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Austin ancora ricoverato, come sta il numero uno del Pentagono
Il bollettino e la prognosi, ma nessuna data sulle dimissioni dall'ospedale dopo il ricovero top secret
Dopo il ricovero top secret che ha sollevato polemiche negli Usa, il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin "continua a soffrire di qualche disturbo, ma la prognosi è buona, al momento non abbiamo una data specifica sulle sue dimissioni dall'ospedale". E' quanto ha comunicato il portavoce del Pentagono, Pat Ryder, nel consueto aggiornamento sullo stato di salute di Austin, ricoverato dal primo gennaio scorso per un intervento "non di emergenza" ma a seguito del quale ci sono state complicazioni.
Nella nota, Ryder ha anche precisato che Austin "non si trova più nell'unità di terapia intensiva ma in un'area più privata dell'ospedale" Walter Reed, dove "si sta riprendendo bene".
Ryder ha avuto una serie di colloqui telefonici, tra cui con la sua vice Kathleen Hicks e con il consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan.
Il ricovero top secret e le conseguenze
Non è intanto ancora chiaro perché le condizioni di salute di Austin siano state tenute nascoste, in una vicenda che ha messo in imbarazzo l'amministrazione Biden. Né è stato spiegato come mai il presidente americano e il pubblico non siano stati informati dell'emergenza medica che ha coinvolto Austin. Quattro fonti hanno assicurato a Politico che per ora il posto di Austin non è in pericolo. In una situazione di tensione internazionale, con le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, tanto più in un anno elettorale, non vi è nessuna voglia di cambiare un capo del Pentagono che finora ha funzionato bene. Anche perché ci sarebbe il rischio di problemi e lungaggini per la conferma della nomina di un successore in Senato.
Ma le fonti ritengono che "qualche testa dovrà cadere". "Non informare la Casa Bianca, il Congresso e i media che era ammalato, e dire allo staff del Pentagono che lavorava da casa... questo è un problema - nota un ex funzionario del Pentagono - qualcuno ha preso la decisione di tenere tutto nascosto. Quella persona probabilmente dovrà andare via a breve".
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Amnesty, il 5X1000 per la libertà di stampa
La storia del giornalista messicano Alberto Amaro Jordan
L’appello di Amnesty International Italia: "Il tuo 5x1000 a favore della libertà di stampa e di espressione. Una storia dal messico: la difficile battaglia di Alberto Amaro Jordán". Jordan è un giornalista di 35 anni proveniente da Atexcatzingo, nello stato di Tlaxcala, in Messico, noto per essere un importante snodo della criminalità. Nel 2018 ha fondato il sito web “La Prensa de Tlaxcala”, seguendo le orme del padre e del nonno, entrambi giornalisti. Nel giro di un anno ha iniziato a subire minacce, attacchi e tentativi di delegittimazione da parte di gruppi criminali e delle forze di polizia per le sue inchieste su politica, criminalità e corruzione.
Si è rivolto allora al programma federale chiamato “Meccanismo per la protezione dei giornalisti” ma, nonostante le continue richieste di rafforzare le misure protettive, il rischio è che gli vengano tolte. Amaro Jordán, con la moglie e i loro due figli, è stato fotografato e preso di mira, il suo sito web è stato hackerato e la sua reputazione è stata diffamata attraverso alcuni post su Facebook, che lo accusavano di essere un criminale. I figli continuano ad avere incubi di notte che il padre sarà ucciso; hanno dovuto rinunciare agli allenamenti di calcio e alle lezioni di karate e frequentano la scuola solo nei giorni in cui Amaro può andare a prenderli con le sue guardie del corpo.
“La storia di Alberto Amaro è un tragico esempio delle sfide alle quali vanno incontro i giornalisti in Messico e in tutto il mondo, dove la libertà di stampa è minacciata della censura politica e da interessi criminali - ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia - Abbiamo lanciato un appello mondiale per chiedere al governo messicano di continuare a proteggere Alberto Amaro Jordán e la sua famiglia, perché non si può rischiare la vita solo per aver fatto il proprio lavoro. Con il 5x1000 puoi aiutare Amnesty International Italia a difendere lui e gli altri giornalisti in pericolo”.
Il Messico è il primo paese al mondo per giornalisti scomparsi ed è fra i primi dieci per casi irrisolti di uccisioni di giornalisti. La storia di Alberto Amaro simboleggia la lotta per la libertà di stampa e le violazioni dei diritti umani che colpiscono sempre più spesso coloro che, nell’ambito della loro attività professionale, fanno cronaca, si occupano di diritti umani o esprimono opinioni sgradite ai governi.
Per citare solo altri due casi, Maria Ponomarenko, giornalista russa, è stata arrestata nel 2022 e condannata a sei anni di reclusione e al divieto di esercitare la professione per cinque anni dopo la scarcerazione, per aver diffuso "informazioni consapevolmente false sulle forze armate russe"; Nidal al-Waheidi e Haitham Abdelwahed, due giornalisti palestinesi di 25 e 31 anni, sono scomparsi il 7 ottobre 2023 dopo che erano stati arrestati dalle autorità israeliane mentre stavano seguendo le fasi iniziali dell’attuale conflitto.
Ecco perché Amnesty International Italia ritiene urgente e necessario fornire maggiore aiuto alle vittime di minacce e violenze legate alla difesa della libertà di espressione. “Quella di Alberto Amaro Jordán è una storia conosciuta ancora poco. Con questa campagna, vogliamo creare attorno a lui una scorta di solidarietà, perché lui e tante altre persone che svolgono con coraggio la professione giornalistica non si sentano soli”, ha aggiunto Noury. “La libertà di stampa è sotto attacco ovunque, anche in Italia, dove il controllo sui contenuti si fa sempre più soffocante”.
Per difendere i diritti umani in tutto il mondo, dal 1961 Amnesty International dà voce a migliaia di persone che vedono minacciate o violate la propria dignità e libertà. Un impegno costante che ha consentito all’organizzazione, dalla sua nascita, di salvare oltre 50.000 persone. Con l’hashtag #Amnestyseitu, Amnesty International Italia chiede di sostenere il suo impegno quotidiano per porre fine alle violazioni dei diritti umani. Ognuno può fare la sua parte sostenendo la campagna 5x1000 di Amnesty International Italia attraverso un gesto semplice e gratuito, come apporre una firma sulla propria dichiarazione dei redditi, inserendo il codice fiscale 03 03 11 10 582.
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Iran, nuovo avvertimento sulla “dottrina...
Il consigliere della Guida Suprema Ali Khamenei e capo del Consiglio strategico per le relazioni internazionali: "Pronti a rivederla se Israele attaccasse i nostri impianti"
L'Iran è pronto a cambiare la sua "dottrina nucleare" se dovesse ritenere minacciata la sua esistenza. Lo ha dichiarato Kamal Kharrazi, consigliere della Guida Suprema Ali Khamenei e capo del Consiglio strategico per le relazioni internazionali, nel corso di un'intervista rilasciata ad al-Jazeera.
L'avvertimento sulla "dottrina nucleare"
"Due anni fa annunciai che l'Iran aveva la capacità di produrre una bomba nucleare. Oggi disponiamo ancora di tale capacità, ma non abbiamo deciso di produrla. Ma se l'esistenza dell'Iran fosse minacciata, dovremo cambiare la nostra dottrina nucleare", ha affermato Kharrazi, evidenziando un possibile fine militare del programma nucleare della Repubblica islamica, che finora Khamenei aveva sempre escluso, emettendo anche una fatwa in cui aveva definito 'haram' - proibito - lo sviluppo di armi atomiche.
"Nel caso Israele attaccasse i nostri impianti nucleari, è possibile rivedere la dottrina e la politica nucleare dell'Iran e deviare dalle considerazioni precedenti", ha insistito il consigliere della Guida Suprema.
Iran e arricchimento dell'uranio, materiale nucleare per due bombe
Secondo l'Aiea, la Repubblica islamica sta arricchendo l'uranio a livelli di purezza fino al 60%, mentre la soglia per produrre armi atomiche è fissata intorno al 90%. Se Teheran dovesse arricchire a questo livello il materiale nucleare attualmente a sua disposizione, potrebbe realizzare due bombe.