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Cronaca

Prevedere cancro ovaio con anni d’anticipo, speranza...

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Prevedere cancro ovaio con anni d’anticipo, speranza da studio italiano

Da ricerca Humanitas possibile svolta: "Nei tamponi del Pap test alterazioni molecolari spia"

Scienziata in laboratorio (Fotogramma)

Prevedere il cancro dell'ovaio con anni di anticipo, anche una decina, grazie a un'analisi genetica condotta sui campioni prelevati per il Pap test. Dalla ricerca italiana targata Humanitas arriva una "scoperta che potrebbe cambiare l'approccio alla malattia: il sogno di una diagnosi precoce per il tumore ovarico è oggi un passo più vicino alla realtà", annunciano dall'Irccs milanese che riporta i risultati di uno studio pubblicato su 'Science Translational Medicine'. Il lavoro apre a un esame del Dna in grado di "identificare la presenza di alterazioni molecolari specifiche del cancro all'ovaio" molto prima che la patologia si manifesti, sfruttando i tamponi usati per il comune test di screening dei tumori del collo dell'utero.

In Italia - spiegano gli esperti Humanitas - ogni anno vengono diagnosticati più di 5mila nuovi casi di tumore all'ovaio, pazienti che si aggiungono alle circa 30mila donne già in cura per la malattia. La forma più frequente è il carcinoma ovarico sieroso ad alto grado (Hgsoc), che costituisce il 70% di tutte le diagnosi e rappresenta la tipologia più aggressiva e letale, spesso resistente ai farmaci chemioterapici anche perché individuata in fase avanzata. I sintomi del cancro all'ovaio sono infatti difficili da riconoscere, ma la diagnosi precoce fa la differenza tra la vita e la morte: la sopravvivenza a 5 anni passa dal 30% per i tumori scoperti al terzo stadio a oltre il 90% per quelli identificati al primo stadio.

"Cambiare la nostra capacità di fare diagnosi precoce significa cambiare le possibilità di cura - affermano Maurizio D'Incalci, professore di Farmacologia dell'Humanitas University e responsabile del Laboratorio di Farmacologia antitumorale dell'Istituto clinico Humanitas, e Sergio Marchini, a capo dell'Unità di Genomica traslazionale Humanitas, che hanno ideato e coordinato lo studio - ed è quello che crediamo sia possibile fare grazie a un approccio innovativo, implementabile su larga scala e non invasivo". Cioè "utilizzando i tamponi dei Pap test e applicando tecniche di analisi genomica in grado di identificare un'importante firma molecolare di questo tumore: la sua instabilità genomica".

Negli ultimi decenni diversi gruppi di ricerca nel mondo hanno provato a mettere a punto una tecnica di diagnosi precoce per il tumore ovarico, ma senza successo. Una di queste metodiche, così come quella proposta ora dagli scienziati Humanitas - ricordano dall'Irccs di Rozzano - si basava sull'analisi dei tamponi per il Pap test, ma in quel caso si cercava una mutazione genetica che si è poi rivelata non sufficientemente specifica. "A fare la differenza, questa volta - sottolinea Marchini - è l'idea di guardare a un'altra caratteristica molecolare delle cellule tumorali: la loro instabilità genomica. Oggi sappiamo che già nelle prime fasi del processo di trasformazione tumorale il Dna delle future cellule neoplastiche è caratterizzato da profonde anomalie nella sua struttura e organizzazione. L'instabilità genomica è quindi una caratteristica primitiva e non condivisa con le cellule sane, e quindi un'ottima base di partenza per sviluppare un test di diagnosi precoce".

Il nuovo studio è stato condotto retrospettivamente a partire dai tamponi di Pap test effettuati anni prima della diagnosi da 113 donne con cancro all'ovaio, raccolti e analizzati in collaborazione con numerosi centri su tutto il territorio italiano: Irccs Ospedale San Gerardo di Monza, Irccs Policlinico Gemelli di Roma, Irccs Istituto nazionale tumori di Milano, Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, Centro di riferimento oncologico - Cro di Aviano, Azienda ospedaliero-universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, Istituto Mario Negri di Milano e Università degli Studi di Padova. I ricercatori hanno impiegato una tecnica di sequenziamento del Dna che permette di rilevare anche piccole tracce di Dna tumorale e di misurare la loro instabilità genomica. I risultati così ottenuti sono stati quindi confrontati con quelli relativi a Pap test di 77 donne che negli anni successivi non hanno ricevuto alcuna diagnosi di tumore.

"Per la prima volta nella ricerca sulla diagnosi del tumore ovarico, i dati sono davvero promettenti", riferiscono Lara Paracchini e Laura Mannarino, prime autrici dello studio, di cui hanno curato rispettivamente gli esperimenti in laboratorio e l'analisi bioinformatica dei dati: "Dimostrano che la tecnica usata è in grado di riconoscere nei tamponi la presenza di Dna tumorale con anni di anticipo rispetto alla manifestazione della malattia, in un caso addirittura 9 anni prima. Il numero di falsi positivi nel gruppo di controllo è molto basso - evidenziano - così come il numero di falsi negativi tra i tamponi delle pazienti con tumore".

Quello compiuto dagli studiosi Humanitas rappresenta per adesso un "primo fondamentale passo verso la dimostrazione di fattibilità ed efficacia di una tecnica di diagnosi precoce per questa malattia", puntualizzano dall'Istituto.

"I test diagnostici sono particolarmente complessi da testare - rimarca D'Incalci - perché vanno valutati nel mondo reale, su grandi numeri di pazienti e in modo prospettico. Solo così sarà possibile dimostrare che rilevando queste tracce di Dna altamente instabile siamo davvero in grado di predire la malattia e di implementare un percorso di monitoraggio che può salvare delle vite. I dati appena pubblicati aprono una strada: ora - auspica lo scienziato - serve il sostegno di tutti per avviare un ampio e robusto studio prospettico, volto a confermare i dati e trasformare il sogno di una diagnosi precoce del tumore ovarico in una realtà concreta".

La ricerca - si legge in una nota - è stata possibile grazie al sostegno di Fondazione Alessandra Bono, Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e Alleanza contro il cancro. Gli studi proseguiranno anche grazie al contributo di Rinascente attraverso Fondazione Humanitas per la ricerca.

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Cronaca

Poliziotto ferito a Milano, 5 ore di intervento e 100...

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Parla la chirurga Stefania Cimbanassi che lo ha operato al Niguarda:"Abbiamo temuto per la sua vita"

Chirurghi - Afp

Oltre 5 ore di intervento, un centinaio di trasfusioni. Quello che ha salvato la vita a Christian Di Martino, il vice ispettore di polizia accoltellato nei giorni scorsi a Milano, è stato "un intervento concitato, eseguito in regime di emergenza a causa della gravità delle lesioni riportate", potenzialmente mortali. A descrivere l'operazione sono l'intensivista Roberto Fumagalli e la chirurga Stefania Cimbanassi dell'ospedale Niguarda, a margine di una donazione straordinaria di sangue da parte delle forze dell'ordine, promossa dalla Questura in segno di riconoscimento per le cure al collega ricoverato nella struttura meneghina.

L'importanza delle trasfusioni

Sono state utilizzate "circa 50 trasfusioni di sangue, una quarantina di plasma più altre", una decina, "di altri emoderivati", riferisce Fumagalli, direttore del Dipartimento di Emergenza e del reparto di Terapia intensiva di Niguarda. "Una quantità veramente importante" per "un intervento molto grosso". Ma "grazie anche all'aiuto del Centro trasfusionale che ci ha supportato in questo, siamo riusciti a superare la fase acuta e arrivare alla giornata di oggi", con il trasferimento del paziente dalla Terapia intensiva al Trauma team.

"Poteva morire"

"Christian ha sofferto di lesioni che sono gravate normalmente da un elevato rischio di mortalità", afferma Cimbanassi, responsabile Chirurgia generale - Trauma team di Niguarda, che ha operato Di Martino. In più di un momento i medici hanno temuto di perdere il paziente: la paura c'è stata, conferma la specialista, "sia in fase intra-operatoria sia nell'immediato prosieguo, perché è stato un intervento complesso su lesioni estremamente gravi, anche con rischi legati alla trasfusione massiva effettuata. Però nell'immediato post-operatorio, una volta" che il giovane è "approdato in Terapia intensiva, la situazione si è stabilizzata e quindi con cauto ottimismo abbiamo incominciato a ben sperare. E l'evidenza ci ha dato ragione".

In sala operatoria, rimarca Cimbanassi, "siamo riusciti a controllare l'emorragia anche grazie all'aiuto dei colleghi anestesisti e al supporto del Centro trasfusionale che ha fornito sangue e altri emoderivati che sono stati necessari per ripristinare il volume ematico perso a causa dell'emorragia copiosa". Anche se "c'è sempre un prima e un dopo, il tempo centrale dell'intervento è stato di circa 5 ore", riporta la chirurga. La parte più difficile "è stata la correzione della lesione alla vena cava, che era la più a rischio per la sopravvivenza immediata del paziente".

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Cronaca

Preside Palermo: “Non potrò andare all’albero...

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Daniela Crimi

"Per la prima volta, dalla strage di Capaci, non andrò all'albero Falcone a commemorare il giudice, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta, nell'anniversario della sua morte. Perché anche io sarò impegnata nel concorso perché noi dirigenti scolastici siamo stati inseriti nella Commissione di vigilanza, che avrà inizio alla 13.30 e si protrarrà fino al pomeriggio. Lo ammetto, sono molto dispiaciuta". A parlare con l'Adnkronos è Daniela Crimi, dirigente dell'Istituto linguistico Ninni Cassarà di Palermo, uno dei più grandi in Sicilia. "Purtroppo, quel giorno, non avremo il tempo di andare in via Notarbartolo, e ripeto, per me sarà la prima volta da 32 anni a questa parte. Io sono sempre andata con i miei alunni o da semplice cittadina. Però invierò una rappresentanza di insegnanti della mia scuola, insieme con gli alunni".

"Sono davvero molto dispiaciuta, ma per noi dirigenti è un dovere, è obbligatorio. Quindi non possiamo sottrarci- aggiunge Daniela Crimi -Sono convinta che si potesse trovare un'altra data per il concorso di preside. Ma la legalità è anche fare il proprio dovere. Anche se nel cuore sento di fare un altro dovere. Per me era un dovere andare in via Notarbartolo e commemorare Falcone. La legalità è fare il proprio dovere. Certo, sicuramente si poteva trovare un'altra data...".

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Cronaca

Fiorello lancia documentario su ‘Tennis and...

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L'opera è il racconto del progetto sociale nato a Roma nel 2011 e promosso dalla Onlus Friends For Health, di cui è fondatore e presidente Giorgio Meneschincheri, medico e docente all’Università Cattolica del Sacro cuore, specialista in Sanità pubblica, Igiene e Medicina preventiva, e si sviluppa dall’idea di unire lo sport e la salute.

"Cosa c'è meglio della salute? Niente". Così Rosario Fiorello in un mini spot per il lancio del documentario 'Tennis and Friends, la prevenzione scende in campo' di Angelo Bozzolini, presentato oggi a Roma alla Villetta Ruggeri al Foro Italico. Tredici anni di immagini e testimonianze che compongono il racconto del documentario che vedrà la messa in onda su Rai 2, domani alle ore 19, e su Raiplay.

L'opera è il racconto del progetto sociale nato a Roma nel 2011 e promosso dalla Onlus Friends For Health, di cui è fondatore e presidente Giorgio Meneschincheri, medico e docente all’Università Cattolica del Sacro cuore, specialista in Sanità pubblica, Igiene e Medicina preventiva, e si sviluppa dall’idea di unire lo sport e la salute. Moltissimi sono i personaggi che sostengono Tennis and Friends Salute e Sport in qualità di ambassador, molti dei quali scendono in campo per giocare il torneo di tennis a loro dedicato.

Nel documentario tanti Vip le cui testimonianze sono state raccolte durante le manifestazioni, come Al Bano, Eleonora Daniele, Max Giusti, Edoardo Leo, Massimo Lopez, Gigi Marzullo, Diego Nargiso, Massimiliano Ossini. E naturalmente i testimonial di eccezione, Rosario Fiorello, Mara Venier, Paolo Bonolis, Maria De Filippi, Giuliano Amato, Bruno Vespa, Monsignore Vincenzo Paglia, che intervengono sul tema. Non mancheranno le parole di Nicola Pietrangeli, ambassador del tennis italiano nel mondo per conto della Federazione italiana tennis e Padel e presidente onorario di Tennis and Friends Salute e Sport.

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