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Cronaca

Tumori, la proposta: cambiare nome al cancro

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Un gruppo di esperti chiede una riflessione: le nuove classificazioni potrebbero semplificare l'accesso alle cure

La corsia di un ospedale

Dimenticate il cancro al polmone, al seno o alla prostata: la sua denominazione dovrebbe cambiare. A chiedere una riflessione sul nome dei tumori è un gruppo di esperti dalle pagine della rivista 'Nature'. E' non è una questione di 'toponomastica'. Secondo gli autori, specialisti e ricercatori dell'istituto francese Gustave Roussy, nell'era delle target therapy e della profilazione molecolare delle neoplasie, il modo convenzionale di classificarle, quando metastatiche, in base al loro organo di origine, rischia di negare alle persone l'accesso ai farmaci che potrebbero aiutarle.

"Una rivoluzione incredibile, impensabile fino a poco fa. Si propone di non chiamare più i tumori a seconda dell'organo di origine, ma sulla base delle loro caratteristiche molecolari", sottolinea su X Roberto Burioni, professore di virologia all'università Vita Salute San Raffaele. "Match point, e forza Sinner", chiosa Burioni con una battuta e un riferimento al titolo del suo libro, a significare che "oggi combattiamo il cancro con armi efficacissime. La vittoria è vicina". Siamo, appunto, al "match point".

Nel secolo scorso i due principali approcci al trattamento delle persone affette da cancro - chirurgia e radiazioni - si sono concentrati sulla sede del tumore nell'organismo. Questo ha portato gli oncologi medici e altri operatori sanitari, le agenzie regolatorie, le compagnie assicurative, le aziende farmaceutiche - e i pazienti stessi - a classificare i tumori in base all'organo in cui avevano avuto origine.

Tuttavia esiste una crescente disconnessione tra questa classificazione e gli sviluppi nell'oncologia di precisione, che utilizza appunto la profilazione molecolare delle cellule tumorali e immunitarie per guidare le terapie. Più di dieci anni fa, ad esempio, alcuni ricercatori negli Stati Uniti hanno dimostrato in uno studio clinico che il farmaco nivolumab può migliorare gli esiti in alcuni individui affetti da cancro. Lo studio includeva persone con diversi 'tipi' di cancro (come convenzionalmente definiti), dal melanoma al cancro del rene. Nivolumab ha ridotto i tumori di alcune persone di oltre il 30%, ma ha avuto poco o nessun effetto sui tumori di altre. Nivolumab ha come target Pd1, recettore di una proteina chiamata Pd-L1, che aiuta le cellule tumorali a sfuggire all'attacco del sistema immunitario. Dei 236 partecipanti allo studio valutati, 49 hanno risposto positivamente al trattamento. Il fattore determinante era se le loro cellule tumorali esprimessero o meno alti livelli di Pd-L1.

Il passo logico successivo sarebbe stato quello di condurre studi clinici che testassero gli effetti di questo e altri inibitori di Pd1 in persone con tumori metastatici che esprimono fortemente Pd-L1, indipendentemente dall'organo in cui il cancro aveva avuto origine, ripercorrono gli esperti. Ma seguendo il modo in cui i tumori vengono classificati - al seno, ai reni, ai polmoni e così via - i ricercatori hanno dovuto condurre studi clinici in sequenza per ciascun tipo di neoplasia. Per circa un decennio, si legge nell'articolo, milioni di persone con tumori che esprimevano alti livelli di Pd-L1 non hanno potuto accedere ai farmaci pertinenti perché i trial non erano ancora stati condotti per il loro tipo di cancro. Le pazienti con determinati tumori al seno o ginecologici che esprimevano Pd-L1 hanno dovuto attendere 7-10 anni per accedere ai farmaci in questione.

Una storia simile si è verificata con la maggior parte dei farmaci testati negli studi clinici negli ultimi 10 anni, evidenziano gli autori citando anche gli inibitori Parp, che uccidono le cellule tumorali portatrici delle mutazioni nei cosiddetti geni 'Jolie', Brca1 e Brca2. È ormai noto che queste mutazioni si verificano in molteplici 'tipi' di tumore come convenzionalmente definiti, non solo nel cancro al seno, ricordano. E aggiungono ancora: i tumori metastatici rappresentano circa il 67-90% dei decessi per cancro e sono quasi sempre trattati a livello sistemico, con farmaci che entrano nel flusso sanguigno. "Per migliorare i trattamenti per queste persone, si deve urgentemente passare dall'uso delle classificazioni del cancro basate sugli organi a quelle molecolari - chiedono i ricercatori - E questo richiederà cambiamenti radicali nel modo in cui l'oncologia medica è strutturata, condotta e insegnata".

Va anche migliorato l'accesso ai test molecolari, evidenziano, e "garantire che tutti i pazienti con diagnosi di cancro metastatico ricevano test molecolari significa ridurre i costi di tali test. Attualmente, l'approccio costa circa 3.000 dollari per test negli Stati Uniti e circa 1.000 dollari in Europa". L'attuale modo di classificare il cancro incide su molteplici aspetti. "In alcuni Paesi i pazienti non vengono rimborsati se assumono farmaci che sono stati testati in studi in cui i tumori non sono definiti dall'organo da cui hanno avuto origine - segnalano per esempio gli esperti - La maggior parte delle società scientifiche di oncologia, come l'American Society of Clinical Oncology (Asco) e la European Society of Medical Oncology (Esmo), pubblicano le loro linee guida in base all'organo di origine. Gli ospedali hanno reparti per il cancro al seno, ai polmoni e così via. Questo attaccamento alla classificazione del cancro per organo di origine sta bloccando il progresso in molti modi".

"Va contro la comprensione scientifica che sta emergendo oggi", incalzano gli specialisti. Per fare un esempio, alcuni tumori polmonari presentano mutazioni nel gene Egfr, alcuni presentano mutazioni nel gene Met, altri presentano traslocazioni che coinvolgono il gene Alk e così via. "Quando gli enti regolatori devono approvare l'uso dei trattamenti, è probabile che le classificazioni su base molecolare diventino sempre più importanti man mano che sempre più farmaci vengono sviluppati utilizzando biotecnologie avanzate", prospettano gli esperti. "Nei prossimi anni e decenni, numerosi 'livelli' di informazioni potrebbero essere incorporati in caratterizzazioni complete del cancro che siano uniche per ciascun paziente, e questo aprirà a cure sempre più personalizzate. Classificare i tumori in base alle loro caratteristiche molecolari - concludono gli autori - accelererebbe l'accesso di milioni di persone a trattamenti efficaci; è anche il primo passo verso l'oncologia di precisione e una comprensione biologica più profonda del funzionamento del cancro".

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Cronaca

Milano, bimbo di 10 anni attaccato da pitbull di famiglia

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Il bambino ha riportato ferite lievi a una gamba e al torace

Cane pitbull - Fotogramma

Un bambino di 10 anni è stato portato in ospedale, ieri sera, dopo essere stato attaccato e ferito dal pitbull di famiglia. L'incidente è si è verificato a Milano. Il bambino ha riportato una ferita lieve a una gamba e al torace ed è stato trasporto in codice giallo all'ospedale Niguarda.

Oipa chiede regole per la detenzione di alcuni cani

L’Organizzazione internazionale protezione degli animali (Oipa) chiede al legislatore "di regolamentare la detenzione di determinati tipi di cani che troppo spesso vengono scelti anche da persone non in grado di gestirli correttamente". Lo rende noto l'organizzazione, dopo l'aggressione di ieri sera al bimbo."I casi di cronaca parlano sempre più spesso di aggressioni da parte di cani molossi o molossoidi, che possono anche aggredire e ferire persone di famiglia - spiega l'associazione -. Lo scorso aprile un piccolo di 15 mesi è stato ucciso da due pitbull in provincia di Salerno e a una donna di 83 anni sono state amputate le braccia dopo essere stata attaccata dai suoi sette cani, amstaff e american bully in provincia di Padova".

A livello locale, ricorda l'Oipa, alcuni Comuni, come quello di Milano, hanno regolamentato la materia prevedendo la concessione di patentini per la detenzione di alcune razze o simil-razze" mentre "nel 2006 il ministero della Salute ha emesso un’ordinanza riguardante la 'tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani', nella quale era prevista una lista di razze canine ritenute pericolose. Successive ordinanze hanno poi abolito questo elenco a causa della relativa incertezza e, soprattutto, della discriminazione delle razze".

"Attualmente la pericolosità di un cane viene determinata a seconda di fatti specifici - spiega l’avvocato Claudia Taccani, responsabile dell’ufficio legale dell’Oipa -. In caso morsicatura o zuffa tra cani, infatti, il cane e il suo proprietario vengono segnalati al Servizio veterinario Asl, che tiene un registro dei cani dichiarati aggressivi, e sono obbligati a seguire un corso formativo. Il corso è organizzato dal Comune, insieme al servizio veterinario dell’azienda sanitaria locale, avvalendosi della collaborazione degli ordini professionali dei medici veterinari e di associazioni di protezione animale. Le spese sono sostenute dal proprietario del cane 'impegnativo'". In caso di pericolosità grave, evidenzia il legale, "scatta l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa e l’obbligo di utilizzare il guinzaglio e la museruola nelle strade e nei luoghi aperti al pubblico".

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Cronaca

Omicidio-suicidio a Palermo, coppia trovata senza vita in...

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A dare l'allarme è stato, come apprende l'Adnkronos, un familiare che non riusciva a contattare i congiunti. Secondo una prima ipotesi investigativa sembra che a sparare per prima sia stata la donna, una vigilessa, che poi si sarebbe tolta la vita

Indagini dei carabinieri - Fotogramma

Omicidio-suicidio in un appartamento nel centro di Palermo. Una coppia è stata trovata senza vita. Sul posto ci sono i carabinieri che indagano. A dare l'allarme è stato, come apprende l'Adnkronos, un familiare che non riusciva a contattare i congiunti.

La donna trovata morta con il compagno nell'appartamento di via Notarbartolo era una vigilessa del comando della Polizia municipale di Palermo. Sembra che sia stata usata l'arma della donna per l'omicidio-suicidio. Il compagno era un commercialista. Secondo una prima ipotesi investigativa sembra che a sparare per prima sia stata la donna che poi si sarebbe tolta la vita.

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Cronaca

Pedofilia, sextortion e adescamento under 13: la minaccia...

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I dati del dossier messo a punto dalla polizia postale in occasione della giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia

Pedofilia e pedopornografia, il dossier della polizia postale - Fotogramma

Nel 2023 sono stati analizzati complessivamente 28.355 siti, di cui 2.739 resi irraggiungibili e inseriti nella black list dei siti che contengono rappresentazioni di sfruttamento sessuale di minori, per inibirne la visualizzazione e impedire alle immagini di abuso di continuare a circolare, evitando la vittimizzazione secondaria. E' quanto emerge dal dossier messo a punto dalla polizia postale in occasione della giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia che ricorre il 5 maggio. Dossier che illustra i principali e più attuali fenomeni, le azioni di contrasto, lo stato delle partnership col settore privato oltre alle iniziative di prevenzione e sensibilizzazione per gli utenti.

Sono 1131 le persone individuate e denunciate per aver scaricato, condiviso e scambiato foto e video di abuso sessuale ai danni di minori nel 2023. "I soggetti sono prevalentemente uomini, incensurati, anche se desta preoccupazione l’aumento dei reati di pedopornografia commessi da soggetti molto giovani - sottolinea la polizia postale - Lo scorso anno sono stati numerosi gli arresti di soggetti con alto livello di pericolosità, colti in flagranza di reato, ovvero detentori di ingente quantità di materiale pedopornografico o abusanti".

Continuano le collaborazioni con importanti attori che con la postale condividono progetti, valori e obiettivi, e le iniziative di prevenzione che la polizia postale conduce per diffondere la cultura della sicurezza digitale e arginare le continue sfide che nel mondo virtuale si rinnovano e intensificano ogni giorno, anche attraverso il portale ufficiale del commissariatodips online. Un quotidiano impegno che si compone di tante sfumature, accomunate dall’obiettivo di rendere la rete un posto più sicuro e gli utenti utilizzatori consapevoli e responsabili delle risorse che hanno a disposizione.

Aumentano i casi di sextortion nel 2023

Nel 2023 è stato registrato un incremento dei casi di sextortion, passando dai 118 casi del 2022 ai 132 registrati nel 2023.

Sono stati 353 i casi di adescamento online nel 2023. E' stato rilevato un lieve calo dei casi adescamento online, confermando però il coinvolgimento di minori di età compresa tra i 10 e i 13 anni. Infatti, la fascia dei preadolescenti è quella che maggiormente ha avuto interazioni sessuali tecnomediate.

Adescamento online di under 13 "minaccia emergente"

Rimane emergente la minaccia legata ai casi di adescamento online che riguardano minori di età inferiore ai 13 anni.

Secondo il report, la diffusione sempre più capillare tra bambini e ragazzi di smartphone e tablet di ultima generazione non sfugge all’attenzione di pedofili e adescatori online. Sempre più spesso, infatti, i primi contatti tra questi soggetti e le piccole vittime avvengono proprio nei luoghi deputati agli “esercizi evolutivi” di bambini e adolescenti. I videogiochi, divenuti popolari attraverso app di gioco scaricabili su cellulari e consolle agili, diventano un luogo dove i bambini si misurano con mondi fantastici e ruoli da protagonisti, esercitandosi a crescere. I social network sono ormai la vetrina cibernetica attraverso la quale gli adolescenti della Generazione Z effettuano un necessario lavoro di sperimentazione sociale e sessuale. Entrambi questi luoghi virtuali diventano un terreno su cui chi ha cattive intenzioni può sfruttare la necessità di esplorare in modo manipolatorio.

Gli adescatori agganciano i bambini e i ragazzi sui loro spazi preferiti, mirano poi a spostarsi su App di messaggistica con crittografia end-to-end, progressivamente si avvicinano a temi sessuali e inducono la vittima a produrre e condividere immagini intime, autoprodotte, si assicurano che i cellulari non siano controllati dai genitori, incitano alla segretezza dei contatti, promettono esattamente quello che i bambini e i ragazzi vogliono, l’ultima skin del videogioco preferito o il provino per una serie televisiva.

Dalle challenge social al revenge porn, ecco i rischi per i minori

Dalle social challenges al cyberbullismo, dal revenge porn all'adescamento online. Sono tante le minacce legate alla pedopornografia e alla pedofilia che si annidano nel web. Tra i fenomeni quello della sextortion, in crescita, che in passato coinvolgeva soltanto gli adulti, ma che negli ultimi anni impatta anche sui minori, la cui naturale curiosità viene sfruttata per trasportarli in un incubo fatto di ricatti, richieste di denaro e minacce di distruggere la reputazione, diffondendo sui social immagini sessualmente esplicite, autoprodotte. Si tratta di estorsione sessuale perpetrata anche da gruppi criminali organizzati, nei confronti di bambini e adolescenti.

Un altro pericolo in cui i minori rischiano di imbattersi consiste nello scambio consensuale, tra pari, di materiale volontariamente autoprodotto (il cosiddetto 'Sexting'), ad esempio nell’ambito di relazioni sentimentali, che viene successivamente diffuso dalla “controparte” senza il consenso dell’altro. Si tratta del 'revenge porn', che letteralmente significa “vendetta porno” o “vendetta pornografica”, ovvero quella pratica consistente nel vendicarsi di qualcuno (spesso l’ex partner) diffondendo materiale sessualmente connotato che lo ritrae. Il codice penale punisce chi, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate.

Rischi sono legati anche all’intelligenza artificiale che può essere utilizzata per agevolare condotte di adescamento online, revenge porn e sextortion. Infatti, le capacità di generare messaggi su misura per il tipo di interlocutore può essere sfruttata dai malintenzionati per aumentare le possibilità di interazione con le loro vittime. In tal senso l’Ia può sopperire al gap generazionale, originando messaggi realistici come se fossero scritti da minorenni, in modo da instaurare interlocuzioni digitali con i minori.

Ci sono poi i rischi legati al 'live streaming child abuse' che consiste nello sfruttamento sessuale di minori a distanza, on demand. Si tratta di abusi commissionati in live chat, in tempo reale, su internet che, solitamente, sono facilitati da un altro adulto presente fisicamente vicino al minore, che lo costringe a compiere atti sessuali con adulti o con altri coetanei, attraverso piattaforme dedicate. In questo modo, dietro il corrispettivo in denaro di somme piuttosto ridotte (anche 20-30 euro), si può comprare la possibilità di dirigere via webcam, in diretta, le violenze commesse su bambini che si trovano in Paesi dove la normativa non tutela adeguatamente i minori (di solito le Filippine). Si tratta di un fenomeno che vede coinvolti bambini anche di età inferiore ai 12 anni.

Nel dossier della polizia postale inoltre si ricorda che le “prove di coraggio”, che in molte culture rappresentavano la celebrazione del passaggio dall’infanzia all’età adulta, nell’era digitale hanno assunto la forma più evanescente delle challenge online, in cui l’esercizio di misurarsi con i propri limiti attraverso un test di coraggio assume forme talvolta singolari e decisamente problematiche. Già da qualche anno è emersa la tendenza di adolescenti a ricercare online non solo sfide che prevedano azioni irrazionali o pericolose in cui cimentarsi, filmandosi con gli smartphone per poi diffonderli in rete e guadagnare popolarità.

Più recentemente, sottolinea la polizia postale, accade che i ragazzi accettino di partecipare a gruppi chiusi di messaggistica, popolati da migliaia di utenti sconosciuti, nei quali circola e si partecipa a far circolare materiale impressionante: da esecuzioni capitali a incidenti mortali, dalle violenze sessuali fino alla pedopornografia e alle torture. Ogni immagine visionata sconvolge e colpisce lo stomaco, favorendo una desensibilizzazione dei giovani e giovanissimi, con evidenti effetti negativi sul loro sviluppo psico-emotivo e con ripercussioni importanti anche da un punto di vista legale.

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