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Violenza ostetrica e dove trovarla: il fenomeno in Italia e nei Paesi Ue

Una piaga “sistemica”, una “violenza di genere istituzionalizzata”. Così Magali Gay-Berthomieu davanti alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo giovedì 18 aprile, ha definito la violenza ostetrica e ginecologica nell’Unione europea. La causa principale: “abitudini radicate nei sistemi e nelle società”. Insieme alla collega Silvia Brunello, specialista in questioni di genere della società di consulenza ICF, hanno presentato ai deputati uno studio condotto nei 27 Stati membri, grazie al quale è stato possibile identificare la dimensione del problema e le sfide da affrontare per il futuro.

A partire dal quadro giuridico attualmente applicabile a questa forma di violenza, insieme agli sviluppi politici attualmente in corso, sono state raccolte anche le iniziative portate avanti a livello nazionale per migliorare la comprensione e prevenzione di questa forma di violenza di genere da parte dei professionisti dell’assistenza sanitaria o della società civile. Abuso psicologico, fisico e sessuale durante le consultazioni ostetriche e ginecologiche e l’assenza di supporti in caso di denuncia, oltre alla mancanza di un quadro giuridico uniforme e alla necessità di rendere egualitario il lavoro delle donne nella sanità. Sono questi gli spunti emersi dalla presentazione dello studio. Vediamo insieme una panoramica del fenomeno.

Lo studio

“Le conseguenze della violenza ostetrica e ginecologica possono essere di grave impatto sulla salute fisica, mentale e sociale delle donne – si legge nello studio -. In quanto fenomeno sociale e sistemico, la violenza ostetrica e ginecologica si colloca al primo posto e rappresenta il punto di convergenza di due crisi strutturali: la discriminazione basata sul genere e l’approccio dei sistemi e delle istituzioni sanitarie. Comprendere il fenomeno in una visione sistemica è necessario non solo per intenderlo come una forma di violenza di genere, ma anche riconoscendo che questi atti non sono necessariamente intenzionali e che sono il prodotto di problemi strutturali riguardanti i sistemi sanitari”.

In assenza di definizioni comuni e processi di raccolta di dati standardizzati, è emersa una prima mancanza di dati comparativi sulla violenza ostetrica e ginecologica nell’Ue. A causa di una combinazione di fattori e caratteristiche identitarie (come quelli sociali status, orientamento sessuale, età o deviazione dalle norme di genere dominanti), i diversi Stati membri hanno delle strutture organizzative dei sistemi sanitari che possono incidere sulla prevalenza di alcune forme di violenza. A esacerbare il quadro è stata anche l’improvvisa riorganizzazione delle cure relative alle restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19. La pandemia ha quindi avuto una notevole influenza nel rivelare la prevalenza e gravità della violenza ostetrica e ginecologica, e ha contribuito a mettere in luce la situazione.

Basandosi su prove quantitative e qualitative concrete provenienti da dati disponibili, studi e analisi provenienti da varie fonti pubbliche (relazioni politiche dell’UE e degli Stati membri, articoli accademici, documenti delle organizzazioni della società civile, organizzazioni professionali, ecc.), la ricerca condotta nei 27 Stati membri dell’UE ha innanzitutto cercato di valutare il livello di consapevolezza del problema e il modo in cui è stato inquadrato giuridicamente nei diversi Stati membri. Il gruppo di ricerca ha effettuato una serie di interviste con le parti interessate dell’UE e internazionali per raccogliere informazioni sull’ampio contesto politico e sulle questioni in gioco in relazione alla violenza ostetrica e ginecologica. Successivamente, sono stati raccolti ed esaminati dati e informazioni dell’UE, inclusi documenti legali e politici, pubblicazioni accademiche e pubblicazioni emesse da attori non istituzionali, come organizzazioni della società civile e associazioni e federazioni paneuropee.

La dimensione del fenomeno

Sulla base dei risultati di questa ricerca, sono stati individuati numerosi sviluppi interessanti. In sei Stati membri (Belgio, Spagna, Croazia, Polonia, Portogallo, Svezia) in cui sono state svolte ulteriori ricerche, sono presenti dettagli sulla legislazione, le politiche o le iniziative pertinenti sviluppate per migliorare la risposta a questa diffusa forma di violenza di genere. Vediamo alcuni esempi.

In Spagna, ad esempio, su un campione di 17.541 donne intervistate, il 45,9% ha risposto di non essere né informata circa le procedure a cui stava per sottoporsi né le era stato espressamente richiesto di fornire il proprio consenso. Di questi, il 74% ha indicato nei ginecologi, le figure professioniste responsabili della mancata informazione. In Polonia, invece, uno studio ha rilevato che il 71,8% delle attività svolte durante le visite ginecologiche non erano abbastanza delicati, e il 14,6% ricorda una visita ginecologica al pronto soccorso estremamente doloroso e spiacevole.

Un’altra analisi qualitativa è stata effettuata sulla base delle storie di donne condivise nella campagna #breakthesilence del Movimento Birth nei Paesi Bassi. Il tema generale identificato è stato “Left Powerless”, termine usato per descrivere come le donne sentivano che il potere veniva loro tolto o avevano difficoltà a mantenere il controllo a causa della violenza subita. Inoltre, tratti comuni delle testimonianze di 60 donne che hanno contribuito al Me Too durante la campagna per il parto in Finlandia prevedeva la perdita di autodeterminazione, l’esperienza di un dolore atroce e incontrollato, il parto strumentale vissuto come violento, senza supporto e l’essere lasciate sole durante momenti di dolore insopportabile.

Anche un’organizzazione non governativa bulgara ha raccolto oltre 25 racconti di donne sulla loro esperienza di violenza psicologica, fisica e sessuale durante le consultazioni ostetriche e l’uso di procedure dannose non consensuali e non necessarie dal punto di vista medico. Queste narrazioni hanno rivelato casi in cui le donne sono state insultate, picchiate, infantilizzate, ignorate, a cui sono stati negati gli antidolorifici e nascoste informazioni sul loro bambino.

Una tesi di master ha valutato qualitativamente le esperienze di violenza ostetrica delle donne in Grecia. Attraverso un sondaggio online, 63 partecipanti hanno segnalato quanto segue: l’ingiustificabile uso non necessario di vari interventi tecnico-medici (come l’induzione artificiale del travaglio, rottura delle acque e somministrazione di ossitocina); esami vaginali continui; essere legato a letto; divieto di spostamenti; rifiuto di fornire anestesia e/o sollievo dal dolore; la manovra di Kristeller e abuso verbale (ironico, dispregiativo e commenti offensivi).

In Italia

A fotografare il fenomeno in Italia è stata l’indagine Doxa condotta nel nostro Paese, nel 2017. L’11% delle mamme intervistate ha ammesso di aver subito traumi dovuti alle cure ospedaliere e di conseguenza ha preferito rinviare di molti anni la scelta di avere un’altra gravidanza, con conseguenze non indifferenti sulla situazione nazionale. Per il 6% del totale il trauma è stato così grave da decidere di non subirlo con altre gravidanze, con una stima di 20.000 possibili bambini persi all’anno. In una risposta alla denuncia di violenza ostetrica da un forum comunitario online in Italia, i presidenti di tre associazioni di ostetriche e una di ostetriche si sono opposte alle prove, contestando l’uso del termine “deplorevole” poiché è “dannoso” e “allarmante” accostare “violenza” a “ostetrico”. Hanno affermato, come riportato dalla piattaforma Servizio Penale, che i risultati “non tengono conto del potere-dovere dei professionisti di co-decidere, guidare le scelte delle donne, agire con urgenza, anche senza consenso, per evitare gravi pericoli alla vita o all’integrità della persona”.

Le raccomandazioni per gli Stati membri

Le future direttive e raccomandazioni proposte dallo studio dovrebbero mirare a rispondere alle questioni e alle sfide sopra individuate, cioè:

Raccomandazioni per migliorare la comprensione e il riconoscimento delle competenze ostetriche in materia di violenza ginecologica;
Raccomandazioni per migliorare il quadro giuridico applicabile alle attività ostetriche e alla violenza ginecologica, così come garantire un accesso alla filiera della giustizia;
Raccomandazioni per migliorare la prevenzione e fornire cure più rispettose.

La questione, quindi, non beneficia dello stesso livello di interesse in tutti gli Stati membri dell’UE e pertanto, in diversi paesi, le informazioni su questo fenomeno sono limitate. In altri, sebbene la questione sia affrontata da alcuni portatori di interessi non istituzionali (ad esempio organizzazioni della società civile), vengono fornite informazioni limitate sulla questione a livello nazionale e sulle potenziali iniziative intraprese per affrontare il fenomeno.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Asili nido, varato un nuovo piano da 734,9 milioni di euro

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Nuovo passo avanti nel settore degli asili nido italiani. Con la firma del decreto per un nuovo Piano del valore di 734,9 milioni di euro, da parte del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, il governo si impegna a potenziare e migliorare l’offerta educativa sin dalla prima infanzia, in linea con gli obiettivi strategici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Questo nuovo piano non solo mira ad aumentare il numero di posti negli asili nido, ma anche a offrire un supporto concreto alle famiglie, riconoscendo l’importanza cruciale di fornire servizi educativi di qualità fin dai primi anni di vita dei bambini. Le risorse per questo progetto derivano sia da economie del precedente piano, varato solo un anno fa, sia da fondi aggiuntivi recuperati nel bilancio ministeriale.

Il Ministro Valditara ha sottolineato l’importanza strategica di questo investimento, non solo per il sistema scolastico, ma anche per la società nel suo complesso. “Il nostro obiettivo è ampliare un servizio fondamentale per ridurre le disparità dei punti di partenza, venendo incontro nel contempo alle esigenze delle famiglie e in particolare delle donne, a cui offriamo uno strumento in più per la conciliazione tra lavoro e maternità”, dichiara il ministro che ha, inoltre, enfatizzato l’importanza della semplificazione delle normative e delle procedure, nonché del sostegno continuo alle amministrazioni coinvolte. Parallelamente all’allocazione delle risorse, infatti, il governo si impegna a semplificare le norme e le procedure amministrative.

I dettagli del decreto

Il decreto non solo stabilisce l’ammontare delle risorse disponibili, ma definisce anche in maniera dettagliata i criteri di ripartizione di tali risorse tra i Comuni. Questi criteri includono dati demografici, come la popolazione residente e il numero di bambini nella fascia di età 0-2 anni, nonché l’attuale copertura del servizio negli asili nido.

Inoltre, il decreto tiene conto dei progetti finanziati con il precedente bando e considera l’incremento complessivo dei prezzi, nonché le valutazioni della Commissione europea effettuate durante la verifica della milestone europea del PNRR nel giugno 2023. Questi dati sono stati utilizzati per definire un costo parametrico applicabile sia alla realizzazione di nuovi asili nido che alla riconversione di edifici e immobili non destinati ad asili.

I criteri sopra descritti hanno consentito di individuare un elenco di Comuni beneficiari e di quantificare l’importo spettante in base al numero minimo di posti da attivare. Inoltre, tutte e 14 le città metropolitane avranno a disposizione una quota di risorse per attivare e potenziare gli asili nido, indipendentemente dal livello di copertura già raggiunto per la fascia di età 0-2 anni.

Per ottenere l’autorizzazione agli interventi previsti, sarà avviata una procedura di adesione per i Comuni inclusi nell’elenco. Tuttavia, anche i Comuni più piccoli e con una minore popolazione residente nella fascia di età 0-2 anni avranno la possibilità di candidarsi. Possono farlo aggregandosi con Comuni limitrofi mediante convenzioni, al fine di garantire una gestione congiunta più efficace e sostenibile del servizio. Questo approccio favorisce una distribuzione equa e una gestione ottimale delle risorse disponibili, assicurando che anche le comunità più piccole possano beneficiare dei vantaggi del nuovo Piano per gli asili nido.

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Anno scolastico ‘in cammino’ per l’Italia

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Vuoi vivere un’esperienza scolastica indimenticabile, che ti porterà a esplorare l’Italia come mai prima d’ora? Allora Strade Maestre è ciò che fa per te! Aperte le iscrizioni per il prossimo anno scolastico, questo innovativo progetto educativo ti porterà in un viaggio attraverso le meraviglie dell’Italia, unendo studio e avventura in un’unica esperienza straordinaria.

Cos’è ‘Strade Maestre’

Si tratta di un’iniziativa promossa dalla cooperativa sociale CamminaMenti, che ha l’obiettivo di rivoluzionare il concetto stesso di educazione, portando 15 studenti in un viaggio di apprendimento lungo oltre mille chilometri attraverso 13 regioni italiane.

Il cuore di questo progetto è l’idea di un’aula senza confini, dove le lezioni non sono confinate tra quattro mura, ma si svolgono mentre si cammina lungo sentieri, attraversando città e piccoli paesi, siti di interesse storico e archeologico, imprese, scuole e associazioni. Gli insegnanti? Saranno le guide escursionistiche ambientali di Aigae, esperte del territorio e pronte a trasformare ogni tappa di questo viaggio in un’opportunità di apprendimento unica.

L’itinerario prevede come prima tappa Orvieto, a settembre 2024, e si concluderà in Veneto a fine maggio 2025, passando per Lazio, Sicilia e Sardegna e risalendo poi dalla Calabria, Basilicata e Puglia, Marche e Umbria, Campania e Abruzzo, Toscana ed Emilia-Romagna.

Il programma di Strade Maestre prevede un mix equilibrato tra giornate di cammino e giornate residenziali, durante le quali gli studenti avranno l’opportunità di confrontarti con coetanei provenienti dalle scuole locali e di interagire con esperti del territorio. Sarà un’occasione per imparare non solo dalle lezioni in aula, ma anche dalla natura circostante e dalle comunità che si incontreranno lungo il percorso.

E le materie? Strade Maestre copre un’ampia gamma di discipline, dalle scienze alla storia, dalla geografia alla matematica. Le guide-insegnanti sono specializzate in diverse aree del sapere, pronte a trasmettere conoscenze e competenze in modo coinvolgente e stimolante.

Ma non è tutto! Grazie al supporto di Aigae, partner principale del progetto, Strade Maestre offre anche un aiuto concreto alle famiglie con redditi bassi, mettendo a disposizione uno zaino di studio per garantire a tutti l’accesso a questa straordinaria opportunità educativa. ‘Strade Maestre’ si rivolge a giovani che devono iscriversi, nell’anno scolastico 2024-2025, alla terza o alla quarta classe della scuola secondaria di secondo grado. Le iscrizioni sono aperte sino alla fine di maggio.

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Un professionista su 4 pronto a ‘scappare’ all’estero

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Negli ultimi anni, lavorare all’estero è diventata un’opzione sempre più allettante per molti professionisti in cerca di nuove opportunità di crescita. La globalizzazione, il lavoro remoto e l’evoluzione tecnologica hanno contribuito ad aprire nuove porte per i talenti provenienti da tutto il mondo.

Secondo il rapporto annuale ‘Decoding Global Talent’ del 2024, condotto da Boston Consulting Group (BCG), The Network e The Stepstone Group, il 23% dei professionisti ha attivamente cercato opportunità lavorative all’estero, mentre il 63% si è mostrato interessato a una possibile trasferta internazionale, seppur con un lieve calo rispetto agli anni precedenti.

Questo studio ha coinvolto 150.000 persone provenienti da oltre 180 Paesi, evidenziando un aumento della mobilità attiva rispetto agli anni precedenti. Ad esempio, il 23% degli intervistati si è detto propenso e attivo nella ricerca di un trasferimento, mentre il 21% ha manifestato un interesse più passivo, ma pur sempre aperto a un cambiamento. Infine, il 19% ha considerato la mobilità come un’opzione da prendere in considerazione solo in situazioni estreme.

Le destinazioni più ambite

Quali sono le mete più ambite per i professionisti in cerca di nuove sfide e opportunità lavorative? L’Australia si conferma al vertice della lista, seguita dagli Stati Uniti, dal Canada e dal Regno Unito. Questi Paesi anglofoni e con economie robuste esercitano un fascino irresistibile grazie alle loro prospettive professionali e alla qualità della vita offerta. Tuttavia, non sono gli unici ad attirare l’attenzione: Germania, Svizzera, Giappone e Singapore emergono come destinazioni altrettanto allettanti per i professionisti in cerca di nuove esperienze.

Diversi sono i fattori che rendono un Paese attraente per i lavoratori internazionali: oltre al progresso professionale, che rimane un punto di riferimento importante per il 68% dei professionisti interessati all’Australia e al 77% per gli Stati Uniti, vi sono anche considerazioni sulla qualità della vita, il costo della vita, la sicurezza, la stabilità e la presenza di un ambiente inclusivo e familiare. La facilità di accesso ai visti e ai permessi di lavoro gioca altresì un ruolo fondamentale nella decisione di intraprendere un trasferimento all’estero.

Per quanto riguarda le città più allettanti per i professionisti, Londra continua a detenere il titolo di metropoli più affascinante grazie alla sua diffusa conoscenza della lingua e alla sua vasta rete globale di opportunità. Seguono Amsterdam, Dubai e Abu Dhabi che mantengono un forte appeal. Non mancano però nuove entrate nella top 30, tra cui spiccano Bangkok (17° posto), Chicago (24°) e Atene (27°). New York, giunta al quinto posto, registra un significativo aumento di tre posizioni rispetto al 2020.

Le persone provenienti da Paesi con un surplus di manodopera, legato a tassi di natalità elevati, dimostrano una maggiore propensione alla mobilità rispetto a quelle che vivono in regioni con una forza lavoro in declino. Ad esempio, il 64% dei lavoratori nel Medio Oriente e in Africa è attivamente incline a trasferirsi, mentre le percentuali sono notevolmente più basse in Nord America (16%) ed Europa (10%).

Nuove prospettive professionali

La ricerca di nuove prospettive professionali è uno dei motivi principali che spingono i talenti a considerare un trasferimento all’estero. Questo va oltre il semplice stipendio, includendo anche la possibilità di crescita professionale e di apprendimento. Le motivazioni che spingono i lavoratori a emigrare sono variegate, spaziando dalla ricerca di migliori opportunità professionali alla ricerca di una migliore qualità della vita complessiva. Rispetto al passato, i lavoratori sono sempre più influenzati da aspetti legati al valore aziendale, come il buon clima lavorativo, lo sviluppo delle competenze e la flessibilità organizzativa.

La scelta delle mete più ambite riflette una combinazione di opportunità professionali, qualità della vita, sicurezza e stabilità, oltre a considerazioni pratiche come l’accesso ai servizi sanitari e la facilità di ottenere visti e permessi di lavoro. Tra i motivi che spingono i lavoratori a spostarsi in un Paese emergono due fattori importanti: la qualità della vita e la qualità delle opportunità di lavoro. Quest’ultima è da considerare in modo diverso rispetto allo stipendio tout court, includendo la possibilità di crescita professionale e l’apprendimento applicato alle proprie competenze.

Le scelte dei lavoratori sono sempre più guidate da aspetti della employer value proposition che indirizzano bisogni più emozionali rispetto al passato. Questo emerge anche da altre ricerche: il buon clima aziendale, il rapporto con i colleghi, lo sviluppo delle competenze e la flessibilità nell’organizzazione del lavoro sono elementi che oggi rivestono una grande importanza, mentre dieci anni fa non erano così significativi.

Dalla volontà di migliorare la propria qualità di vita alla ricerca di nuove prospettive professionali, le motivazioni che spingono i talenti a considerare il trasferimento all’estero sono varie e complesse. I professionisti si aspettano un supporto concreto dai loro futuri datori di lavoro, che vada oltre lo stipendio. Questo include assistenza per l’alloggio, il visto, la ricollocazione e il supporto linguistico. Con una comprensione approfondita di queste dinamiche e un ruolo attivo di governi e istituzioni, la disponibilità alla mobilità dei talenti e la necessità delle aziende di attrarre i migliori possono incontrarsi attraverso strategie efficaci e soddisfacenti per tutte le parti interessate.

Il contesto italiano

L’indagine ha coinvolto un campione significativo di partecipanti italiani, distribuiti in modo equo tra uomini e donne, con varie sfaccettature di istruzione, esperienze lavorative e status abitativo. Risulta che il 15% degli intervistati italiani sia attivamente interessato a lavorare all’estero, un dato in linea con il 17% registrato nel 2018, ma in netto calo rispetto al 57% del 2020, anno segnato dalla pandemia da Covid-19, che ha probabilmente influenzato tale tendenza. Tra i giovani sotto i 30 anni, la percentuale sale al 20%, mentre per coloro con laurea, master o dottorato, arriva al 24%.

La meta preferita per gli italiani rimane la Svizzera, seguita dalla Spagna, che sta guadagnando interesse e surclassando il Regno Unito. Seguono poi Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Australia, Canada, Austria e Olanda. Le ragioni che spingono verso un trasferimento all’estero includono offerte di lavoro concrete (67%) e fattori economici (66%), ma anche il desiderio di migliorare la qualità complessiva della vita (62%) e di crescere personalmente (55%). Al contrario, per coloro che scelgono di restare in Italia, le motivazioni principali includono l’impossibilità di portare con sé familiari o partner (54%), il forte legame affettivo con il Paese (26%) e il costo associato alla ricollocazione (25%).

L’indagine mette in luce una percezione di complessità burocratica in Italia, soprattutto riguardo ai permessi di soggiorno e ai visti. La struttura fiscale e contributiva risulta particolarmente gravosa per i lavoratori altamente qualificati con compensi elevati, che potrebbero trovare altrove regimi fiscali più vantaggiosi. Anche la lingua rappresenta un ostacolo, dato che l’inglese non è diffusamente parlato come in altri paesi europei, e coloro che aspirano a una carriera internazionale devono farne uso come lingua di comunicazione principale. Nonostante ciò, l’Italia rimane attraente in settori come la moda, il design e la manifattura, ma meno per quelli ad alto contenuto tecnologico.

A livello globale, l’Italia si posiziona al 12° posto per attrattività lavorativa complessiva, perdendo una posizione rispetto al 2020. Risulta allettante soprattutto per coloro che provengono da Argentina (19%), Egitto (11%), Marocco, Romania e Tunisia (10%). La qualità della vita è indicata come motivo principale per il 72% dei rispondenti italiani, seguita dalle opportunità lavorative e da una cultura accogliente e inclusiva (45%), dal costo della vita (34%) e da un ambiente family-friendly (33%). Gli italiani si aspettano anche un sostegno concreto dai futuri datori di lavoro, in particolare per quanto riguarda l’alloggio (78%), i visti e i permessi di lavoro (63%), così come per la ricollocazione generale (59%) e l’apprendimento della lingua (59%).

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