenti sono stati pari a 7,5 milioni di euro per una nuova area da 10.000 mq, quest’anno sono previsti investimenti per 10 milioni e altrettanti nel 2025. Tra le novità imminenti, l’apertura di un’attrazione dedicata alla mobilità elettrica rivolta ai bambini più piccoli, realizzata in collaborazione con Eni, allo scopo di sensibilizzare i visitatori del parco divertimenti alle tematiche della transizione energetica.
L’obiettivo è di crescere del 30% grazie anche a qualche attrazione più adrenalinica per i bambini fino a 12 anni. “Noi proseguiremo con gli investimenti - assicura Ira - ne abbiamo in cantiere tanti nei prossimi tre anni e vogliamo soddisfare al meglio tutte le fasce della nostra clientela”.
Economia
Detrazione dell’abbonamento ai mezzi di trasporto: come...
Anche le spese sostenute per l’abbonamento ai mezzi di trasporto possono essere portate in detrazione con il modello 730/2024.
Gli abbonamenti per bus, tram, metro e anche per i treni regionali e interregionali consentono di ottenere un rimborso pari al 19%.
Non sempre però sarà possibile ottenere il rimborso dell’intera quota sostenuta, considerando che la detrazione è riconosciuta entro il limite di 250 euro di spesa. Da considerare inoltre il rapporto con il bonus trasporti richiesto nel 2023.
Le istruzioni nel dettaglio.
Detrazione dell’abbonamento ai mezzi pubblici entro il limite di 250 euro di spesa
Il primo aspetto da considerare ai fini della detrazione dell’abbonamento ai mezzi pubblici con il modello 730/2024 riguarda l’importo massimo che è possibile indicare in dichiarazione dei redditi.
Come sopra già evidenziato, la detrazione del 19% spetta per un massimo di 250 euro di spesa, relativamente agli abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale. Il rimborso massimo spettante ammonta quindi a 47,50 euro, e a differenza di altre spese come quelle scolastiche, è da ritenersi come complessivo e cumulativo anche per i costi sostenuti in favore di familiari a carico.
Semplificando, non sarà possibile sommare le spese sostenute qualora superino la soglia di 250 euro e il limite è quindi considerato in relazione alla totalità dei costi sostenuti dal contribuente che presenta il modello 730. Superata la soglia detraibile, la spesa eccedente non potrà essere richiesta a rimborso.
Quali abbonamenti possono essere portati in detrazione con il modello 730/2024
Sul fronte degli abbonamenti detraibili, vi rientrano quelli annuali, mensili o settimanali per il trasporto su autobus, tram, treni o metropolitane. Non sono invece ammessi a rimborso i titoli di viaggio di durata oraria e le carte di trasporto integrate che oltre al trasporto pubblico prevedono la possibilità di fruizione di ulteriori servizi (ad esempio, l’ingresso a musei o teatri).
Ai fini dell’individuazione delle spese detraibili bisognerà inoltre tener presenti i costi sostenuti nel 2023, secondo il criterio di cassa. In pratica, nel modello 730/2024 sarà possibile inserire anche le spese relative ad abbonamenti la cui scadenza è prevista nell’anno in corso, se pagati lo scorso anno.
Il rapporto tra la detrazione IRPEF e il bonus trasporti
In sede di dichiarazione dei redditi sarà importante considerare le regole specifiche per chi, nel corso del 2023, ha avuto accesso al bonus trasporti, il voucher di 60 euro riconosciuto così come la detrazione IRPEF a copertura del servizio di trasporto pubblico.
Le spese già coperte dal bonus trasporti restano indetraibili ma, al contrario, sarà possibile beneficiare del rimborso IRPEF per la quota eccedente.
In pratica il contribuente potrà indicare nel modello 730/2024 esclusivamente la quota di spesa rimasta effettivamente a proprio carico e non rimborsata diversamente.
Le due agevolazioni si cumulano ma non sono sovrapponibili.
Stessa regola anche sul fronte delle spese rimborsate dal datore di lavoro in sostituzione delle retribuzioni premiali e, in tal caso, bisognerà far riferimento agli importi eventualmente indicati nella Certificazione Unica 2024.
I documenti da conservare
Regole specifiche anche sul fronte della documentazione che il contribuente dovrà conservare e consegnare al CAF. Sarà necessario avere a disposizione:
■ il titolo di viaggio (contenente durata dell’abbonamento, ovvero data di partenza e termine di validità). Se l’abbonamento è elettronico bisognerà conservare lo scontrino con le informazioni di cui sopra;
■ in alternativa la ricevuta di pagamento.
Per gli abbonamenti intestati a familiari a carico è inoltre richiesta una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, qualora il documento di spesa non risulti intestato al contribuente che presenta il modello 730.
Economia
La maledizione del Superbonus, impossibili modifiche a...
Approvato al Senato il decreto, pagano banche e imprese del settore edile
Quando una misura economica nasce male, e il Superbonus è forse quella che è nata peggio in assoluto, è difficilissimo anche correggerla. Va fatto per tante ragioni diverse. Per limitare le conseguenze sui conti pubblici, principale preoccupazione del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, per accelerare il percorso di uscita da una distorsione del mercato che non fa bene neanche all'edilizia, per sistemare gli aspetti finanziari legati a un altro mercato, quello della cessione dei crediti.
Ora la maledizione del Superbonus si allunga anche sulle dinamiche politiche e sugli equilibri interni a maggioranza e opposizione. Perché mettere mano ancora alla misura introdotta dal secondo governo Conte vuol dire, necessariamente, andare a toccare interessi di parte che si riferiscono a elettorati diversi. Il dato certo è che non è possibile arrivare a correzioni significative degli effetti 'lunghi' del Superbonus senza prendere decisioni che hanno comunque un costo. Il tema, fortemente politico, è come e dove spostare il costo e come farlo.
Sul piano economico, con una sintesi piuttosto grossolana ma efficace, si possono solo limitare i danni. Un'operazione impossibile da fare a costo zero. Per due ragioni più evidenti di altre. E' fondata la preoccupazione di Giorgetti che deve gestire un bilancio pubblico fortemente gravato dagli effetti contabili della misura. E la strada di diluirne nel tempo l'effetto, spalmando il credito su 10 anni contro i 4 previsti in precedenza, risponde all'esigenza.
E' fondata la preoccupazione delle banche, che vedono un rischio concreto nello stop alla possibilità di usare i crediti generati dai bonus edilizi per compensare contributi Inps e premi Inail previsto con il decreto Superbonus. Anche perché altrettanto fondato è il timore che si possa favorire restrizione del credito per le imprese edili.
Le parole del presidente dell'Abi Antonio Patuelli aiutano a capire la portata del problema. "Le banche sono state il primo acquirente di questi crediti fiscali e quindi sono state prese di sorpresa rispetto a una norma imprevista, imprevedibile che ha anche un effetto retroattivo perché non dice che d'ora in poi chi compra crediti li smaltisce in un periodo più lungo ma dice che quelli già comprati dal primo gennaio prossimo non possono detrarli dalle spese previdenziali e assicurative che riguardano il personale". Il tema è anche regolatorio: "Il problema che abbiamo noi e’ che sia siamo soggetti a regole internazionali, europee e nazionali, siamo vigilati da autorità europee e nazionali, quindi non siamo operatori che posso fare quello che vogliono”, ha spiegato Patuelli.
Come se ne esce? Il decreto approvato con la fiducia al Senato passa ora alla Camera. Difficile ipotizzare che ci possano essere modifiche sostanziali. Si conferma la teoria della 'coperta corta': per migliorare i conti pubblici, pagano le banche e le imprese edili. E' una scelta, se ne potevano fare altre, ma è il costo della maledizione del Superbonus. (Di Fabio Insenga)
Economia
Pil Italia, Ue rivede al rialzo stime crescita: +0,9% nel...
Nel febbraio scorso prevedeva un aumento dello 0,7%
La Commissione Europea rivede al rialzo la previsione di crescita dell'Italia per il 2024. Mentre nel febbraio scorso prevedeva un aumento del Pil dello 0,7%, ora lo stima allo 0,9% quest'anno, analoga a quella che il nostro Paese ha segnato nel 2023. La crescita economica italiana, secondo le previsioni economiche di primavera, dovrebbe accelerare all'1,1% nel 2025. Quanto all'inflazione, in Italia è vista all'1,6% quest'anno e all'1,9% nel 2025.