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Cronaca

Malattie rare, Aifa approva prima terapia per bimbi con Nf1...

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Malattie rare, Aifa approva prima terapia per bimbi con Nf1 e neurofibromi plessiformi

Studio Sprint, selumetinib riduce dimensioni tumori inoperabili e dolore migliorando qualità di vita

Malattie rare, Aifa approva prima terapia per bimbi con Nf1 e neurofibromi plessiformi

L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità di selumetinib, prima terapia indicata per il trattamento dei neurofibromi plessiformi sintomatici e non operabili in pazienti pediatrici affetti da neurofibromatosi di tipo 1 (Nf1) di età pari o superiore ai 3 anni. L’approvazione condizionata nell'Unione europea era avvenuta nel giugno 2021. Lo annuncia - in una nota - AstraZeneca, insieme ad Alexion, AstraZeneca Rare Disease. La Nf1 è una condizione genetica rara debilitante che in tutto il mondo colpisce una persona su 3mila e che in Italia si stima coinvolga circa 20mila pazienti. In una percentuale tra il 30% e il 50% delle persone affette da Nf1, si sviluppano tumori sulle guaine nervose (neurofibromi plessiformi) che causano potenziali problemi clinici come deturpazioni, disfunzioni motorie, dolore, disfunzioni delle vie aeree, disturbi visivi e disfunzioni vescicali o intestinali.

L'approvazione da parte di Aifa - si è ricordato oggi a Milano, nel corso di un incontro con la stampa - si basa sui risultati positivi dello studio Sprint Stratum 1 di Fase 2, sponsorizzato dal Programma di valutazione della terapia del cancro (Ctep) del National Cancer Institute (Nci). Lo studio ha dimostrato che selumetinib riduce le dimensioni dei tumori inoperabili nei bambini, riducendo il dolore e migliorando la qualità della vita. I dati di sicurezza ed efficacia dello studio, con un follow-up più lungo, sono stati forniti come una delle condizioni per l'approvazione. “Da oggi - afferma Maria Cristina Diana, Uoc Neurologia pediatrica e malattie muscolari Irccs Istituto Gaslini, Genova - anche in Italia tutti i pazienti pediatrici con neurofibromatosi plessiforme di tipo 1 sintomatica non operabile possono avere accesso a selumetinib e quindi potenzialmente beneficiare di questo trattamento, che può avere un impatto positivo sulla qualità della vita, in particolare con una duratura riduzione del dolore”.

Come osserva Antonella Cacchione, area clinica di Oncoematologia, terapia cellulare, terapie geniche e trapianto emopoietico, Irccs Ospedale pediatrico Bambino Gesù, Roma, "selumetinib mostra anche miglioramenti in termini di forza muscolare e di mobilità articolare e, più in generale, sui sintomi correlati al tumore. La nostra esperienza nella pratica clinica - continua Cacchione - conferma questi dati e riteniamo che anche la riduzione del tempo di ospedalizzazione derivante dall'utilizzo di questa terapia sia un parametro importante da considerare”.

Positivo anche il commento congiunto delle associazioni che rappresentano i pazienti italiani affetti da neurofibromatosi: Ananas, Associazione nazionale aiuto per la neurofibromatosi amicizia e solidarietà; Anf, Associazione neuro fibromatosi e Associazione Linfa, Lottiamo insieme contro le neurofibromatosi. "Accogliamo con grande soddisfazione la notizia dell’approvazione di una nuova soluzione terapeutica - ribadiscono le associazioni dei pazienti - La neurofibromatosi ha un impatto drammatico sulla vita di chi ne è affetto e i neurofibromi plessiformi, spesso a evoluzione rapida, possono incidere significativamente anche sui più semplici gesti quotidiani e porre seri ostacoli alla socialità. Ecco perché una terapia farmacologica innovativa, come quella oggi disponibile in Italia, dà nuove speranze ai pazienti, soprattutto ai più giovani, e alle loro famiglie”.

La rimborsabilità di selumetinib, secondo Anna Chiara Rossi, Vp & General Manager Italy, Alexion, AstraZeneca Rare Disease, “testimonia il costante impegno di Alexion nel fornire farmaci trasformativi per le malattie rare. Siamo orgogliosi di veder confermato il valore di questo impegno, che si esprime tanto nell’ambito dell’innovazione scientifica quanto nella collaborazione con le istituzioni sanitarie, per rendere disponibili i frutti di questa innovazione ai pazienti che ne hanno bisogno”.

Approvato negli Stati Uniti, nell'Ue, in Giappone, Cina e in diversi altri paesi per il trattamento di pazienti pediatrici con Nf1 e neurofibromi plessiformi sintomatici e non operabili, selumetinib blocca specifici enzimi (Mek1 e Mek2), coinvolti nello stimolo alla crescita delle cellule. Nella Nf1, questi enzimi sono iperattivi e fanno sì che le cellule tumorali crescano in modo sregolato. Bloccando questi enzimi, il farmaco rallenta la crescita delle cellule tumorali.

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Sfida tra un artista e l’IA

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Sfida tra un artista e l'IA

Un noto artista e l’intelligenza artificiale si sfideranno per la prima volta in Sicilia, fino all’ultima sfumatura di colore, per decretare chi realizzerà l’opera d’arte più creativa ed innovativa, partendo entrambi da uno stesso tema comune. Palcoscenico del ‘singolar tenzone’, giovedì 16 maggio alle 19.30, sarà l’Auditorium Santa Maria Alemanna a Messina, che ospiterà un nuovo appuntamento del ‘Coffe Talk: Intelligenza ARTificiale - dialoghi creativi e arti visive’, con la partecipazione del noto maestro Dimitri Salonia, fondatore della Scuola Coloristica Siciliana, che aiutato dalla sua allieva Lidia Monachino, gareggerà con l’AI generativa di Chat GPT guidata da Gaia Roccaforte ingegnere Biomedico del CNR IRIB di Messina. A fine serata sarà il pubblico presente a scegliere l’opera ritenuta più emozionante. Durante l’incontro ci sarà un interessante intervento di Alfredo Ferro, professore emerito di Informatica dell’Università di Catania che discuterà di Intelligenza artificiale e delle sue applicazioni future. L’evento è gestito come un format, moderato dal dirigente tecnologo del CNR Marco Ferrazzoli, e favorisce un approccio inclusivo e multidisciplinare e una discussione, in un contesto di dialogo aperto e informale, dove l’arte e le scienze si intrecciano.

“Da tempo – spiega Dimitri Salonia - si dibatte delle novità introdotte dall’Ai generativa nel campo delle arti visive. L’impatto dell’intelligenza artificiale sull’arte va intesa in senso più ampio, in quanto coinvolge non solo il comparto dell’arte contemporanea, ma impatta nel ben più vasto ambito delle arti visive. Da una parte l’intelligenza artificiale è da tempo utilizzata da alcuni artisti contemporanei per sperimentazioni concettuali, ricerche che indagano i nuovi confini dell’arte, dall’altra amplia il perimetro delle arti visive, in quanto ne possono far uso anche altre figure finora esterne alla disciplina della creazione di immagini. La facilità nella produzione rischia di creare velocemente un fenomeno di svalutazione con la quale gli artisti dovranno misurarsi ed essere distintivi. Se parliamo di arte, pubblicità, fiction, spettacolo, satira, l’AI generativa può funzionare. In altri contesti, dove vige il principio di realtà e le tecnologie del reale, potrebbe provocare più problemi che opportunità. Tuttavia, questa dicotomia tra reale e artificiale infatti nell’arte non esiste. L’arte è un ambito applicativo molto interessante per l’Ai generativa, in quanto per sua natura un’opera d’arte è costituita da un immaginario “artificiale”, non è mai mera riproduzione della realtà, non risponde al principio di realtà”.

Durante l’evento si parlerà di “ADAPT-MI - Automatic Diagnosis, Assessment, Prognosis and Treatment of Motor Illness”, un progetto innovativo finanziato dal Ministero delle Imprese e del Made in ITaly (MIMIT), finalizzato allo sviluppo di nuovi algoritmi in ambito diagnostico e riabilitativo basati su AI generativa. “L’obiettivo principale del progetto - spiegano Giovanni Pioggia, responsabile CNR IRIB di Messina, e Marco Ferlazzo, Presidente di COT - è migliorare la gestione diagnostica, prognostica e terapeutica di soggetti con traumi e deficit motori, mediante nuovi algoritmi di supporto alla decisione clinica basati su AI generativa, scevri dalle criticità attuali dei sistemi AI e proposti come PoC in piattaforme di Open-AI Innovation. Le aree di intervento del progetto includono la diagnosi e valutazione pre- e post-chirurgica in ortopedia ed il trattamento neuro-robotico in soggetti post-chirurgici e in pazienti con deficit sensori-motori”. “Il partenariato è composto da soggetti privati e pubblici di eccellenza nella ricerca e sviluppo, nella innovazione aperta e nella produzione di piattaforme, prodotti e servizi tecnologicamente avanzati”, ha aggiunto Flavio Corpina, Amministratore delegato del Consorzio Mediterranean Health Innovation Hub (M.H.I.H.)”. I soggetti proponenti del progetto sono: C.O.T. Cure Ortopediche Traumatologiche s.p.a., l’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRIB) e Cedel Cooperativa Sociale Educativa ELIS, in collaborazione con eccellenze nella ricerca clinica italiana (Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e Fondazione Don Carlo Gnocchi), nonché con PMI innovative attive nel settore dell’intelligenza artificiale (DeepTrace Technologies S.r.l) e delle tecnologie di IT (Medilink S.r.l.).

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Neuroncologo Pace: “Vorasidenib raddoppia...

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'Fondamentale che in ogni paziente al momento della diagnosi sia eseguita l'analisi molecolare'

Neuroncologo Pace:

"In circa l'80% dei gliomi di grado 2 sono presenti mutazioni del gene Idh1 contro le quali esiste una terapia mirata, vorasidenib, in grado di raddoppiare la sopravvivenza alla malattia come ha dimostrato lo studio Indigo pubblicato sul 'New England Journal of Medicine'". Lo ha spiegato Andrea Pace, responsabile della Neuroncologia dell'Irccs Istituto tumori Regina Elena di Roma, oggi a Roma nel corso di un media tutorial sulla frontiera più avanzata dell'oncologia di precisione, focalizzato sul ruolo oncogenico delle mutazioni Idh e realizzato con il contributo non condizionante del Gruppo Servier in Italia.

"I gliomi sono una forma di tumore del cervello e fanno registrare ogni anno, in Italia, circa 3mila nuovi casi - sottolinea Pace - Il 20% è costituito dai gliomi di grado 2, cioè di basso grado, che sono più frequenti nei giovani fra i 20 e i 40 anni. I sintomi all'esordio sono costituiti di solito da crisi epilettiche, spesso resistenti ai trattamenti, perché le cellule malate tendono a infiltrare il tessuto nervoso sano. Queste neoplasie cerebrali hanno una crescita lenta, ma con il passare degli anni possono diventare di alto grado e, quindi, più aggressive". La chirurgia con massima asportazione possibile del tumore è il trattamento di scelta, a cui segue, anche per anni, l'osservazione della malattia, per poi passare alla chemioterapia e radioterapia se il tumore diventa più aggressivo. "Questi pazienti possono convivere con la malattia anche per decenni, continuando a lavorare, ad essere attivi nella vita e ad avere figli - precisa Pace - Per 20 anni le terapie successive alla chirurgia sono rimaste identiche, costituite cioè da chemioterapia e radioterapia. Oggi il cambiamento è radicale, perché anche la neuroncologia può beneficiare della medicina di precisione. L'analisi molecolare, infatti, ha consentito di evidenziare la presenza di mutazioni genetiche anche nei tumori cerebrali. In particolare, le mutazioni di Idh1 sono presenti nell'80% dei gliomi di grado 2, quelle di Idh2 in circa il 5%. Quando la proteina Idh1 è mutata, avvia il meccanismo di crescita tumorale. Ed è stato dimostrato che può costituire il bersaglio di terapie mirate".

Lo studio Indigo ha convolto circa 330 pazienti con gliomi di grado 2 non aggressivi, che si erano sottoposti all'intervento chirurgico, ma non a chemioterapia e radioterapia. "Vorasidenib, inibitore di Idh, rispetto alla sola osservazione ha più che raddoppiato la sopravvivenza libera da progressione: 27,7 mesi rispetto a 11,1. E' fondamentale, come stabilito dalla classificazione dell'Oms, che in ogni paziente, al momento della diagnosi, sia eseguita l'analisi molecolare", conclude.

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Ematologa Voso: “Test molecolari fondamentali anche...

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'Malattia ematologica tra le più insidiose e difficili da trattare che richiede cure tempestive'

Ematologa Voso:

"La profilazione molecolare è una parte fondamentale della diagnosi nella leucemia mieloide acuta". Lo ha sottolineato Maria Teresa Voso, professore ordinario di Ematologia all'Università Tor Vergata e responsabile del laboratorio di Diagnostica avanzata oncoematologica del Policlinico Tor Vergata di Roma, in occasione del media tutorial realizzato con Servier sulla frontiera più avanzata dell'oncologia di precisione, che si è tenuto questa mattina a Roma.

"La leucemia mieloide acuta è un tumore del sangue che colpisce ogni anno in Italia circa 2.100 persone. E' una malattia ematologica tra le più insidiose e difficili da trattare, che richiede cure tempestive", spiega la specialista. "I progressi nel campo dell'analisi molecolare e del sequenziamento del Dna - evidenzia Voso - hanno permesso di identificare mutazioni genetiche ricorrenti, non rilevabili con i test citogenetici standard. Le Linee guida internazionali raccomandano l'esecuzione dei test genetici al momento della diagnosi in tutti i pazienti. Fino al 50% presenta almeno una mutazione potenzialmente 'actionable' per una terapia mirata. Le mutazioni a carico dei geni Idh sono tra le più comuni: quelle di Idh1 sono presenti in circa il 10% dei casi, quelle di Idh2 nel 10-15%".

La Commissione europea ha approvato ivosidenib in associazione con un agente ipometilante, azacitidina, per il trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi con mutazione di Idh1, che non sono idonei a ricevere la chemioterapia di induzione standard. "Nello studio Agile, pubblicato sul 'New England Journal of Medicine' - riferisce l'esperta - la terapia mirata con ivosidenib in combinazione con azacitidina in prima linea ha triplicato la sopravvivenza globale mediana rispetto a placebo e azacitidina, 2 anni contro 7,9 mesi". Si tratta di un risultato importante per una malattia insidiosa come la leucemia mieloide acuta.

"Anemia, stanchezza, pallore, sanguinamenti ed ematomi, legati alla carenza di piastrine, sono i principali sintomi - descrive Voso - La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi oggi è di circa il 30%". Le percentuali sono inferiori per coloro che non sono idonei alla chemioterapia intensiva. "La maggioranza dei casi - prosegue l'esperta - si presenta in età avanzata e l'età media alla diagnosi è di 69 anni. I pazienti anziani o fragili non sono in grado di tollerare la chemioterapia intensiva standard, seguita dal trapianto allogenico di cellule staminali, se indicato. Per questo, nei casi in cui è presenta la mutazione del gene Idh1, la possibilità di poter accedere alla terapia mirata con ivosidenib, in combinazione con azacitidina, rappresenta un'opportunità importante per molti pazienti".

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