Sostenibilità
Benessere al lavoro, le azioni virtuose da attuare
Cosa dovrebbero fare le aziende secondo il Wellbeing at work 2023 di Deloitte
Il tema del benessere al lavoro rientra di fatto tra gli obiettivi di sostenibilità sociale in un'ottica di migliori condizioni di vita delle persone. A prescindere dal ruolo e dal grado ricoperti, ogni azienda dovrebbe mettere in atto pratiche ad hoc per garantire le migliori condizioni del luogo di lavoro assicurando così il benessere fisico, mentale e finanziario dei propri dipendenti. Nonostante il tema abbia evidenti ripercussioni sulla vita delle persone e sull'andamento di un'azienda, in quanto il benessere influisce sul rendimento dei lavoratori, molte realtà produttive stentano a trovare iniziative valide per migliorare il benessere sul luogo di lavoro, come evidenziato anche dai risultati del sondaggio Wellbeing at Work 2023 di Deloitte. Dal report, che ha coinvolto oltre tremila lavoratori, manager e dirigenti in Regno Unito, Stati Uniti, Australia e Canada, tra l'altro emerge che l'84% degli intervistati indica come priorità il miglioramento del benessere sul lavoro e, addirittura il 74% ritiene che sia ancora più importante dell'avanzamento di carriera. Dati che la dicono lunga circa le condizioni lavorative percepite da molte persone come ancora poco soddisfacenti.
Quanto incide la percezione?
La questione del benessere al lavoro è strettamente connessa alla percezione delle persone, che può essere anche diametralmente opposta. Infatti, secondo il report sopra citato, se per la maggior parte dei dipendenti il benessere risulta peggiorato o rimasto invariato rispetto all'anno precedente, al contrario per tre dirigenti su quattro risulta essere migliorato. Anche a livello di grado di soddisfazione la percezione tra dipendenti e manager risulta dissonante. Se infatti il 70% dei lavoratori afferma che la propria azienda offre vantaggi in termini di benessere, il 60% dichiara di utilizzarne solo alcuni o pochi, in quanto non in linea con le proprie reali esigenze (51%) o perché l'azienda non comunica in modo efficace la disponibilità di benefici legati al benessere (24%). Inoltre, se soltanto il 43% dei dipendenti dichiara di essere molto o abbastanza soddisfatto in termine di vantaggi offerti relativi al benessere, al contrario il 90% dei dirigenti pensa che i propri dipendenti siano soddisfatti sotto tale aspetto. Il divario tra dipendenti e manager, infine, riguarda anche la percezione sull'impegno dell'azienda in termini di sostenibilità umana. Per l'89% dei dirigenti la propria azienda sta sostenendo il capitale umano ad esempio promuovendo possibilità di accrescere le competenze professionali o adottando politiche a favore della salute sul luogo di lavoro. Ma tale percentuale scende al 41% tra i dipendenti.
Best practice pro benessere
Al termine del sondaggio, Deloitte indica una serie di azioni virtuose che le aziende dovrebbero mettere in pratica per allinearsi al reale stato di benessere delle proprie persone: misurare i parametri del benessere e rendicontarli in modo da aver delle basi concrete su cui poter migliorare; responsabilizzare maggiormente i leader aziendali anche includendo gli obiettivi di sostenibilità umana tra quelli legati all'ottenimento di bonus; accrescere la trasparenza delle azioni pro benessere anche attraverso una comunicazione diretta e aperta; fornire formazione e risorse a coloro che in azienda si occupano di sostenibilità sociale e fattore umano; scegliere un approccio olistico che comprenda il tema della sostenibilità umana in tutti i suoi aspetti fisico, mentale, sociale e finanziario; indicare un responsabile aziendale della promozione della sostenibilità umana in modo che questa diventi una priorità per l'azienda e sia integrata con le altre funzioni.
Sostenibilità
Sostenibilità, Fontana (Un. Olio Palma Sostenibile),...
Le aziende che sono già certificate e utilizzano olio di palma sostenibile - ha proseguito Fontana - dovranno sicuramente implementare gli adempimenti ma non in modo significativo, in quanto la certificazione per l' olio certificato sostenibile hanno addirittura alcune cose che vanno oltre la richiesta di deforestazione free, perché prendono spunto anche delle richieste di garanzia sociale ed economico
"L’olio di palma sostenibile è fondamentale perché risponde sia a un'esigenza di impatto positivo verso la sostenibilità ambientale, etica e sociale, ma anche all'esigenza di crescita delle produzioni di oli globali. Per rispondere alle sfide della riduzione della fame nel mondo e della crescita demografica prevista per il 2050, si dovrà produrre il 50% di olio in più. E questo è impossibile dal punto di vista di spazi per l’agricoltura se non si tiene conto di un utilizzo significativo dell'olio di palma, perché questo tipo di olio, pur rappresentando oggi il 35% dei volumi di oli prodotti, consuma solo il 10% dei terreni. Di qui l'impatto positivo sia verso la sostenibilità sia verso l'impegno di terreni per rispondere alle esigenze della food security.” È quanto ha dichiarato Mauro Fontana, presidente dell’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile a margine dell’incontro “Partnership for Impact” nell’ambito dell’European Innovation for Sustainability Summit in corso a Roma.
“Le aziende che sono già certificate e utilizzano olio di palma sostenibile - ha proseguito Fontana - dovranno sicuramente implementare gli adempimenti ma non in modo significativo, in quanto la certificazione per l' olio certificato sostenibile hanno addirittura alcune cose che vanno oltre la richiesta di deforestazione free, perché prendono spunto anche delle richieste di garanzia sociale ed economica. Per quanto riguarda invece le aziende che oggi non usano olio di palma certificato, dovranno incrementare le loro pratiche sostenibili perché tra le varie richieste c'è anche quello di definire in modo chiaro la geolocalizzazione dei terreni delle piantagioni. Uno sforzo che, una volta effettuato, garantisce l'azienda non solo dal punto di vista della deforestazione, ma anche da un punto di vista di supply chain e di blockchain, perché avrà tutti gli elementi dall’origine a l'impiego garantiti da una solida base di dati".
"Al fine di portare avanti tutto in modo consolidato - ha spiegato - abbiamo lanciato una nuova campagna di stampa che si basa su un concetto: “la parola sostenibile fa la differenza”. Fa la differenza verso l'ambiente, verso gli aspetti sociali e verso la biodiversità. Questa campagna è stata studiata e sviluppata dal nostro comitato scientifico insieme a diverse ong e insieme anche all'Università Cattolica di Piacenza. In tutto questo abbiamo anche sviluppato un progetto per arrivare fino ai cittadini sul food waste, perché uno dei grandi problemi di oggi è non riuscire a comunicare in modo concreto, semplice ed efficace il tema dell'importanza del food waste,e della sostenibilità. Per questo con Cittadinanzattiva abbiamo sviluppato un progetto di disseminazione di tutto quanto serve per ridurre il food waste e di quanto sia utile avere filiere sostenibili per cercare di sopperire alle problematiche ambientali odierne.", ha concluso.
Sostenibilità
Sostenibilità, Pratesi (EIIS):”Semplicistica idea di...
La complessità è un obiettivo, ma è anche una sfida molto fatta da tante variabili e le soluzioni non possono essere semplici di fronte a problemi complessi,lo ha dichiarato Carlo Alberto Pratesi, Presidente dell’European Institute of Innovation for Sustainability
“La complessità è un obiettivo, ma è anche una sfida molto fatta da tante variabili e le soluzioni non possono essere semplici di fronte a problemi complessi. Uno dei rischi che si ha nel percorso verso la sostenibilità è semplificare, cercare di trovare il problema, l'unico problema, la causa di tutti i mali. Talvolta sono alcuni ingredienti, alcune aziende o alcune situazioni che vengono considerate il motivo del problema.” Lo ha dichiarato Carlo Alberto Pratesi, Presidente dell’European Institute of Innovation for Sustainability a margine dell’incontro “Partnership for Impact” nell’ambito dell’European Innovation for Sustainability Summit. "Questo è successo, per esempio con l'olio di palma, è successo con la plastica, per certi versi anche con la carne - ha spiegato l’esperto -. È ovvio che sono tutti prodotti che hanno avuto un incredibile sviluppo e una grandissima domanda: questo ha generato automaticamente degli impatti, ma l'idea di eliminare un ingrediente e con quello, eliminare il problema, è sostanzialmente sbagliato. Molti di questi prodotti in alcuni casi sono i migliori”.
“Naturalmente bisogna gestirli con correttezza e quindi nel caso dell'olio di palma, per esempio, in maniera sostenibile. E allora la strada è quella giusta per i consumatori, per i media, per a volte anche per la politica. Il messaggio è semplice, più facile da gestire. La realtà è che i messaggi semplici a volte sono molto vicini alle fake news.", ha concluso.
Sostenibilità
Sostenibilità, Alessi (WWF):”Certificazione olio di...
"L'olio di palma è una commodity molto buona anche per le sue tantissime applicazioni ma avendo un impatto sulle foreste abbiamo bisogno che questa commodity sia prodotta in modo sostenibile.” Lo ha dichiarato Eva Alessi, Head of Sustainability di WWF Italia
"La certificazione di una commodity complessa come l'olio di palma, che è stata lungamente anche causa di gravi problemi di deforestazione, è oggi la priorità. Ci serve un olio di palma che sia sostenibile e che non impatti sulle foreste. L'olio di palma è una commodity molto buona anche per le sue tantissime applicazioni ma avendo un impatto sulle foreste abbiamo bisogno che questa commodity sia prodotta in modo sostenibile.” Lo ha dichiarato Eva Alessi, Head of Sustainability di WWF Italia a margine dell’incontro “Partnership for Impact” nell’ambito dell’European Innovation for Sustainability Summit.
"Boicottare l'olio di palma oggi non ha senso - ha spiegato - perché questa commodity ha un grande vantaggio: quello di essere una pianta, la palma da olio, molto efficiente che riesce a produrre in quantità di superficie molto ridotta. Quello che ci serve è un impegno da parte delle aziende a certificare oggi e ad acquistare olio di palma che provenga da una certificazione sostenibile anche da parte dei consumatori. Imparare a leggere le etichette per scegliere solo quelle aziende che hanno un olio di palma che effettivamente proviene da un percorso di certificazione sostenibile”.
“Il WWF partecipa in molti processi di certificazione - ha proseguito - laddove il processo produttivo è particolarmente importante e dove è prioritario portare degli esempi virtuosi e delle modalità virtuose di produzione. Anche per quanto riguarda l'olio di palma sostenibile è stato all'interno del percorso di definizione e implementazione di quello che viene chiamato il Critical Friend, quello che supporta ma cerca sempre di tenere l'asticella molto alta di quelle che sono le richieste ambientali per una produzione che anche nel futuro rimanga sempre molto sostenibile.”, ha concluso.