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Cultura

“Sfidare il capitalismo” di Bernie Sanders...

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“Sfidare il capitalismo” di Bernie Sanders manifesto politico per la sinistra del XXI secolo

Bestseller per il Nyt, in Italia dal 30 gennaio per Fazi editore con prefazione di Fausto Bertinotti

Bernie Sanders: esce anche in Italia per Fazi il suo 'Sfidare il capitalismo', manifesto politico del XXI.

"Dicono che più s’invecchia e più si diventa conservatori. Be’, non è il mio caso. Io più invecchio e meno sopporto il sistema übercapitalista sotto cui viviamo, e più nutro il desiderio di assistere a veri cambiamenti". A parlare è Bernie Sanders, autore di un saggio dal titolo significativo, "Sfidare il capitalismo", pubblicato da Fazi editore, nelle librerie dal prossimo 30 gennaio.

Si tratta di un’appassionata denuncia dell’oligarchia capitalista, ma soprattutto di un manifesto politico per la sinistra del XXI secolo, già bestseller secondo il New York Times. Come possiamo accettare un sistema economico -chiede Sanders- che rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri? Come possiamo accettare un sistema politico che permette ai super-ricchi di comprare elezioni e politici? Per il popolare senatore americano -"socialista democratico", come si definisce, due volte in corsa per la Casa Bianca- "la rabbia contro lo status quo è giustificata. Alimentato da un’avidità incontrollata e responsabile di un livello di disuguaglianza senza precedenti, il capitalismo sfrenato mina la democrazia e distrugge il pianeta".

Primo candidato nella storia americana a rifiutare i finanziamenti dei grandi donatori, delle lobby e di Wall Street, in questo libro Sanders si scaglia contro la classe dei miliardari e denuncia la natura immorale del sistema oligarchico, corrotto e truccato, che domina gli Stati Uniti: "L’ingiustizia economica ci sta uccidendo. Stanno portando avanti una guerra di classe contro i lavoratori e stanno vincendo. È ora di reagire!" (segue).

Bertinotti, 'Un colpo di frusta, una lezione importante'

Dopo il racconto della sua straordinaria campagna presidenziale del 2020 -un movimento dal basso che ha riavvicinato alla politica milioni di americani delusi, della guerra sferratagli dall’establishment democratico e della sua battaglia per contrastare l’agenda reazionaria di Donald Trump- Sanders ora esorta a non aver paura di "sfidare il capitalismo".

A tal fine il politico presenta un programma dettagliato di cambiamento radicale, che costituisce un riferimento imprescindibile per la sinistra mondiale. Una vera e propria rivoluzione politica dalla parte dei lavoratori e della classe media, impoverita dalla crisi, che ha il suo fulcro nel riconoscimento che "i diritti economici sono diritti umani e che occorre creare una società più giusta, che offra un livello di vita dignitoso per tutti". Non un’utopia, ma "la democrazia come dovrebbe essere".

"Un colpo di frusta -afferma Fausto Bertinotti, che ha introdotto il volume- Una lezione importante per guardare ai nuovi conflitti tra capitale e lavoro". E i commenti positìvi fioccano: dalla Francia l'economista Thomas Piketty dichiara che "il successo di Sanders dimostra che gran parte dell’America è stanca della crescente disuguaglianza", mentre secondo il politico greco Yanis Varoufakis "ci dà un’idea di come potrebbe essere la politica". In patria il linguista Naom Chomsky lo definisce "una persona onesta e rispettabile. È alquanto insolito nel sistema politico". Lapidaria la rivista newyorchese Jacobin: "Sanders è arrabbiato con il capitalismo. Dovreste esserlo anche voi".

(di Rossella Guadagnini)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cultura

Beethoven, svelato dopo 200 anni il motivo della sua sordità

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I risultati di uno studio Usa pubblicato su "Clinical Chemistry" dopo l'analisi di una ciocca di capelli del compositore

Statuine di Beethoven - Fotogramma

Dopo 200 anni, la scoperta di sostanze tossiche in due ciocche di capelli di Ludwig van Beethoven (1770-1827) potrebbe finalmente risolvere il mistero della sordità del leggendario compositore, che si manifestò quando ancora non era trentenne: sarebbe stata causata dall'alta concentrazione di piombo nel sangue, che avrebbe assunto bevendo continuamente vino di scarsa qualità, dove veniva aggiunto per renderlo più gradevole. E' quanto ipotizza un nuovo studio americano pubblicato su "Clinical Chemistry", che ha anche escluso una teoria popolare: l'avvelenamento da piombo come causa della morte dell'autore della "Nona Sinfonia".

Il gruppo di ricerca diretto da Nader Rifai, professore di patologia alla Harvard Medical School, ha accertato altissime dosi di piombo nella capigliatura del compositore, che sarebbe stata identificata come la causa della prematura sordità e dei suoi ripetuti disturbi gastrointestinali e renali. Il risultato delle analisi è stato sorprendente: una delle ciocche di Beethoven aveva 258 microgrammi di piombo per grammo di capelli e l'altra 380 microgrammi. Un livello normale nei capelli è inferiore a 4 microgrammi di piombo per grammo. I capelli di Beethoven presentano anche livelli di arsenico 13 volte superiori alla norma e livelli di mercurio 4 volte superiori alla norma. Ma le elevate quantità di piombo, in particolare, potrebbero aver causato molti dei suoi disturbi.

Il gruppo di ricerca ha recentemente autenticato diverse ciocche di capelli del compositore, nell'ambito di un progetto di sequenziamento del genoma di Beethoven. Tra queste c'erano due ciocche di capelli, note come ciocche Bermann e Halm-Thayer. Entrambe le ciocche erano precedentemente in possesso di Alexander Wheelock Thayer, un famoso studioso di Beethoven. La ciocca Halm-Thayer è in particolare l'unica ciocca di capelli che ha una catena di custodia completamente documentata, passando da Beethoven al compositore austriaco Anton Halm, prima di entrare a far parte della collezione di Thayer. Le ciocche di Bermann e Halm-Thayer sono state sottoposte a nuove analisi e hanno rivelato concentrazioni di piombo circa 64 e 95 volte superiori al normale contenuto di piombo nei capelli. Utilizzando formule costruite dai centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, i ricercatori hanno stimato che la concentrazione di piombo nel sangue di Beethoven sarebbe stata probabilmente compresa tra 69-71 µg/dL (microgrammi per decilitro). "Si tratta di un livello molte volte superiore a quello normale per gli adulti ed è associato a vari disturbi gastrointestinali e renali, oltre che a problemi di udito. Tuttavia, questi livelli non sono abbastanza elevati da essere considerati l'unica causa della morte del compositore", ha detto il dottor Paul Jannetto, direttore del laboratorio di ricerca.

David Eaton, tossicologo e professore emerito dell'Università di Washington che non ha partecipato allo studio, ha dichiarato al "New York Times" che i problemi gastrointestinali di Beethoven "sono del tutto coerenti con l'avvelenamento da piombo". Per quanto riguarda la sordità di Beethoven, ha aggiunto, "alte dosi di piombo colpiscono il sistema nervoso e potrebbero aver distrutto l'udito. "Se la dose cronica sia stata sufficiente a ucciderlo è difficile da dire", ha aggiunto il dottor Eaton.

Nessun studioso suggerisce che il compositore sia stato avvelenato deliberatamente. Ma Jerome Nriagu, esperto di avvelenamento da piombo nella storia e professore emerito dell'Università del Michigan, ha affermato al "New York Times" che nell'Europa del XIX secolo il piombo era usato nei vini e negli alimenti, oltre che in medicine e unguenti. Una probabile fonte degli alti livelli di piombo di Beethoven era il vino a buon mercato. Il piombo, sotto forma di acetato di piombo, chiamato anche "zucchero di piombo", ha un sapore dolce. All'epoca di Beethoven veniva spesso aggiunto al vino di scarsa qualità per renderlo più gradevole. Il vino veniva anche fatto fermentare in bollitori saldati con il piombo, che si sarebbe disperso con l'invecchiamento del vino, ha detto Nriagu. Inoltre, ha aggiunto, i tappi delle bottiglie di vino venivano imbevuti di sale di piombo per migliorare la tenuta.

Beethoven beveva abbondanti quantità di vino, circa una bottiglia al giorno, e più tardi nella sua vita anche di più, credendo che fosse un bene per la sua salute e anche perché ne era diventato dipendente. Negli ultimi giorni prima della sua morte i suoi amici gli davano vino a cucchiaiate. Il suo segretario e biografo, Anton Schindler, descrisse la scena del letto di morte: "Questa lotta per la morte era terribile da vedere, perché la sua costituzione generale, specialmente il petto, era gigantesca. Bevve ancora un po' del vostro vino Rüdesheimer a cucchiaiate fino alla morte".

"Sebbene le concentrazioni rilevate non supportino l'idea che l'esposizione al piombo abbia causato la morte di Beethoven, è possibile che abbia contribuito ai disturbi documentati che lo hanno afflitto per gran parte della sua vita", ha dichiarato Rifai. "Crediamo che questo sia un pezzo importante di un puzzle complesso e che permetterà a storici, medici e scienziati di comprendere meglio la storia medica del grande compositore".

Allora, cosa ha ucciso Beethoven, se non l'avvelenamento da piombo? Recenti studi genomici hanno rilevato che il compositore presentava un forte rischio genetico di malattia epatica, che potrebbe essere stato aggravato dall'uso di alcolici e da una nota infezione da epatite B. Combinando le conoscenze acquisite da questi studi genomici con ulteriori analisi dei capelli del compositore, i ricercatori sperano di restringere una valutazione più precisa del rischio di malattia e della possibile causa di morte.

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Cultura

Libri, ‘Destra maldestra’ di Alberto Mattioli...

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Edito da Chiarelettere, è un pamphlet sulla 'spolitica culturale' del governo Meloni

Alberto Mattioli, autore di 'Destra maldestra', appena edito da Chiarelettere.

Dall’insediamento di Giorgia Meloni, alla fine del 2022, una politica culturale di destra, degna di questo nome, non si è ancora vista. Del resto il bacino da cui attingere, nota lo scrittore e giornalista Alberto Mattioli, autore di 'Destra maldestra', edito da Chiarelettere, "è quello che è": non c’è proprio l’imbarazzo della scelta; piuttosto, sono le scelte a suscitare imbarazzo.

Tra i (mis)fatti di cronaca che hanno finora scandito l’operato del governo in carica alcuni sono memorabili, dalle nomine ai vertici delle istituzioni, fino alle gaffe di alcuni nomi illustri. Uno su tutti, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che nelle vesti di giurato al Premio Strega candidamente dichiarò di non aver letto nessuno dei libri in lizza.

Ma c'è anche Vittorio Sgarbi, la cui presenza "inarrestabile, invadente, inevitabile" cerca di colmare, in modo spesso inopportuno, i vuoti nelle file degli intellettuali "di area". Destra maldestra è un’irriverente ricognizione di un panorama desolato e desolante, da cui emerge come il governo Meloni, dimostrandosi "incapace di comprendere i meccanismi della cultura, stia sbagliando tutto". (segue)

"Questa destra così identitaria ha un problema di identità: la sua"

Tra rivelazioni e indiscrezioni, il verdetto di Mattioli è infatti impietoso: "Questa destra così identitaria ha un problema di identità: la sua". Il libro, edito da Chiarelettere, sarà presentato a Roma il 15 maggio (alle 18) al Libraccio di via Nazionale. Interverranno, in dialogo con l'autore, Roberto D'Agostino, Giancarlo De Cataldo e Federico Freni, A moderare interviene Francesca Schianchi.

Giornalista, ma soprattutto tra i maggiori esperti di Opera in Italia, Mattioli scrive per "La Stampa", "Il Foglio", "Il Secolo XIX". Il suo è un pamphlet caustico e brillante che - nonostante l’area conservatrice nella quale si colloca l’autore - critica aspramente il lavoro di smantellamento e impoverimento della sfera culturale italiana portata avanti dal governo di destra.

Quasi superfluo elencare gli esempi (anche recentissimi): dalla Times Square londinese, al clamoroso boomerang del 'caso Scurati'. Una citazione per tutte: "Sangiuliano & Friends non funzionano non perché forse sono ancora fascisti, ma perché sono sicuramente mediocri".

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Cultura

Veronese protagonista dell’ultimo volume d’arte...

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E' dedicato al grande Paolo Caliari, più semplicemente noto come il Veronese, l'ultimo volume della prestigiosa collana d’arte del Gruppo Menarini, presentato nell'incantevole cornice di Palazzo Madama - museo civico d'arte antica di Torino. Autore del volume Giovanni Carlo Federico Villa, studioso di pittura veneta del Rinascimento, museologo, e direttore di Palazzo Madama.

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