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Cronaca

Esofagite eosinofila e prurigo nodularis, infiammazione di...

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Esofagite eosinofila e prurigo nodularis, infiammazione di tipo 2 nuovo target

A Milano il media tutorial ‘Una causa, diverse patologie: l'infiammazione di tipo 2. Trasformare la pratica della medicina e imprimere un cambiamento anche nella vita dei pazienti con esofagite eosinofila e prurigo nodularis’

Esofagite eosinofila e prurigo nodularis, infiammazione di tipo 2 nuovo target

Quando il nostro organismo riconosce la presenza di parassiti o allergeni, si attiva una risposta immunitaria di tipo 2 che porta a un processo infiammatorio. In alcuni casi però il sistema si può attivare anche in assenza di una vera e propria ‘minaccia’, danneggiando l'organismo stesso. Così l’infiammazione di tipo 2 diventa anche l’origine di diverse patologie atopiche, allergiche e infiammatorie come la dermatite atopica, l’asma, la poliposi nasale e la Bpco (Broncopneumopatia cronica ostruttiva), tra le più conosciute, ma anche come la prurigo nodularis e la esofagite eosinofila, patologie meno conosciute, ma che hanno un impatto notevole sulla qualità di vita dei pazienti. La scoperta di un denominatore comune ha portato una significativa rivoluzione nel campo clinico, avviando un cambio di paradigma nel trattamento delle patologie associate, appunto, all’infiammazione di tipo 2, al centro del media tutorial ‘Una causa, diverse patologie: l'infiammazione di tipo 2. Trasformare la pratica della medicina e imprimere un cambiamento anche nella vita dei pazienti con esofagite eosinofila e prurigo nodularis’ che si è tenuto oggi a Milano, organizzato da Sanofi, con la partecipazione di clinici esperti e associazioni pazienti.

“L'infiammazione di tipo 2 è alla base di patologie croniche che possono insorgere sin dalla prima infanzia, ma anche manifestarsi a tutte le età, lasciando una forte impronta nella vita dei pazienti e influenzando la loro qualità della vita - spiega Stefano Del Giacco, professore ordinario di Medicina interna, direttore della Scuola di specializzazione in Allergologia e immunologia clinica, università di Cagliari e direttore Allergologia e immunologia clinica, Aou di Cagliari - Grazie alla ricerca e alla conoscenza del fattore comune dietro queste patologie è oggi possibile agire sui meccanismi alla base dell’infiammazione, ottenendo un controllo a lungo termine, anziché agire sull’organo bersaglio o sul sintomo della malattia con terapie generiche, come cortisonici o immunosoppressori, che possono offrire sollievo nel breve termine ma il cui uso continuo e prolungato è altamente sconsigliato.”

La prurigo nodularis - si legge in una nota - è una condizione cronica, estremamente pruriginosa che si presenta tipicamente con la comparsa di noduli multipli, papule e placche, la cui diffusione e l'intensità del prurito risultano significativamente più gravi rispetto ad altre affezioni cutanee, come la dermatite atopica o l'orticaria. La nodularis rappresenta il sottotipo più comune di prurigo cronico e può persistere per lunghi periodi, con una durata media della malattia di circa 6 anni.

“C'è molto di più dietro al prurito nella prurigo nodularis - afferma Laura Bonzano, medico chirurgo, specialista in Allergologia e immunologia clinica, Arcispedale Santa Maria Nuova, Ausl Reggio Emilia - Sebbene sia il sintomo predominante e causa della formazione delle lesioni cutanee, i pazienti affrontano anche sensazioni dolorose che possono portare anche a disturbi mentali. Questi sintomi impattano significativamente la vita quotidiana. Secondo uno studio europeo condotto su 552 pazienti, l’83% ha rinunciato a un'attività sportiva o ricreativa e il 92% ha rifiutato un invito a cena o a una festa. La difficoltà nella diagnosi - continua Bonzano - talvolta è un altro problema, con più di un terzo dei pazienti che riceve inizialmente una diagnosi errata e riscontra tempi medi decisamente lunghi (oltre 2 anni) per arrivare alla corretta identificazione della patologia. Questo vagabondaggio diagnostico non è solo una sfida clinica e terapeutica, ma anche un viaggio emotivo associato a un senso di disperazione e abbandono, che sconvolge la vita dei pazienti e influisce ulteriormente sul carico della malattia”.

L’esofagite eosinofila colpisce principalmente l'esofago, causando fibrosi e restringimento dell'organo. I sintomi caratteristici, che includono difficoltà nella deglutizione, riduzione dell'appetito, vomito e dolore addominale, fanno sì che venga spesso confusa con altri disturbi gastrointestinali, come il reflusso gastroesofageo. Tuttavia, la sua natura cronica autoimmune richiede un trattamento mirato che vada oltre la semplice gestione dei sintomi.

“Oggi si stima che l’esofagite eosinofila colpisca circa 50 mila adulti e adolescenti in Europa - illustra Antonio Di Sabatino, professore ordinario di Medicina interna, direttore Uoc Medicina Interna 1, Fondazione Irccs Policlinico San Matteo e direttore Scuola di Specializzazione in Medicina interna, Università di Pavia - Le statistiche registrano tuttavia un significativo aumento del numero di casi, dovuto a una migliore e maggiore informazione e ai progressi nella diagnosi precoce. In assenza di terapie mirate o efficaci nel lungo periodo, i pazienti che soffrono di esofagite eosinofila spesso adottano meccanismi compensatori tanto che i pazienti si autoconvincono di poter convivere con l’esofagite eosinofila e a volte ne minimizzano l’impatto, ritardando il confronto con uno specialista".

Come osserva Roberta Giodice, socio fondatore e presidente Eseo Italia, Associazione di famiglie contro l'esofagite eosinofila e le patologie gastrointestinali eosinofile: "Il rapporto degli italiani con il cibo è profondo e ricco di significati culturali e valori che vanno ben al di là della semplice alimentazione. Tuttavia, patologie come l'esofagite eosinofila trasformano il piacere del cibo in ansia e paura” per possibili “crisi di soffocamento durante i pasti che comportano paura, dolore e disagio”. Il ritardo nella diagnosi e i comportamenti compensativi hanno "impatti psicofisici, isolamento sociale e rischio di arrivare alla diagnosi in condizioni gravemente compromesse. Sensibilizzare pediatri e medici innanzitutto ma tutti gli specialisti che, anche indirettamente, potrebbero intercettarla rispetto alle domande sentinella utili per sospettare o scongiurare, è fondamentale. Molti sono poi i disagi, i costi e le sperequazioni a livello regionale. Come associazione collaboriamo con le società scientifiche di riferimento per garantire l’esigibilità dei diritti e l’uniformità della presa incarico".

L’innovazione terapeutica nel campo dell’infiammazione di tipo 2 ha fatto un significativo passo avanti con l'introduzione di dupilumab, sviluppato congiuntamente da Sanofi e Regeneron. L’anticorpo monoclonale, completamente umano, agisce inibendo le vie di segnalazione dell’infiammazione mediate da due citochine, l’interleuchina-4 (Il-4) e l’interleuchina-13 (Il-13). Non è un immunosoppressore, non richiede monitoraggi continui e ha dimostrato un notevole beneficio clinico a lungo termine su numerose patologie infiammatorie di tipo 2, a livello sia di sintomi sia di biomarcatori chiave di queste patologie. Le patologie per cui oggi il farmaco è indicato in Italia sono: dermatite atopica (adulto, adolescente e bambino); asma grave in adulti e adolescenti dai 12 anni di età; rinosinusite cronica con poliposi nasale grave negli adulti. Sono in arrivo le indicazioni per l’esofagite eosinofila (adulto e adolescente da 12 anni in su), la prurigo nodularis, la dermatite atopica del bambino da 6 mesi di vita a 5 anni e l’asma del bambino a partire dai 6 anni d’età.

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Cronaca

Chico Forti trasferito oggi da Rebibbia al carcere di Verona

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Rientrato ieri in Italia dopo 24 anni di carcere negli Usa, il 65enne trentino ha lasciato il penitenziario romano

Manifestazione per Chico Forti - Fotogramma

Chico Forti trasferito oggi nel carcere di Verona. Rientrato ieri in Italia dopo 24 anni di carcere negli Usa, il 65enne trentino ha lasciato, a quanto si apprende, il penitenziario romano di Rebibbia per raggiungere Verona su un mezzo della polizia penitenziaria.

Il detenuto è atterrato ieri mattina con volo dell’Aeronautica Militare all'aeroporto militare di Pratica di Mare, dove ha incontrato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che lo scorso marzo, in occasione della sua missione negli Stati Uniti, aveva ottenuto il consenso al trasferimento del connazionale ai sensi della Convenzione di Strasburgo. "Chico Forti è tornato in Italia. Fiera del lavoro del Governo italiano. Ci tengo a ringraziare nuovamente la diplomazia italiana e le autorità degli Stati Uniti per la loro collaborazione", ha poi scritto la premier sui social allegando un'immagine dell'incontro.

"Ho sognato ogni giorno questo momento", ha commentato ieri Forti in un'intervista esclusiva al Tg1 al suo arrivo in Italia."Mi sono mantenuto così solo per mia madre, spero di vederla presto e darle un grande abbraccio" ha detto. "Rientrare in Italia per me è un passo positivo, cambia tutto, dal personale, la direttrice, le guardie, i vestiti che indosso, che sono italiani. Vorrei ringraziare tante persone, mio zio, Giorgia Meloni, che è stata fantastica, tutto il governo indipendentemente dalle ideologie politiche mi ha aiutato". Fra le persone che vuole ringraziare, ha sottolineato “non possono non menzionare Andrea, Veronica e Virginia Bocelli perché sono stati incredibili”.

“Per la prima volta non ho un numero, né le manette, è un’altra atmosfera” ha detto. Al conduttore che gli ricorda come si sia sempre dichiarato innocente, risponde: "Certo, è l’unico motivo per cui ho accettato l’estradizione ora, perché all’inizio per avere estradizione dovevo dichiararmi colpevole e non l’avrei mai fatto. E’ contro il mio principio. Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno, mai mezzo vuoto, sono positivo e sono convinto che il mio futuro a breve sia come io auspico. Accetto questo passo – conclude - so che è un passo obbligatorio”.

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Cronaca

Valanga sulle Alpi svizzere, morti 2 scialpinisti lombardi

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Le due vittime travolte sul Pigne d'Arolla, tra il Cervino e il Grand Combin

Alpi svizzere - Xinhua

Tragedia sulle Alpi svizzere. Due scialpinisti italiani sono morti travolti da una valanga sul Pigne d'Arolla, tra il Cervino e il Grand Combin. Le due vittime abitavano nella provincia di Lecco.

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Rivolta in carcere a Benevento: “Agenti feriti e...

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Tensione altissima, la denuncia dei sindacati della polizia penitenziaria: "Sezione detentiva distrutta dai rivoltosi"

Carcere - Fotogramma

Due agenti feriti, altri in ostaggio, detenuti armati. È quanto denunciano i sindacati della polizia penitenziaria che segnalano una violenta rivolta in atto nel carcere di Benevento. Una situazione incandescente, con una Sezione detentiva distrutta dai rivoltosi e due agenti di polizia penitenziaria seriamente feriti dai ristretti in rivolta, armati per fronteggiare gli agenti.

“La situazione è molto grave - denuncia Tiziana Guacci, segretario del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe - Ci arrivano da Benevento segnali allarmanti di una crescente tensione, con i detenuti comuni del quarto piano, per futili motivi, hanno devastato la rotonda, computer, vetri e tutto quello che c’era. In prima battuta sembrerebbe che hanno preso in ostaggio dei colleghi, due sono stati accompagnati in ospedale. La situazione è molto critica e sul posto sono presenti anche operatori delle altre forze di polizia. Mi sembra evidente che c’è necessità di interventi immediati da parte degli organi ministeriali e regionali dell’amministrazione penitenziaria, che assicurino l’ordine e la sicurezza in carcere a Benevento tutelando gli agenti di polizia penitenziaria che vi prestano servizio. Ed è grave che non siano stati raccolti, nel corso del tempo, i segnali lanciati dal Sappe sui costanti e continui focolai di tensione nelle carceri campane”.

Il segretario generale del sindacato Donato Capece giudica la condotta dei detenuti ancora in rivolta “irresponsabile e gravissima. Sono quotidiane le nostre denunce con le quali evidenziamo che le carceri in Campania sono ad alta tensione. Alla teoria di chi parla di carceri conoscendoli poco, ossia dalla parte della polizia penitenziaria, vogliamo rispondere con la concretezza dei fatti. Che parte da un dato incontrovertibile: la Polizia Penitenziaria continua a ‘tenere botta’, nonostante le quotidiane aggressioni. I problemi del carcere sono reali, come reale è il dato che gli eventi critici nei penitenziari sono in aumento. È sotto gli occhi di tutti che servono urgenti provvedimenti per frenare la spirale di tensione e violenza che ogni giorno coinvolge, loro malgrado, appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria nelle carceri italiane e della Campania, per adulti e minori. Come dimostra quel che sta succedendo nel carcere di Benevento”, conclude il leader del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria.

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