Cultura
Sport, il calciatore Diya (Fair Play School): “Dalla...
Sport, il calciatore Diya (Fair Play School): “Dalla Siria senza gamba, oggi gioco a calcio”
A margine degli Oscar dello Sport a Roma: "Ho realizzato il mio più grande sogno"
“Io ho perso la gamba a sei anni e grazie ai corridoi umanitari sono riuscito ad arrivare qui in Italia dalla Siria. Adesso vivo a Pomezia e un giorno, mentre stavo facendo la mia lezione di educazione fisica, mi sono messo a giocare a calcio. Mentre calciavo il pallone mi ha visto il professore e ha deciso di mettermi in contatto con la Fair Play School”. Lo ha detto il calciatore della Fair Play School, Al Bdeiwi Diya Talai, a margine dell’annuale evento degli Oscar dello Sport “Asi Sport&Cultura” che si è tenuto ieri a Roma dove ha ritirato il premio Gesto Etico. “Grazie alla Fair Play School sono riuscito ad avere molti aiuti e a realizzare il mio più grande sogno e cioè quello di giocare a calcio con una gamba sola”, ha concluso il giovane.
“Ricevere questo premio, per noi, è importantissimo perché bisogna diffondere il messaggio che lo sport deve essere aperto a tutti, nessuno escluso, un messaggio che deve arrivare in tutta Italia. Questo è un premio importantissimo che ci permette di arrivare a più persone possibili”, ha aggiunto il cofondatore della Fairplay School, Luca Zavatti. “Il premio che ci hanno è stato possibile averlo grazie a Diya che è il simbolo della Fair Play School. La sua storia è nata un anno e mezzo fa quando, attraverso i social, il suo professore ha conosciuto la Fair Play School. Diya vuole giocare a calcio e così l’abbiamo incontrato e l’abbiamo portato nella nostra scuola. Importante è stato il ruolo di Anna Foglietta e Every child che hanno voluto conoscere il ragazzo per sostenere la nostra scuola calcio. È stata donata da Every child una borsa di studio per il ragazzo e gli è stata donata una smart che gli permetterà di diventare autonomo. Questo per noi è un messaggio molto importante perché lo sport è per tutti”, ha concluso Zavatti.
Cultura
Libri, Santo Versace alla Lum per presentare...
Martedì 21 maggio alle 11, presso l’Aula Aldo Rossi dell’Università Lum, a Casamassima (Ba), Santo Versace presenterà agli studenti il volume da titolo: 'Fratelli. Una famiglia italiana'. Nell’ambito dell’evento l’imprenditore, cui verrà conferito il Sigillo Accademico, terrà una lectio magistralis su 'La famiglia, l’impresa, la crescita'. L’intervento, moderato dal giornalista Vito Marinelli, sarà introdotto da Antonello Garzoni, Rettore della Lum ed Economista Aziendale e da Pasquale Lettieri, critico d’arte.
Santo Versace, fratello di Donatella e di Gianni che è stato uno dei più celebri stilisti del mondo fondatore dell'omonima casa di moda, scomparso nel 1997, è presidente della Fondazione Santo Versace, ente filantropico nato per sostenere e aiutare le persone che vivono in condizioni di fragilità e di disuguaglianza sociale.
Cultura
A Milano va in scena l’assenza nelle Polaroid di...
Sabato 18 maggio l'apertura negli spazi dell'Opificio della Fotografia
Fra le forme di fotografia analogica la Polaroid si afferma anno dopo anno fra le più tenaci, per longevità ed espressività. Lo conferma la mostra 'Ai lembi dell'assenza' che il polaroider romano Patrizio Cipollini inaugura sabato 18 maggio presso l'Opificio della Fotografia, uno degli spazi più stimolanti di Milano, in collaborazione con Casa Museo Spazio Tadini. E' un percorso attraverso 140 polaroid che propone al pubblico uno sguardo intimo e riflessivo sul tema - appunto - dell'assenza ma che punta a stimolare anche una riflessione critica sulla relazione tra la fotografia istantanea e il concetto stesso di assenza, esaltato da una immagine istantanea che - a differenza del digitale - si afferma sotto gli occhi dei soggetti in una forma 'fisica', ma poi inevitabilmente si deteriora nel tempo con i soggetti che possono addirittura scomparire, e quindi risultare completamente assenti. Insomma, la Polaroid piace per la sua istantanea (ma lenta rispetto al digitale) matericità e, nel tempo, può trasformarsi invece in una concreta mancanza.
Come si spiega nella nota di presentazione "l'assenza in questa mostra a volte è giocata come negazione della presenza umana, come per esempio nella serie sui sex toys, i papaveri, i pontili e i dittici architettonici o naturali; a volte si muove tra soggetti viventi in spazi quasi astratti o vuoti; altre si veste di forme e posizioni erotiche mancanti della figura completa; altre ancora abita polaroid deteriorate nel tempo in cui quasi tutto o tutto è scomparso. Si propone di esplorare narrazioni personali quanto sociali, ricordando la complessità e la profondità delle relazioni umane".
“Ai lembi dell’assenza” si inserisce in un contesto ampio di riflessione: come evidenziato da alcuni teorici come Rosalind Krauss e Geoffrey Batchen, l'assenza nelle immagini fotografiche si trasforma in una sorta di presenza silenziosa, che parla delle nostre esperienze umane con un'intensità senza tempo.
"Molti lavori di fotografi americani del XX secolo, come Robert Mapplethorpe, Nan Goldin o Sally Mann solo per citarne alcuni, hanno aperto nuove prospettive sull'espressione emotiva, l'utilizzo della bellezza come strumento estetico ed emotivo e l'enfasi sulla fotografia come oggetto fisico. Questi elementi hanno influenzato profondamente la fotografia contemporanea, aprendo spazi di riflessione sul tempo, l’erotismo, la mortalità, l'intimità, la bellezza, l’assenza”. - scrive l’ideatrice e curatrice della mostra Federicapaola Capecchi - Da qui siamo partiti io e Patrizio Cipollini. Per mesi abbiamo indagato e navigato insieme la mia idea, ispirata dal suo corpo di lavoro di 30 anni e abbiamo trovato molte strade da percorrere … infatti credo questa sarà la prima mostra di una serie”.
Le polaroid in mostra sono sia cicli che immagini indipendenti. Durante l'apertura della mostra - che si chiude il 16 giugno - Patrizio Cipollini tiene due workshop: il primo è 'Lift Off' in calendario il 25 e 26 maggio, il secondo “Instant … stereo e 3d” si terrà il 15 e 16 giugno.
Cultura
‘Ostiawood’, il primo romanzo di Daniele Orazi:...
Il racconto del patinato mondo del cinema che può essere una giungla, attraverso gli occhi di Andy, personaggio che ha vissuto un’adolescenza travagliata nella Ostia degli anni Ottanta
Il protagonista si chiama Adriano Schroeder, ma tutti lo chiamano Andy, e ama il suo lavoro: l’agente cinematografico. Nel suo primo romanzo 'Ostiawood', Daniele Orazi racconta il patinato mondo del cinema che può essere una giungla, attraverso gli occhi di Andy, personaggio che ha vissuto un’adolescenza travagliata nella Ostia degli anni Ottanta. Andy, cresciuto da albino tra criminalità e bullismo, ha accumulato una notevole collezione di traumi. Tuttavia, il passato appartiene al passato: oggi è il rispettato e ammirato fondatore della W, un’agenzia che rappresenta attori e attrici famosi ed emergenti.
Il libro "è ispirato anche a quello che mi è successo nella vita, sia privata che professionale. C’è tanto di quello che ho vissuto e visto negli anni Ottanta", racconta all'Adnkronos Orazi, da 35 anni nel mondo del cinema come manager. Ed è proprio la passione per il suo lavoro che lo ha spinto in questa nuova avventura di scrittore: "In maniera un po' divertente e comica ho pensato di far conoscere meglio questa professione intorno alla quale c'è sempre un alone di mistero".
Iniziamo con il chiarire che "l’agente non è l’ufficio stampa ma è un ruolo specifico che ha bisogno di essere riconosciuto. Oggi, rispetto al passato, è una professione un po’ più nota anche grazie alla serie 'Call My Agent' di Sky" ma sono ancora tanti i falsi miti da sfatare. Uno fra tutti? "Che si guadagnano tanti soldi. Non è così. Per essere precisi: prendiamo il 10% degli importi degli artisti", risponde Orazi.
Il protagonista del romanzo è l'agente di alcuni artisti che, spiega l'autore, "rappresentano un po' i cliché del cinema che noi tutti conosciamo. C'è la giovane starlet , l'attore impegnato e la vecchia diva, ognuno con le sue esigenze e i suoi capricci". La forza di Andy "sta nel riconoscere che quei capricci in realtà, in quel momento preciso rappresentano per l'artista una questione di vita o di morte". L’agente "sta nel mezzo: deve capire l’artista e le esigenze del mercato puntando sempre al risultato, ovvero la performance. L’obiettivo è sempre quello di illuminare l’arte".
'Ostiawood', dunque, è una commedia scritta da chi il mondo del cinema lo conosce davvero e il messaggio "che mi piacerebbe arrivasse è per i giovani, ovvero che le cose si ottengono se dietro c'è lavoro e costanza. Se il nostro protagonista è riuscito ad emergere da un quartiere periferico e svantaggiato degli anni 80, diventando un uomo di successo allora ci può riuscire chiunque ma bisogna veramente volerlo. Dietro a dei grandi risultati c'è sempre tanto sacrificio", ricorda Orazi. I diritti d’autore saranno devoluti alle associazioni non-profit Every Child Is My Child e Pen Paper Peace. (di Loredana Errico)