Salute e Benessere
Natale: la dieta amica della fertilità, da esperta...
Natale: la dieta amica della fertilità, da esperta ‘manuale’ per dribblare eccessi
Chi cerca un bimbo lo sa: vita sana, alimentazione corretta, e una certa disciplina e routine di salute sono la base per costruire un contesto favorevole al concepimento. Ma se la voglia di bebè non va in vacanza, si pone il problema di come conciliarla con gli eccessi delle Feste in arrivo. Esiste dunque una dieta natalizia amica della fertilità? "Non ce n'è una unica. Esiste senz'altro una sana alimentazione tarata ad hoc a seconda delle problematiche che una donna può avere. Ma in generale la prima regola delle feste è non squilibrare il carico glicemico dei pasti. Cosa facile perché, per esempio, sulle tavolate natalizie c'è un grande assente: le verdure", spiega all'Adnkronos Salute la nutrizionista Gemma Fabozzi, responsabile dell'area Nutrizione del centro B-Woman di Roma.
L'esperta offre una sorta di 'manuale di sopravvivenza' per dribblare gli eccessi festivi, non fare sgambetti alla propria ricerca di una gravidanza, e allo stesso tempo non rinunciare alla gioia della convivialità. Il primo problema da affrontare nelle maratone alimentari delle 'vigilie' è visivamente chiaro: tortini, pane, patate, pasta, dolci lievitati la fanno da padrone. La dittatura del carboidrato però va spezzata, "e questo consiglio vale per tutti: bisogna garantire la presenza di tutti i nutrienti nel piatto. Può aiutare mettere tanta fonte di fibra, specialmente prima di iniziare questi pasti molto impegnativi. Mangiare quindi verdura cruda prima del pasto, ad esempio dei finocchi in pinzimonio oppure una cicoria ripassata, dà più sazietà e, soprattutto quando amara, aiuta a far lavorare il fegato e ha proprietà depuranti".
L'invito della nutrizionista è a "non esagerare. Se vogliamo mangiare la pasta, per esempio una lasagna, va bene ma evitiamo di fare il carico di carboidrati aggiungendo anche il pane. Cerchiamo di fare una scelta, e di accompagnarla a verdura vera, non patate", sorride. "E nel momento in cui mangiamo per esempio un pasto ricco di proteine, un aiuto può essere dato dal tipo di frutta che mangiamo". Un segreto è l'ananas, suggerisce Fabozzi, "soprattutto il gambo che spesso scartiamo e che contiene bromelina, un enzima 'proteolitico' che aiuta". Se è un falso mito che l'ananas brucia i grassi, precisa l'esperta, "è vero però che questo frutto ha proprietà digestive in particolare per le proteine. Quindi una cosa carina a fine pasto può essere un carpaccio di ananas, tagliata molto sottile e condita con zenzero grattugiato e succo di limone, oppure limone spremuto e delle foglioline di basilico. Un aiuto per il fegato".
In occasione del pranzo di Natale e del cenone di Capodanno, quando la riunione di famiglia prevede un menu da realizzare in 'collettivo', il rischio di perdere il controllo delle portate è servito. Ma fuori dalle feste 'comandate' come comportarsi? Il primo errore da non commettere, ribadisce Fabozzi, è "il digiuno. Mai dire: 'Non mangio a pranzo, così stasera faccio quello che voglio'. Qui non si tratta di una banale somma di calorie, purtroppo. Si rischia di andare in ipoglicemia e arrivare anche più affamati al pasto successivo. Quello che si può fare è bilanciare con un pasto un po' più light: per esempio una verdura cruda e una cotta, come un'insalata di finocchi con delle olive e poi una verdura ripassata. Una scelta che sazia e non affatica gli organi, in particolare il fegato che mettiamo a dura prova in queste feste. Fare il pieno di verdure amare è davvero una buona strategia: cicoria, indivia belga, carciofi (magari crudi e conditi con olio e limone), puntarelle".
"Carciofi e cardi mariani hanno infatti proprietà depurative, proprio a livello degli epatociti, grazie alla cinarina", polifenolo che sta nel carciofo, e alla silimarina che si trova nel cardo. Quest'ultimo è "protagonista anche dello storico piatto depurativo per eccellenza delle feste, che è il brodo di cardo mariano di Santo Stefano", spiega Fabozzi. Altro alleato: "I grassi buoni", indica l'esperta. "Tendiamo erroneamente a eliminarli, a evitare per esempio l'olio. Ma invece condire con olive, avocado, dà più sazietà. E i grassi buoni sono antinfiammatori. Se c'è del fritto nel menu del cenone - per esempio carciofi o baccalà fritti - mangiare una verdura cruda amara prima aiuta. Anche sorseggiare, tra un pasto e l'altro o durante, dell'acqua con gocce di limone. Infine, anche le spezie aiutano: hanno proprietà 'coleretiche' e 'colagoghe', fluidificano la bile. Utile quindi aggiungere durante le preparazioni un po' di radice di zenzero grattugiata o nelle insalate delle foglie di basilico o di menta, o la barbetta del finocchio, che aiuta a sgonfiarsi".
"L'equilibrio glicemico" e contrastare "l'insulino-resistenza" sono mosse cruciali per la fertilità, ricorda Fabozzi per far capire l'importanza di quello che si fa a tavola anche in questi giorni. Quanto ai dolci che avanzano, dal panettone al torrone, "consiglio di non tenerli a casa ma di condividerli, per esempio con i colleghi in ufficio. Oppure, se proprio si vuole di mangiare il panettone, farlo a colazione. Non a fine pasto, e soprattutto la sera e quando avete mangiato pasta - consiglia Fabozzi - Si può fare una colazione dove c'è magari della frutta secca come noci o mandorle, yogurt, e poi affiancata una mezza fetta del panettone o del pandoro che ci hanno regalato. Cerchiamo di bilanciare: si può mangiare un secondo con verdura e concludere il pasto con un po' di panettone. Se vogliamo invece una colazione depurativa, l'ideale sarebbe la verdura: un pinzimonio di finocchio e 15 grammi di frutta secca ad esempio. O anche una colazione semi-salata: pane tostato con l'olio, o con crema di olive o avocado; due kiwi o un kiwi e mezzo avocado condito olio e limone. Si smorza così il circolo vizioso zucchero-zucchero che si è innescato e che è responsabile anche di quel senso di stanchezza e lentezza digestiva".
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Covid, aumenta rischio cardiovascolare nei 3 anni dopo...
Lo studio condotto dall'Irccs San Raffaele in collaborazione con La Sapienza e Federico II
L'aumento del rischio cardiovascolare che si registra per i pazienti Covid-19 potrebbe non essere limitato alla fase acuta dell'infezione, ma estendersi nel tempo, almeno per 3 anni. Sono questi i risultati dello studio, pubblicato su 'Cardiovascular Research', condotto dai ricercatori dell'Irccs San Raffaele di Roma in collaborazione con colleghi delle università di Roma Sapienza e Federico II di Napoli. L'indagine è stata realizzata su un campione di circa 229mila pazienti, tra cui circa 32mila che hanno avuto una diagnosi molecolare di Covid-19, in una regione - la Campania - a rischio cardiovascolare moderato secondo la classificazione europea Score.
Rischio infarto e ictus
Diversi studi, su un numero limitato di persone ospedalizzate, hanno dimostrato che l'infezione da Sars-CoV-2 è molto spesso associata allo sviluppo di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari. L'importanza di questo nuovo lavoro sta nel fatto che prende in esame una popolazione reale di grandi dimensioni. Coinvolge infatti persone provenienti da un database dei medici di medicina generale della Asl 1 di Napoli, seguite per 3 anni, durante la pandemia nel periodo 2020-22, e confrontate con una popolazione pre-pandemia derivata dallo stesso database nel periodo 2017-19. "I risultati hanno dimostrato che il gruppo infettato dal virus ha avuto circa il doppio dei casi di infarto del miocardio, ictus cerebrale, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e miopericarditi", ha spiegato Massimo Volpe, responsabile del Centro per la diagnosi e cura dell'ipertensione arteriosa e delle complicanze cardiovascolari del San Raffaele, tra i firmatari dello studio.
Un rischio aumentato, insomma, che "nella popolazione colpita dal virus pandemico si protrae per almeno 3 anni. La rilevante ricaduta clinica e sociale impone quindi un'attenzione particolare nei confronti dei soggetti colpiti dal Covid-19 che devono essere seguiti nel tempo, per il possibile sviluppo di malattie cardiovascolari", ha aggiunto Volpe. I ricercatori, in base ai risultati dello studio, invitano quindi alla pianificazione di un follow-up più lungo per i pazienti con Covid-19, per prevenire e gestire tempestivamente possibili eventi cardiovascolari e cerebrovascolari gravi.
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Ospedale del futuro, Petralia (Fiaso): “Con...
Al congresso Aiic, 'digitalizzazione e Ai per una presa in cura unitaria'
Il futuro dei nostri ospedali "parte qui e ora, da ciascuno di noi che ci aspettiamo di essere presi in cura, prima ancora che essere curati. Gli ospedali non sono stati sempre soltanto luoghi di auspicabile guarigione, di cura di malattie, ma sono nati come luoghi di accoglienza, di ospitalità per viandanti e pellegrini. Con l'avanzare della tecnologia e della scienza sono diventati percorsi, spazi, prospettive di presa in carico e di cura", e in questo "un ruolo importante è giocato dalla digitalizzazione e dall'intelligenza artificiale". Così Paolo Petralia, vicepresidente vicario Fiaso e direttore generale Asl 4 Liguria, questa mattina a Roma, ha descritto l'evoluzione dell'assistenza ospedaliera al Convegno nazionale dell'Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic) in corso nella Capitale fino a sabato.
Si tratta di "un modello di ospedale che sempre di più va verso il territorio - continua Petralia - e di territorio che va verso l'ospedale in una logica di circolarità e non di esclusività", che supera il concetto di "integrazione ospedale-territorio. Abbiamo bisogno di parlare di un percorso per le persone, di una presa in cura unitaria e che vada dall'ospedale al setting assistenziale intermedio e al domicilio, in una logica di continuità di assistenza e cura". Oltre ad essere un luogo "bello", nell'ospedale del futuro "non si è costretti a dover condividere la camera con altre persone e, grazie alla tecnologia", ci sarà "la virtualizzazione dei posti letto - spiega l'esperto - e non sarà più necessario dover dormire in ospedale per essere curati" perché, con la condivisione dei dati, "l'assistenza sarà fornita al bisogno, a domicilio". A livello tecnologico, "l'intelligenza artificiale potrà affiancare e sostenere gli operatori, ma anche i pazienti nell'esperienza di permanenza in ospedale per ottenere risposte che sono avanzate dal punto di vista dei contenuti clinici, ma anche sostenibili e gradevoli dal punto di vista della modalità con cui vengono erogati".
A fronte di un patrimonio edilizio ospedaliero spesso obsoleto, "possiamo immaginare, nel tempo, di riuscire" a lavorare per trasformare gli edifici attuali in "building adeguati in termini di struttura - conclude Petralia - che risparmino energia, che siano green, automatizzati, efficienti dal punto di vista dei percorsi, ma anche degli spostamenti, in una logica che dal monoblocco ritorna a padiglioni piccoli, immersi nel verde, capaci di essere flessibili nel loro utilizzo, come la pandemia ci ha insegnato".
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Ospedale del futuro, l’esperto: “Flessibile,...
Al congresso Aiic, 'organizzazione per intensità di cura'
"L'ospedale del futuro dovrà essere flessibile, modulare - anche perché, ci ha insegnato il Covid, ci può essere necessaria una riconfigurazione rapida dei posti letto - molto digitale, con intelligenza artificiale, senza reparti, con pochi professionisti" supportati al meglio, "in modo che il lavoro che adesso viene fatto da tanti in futuro venga fatto da pochi, e accogliente", con "tanto verde". Lo ha detto Giovanni Guizzetti, ingegnere clinico e direttore sociosanitario Asst Ovest Milanese, intervenendo questa mattina alla sessione dedicata all'ospedale del futuro, durante il Convegno nazionale dell'Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic), a Roma fino al 18 maggio.
"Per capire quale possa essere il futuro dell'ospedale - continua Guizzetti - dobbiamo capire qual sarà il futuro di tutte le assistenze sanitarie del cittadino e, quindi, anche come si arriverà alla trasformazione della sanità domiciliare e la sanità territoriale. L'ospedale del futuro dovrebbe essere un ospedale in cui, ad esempio, il paziente cronico non accede, se non in casi rarissimi". Tra le novità più importanti, spicca il fatto che non ci sarà una differenziazione fra un reparto e l'altro, ma in base all'intensità di cura. E servirà più contatto con la natura, quindi aree verdi, perché "questo, è dimostrato ampiamente, contribuisce anche al maggior benessere del paziente". Nell'ospedale del futuro "ci saranno molte camere singole", almeno la metà dei posti letto, "non solo per un maggiore comfort del paziente - precisa Guizzetti - ma anche perché questo permette di controllare meglio le infezioni ospedaliere. Soprattutto sarà un ospedale molto digitale, in cui le applicazioni di intelligenza artificiale senz'altro supporteranno tutto il processo di diagnosi e cura. Si è citato addirittura un ospedale senza posti letto, perché l'ospedale diventa il concentratore della sanità domiciliare, di pazienti che sono monitorati a casa loro e gestiti centralmente da una struttura in cui, professionisti multidisciplinari, gestiscono il paziente che si trova, invece, a domicilio".
La trasformazione "in realtà è già in corso - avvisa l'esperto - Non ce ne stiamo accorgendo, ma nel mondo ci sono già degli esempi. In Italia abbiamo tanti, troppi ospedali piccoli, che costano molti soldi di gestione e non permettono agli ospedali più avanzati di poter essere adeguatamente supportati. Certo, resta la necessità di avere una prossimità dell'ospedale, ma se consideriamo" l'evoluzione tecnologica e l'aumento "dei trasporti con mezzi a guida autonoma", è facile intuire che "anche l'accesso al luogo di cura, anche in modo autonomo", sarà una realtà.