Cronaca
Lutto nel mondo del giornalismo, muore Arrigo Levi
Arrigo Levi si è spento oggi, 24 Agosto, all’età di 94 anni. Iniziò la sua carriera giornalistica a Buenos Aires nel 1943, dopo essere stato costretto a trasferirsi in Argentina per sfuggire alle persecuzioni delle leggi razziali. Rientrato a Modena, sua città natale, dopo la Guerra, completò i suoi studi e proseguì la sua carriera giornalistica. E’ stato corrispondente da Mosca per il Corriere della Sera e successivamente per Il Giorno. Dopo una parentesi in Rai, è stato inviato, nonché direttore, de La Stampa. Nella sua carriera è stato anche consigliere per le relazioni esterne del Quirinale, prima con Carlo Azeglio Ciampi e successivamente con Giorgio Napolitano.
Il giornalista, scrittore e conduttore televisivo è venuto a mancare questa notte nella sua casa romana. Già da un po’ aveva problemi di saluti dovuti all’età, infatti era da poco tornato a casa dall’ospedale. Poco prima di spegnersi, ha cantato l’inno d’Israele e una filastrocca modenese, legata probabilmente alla sua infanzia. I funerali del giornalista si svolgeranno nei giorni chiusi in forma privata.
Levi è stato tra i grandi protagonisti del giornalismo italiano del secondo Novecento. A coronamento di una prestigiosa carriera, autore di ventiquattro libri, poliglotta di vasta esperienza internazionale, ha trascorso quattordici anni al Quirinale, consigliere di due presidenti della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. Levi è stato uno dei primi volti del giornalismo televisivo di qualità, con le dirette Rai sulla Guerra dei Sei giorni nel 1967 e sull’invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968 per reprimere la ‘primavera di Pragà. All’epoca divenne popolare sul piccolo schermo in bianco e nero anche per la caricatura che ne faceva l’imitatore Alighiero Noschese. È stato anche un innovatore, come testimonia la sua direzione della «Stampa» tra il 1973 e il ’78.
Cronaca
Chico Forti trasferito oggi da Rebibbia al carcere di Verona
Rientrato ieri in Italia dopo 24 anni di carcere negli Usa, il 65enne trentino ha lasciato il penitenziario romano
Chico Forti trasferito oggi nel carcere di Verona. Rientrato ieri in Italia dopo 24 anni di carcere negli Usa, il 65enne trentino ha lasciato, a quanto si apprende, il penitenziario romano di Rebibbia per raggiungere Verona su un mezzo della polizia penitenziaria.
Il detenuto è atterrato ieri mattina con volo dell’Aeronautica Militare all'aeroporto militare di Pratica di Mare, dove ha incontrato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che lo scorso marzo, in occasione della sua missione negli Stati Uniti, aveva ottenuto il consenso al trasferimento del connazionale ai sensi della Convenzione di Strasburgo. "Chico Forti è tornato in Italia. Fiera del lavoro del Governo italiano. Ci tengo a ringraziare nuovamente la diplomazia italiana e le autorità degli Stati Uniti per la loro collaborazione", ha poi scritto la premier sui social allegando un'immagine dell'incontro.
"Ho sognato ogni giorno questo momento", ha commentato ieri Forti in un'intervista esclusiva al Tg1 al suo arrivo in Italia."Mi sono mantenuto così solo per mia madre, spero di vederla presto e darle un grande abbraccio" ha detto. "Rientrare in Italia per me è un passo positivo, cambia tutto, dal personale, la direttrice, le guardie, i vestiti che indosso, che sono italiani. Vorrei ringraziare tante persone, mio zio, Giorgia Meloni, che è stata fantastica, tutto il governo indipendentemente dalle ideologie politiche mi ha aiutato". Fra le persone che vuole ringraziare, ha sottolineato “non possono non menzionare Andrea, Veronica e Virginia Bocelli perché sono stati incredibili”.
“Per la prima volta non ho un numero, né le manette, è un’altra atmosfera” ha detto. Al conduttore che gli ricorda come si sia sempre dichiarato innocente, risponde: "Certo, è l’unico motivo per cui ho accettato l’estradizione ora, perché all’inizio per avere estradizione dovevo dichiararmi colpevole e non l’avrei mai fatto. E’ contro il mio principio. Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno, mai mezzo vuoto, sono positivo e sono convinto che il mio futuro a breve sia come io auspico. Accetto questo passo – conclude - so che è un passo obbligatorio”.
Cronaca
Valanga sulle Alpi svizzere, morti 2 scialpinisti lombardi
Le due vittime travolte sul Pigne d'Arolla, tra il Cervino e il Grand Combin
Tragedia sulle Alpi svizzere. Due scialpinisti italiani sono morti travolti da una valanga sul Pigne d'Arolla, tra il Cervino e il Grand Combin. Le due vittime abitavano nella provincia di Lecco.
Cronaca
Rivolta in carcere a Benevento: “Agenti feriti e...
Tensione altissima, la denuncia dei sindacati della polizia penitenziaria: "Sezione detentiva distrutta dai rivoltosi"
Due agenti feriti, altri in ostaggio, detenuti armati. È quanto denunciano i sindacati della polizia penitenziaria che segnalano una violenta rivolta in atto nel carcere di Benevento. Una situazione incandescente, con una Sezione detentiva distrutta dai rivoltosi e due agenti di polizia penitenziaria seriamente feriti dai ristretti in rivolta, armati per fronteggiare gli agenti.
“La situazione è molto grave - denuncia Tiziana Guacci, segretario del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe - Ci arrivano da Benevento segnali allarmanti di una crescente tensione, con i detenuti comuni del quarto piano, per futili motivi, hanno devastato la rotonda, computer, vetri e tutto quello che c’era. In prima battuta sembrerebbe che hanno preso in ostaggio dei colleghi, due sono stati accompagnati in ospedale. La situazione è molto critica e sul posto sono presenti anche operatori delle altre forze di polizia. Mi sembra evidente che c’è necessità di interventi immediati da parte degli organi ministeriali e regionali dell’amministrazione penitenziaria, che assicurino l’ordine e la sicurezza in carcere a Benevento tutelando gli agenti di polizia penitenziaria che vi prestano servizio. Ed è grave che non siano stati raccolti, nel corso del tempo, i segnali lanciati dal Sappe sui costanti e continui focolai di tensione nelle carceri campane”.
Il segretario generale del sindacato Donato Capece giudica la condotta dei detenuti ancora in rivolta “irresponsabile e gravissima. Sono quotidiane le nostre denunce con le quali evidenziamo che le carceri in Campania sono ad alta tensione. Alla teoria di chi parla di carceri conoscendoli poco, ossia dalla parte della polizia penitenziaria, vogliamo rispondere con la concretezza dei fatti. Che parte da un dato incontrovertibile: la Polizia Penitenziaria continua a ‘tenere botta’, nonostante le quotidiane aggressioni. I problemi del carcere sono reali, come reale è il dato che gli eventi critici nei penitenziari sono in aumento. È sotto gli occhi di tutti che servono urgenti provvedimenti per frenare la spirale di tensione e violenza che ogni giorno coinvolge, loro malgrado, appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria nelle carceri italiane e della Campania, per adulti e minori. Come dimostra quel che sta succedendo nel carcere di Benevento”, conclude il leader del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria.