Esteri
Capri, si apre G7 di ‘pace’. Tajani:...
Capri, si apre G7 di ‘pace’. Tajani: “Lavoriamo per de-escalation”
Al via sull'isola il vertice dei ministri degli Esteri. Tajani: "Lavoriamo per de-escalation"
Al via in una Capri il G7 dei ministri degli Esteri. Tanti i temi spinosi sul tavolo di un vertice che, parola del padrone di casa Antonio Tajani, vuole essere di "pace e stabilità". A partire dalla crisi in Medio Oriente, dove la guerra di nervi tra Iran e Israele rischia di sfociare in uno scontro aperto e di trascinare l'intera regione nel caos. E mentre, ha detto Tajani, si cerca "una soluzione per infliggere delle sanzioni all'Iran", a Gaza i negoziatori continuano a cercare affannosamente un accordo sul cessate il fuoco ed il rilascio dei prigionieri, la situazione a livello umanitario nell'enclave palestinese resta disastrosa. Collegata alla crisi a Gaza, i sette ministri degli Esteri dei 'Grandi' della Terra (Italia - che dal primo gennaio ha assunto per la settima volta la presidenza di turno - Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti) discuteranno anche della situazione nel Mar Rosso, dove gli Houthi - alleati dell'Iran - continuano a minacciare il traffico mercantile, bersagliando le navi legate a Israele.
Accordo di massima su sanzioni contro individui Iran
All'interno del G7 c'è un accordo di massima sulla necessità di imporre nuove sanzioni all'Iran per l'attacco contro Israele. Le misure restrittive, riferiscono fonti della Farnesina, andrebbero a colpire individui e personaggi che contribuiscono alla catena di rifornimento dei droni e dei missili balistici utilizzati in Ucraina, dagli Houthi nel Mar Rosso e contro Israele, che è la stessa catena di comando che li fornisce alla Russia e ai proxy di Teheran nella regione. Dal G7 che si riunisce a Capri arriverebbe un messaggio 'politico', un auspicio rivolto alla comunità internazionale. L'indicazione dovrebbe poi essere tradotta sul campo dai singoli Paesi, come nel caso degli Stati Uniti e del Regno Unito, e dall'Ue.
Tajani: "Lavoriamo per de-escalation"
"Noi lavoreremo per cercare insieme innanzitutto l'unità. Vedremo se si potrà trovare una soluzione per infliggere delle sanzioni all'Iran e di che tipo. Ieri durante la riunione dei ministri degli Esteri dell'Unione europea l'orientamento europeo era quello di dare sanzioni a chi dà missili e droni come quelli utilizzati contro l'Ucraina, contro Israele e contro i mercantili nel Mar Rosso", ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, incontrando i giornalisti prima dell'inizio del vertice.
Il titolare della Farnesina ha poi sottolineato che nel bilaterale con il segretario di Stato, Antony Blinken, in programma nelle prossime ore parlerà di de-escalation in Medio Oriente. "Stiamo lavorando per una de-escalation. Ieri ho parlato a lungo con il ministro degli Esteri di Israele e gli ho detto qual era la nostra posizione", ha spiegato Tajani, che riferendosi all'attacco di Teheran ha affermato che lo Stato ebraico ha ottenuto "una vittoria militare perché il 99% dei missili e dei droni non ha raggiunto l'obiettivo e quindi ha perso l'offensiva iraniana". "Bisogna vedere cosa accadrà, che tipo di reazione ci sarà" da parte di Israele, ha proseguito Tajani, aggiungendo: "Noi ci auguriamo che prevalga sempre la prudenza. Ne parleremo certamente tutti insieme. Lavoreremo per una de-escalation".
L'Italia, come presidente del G7, lavora per la "de-escalation", ha assicurato il titolare della Farnesina, che lo scorso 12 aprile ha dato disposizione di convocare l'ambasciatore iraniano a Roma, prima che dalla Repubblica islamica partisse l'operazione 'Vera Promessa' sotto forma di centinaia di droni-kamikaze e missili, e ha ripreso il dialogo con il suo omologo della Repubblica islamica, Hossein Amir-Abdollahian. Un dialogo lungo, durato circa un'ora, segnale chiaro che l'Italia lavora per la pace.
Bilaterale Tajani-Blinken, sanzioni a Iran segnale politico a Israele
Sono un segnale politico e di solidarietà a Israele, affinché la sua reazione non mandi la situazione in Medio Oriente fuori controllo, le sanzioni all'Iran sul quale c'è convergenza all'interno del G7 Esteri. E' quanto emerso dal bilaterale a Capri tra il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ed il segretario di Stato americano, Antony Blinken, i quali hanno concordato sulla necessità di accelerare le sanzioni contro gli individui iraniani legati alla produzione e alla commercializzazione di droni e missili balistici anche per convincere Israele alla moderazione nella sua attesa rappresaglia.
Blinken, in particolare, ritiene che il futuro di Israele sia in un contesto di integrazione politica e di sicurezza con i Paesi della regione - chiaro riferimento al processo di normalizzazione con i Paesi arabi e agli accordi di Abramo - e che questo sia l'orizzonte che Tel Aviv deve tenere ben presente qualora decidesse di reagire in maniera massiccia contro la Repubblica islamica. Uno scenario che appare sempre più probabile nonostante la contrarietà degli alleati. Il segretario di Stato ha fatto capire che i Paesi che possono continuino a dialogare con l'Iran per far capire a Teheran che l'attacco del 13 aprile, malgrado gli ayatollah lo ritengano 'telefonato', sia stato visto da Israele come una minaccia per la sua sicurezza. E l'Italia può essere uno degli interlocutori.
In merito alla crisi a Gaza, Tajani e Blinken hanno concordato sulla necessità di arrivare rapidamente a una tregua nella guerra tra Israele e Hamas, ottenere la liberazione degli ostaggi e l'ingresso massiccio di aiuti umanitari nell'enclave palestinese.
Guerra Ucraina Russia
Ampio spazio sarà dedicato poi alla crisi Ucraina: negli ultimi giorni il presidente Volodymyr Zelensky ha lanciato segnali di insofferenza per il ritardo degli alleati nel fornire aiuti militari a Kiev, mettendo in evidenza il rapido soccorso invece che è stato dato a Israele, dove un'insolita alleanza tra lo Stato ebraico, le monarchie sunnite, Washington, Londra, Parigi ed Amman - per il momento 'una tantum' - ha bloccato la scenografica rappresaglia iraniana, a sua volta una reazione al raid contro i generali dei pasdaran del giorno di Pasquetta a Damasco. Zelensky continua a premere sul Congresso americano perché sblocchi i 60 miliardi di aiuti militari che Kiev ritiene fondamentali per riequilibrare le forze sul campo di battaglia, dove la Russia continua la sua lenta avanzata ad est. A Capri ci sono anche il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.
Stabilità dell'Indo-Pacifico
Si parlerà anche della stabilità dell'Indo-Pacifico, regione prioritaria per gli equilibri politici e per il commercio mondiale e di migrazione, con l'Italia che intende rinnovare la collaborazione con l'Africa in una chiave di partenariato paritario. Non a caso ci sarà una sessione alla quale parteciperà anche il ministro degli Esteri della Mauritania, Mohamed Salem Ould Merzoug, in quanto presidenza dell'Unione Africana. Infine troveranno spazio grandi temi globali, dalla sicurezza alimentare a quella energetica, dalla lotta ai cambiamenti climatici all'intelligenza artificiale.
Capri e Napoli blindate
Il livello di allerta a Capri e a Napoli è altissimo ed è stato ulteriormente innalzato ulteriormente negli ultimi giorni. La prefettura del capoluogo campano ha messo in campo 1.200 e 1.400 uomini, con un'attenzione particolare alla giornata di venerdì, quando a conclusione dei lavori le varie delegazioni si muoveranno verso gli aeroporti. Accanto ai reparti mobili sono schierati sommozzatori e cinofili, che eseguiranno tutte le operazioni nei luoghi interessati dalle riunioni e dagli spostamenti. Saranno utilizzati anche droni per i pattugliamenti lungo la costa e nei porti.
"Perché ho scelto Capri? Ho scelto Capri perché è una bellissima isola italiana, il fiore all'occhiello della Regione Campania e il fiore all'occhiello della città di Napoli. Un sito amato da tutti, quindi i miei ospiti hanno accolto con grande entusiasmo la decisione italiana di svolgere qui tre giorni di lavoro", ha detto Tajani, in un video girato al suo arrivo nell'isola e pubblicato sul suo account X. "Naturalmente parleremo della situazione in Medio Oriente, quello che è accaduto tra Iran e Israele, la situazione a Gaza, la situazione nel Mar Rosso, ma anche la guerra in Ucraina. Noi vogliamo sostenere la libertà e l'indipendenza di Kiev". ha aggiunto il titolare della Farnesina.
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Cloropricina, accuse Usa alla Russia sull’uso in...
Quando è stato utilizzato l'agente chimico, a che scopo e quali sono i rischi? A rispondere è il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie Cdc
Accuse dagli Usa alla Russia sull'uso di armi chimiche nella guerra contro l'Ucraina. Secondo il Dipartimento di Stato americano, infatti, Mosca avrebbe "utilizzato l'agente chimico cloropicrina e gas lacrimogeni contro le forze ucraine in violazione della Convenzione sulle armi chimiche ". Ma cos'è la cloropicrina, quali sono gli effetti, quando è stata utilizzata e a che scopo? A rispondere è Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie Cdc, organismo di controllo sulla sanità pubblica negli Stati Uniti.
Cloropicrina, cos'è
Liquido oleoso da incolore a leggermente giallo, con un odore intensamente irritante, la cloropicrina - spiega il Cdc - è utilizzata in agricoltura come fumigante del terreno. La cloropicrina è stata utilizzata anche come agente di guerra chimica e come agente antisommossa. E stata inoltre utilizzata in grandi quantità durante la Prima guerra mondiale e ne sono state accumulate scorte anche durante la Seconda guerra mondiale. L'agente chimico non è più autorizzato per uso militare. La cloropicrina è infatti un irritante con caratteristiche di gas lacrimogeno.
Come si diffonde, gli effetti
La cloropicrina può essere rilasciata negli spazi interni e nelle aree esterne - anche in agricoltura, contaminando i prodotti - sotto forma di spray liquido (aerosol). L'agente chimico può contaminare sia l'acqua che il cibo e può essere assorbita sistemicamente attraverso l'inalazione, l'ingestione e la pelle. È gravemente irritante per i polmoni, gli occhi e la pelle, sottolinea il Cdc.
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Ucraina, Macron: “Non escluso invio truppe se Russia...
Il presidente francese torna a mettere in guardia Mosca in un'intervista al The Economist: "Siamo stati troppo titubanti nel definire i limiti delle nostre azioni nei confronti di qualcuno che non li ha più e che è l'aggressore"
Il presidente francese torna a mettere in guardia la Russia: in caso di sfondamento del fronte in Ucraina, l'invio di truppe di terra occidentali non è da escludere. Dalle pagine di The Economist, Emmanuel Macron torna su un concetto espresso a febbraio e che allora aveva fatto molto discutere.
"Se i russi dovessero andare a sfondare le linee del fronte, se ci fosse una richiesta ucraina - cosa che oggi non è il caso - dovremmo legittimamente porci il problema", ha affermato. "Escluderla a priori, non equivale a trarre le conclusioni degli ultimi due anni", ha aggiunto, alludendo al primo rifiuto dei paesi della Nato di inviare carri armati e aerei, e al successivo ripensamento.
"Non escludo nulla - ha quindi sottolineato il presidente francese -, perché davanti a noi c’è qualcuno che non esclude nulla. Senza dubbio siamo stati troppo titubanti nel definire i limiti delle nostre azioni nei confronti di qualcuno che non li ha più e che è l'aggressore".
"Ho un obiettivo strategico chiaro: la Russia non può vincere in Ucraina. Se la Russia vincesse in Ucraina, non ci sarebbe sicurezza in Europa", ha poi rimarcato Macron aggiungendo: "Non dobbiamo escludere nulla, perché il nostro obiettivo è che la Russia non possa mai vincere in Ucraina".
"L'aggressività della reazione russa alle mie parole ha dimostrato che ha avuto l’effetto desiderato, ossia 'non pensare che ci fermeremo qui se non lo fai'".
E ancora: "La Francia è un paese che ha effettuato interventi militari, anche di recente. Abbiamo dislocato diverse migliaia di soldati nel Sahel per combattere il terrorismo che potrebbe rappresentare una minaccia per noi. Lo abbiamo fatto su richiesta di Stati sovrani", ha detto in riferimento all'operazione Barkhane delle forze armate francesi in Mali, Ciad, Burkina Faso, Mauritania e Niger contro gruppi terroristici islamici.
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Usa, non si fermano proteste pro-Gaza nelle università:...
La polizia ha fatto irruzione nell'accampamento allestito dai manifestanti ma non sono stati segnalati incidenti
Non si fermano proteste pro-Palestina nelle università americane. Nella notte la polizia ha fatto irruzione nell'accampamento allestito dai manifestanti nell'Università della California, Ucla, uscendo dopo qualche ora. Lo ha riferito la Cnn, secondo cui l'uscita degli agenti - contro cui urlavano i dimostranti - è avvenuta senza incidenti. E' rimasta solo una piccola presenza all'esterno del perimetro dell'accampamento, fa sapere l'emittente.
Secondo quanto riportato, l'intervento sarebbe stato preceduto dal lancio di una granata stordente. "La polizia ha lanciato un 'flashbang', quasi come una tecnica di distrazione, mentre avviava la sua operazione per smantellare l'accampamento", ha riferito la corrispondente di SkyNews. In precedenza le forze dell'ordine avevano chiesto via altoparlante ai manifestanti di lasciare il posto, dopo aver dichiarato illegale l'accampamento. I dimostranti nel campus di Los Angeles dell'Università della California, continuano intanto a urlare "Non ce ne andremo".
Diverse agenzie per la sicurezza hanno inviato sul posto le loro unità con compiti specifici: al Dipartimento di Polizia di Los Angeles è affidato l'incarico di mettere in sicurezza il perimetro, la California Highway Patrol entrerà nell'accampamento, il dipartimento dello sceriffo di Los Angeles sarà responsabile del controllo sulla folla. Le forze dell'ordine sul posto sono dotate di dispositivi di protezione, comprese maschere antigas, secondo le fonti citate dall'emittente.
Scontri tra gruppi filo israeliani e filo palestinesi
Ieri scontri tra gruppi di manifestanti filo israeliani e filo palestinesi sono scoppiati nel campus di Los Angeles. "Sono avvenuti orribili atti di violenza e abbiamo immediatamente chiamato la polizia", ha detto la vice rettrice. Un giornalista che lavora per il "Daily Bruin", giornale dell'università, ha riferito che i manifestanti filo Israele hanno lanciato "petardi, uno scooter, bottiglie d'acqua e gas lacrimogeni" contro il gruppo avverso.
Arrestati centinaia di manifestanti
Centinaia di manifestanti sono stati arrestati nelle ultime 24 ore durante le proteste che stanno infiammando i campus universitari negli Stati Uniti. Anche se le richieste dei manifestanti variano da università a università, la maggior protesta contro la guerra a Gaza e chiedono di disinvestire dalle aziende che sostengono Israele.
Università dell'Arizona: mercoledì le forze dell'ordine hanno usato palline di pepe e proiettili di gomma contro i manifestanti, ha detto l'università in una nota.
A New York, circa 300 persone sono state arrestate nell'operazione di polizia condotta per sgomberare i campus della Columbia e del City College dai manifestanti pro Gaza. Ancora da capire quanti di coloro che occupavano la Hamilton Hall della Columbia fossero studenti e quanti no. Il sindaco di New York, Eric Adams, ha denunciato "un movimento per radicalizzare i giovani...non permetterà che questo accada".
Fordham University: almeno 15 persone sono state arrestate dopo che decine di manifestanti hanno allestito un accampamento all'interno dell'edificio Lowenstein dell'università, secondo una dichiarazione della scuola che ha chiesto al Dipartimento di Polizia di New York di essere nel campus almeno fino al 22 maggio.
Università di Buffalo: circa 16 persone sono state arrestate mercoledì sera dopo una protesta filo-palestinese al North Campus dell'università, ha detto la scuola in un comunicato.
Dartmouth College: Novanta persone sono state arrestate durante la protesta filo-palestinese di mercoledì con l'accusa di aver commesso reati tra cui violazione di domicilio e resistenza all'arresto, ha detto la polizia della città di Hanover nel New Hampshire.
Università del Texas a Dallas: almeno 17 arresti sono stati effettuati nel campus mercoledì sera, hanno detto i funzionari della scuola.
Università del Wisconsin-Madison: diversi manifestanti sono stati arrestati mercoledì, ha detto il cancelliere Jennifer L. Mnookin in una lettera alla comunità del campus.