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Attacco a Mosca, Vidino: “Russia oggi è il nemico...

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Attacco a Mosca, Vidino: “Russia oggi è il nemico principale dell’Isis”

Il direttore del Program on Extremism della George Washington University: "In Tagikistan network radicalizzanti diffondono Islam alieno come accaduto nei Balcani"

Attacco a Mosca, Vidino:

Oggi "all'atto pratico" la Russia è forse "il nemico principale" del sedicente Stato islamico (Isis), anche più degli Stati Uniti e dell'Occidente in generale, dato che è presente "in maniera molto attiva" nei tre scenari più importanti dove opera il gruppo terroristico: Afghanistan, Siria e Africa. Lo afferma in un'intervista all'Adnkronos Lorenzo Vidino, direttore del Program on Extremism della George Washington University, dopo l'attentato alla sala concerti Crocus a Mosca rivendicato dall'Isis-K, il ramo afghano dell'organizzazione che è "l'ultima incarnazione" di un movimento jihadista che da 30 anni colpisce duramente la Russia. "Una lunghissima scia di attentati", scandisce l'esperto, ricordando gli attacchi alle metropolitane di Mosca, San Pietroburgo e al teatro Dubrovka.

I tre scenari in cui la Russia è 'contro' l'Isis

Vidino analizza quindi i tre scenari da cui l'Occidente si è sostanzialmente "ritirato" e in cui invece la Russia, "per perseguire i suoi interessi", è attiva e si contrappone all'Isis. A partire da quello afghano e dell'Asia centrale, dove la Russia ha "un ruolo importantissimo" ed instaurato rapporti "molto amichevoli" con i Talebani, a loro volta "nemici giurati dell'Isis" che, dal canto suo, vuole espandersi nel Paese e per farlo entra per forza in rotta di collisione con Mosca e Pechino. Il secondo scenario è la Siria, dove la Russia ha giocato un "ruolo fondamentale" al fianco delle truppe di Bashar al-Assad nello smantellare il Califfato, prosegue Vidino, citando poi lo scenario africano - dal Mali al Niger fino al Mozambico - dove agiscono "forze russe legate al Cremlino".

Il direttore del Program on Extremism della George Washington University non nutre dubbi sulla matrice della strage di Krasnogorsk, mentre ritiene più difficile stabilire in questa fase se i quattro presunti terroristi entrati in azione, tutti di nazionalità tagika, siano stati "pagati" o se fossero sinceramente "convinti" da un punto di vista ideologico. Tutto quanto accaduto "segue un modello tipico dell'Isis, dal linguaggio alla rivendicazione - la prima sintetica, la seconda con filmati - girata su tutti i canali classici e poi a quelli a specchio online. Anche il tipo di operazione è da manuale", dichiara Vidino, che rimarca come il contesto geopolitico dell'attentato, vedi la guerra in Ucraina e le accuse di Mosca a Kiev, renda necessaria ancora più cautela nell'analisi.

Cos'è Isis-K e perché cresce

L'elemento che l'esperto mette in evidenza è una "escalation" dell'Isis-K, che negli ultimi anni da movimento confinato in un'area geografica "limitata" come l'Afghanistan si è trasformato in attore capace di agire a livello "globale", come dimostrano non solo la strage di Kerman in Iran, ma anche lo sventato attentato al duomo di Colonia e lo smantellamento di cellule di matrice Isis-K e composte da persone di etnia centro-asiatica in Germania, Svezia e Paesi Bassi. Oggi anche il presidente francese, Emmanuel Macron, ha rivelato che Isis-K preparava attentati sul suolo francese. E mentre in Italia, "questa dinamica non ci tocca da vicino in quanto non abbiamo una diaspora da questi Paesi", in Germania la "dinamico centro-asiatica è diventata la minaccia principale", puntualizza Vidino, rimarcando gli elementi che agevolano il reclutamento di soggetti del Tagikistan.

Si tratta di un Paese "tra i più problematici" della regione da un punto di vista socio-economico a cui si sommano condizioni politiche "abbastanza problematiche" vista la presenza di un governo autoritario. Il terzo fattore, spiega Vidino, è la presenza da decenni di network radicalizzanti cioè organizzazioni e predicatori che, con il crollo dell'Unione Sovietica, hanno portato in questi Paesi de-islamizzati con la forza dal comunismo - come accaduto anche nei Balcani - un tipo di Islam "alieno che miete un discreto successo".

Lo scenario dopo l'attacco a Mosca

L'analista, al netto del conflitto ucraino, parla infine delle conseguenze che la strage di Krasnogorsk può avere sulla sicurezza europea. Dopo un attacco di questo tipo è "quasi inevitabile che parte dell'opinione pubblica sia preoccupata e riscopra il pericolo jihadismo e che i governi prendano le misure necessarie, ma non vedo grandissimi risvolti dovuti a Mosca", ritiene Vidino, secondo cui "l'unico trend che ritengo preoccupante come lezione di Mosca è l'ascesa di Isis-K come affiliazione del gruppo più propensa a condurre le proprie azioni al di là della piccola area geografica in cui opera di solito". Il jihadismo ha vissuto "una crisi, ma non è mai scomparso - conclude - Tuttavia l'attenzione dell'antiterrorismo in tutta Europa non è calata più di tanto e dopo il 7 ottobre, per i rischi derivanti dalla guerra a Gaza - si è tornati ad essere super-vigilanti in materia".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Torna la minaccia nucleare di Putin – Ascolta

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(Ipa/Fotogramma)

Nel giorno della parata della Vittoria a Mosca, tradizionale celebrazione che si tiene in tutta la Federazione, del 79° anniversario della sconfitta del nazismo nella 'Grande Guerra Patriottica', il presidente russo Vladir Putin, nel suo discorso trasmesso sui canali ucraini dagli hacker russi ha risollevato la questione dell’arsenale nucleare.

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Amnesty, il 5X1000 per la libertà di stampa

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La storia del giornalista messicano Alberto Amaro Jordan

Amnesty, il 5X1000 per la libertà di stampa

L’appello di Amnesty International Italia: "Il tuo 5x1000 a favore della libertà di stampa e di espressione. Una storia dal messico: la difficile battaglia di Alberto Amaro Jordán". Jordan è un giornalista di 35 anni proveniente da Atexcatzingo, nello stato di Tlaxcala, in Messico, noto per essere un importante snodo della criminalità. Nel 2018 ha fondato il sito web “La Prensa de Tlaxcala”, seguendo le orme del padre e del nonno, entrambi giornalisti. Nel giro di un anno ha iniziato a subire minacce, attacchi e tentativi di delegittimazione da parte di gruppi criminali e delle forze di polizia per le sue inchieste su politica, criminalità e corruzione.

Si è rivolto allora al programma federale chiamato “Meccanismo per la protezione dei giornalisti” ma, nonostante le continue richieste di rafforzare le misure protettive, il rischio è che gli vengano tolte. Amaro Jordán, con la moglie e i loro due figli, è stato fotografato e preso di mira, il suo sito web è stato hackerato e la sua reputazione è stata diffamata attraverso alcuni post su Facebook, che lo accusavano di essere un criminale. I figli continuano ad avere incubi di notte che il padre sarà ucciso; hanno dovuto rinunciare agli allenamenti di calcio e alle lezioni di karate e frequentano la scuola solo nei giorni in cui Amaro può andare a prenderli con le sue guardie del corpo.

“La storia di Alberto Amaro è un tragico esempio delle sfide alle quali vanno incontro i giornalisti in Messico e in tutto il mondo, dove la libertà di stampa è minacciata della censura politica e da interessi criminali - ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia - Abbiamo lanciato un appello mondiale per chiedere al governo messicano di continuare a proteggere Alberto Amaro Jordán e la sua famiglia, perché non si può rischiare la vita solo per aver fatto il proprio lavoro. Con il 5x1000 puoi aiutare Amnesty International Italia a difendere lui e gli altri giornalisti in pericolo”.

Il Messico è il primo paese al mondo per giornalisti scomparsi ed è fra i primi dieci per casi irrisolti di uccisioni di giornalisti. La storia di Alberto Amaro simboleggia la lotta per la libertà di stampa e le violazioni dei diritti umani che colpiscono sempre più spesso coloro che, nell’ambito della loro attività professionale, fanno cronaca, si occupano di diritti umani o esprimono opinioni sgradite ai governi.

Per citare solo altri due casi, Maria Ponomarenko, giornalista russa, è stata arrestata nel 2022 e condannata a sei anni di reclusione e al divieto di esercitare la professione per cinque anni dopo la scarcerazione, per aver diffuso "informazioni consapevolmente false sulle forze armate russe"; Nidal al-Waheidi e Haitham Abdelwahed, due giornalisti palestinesi di 25 e 31 anni, sono scomparsi il 7 ottobre 2023 dopo che erano stati arrestati dalle autorità israeliane mentre stavano seguendo le fasi iniziali dell’attuale conflitto.

Ecco perché Amnesty International Italia ritiene urgente e necessario fornire maggiore aiuto alle vittime di minacce e violenze legate alla difesa della libertà di espressione. “Quella di Alberto Amaro Jordán è una storia conosciuta ancora poco. Con questa campagna, vogliamo creare attorno a lui una scorta di solidarietà, perché lui e tante altre persone che svolgono con coraggio la professione giornalistica non si sentano soli”, ha aggiunto Noury. “La libertà di stampa è sotto attacco ovunque, anche in Italia, dove il controllo sui contenuti si fa sempre più soffocante”.

Per difendere i diritti umani in tutto il mondo, dal 1961 Amnesty International dà voce a migliaia di persone che vedono minacciate o violate la propria dignità e libertà. Un impegno costante che ha consentito all’organizzazione, dalla sua nascita, di salvare oltre 50.000 persone. Con l’hashtag #Amnestyseitu, Amnesty International Italia chiede di sostenere il suo impegno quotidiano per porre fine alle violazioni dei diritti umani. Ognuno può fare la sua parte sostenendo la campagna 5x1000 di Amnesty International Italia attraverso un gesto semplice e gratuito, come apporre una firma sulla propria dichiarazione dei redditi, inserendo il codice fiscale 03 03 11 10 582.

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Iran, nuovo avvertimento sulla “dottrina...

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Il consigliere della Guida Suprema Ali Khamenei e capo del Consiglio strategico per le relazioni internazionali: "Pronti a rivederla se Israele attaccasse i nostri impianti"

Manifesti in Iran - Afp

L'Iran è pronto a cambiare la sua "dottrina nucleare" se dovesse ritenere minacciata la sua esistenza. Lo ha dichiarato Kamal Kharrazi, consigliere della Guida Suprema Ali Khamenei e capo del Consiglio strategico per le relazioni internazionali, nel corso di un'intervista rilasciata ad al-Jazeera.

L'avvertimento sulla "dottrina nucleare"

"Due anni fa annunciai che l'Iran aveva la capacità di produrre una bomba nucleare. Oggi disponiamo ancora di tale capacità, ma non abbiamo deciso di produrla. Ma se l'esistenza dell'Iran fosse minacciata, dovremo cambiare la nostra dottrina nucleare", ha affermato Kharrazi, evidenziando un possibile fine militare del programma nucleare della Repubblica islamica, che finora Khamenei aveva sempre escluso, emettendo anche una fatwa in cui aveva definito 'haram' - proibito - lo sviluppo di armi atomiche.

"Nel caso Israele attaccasse i nostri impianti nucleari, è possibile rivedere la dottrina e la politica nucleare dell'Iran e deviare dalle considerazioni precedenti", ha insistito il consigliere della Guida Suprema.

Iran e arricchimento dell'uranio, materiale nucleare per due bombe

Secondo l'Aiea, la Repubblica islamica sta arricchendo l'uranio a livelli di purezza fino al 60%, mentre la soglia per produrre armi atomiche è fissata intorno al 90%. Se Teheran dovesse arricchire a questo livello il materiale nucleare attualmente a sua disposizione, potrebbe realizzare due bombe.

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