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Israele-Hamas, fonti arabe: “Negoziati sospesi dopo...

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Israele-Hamas, fonti arabe: “Negoziati sospesi dopo uccisione al-Arouri”. Convocato consiglio sicurezza Onu

Libano a Hezbollah: "No a escalation conflitto". Fonti arabe: "Negoziati su ostaggi sospesi dopo raid a Beirut". Convocato consiglio sicurezza Onu

Raid a Beirut - (Afp)

Scuole, università, banche, locali e uffici governativi chiusi in Cisgiordania nella giornata dello sciopero generale proclamato dopo l'uccisione a Beirut del numero due di Hamas, Saleh al-Arouri. Dopo i fatti di ieri nella capitale libanese i palestinesi hanno protestato ieri sera ad Arura, dove era nato al-Arouri, e anche a Ramallah.

Libano chiede a Hezbollah di evitare escalation dopo uccisione Arouri

Intanto il governo libanese sta cercando di convincere Hezbollah a evitare una escalation del conflitto dopo l'uccisione, a Beirut, del numero due di Hamas, Saleh al-Arouri. Come ha spiegato il ministro degli Esteri Abdallah Bou Habib alla radio della Bbc, il governo sta ''dialogando'' con Hezbollah perché ''non rispondano da soli'' all'azione israeliana. ''Non glielo stiamo dicendo, abbiamo colloqui in questa direzione'', ha precisato.

Per sapere se Hezbollah risponderà o meno, comunque, bisognerà attendere i prossimi giorni. "Siamo molto preoccupati. I libanesi non vogliono essere trascinati, anche Hezbollah non vuole essere trascinato in una guerra regionale", ha detto il capo della diplomazia di Beirut.

Nel frattempo, come riporta l'agenzia di stampa Nna, il ministero degli Esteri libanese ha iniziato a ''preparare una denuncia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per condannare l'aggressione israeliana, su indicazione del primo ministro ad interim Najib Mikati".

Fonti arabe: "Sospesi negoziati tra Hamas e Israele su rilascio degli ostaggi"

Intanto sarebbero stati sospesi i negoziati tra Hamas e Israele sul rilascio degli ostaggi e un nuovo cessate il fuoco a Gaza proprio dopo l'uccisione del numero due della formazione palestinese. A riferirlo Haaretz che cita fonti arabe, secondo le quali ora i colloqui si stanno focalizzando su come prevenire un'ulteriore escalation, in particolare lungo il fronte tra il Libano e il nord di Israele.

L'uccisione del numero 2 di Hamas in Libano infiamma il mondo arabo

La tensione in Medio Oriente è salita dopo l'attacco mirato lanciato ieri da Israele in cui oltre ad al-Arouri sono state uccise almeno altre 6 persone mentre in 11 sono rimaste ferite. Secondo i media satellitari arabi nel raid sono rimasti uccisi anche due comandanti delle Brigate al-Qassam, Samir Fendi e Azzam al-Aqra. Durissima la reazione del mondo arabo. L'omicidio a Beirut da parte dell' "occupazione sionista" di Saleh al-Arouri e dei suoi "fratelli" è "un atto terroristico totale, una violazione della sovranità del Libano e un'espansione del cerchio della sua aggressione contro il nostro popolo e la nostra nazione", ha affermato il capo dell'ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, secondo cui la morte di al-Arouri "proprio come gli omicidi di Ahmed Yassin e Abdel Aziz Rantisi, non fermerà la rivoluzione palestinese".

"Gli omicidi compiuti da Israele contro i leader e i simboli del nostro popolo palestinese all'interno e all'esterno della Palestina non riusciranno a spezzare la volontà e la fermezza del nostro popolo o a minare la nostra resistenza", ha affermato il membro dell'ufficio politico di Hamas, Izzat al-Rishq aggiungendo che questo omicidio "mostra ancora una volta il fallimento di Israele nel raggiungere i suoi obiettivi nella Striscia di Gaza".

A reagire anche la Jihad Islamica che per bocca dell'esponente dell'ufficio politico Ihsan Ataya afferma che Israele "pagherà per i suoi crimini, anche per l'uccisione di Saleh al-Arouri".

Mentre è arrivata la minaccia di Hezbollah: "Le nostre dita sono sul grilletto". Affermiamo che questo crimine non rimarrà senza risposta e impunito", ha proseguito la formazione sciita, annunciando che "i combattenti della resistenza sono pronti". E a quanto riporta Hareetz, già nella serata di ieri Hezbollah ha lanciato due missili anticarro contro la postazione dell'Idf vicino al confine israeliano. Attacco a cui l'Idf ha risposto come "rappresaglia".

Anche il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha ''condannato il crimine dell'assassinio da parte dell'entità sionista'', Israele, del numero due di Hamas Saleh al-Arouri. Era, ha aggiunti Raisi, ''uno dei più importanti combattenti della resistenza palestinese'' che ''difendeva i diritti del suo popolo''.

Oggi Consiglio sicurezza Onu

E' stato convocato per oggi alle 15 (21 ora italiana) il Consiglio di sicurezza dell'Onu. Al centro della seduta il "mantenimento della pace e della sicurezza internazionale". Tra i temi che affronterà il consiglio l'emergenza nel Mar Rosso, dove gli attacchi degli Houthi stanno mettendo a rischio la navigazione. “La situazione è brutta”, aveva detto, anticipando la notizia della riunione l'ambasciatore francese nel pomeriggio.

Houthi: attaccato nave mercantile nel Mar Rosso

Nuovo attacco degli Houthi a una nave nel Mar Rosso che apparentemente era diretta verso Israele. Ad annunciarlo, secondo quanto riferisce 'Channel 12', è un portavoce del gruppo sciita appoggiato dall'Iran, Yahya Saree sottolineando che "qualsiasi attacco americano non rimarrà senza risposta" e che "la nave che è stata attaccata è la nave mercantile 'Cma Cgm Tage'".

"L'operazione è avvenuta dopo che l'equipaggio della nave si è rifiutato di rispondere alle chiamate delle nostre forze, compresi messaggi di avvertimento infuocati", ha detto il portavoce alla tv Al-Masirah gestita dai miliziani sciiti.

Il gruppo Houthi conferma che continuerà a impedire alle navi israeliane o a quelle dirette in Israele la navigazione nel Mar Rosso e nel Mar Arabo fino a quando gli aiuti non saranno autorizzati a entrare nella Striscia di Gaza, ha sottolineato il portavoce.

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Esteri

Harry e Meghan nella bufera, la fondazione Archewell...

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Non avrebbe inviato i registri annuali, obbligatori per legge, e pagato le tasse per l'attività svolta

Harry e Meghan  - (Afp)

La Archewell, la fondazione di beneficenza di Harry e Maghan, è stata dichiarata inadempiente in California a causa del mancato invio dei registri annuali, obbligatori per legge, e il pagamento delle tasse per l'attività svolta. La fondazione non può, a questo punto, "richiedere o erogare fondi di beneficenza" e la sua registrazione può essere "sospesa o revocata", è scritto nella notifica del Registry of Charities and Fundraisers della California.

La Archewell avrebbe spedito un assegno con il pagamento delle tasse via posta tradizionale, ma non sarebbe mai arrivato a destinazione, hanno riferito al New York Times fonti vicine ai Sussex. Adesso ne avrebbero emesso uno nuovo e la posizione della fondazione verra regolarizzata entro i prossimi sette giorni lavorativi.

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Esteri

Così la Cina invaderà Taiwan nel 2028. Gli scenari di...

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L'autore di "World on the Brink" spiega all'Adnkronos perché quello sarà l'anno chiave per capire se gli Stati Uniti e la Cina entreranno in guerra. E come evitare il precipizio

Dmitri Alperovitch

Il 13 novembre 2028 è il giorno in cui la Cina invade Taiwan. A Washington sono le 5 di mattina, e il presidente-eletto sta dormendo in un hotel del Wisconsin. Inizia così “World on the Brink”, il mondo sull'orlo (del baratro), libro di Dmitri Alperovitch. Che in un colloquio con l'Adnkronos spiega le ragioni di questo scenario, che effetti avrebbe una guerra tra Cina e Stati Uniti su Italia ed Europa, e perché l'Occidente, nonostante tutto, può vincere anche questa Seconda Guerra Fredda.

Alperovitch ha poco più di 40 anni ed è conosciuto per essere stato uno dei pochi ad aver previsto, a fine 2021, l'invasione russa in Ucraina. Ma la sua era già una biografia da romanzo: nato in Unione Sovietica, a 13 anni si trasferisce con la famiglia prima in Canada e poi a Chattanooga, cittadina del Tennessee, profondo Sud degli Stati Uniti. Temendo una brutta reazione per le origini russe – erano gli anni Novanta ed era appena finita la (Prima) Guerra Fredda – ai suoi compagni diceva di venire dal Canada. Loro non sapevano neanche dove fosse, il Canada. Mentre è ancora al liceo, con il padre (fisico nucleare) apre una società di crittografia. Si laurea e specializza in informatica e sicurezza, e lavora per varie start-up del settore, per poi assumere un ruolo importante in McAfee nel 2008. In quegli anni scopre e fa scoprire il livello di penetrazione del cyber-spionaggio cinese ai danni dei settori strategici americani.

Nel 2011 è uno dei fondatori di Crowstrike, società di cybersecurity, di cui diventa direttore tecnico e si occupa dei maggiori casi del decennio, tra cui l'attacco della Nord Corea a Sony Pictures come vendetta per il film-parodia su Kim Jong-un, e il furto delle email del Partito Democratico da parte di hacker sostenuti dal governo russo prima del voto che porterà Donald Trump alla Casa Bianca. Durante la quotazione in borsa, nel 2019, Crowdstrike raddoppia la capitalizzazione in 24 ore, da 5 a 11 miliardi di dollari (oggi vale 78 miliardi). L'anno seguente, Alperovitch lascia l'azienda per creare Silverado, un “policy accelerator” che ha l'obiettivo di risolvere sfide geopolitiche. Nel frattempo è diventato consulente per varie istituzioni americane.

Perché proprio il 13 novembre 2028? Le ragioni sono tante, ma Alperovitch fornisce quelle essenziali: "A cavallo tra 2027 e 2028 Xi Jinping sarà rieletto presidente in un quarto e forse ultimo mandato (oltre gli 80 anni in Cina è difficile non essere pensionati dalla politica), e sarà alla ricerca della mossa che lo consegnerà alla storia; nel gennaio 2028 a Taiwan vincerà di nuovo il partito che vuole mantenere l'indipendenza dell'isola, facendo capire a Pechino che minacce, bullismo e propaganda non bastano a far capitolare la 'provincia ribelle'; il 7 novembre 2028, giorno delle elezioni presidenziali americane, la Casa Bianca sarà praticamente semi-deserta: il presidente uscente – che sia Biden o Trump – non si sarà potuto ricandidare avendo esaurito il secondo mandato", e dunque capi ed esperti di sicurezza nel suo entourage saranno usciti dalle porte girevoli che precedono ogni cambio della guardia.

Il presidente-eletto, chiunque sia, in quel momento avrà un “transition team” messo in piedi nel suo comitato elettorale, non certo il controllo della situazione globale. Dunque i giorni che seguiranno il voto sarebbero perfetti per cogliere impreparati gli Stati Uniti.

Che si troverebbero davanti alla scelta se entrare in guerra con la Cina o meno. "Biden ha ribadito in quattro occasioni che accorrerebbe in difesa di Taiwan", ricorda Alperovitch, che alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco 2023 ha organizzato un 'war game' in cui simulava la reazione internazionale alla conquista dell'isola da parte di Pechino. "I partecipanti erano diplomatici, politici ed esperti di sicurezza nazionale da tutto il mondo. Quasi tutti mi hanno detto che un simile scenario avrebbe effetti cataclismici e sarebbe il segnale del declino permanente degli Stati Uniti come potenza del Pacifico. La Cina proietterebbe un potere mai esercitato su tutto quel quadrante".

India, Giappone, Vietnam, Filippine, Corea del Sud, oggi sono partner americani "non perché ci amino o perché non abbiamo fatto errori, anzi ne abbiamo fatti molti, ma odiano e temono più Xi Jinping, le sue aggressioni nel Mar Cinese Meridionale, la sua coercizione economica, le sue campagne di influenza. E questo ci basta".

Se invece l'invasione di Taiwan filasse liscia, questi paesi avrebbero la prova che gli Stati Uniti non sono in grado di proteggerli, e finirebbero schiacciati dall'assertività cinese. Pechino conquisterebbe il controllo totale di rotte commerciali, mercato dei semiconduttori, e accesso marittimo alla regione più produttiva al mondo, e comincerebbe a regolare le sue tante dispute territoriali con la forza, convinta di non essere contrastata.

Cosa farebbe l'Europa (e dunque l'Italia) in caso di attacco cinese alle basi americane nel Pacifico, mossa inevitabile se Washington dovesse intervenire a difesa di Taiwan? Alperovitch è netto: "A livello militare poco e niente. Non ci sono paesi europei con capacità navali significative in quell'area. Anche se scattasse l'Articolo 5 del Trattato Nato, che prevede la difesa collettiva, gli Stati Uniti al massimo chiederebbero agli alleati di occuparsi in via esclusiva delle questioni militari europee, se per allora dovessero esserci ancora conflitti con la Russia. Certo, una guerra Cina-Usa vorrebbe dire la morte, in poche settimane, di un numero di soldati americani mai visto dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Davanti a ciò, l'Europa non potrebbe che far scattare un decoupling immediato dalla Cina sul piano commerciale". Con conseguenze apocalittiche per le economie di tutto il mondo.

Le conclusioni del libro non sono fosche come l'inizio: il conflitto, pur probabile, non è inevitabile. La Seconda Guerra Fredda può avere la stessa parabola della Prima. Basta aspettare. E nel frattempo continuare a camminare sul bordo del precipizio, senza passi falsi, abbassando i toni della retorica ma tenendo alta la deterrenza. "I regimi autoritari nel breve periodo sembrano forti e capaci, ma nel lungo tendono a declinare, non avendo processi di ricambio durante le crisi, al contrario delle democrazie. La Cina è ormai condannata a non raggiungere mai gli Stati Uniti in termini economici: la bolla immobiliare, il debito pubblico, la disoccupazione giovanile, la crisi demografica, sono fattori che possono solo peggiorare visto che non cambieranno le linee politiche. L'Occidente resta il luogo, fisico e ideale, più ambito per i migranti di tutto il mondo ed è ancora nettamente in vantaggio in termini di innovazione, capitali, qualità della vita".

C'è un precedente significativo, raccontato nel volume: Berlino Ovest. Nel 1961 gli Stati Uniti stavano per lanciare un attacco nucleare sulle installazioni militari dell'Unione Sovietica, convinti che Mosca stesse per conquistare quell'avamposto di democrazia liberale in mezzo al mare comunista. Invece Krusciov da un giorno all'altro si mise a costruire il muro. Kennedy tirò un sospiro di sollievo: meglio il muro della guerra. I sovietici avevano capito che la finestra per conquistare Berlino si era chiusa per sempre. Lo stesso potrà succedere, prima o poi, per Taiwan. (di Giorgio Rutelli)

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Esteri

Carlo III consegna onorificenze, prima volta dalla diagnosi...

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Circa 50 persone - ma sempre meno, per non affaticare il sovrano, delle 60-70 normalmente presenti - hanno partecipato all'evento al Castello di Windsor

Re Carlo III - (Afp)

Un re Carlo sorridente ha preso parte alla prima cerimonia di concessione delle onorificenze in cinque mesi. Circa 50 persone - ma sempre meno, per non affaticare il sovrano, delle 60-70 normalmente presenti - hanno partecipato all'evento al Castello di Windsor, tra cui l'arcivescovo di Canterbury e la scrittrice Jilly Cooper. Da quando al re è stato diagnosticato il cancro all'inizio dell'anno, le onorificenze sono state in gran parte consegnate dal principe William.

L'arcivescovo di Canterbury, reverendo Justin Welby, è stato nominato Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Vittoriano per il suo servizio personale alla Corona durante l'incoronazione presso l'Abbazia di Westminster un anno fa. Le onorificenze dell'Ordine Reale Vittoriano sono un dono del Re e vengono conferite indipendentemente da Downing Street a persone che hanno servito il monarca o la famiglia reale in modo personale. Dopo aver ricevuto l'onoreficenza, Welby ha ricordato come "profondamente commovente" il momento dell'incoronazione di Carlo.

Amica di lunga data della regina Camilla, Jilly Cooper, che ha ricevuto il titolo di dama per i servizi resi alla letteratura e alla beneficenza, è nota per i suoi romanzi piccanti incentrati sullo scandalo e sull'adulterio nella società dell'alta borghesia. Altre persone che hanno ricevuto le onorificenze per il loro ruolo nell'incoronazione includono il decano dell'Abbazia di Westminster, reverendo David Hoyle, che è stato nominato Cavaliere Comandante dell'Ordine Reale Vittoriano, e il tenente colonnello James Shaw, maggiore della brigata della divisione domestica, che è diventato Luogotenente dell'Ordine Reale Vittoriano.

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