Salute e Benessere
Ricerca, test su micro sensore gel, fa il check-up al...
Ricerca, test su micro sensore gel, fa il check-up al cervello e si dissolve
E' un cubo di idrogel di 2 millimetri cubi, più piccolo di un chicco di grano. Ma, nonostante le sue microscopiche dimensioni, dentro di sé ha tutto ciò che serve per un 'check-up' al cervello. E una volta portata a compimento la missione si dissolve nel giro di un certo numero di settimane. A svilupparlo è stato un team di scienziati in forze in atenei di Cina e Singapore. Il minisensore viene impiantato nello spazio intracranico con un classico ago da puntura, solo un po' più grande, senza bisogno di interventi chirurgici. Nei test condotti su animali (ratti e maiali) ha dimostrato "promettenti prestazioni di rilevamento" di più parametri. Il sensore di metagel, spiegano gli autori dello studio pubblicato in questi giorni su 'Nature', è in grado di rilevare in modo indipendente la pressione intracranica, la temperatura, il pH e altri parametri, garantisce una profondità di rilevamento di 10 cm e si degrada entro 18 settimane.
Quello che si sta esplorando, sottolineano gli scienziati, è "un nuovo paradigma per il rilevamento ultrasonico con un metamateriale acustico morbido, un idrogel metastrutturato (metagel) completamente bioriassorbibile e miniaturizzato. Essendo l'unico impianto, è possibile monitorare in modalità wireless segnali fisiologici intracranici utilizzando sonde a ultrasuoni esterne. La strada del metagel è stata percorsa perché, nonostante i notevoli sforzi messi in campo dalla ricerca sull'elettronica, questa non è ancora riuscita a rispondere ad alcune sfide che restano aperte.
"I metamateriali acustici morbidi possiedono proprietà straordinarie per il rilevamento e la comunicazione wireless a lunga distanza senza l'aggiunta di componenti elettronici", evidenziano gli sviluppatori del nuovo sensore.
I sensori di metagel, illustrano nello studio gli esperti della Huazhong University of Science and Technology di Wuhan e della Nanyang Technological University di Singapore, comprendono "idrogel biodegradabili e reattivi allo stimolo e colonne d'aria periodicamente allineate con uno specifico spettro di riflessione acustica. Impiantato nello spazio intracranico, il metagel si deforma in risposta ai cambiamenti ambientali fisiologici, causando spostamenti della frequenza di picco delle onde ultrasoniche riflesse che possono essere misurati in modalità wireless da una sonda ecografica esterna".
Il monitoraggio diretto e preciso della fisiologia intracranica "riveste un'enorme importanza nel delineare le lesioni, la prognosi e la prevenzione di eventuali malattie", osservano gli scienziati. "Gli strumenti clinici cablati che utilizzano elettrocateteri percutanei sono accurati ma sono soggetti a infezioni, limitazioni alla mobilità del paziente e potenziali complicazioni chirurgiche durante la rimozione". In questo senso, "i dispositivi impiantabili wireless offrono una maggiore libertà operativa, pur comportando problemi quali un raggio di rilevamento limitato". Rispetto agli studi esistenti sui sensori impiantabili wireless, "il nostro sensore metagel offre vantaggi specifici per quanto riguarda le dimensioni dell'impianto, i segnali multipli disaccoppiati e la biodegradabilità" e "apre diverse possibilità".
I test sono ancora in una fase preclinica e ci vorrà del tempo. Però lo scenario futuro che si prospetta, se gli studi andassero a buon fine rispettando le promesse, è quello di "iniettare questi micro sensori nel corpo umano, ovviando alla necessità di un intervento chirurgico; monitorare più parametri in modo preciso, continuo e in modalità wireless utilizzando un dispositivo a ultrasuoni portatile o indossabile; e infine, dopo la durata del monitoraggio prevista, lasciar degradare il metagel, senza necessità di estrarlo chirurgicamente". Gli autori si dicono convinti che questi risultati "catalizzeranno il progresso di sensori impiantabili wireless sicuri e compatti, con il potenziale di soppiantare il paradigma del sensore clinico che incorpora fili percutanei".
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Covid, con il caldo aumenta rischio per il cuore: cosa fare
L'analisi e le raccomandazioni del cardiologo Trimarco
Fuoco incrociato sulla salute degli italiani, in particolare dei più fragili. A minacciarli c'è il mix tra caldo e Covid: "L'uno amplifica gli effetti dell'altro e viceversa, con un impatto immediato sui sintomi come mal di testa, fatigue e affanno, e sulla funzionalità del cuore". Lo spiega Bruno Trimarco, docente emerito di Cardiologia all'università Federico II di Napoli. "Il caldo - avverte - ha sicuramente un impatto importante sui pazienti colpiti dal Covid, sia in fase acuta che nel post-infezione, sul cosiddetto Long Covid. Infatti, da un lato le temperature alte amplificano i sintomi dell'infezione, dall'altro possono aumentare lo stress sul cuore, colpito contemporaneamente da un doppio fuoco, il virus e il caldo insieme". Come proteggersi? No agli integratori 'fai te te', sì a docce fresche e bere acqua anche se non si ha sete, ricorda lo specialista.
Chi rischia di più
Le persone più a rischio sono i fragili, come anziani, bambini e malati cronici, già vulnerabili a caldo e Covid singolarmente. "La letteratura scientifica - analizza Trimarco - ha già documentato che il caldo estremo rappresenta un rischio per il cuore, causando dolore al petto, infarti e morte improvvisa. Quando fa troppo caldo, si può assistere a una riduzione dei valori della pressione arteriosa per la dilatazione dei vasi sanguigni e alla perdita di liquidi con una profusa sudorazione che aumenta il pericolo disidratazione. In alcuni pazienti, tuttavia, si verifica un effetto opposto e la pressione arteriosa può aumentare in modo improvviso e incontrollato. Tra i sintomi più comuni possono comparire tachicardie, palpitazioni, vertigini e affanno".
Dal canto suo, anche Covid ai associa a sintomi comuni a quelli scatenati dal caldo, come astenia, nebbia cerebrale, affanno e mal di testa. "Inoltre - evidenzia il cardiologo - sappiamo che Covid-19 innesca una serie di processi infiammatori che colpiscono le cellule endoteliali, cioè le cellule che rivestono l'interno del cuore e dei vasi sanguigni. Tra gli effetti prodotti ci sono stress ossidativo, infiammazione, alterazione dei battiti, compromissione della capacità di pompare il sangue e l'ossigeno agli altri tessuti. Gli studi suggeriscono che le persone con Covid, rispetto ai non infettati, corrono un rischio del 55% maggiore di subire un evento cardiovascolare grave come infarto, ictus o morte. Hanno anche più probabilità di manifestare altri problemi al cuore come aritmie o miocardite, ossia infiammazione del muscolo cardiaco".
I rimedi
Per scongiurare gli effetti della combo caldo-Covid servono contromisure. Quali? "No a integratori 'fai da te', sì a docce o bagni freschi e al consumo 'programmato' di acqua: impegnarsi cioè a bere almeno un litro e mezzo d'acqua durante la giornata anche se non si ha la sensazione di sete", raccomanda Trimarco.
"Stanchezza e debolezza, sintomi comuni al Covid e a un eccesso di caldo - osserva il cardiologo - possono indurre a fare incetta di integratori. Ma la stragrande maggioranza sono inutili, almeno contro il Covid. Uno studio che abbiamo pubblicato sulla rivista 'eClinicalMedicine' promuove un mix di sostanze naturali, composto da arginina e vitamina C. L'arginina è un aminoacido prodotto naturalmente dall'organismo, che stimola la produzione di ossido nitrico, sostanza chiave per una corretta funzione vascolare. La vitamina C, invece, grazie a una nanotecnologia che ne ottimizza l'assorbimento senza effetti collaterali, antagonizza lo stress ossidativo e migliora il rimodellamento vascolare con effetti benefici sulla funzionalità cardiaca e a cascata su tutto l'organismo".
Altri consigli: evitare di uscire se positivi al Covid, sia per evitare di contagiare gli altri sia per tenersi al riparo dal caldo esterno; mantenere la casa fresca, sfruttando l'aria notturna per rinfrescarla, e durante il giorno usando tapparelle o persiane e spegnendo quanti più dispositivi elettrici possibile; usare abiti e lenzuola leggeri e larghi; evitare bevande zuccherate, alcoliche o contenenti caffeina che possono peggiorare i sintomi e interagire con i farmaci in uso.
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Caldo africano, nuova ondata sull’Italia: oggi 12...
Nelle prossime ore allerta super caldo ai massimi livelli: le città interessate
L'allerta super caldo tornerà nelle prossime ore ai livelli massimi. Se oggi, sabato 27 luglio, nessuna città è ancora da bollino rosso, per domani - domenica 27 - saranno di nuovo sei i capoluoghi interessati dal gradino più alto dell'allerta.
Dodici, intanto, le città con bollino arancione di oggi, segnalate nel bollettino sulle ondate di calore del ministero della Salute: si tratta di Firenze, Frosinone, Palermo, Perugia, Rieti e Roma, Bologna, Bolzano, Brescia, Latina, Pescara e Viterbo.
Domenica bollente, tornano i bollini rossi
Domenica 28 luglio saranno quindi 6 le città italiane da bollino rosso per il rischio di ondate di calore: massima allerta su Firenze, Frosinone, Palermo, Perugia, Rieti e Roma.
La giornata di domani si annuncia dunque la più 'bollente' di una settimana che non ha fatto registrare prima città da bollino rosso. Fra i 27 capoluoghi monitorati dal sistema di sorveglianza ministeriale, oltre ai 6 con allerta 3, il livello massimo di rischio, il 28 luglio si contano 13 bollini arancioni (livello 2): a Bologna, Bolzano, Brescia, Campobasso, Latina, Milano, Napoli, Pescara, Torino, Trieste, Venezia, Verona e Viterbo. Bollino giallo (rischio 1) per Ancona, Bari, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, Messina e Reggio Calabria. Nessun bollino verde (rischio 0).
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Alzheimer, Ema blocca farmaco Lecanemab: “Rischio di...
"In particolare il frequente verificarsi di anomalie nell'imaging correlate all'amiloide (Aria), che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello dei pazienti che lo hanno ricevuto"
No dell'Agenzia europea del farmaco Ema a una terapia anti Alzheimer. Il Comitato tecnico per i medicinali a uso umano dell'ente regolatorio Ue, "Chmp, ha raccomandato di non concedere l'autorizzazione all'immissione in commercio per Leqembi* (lecanemab), un farmaco destinato al trattamento della malattia di Alzheimer", informa l'Ema nel resoconto dell'ultima riunione del Chmp (22-25 luglio).
"Il comitato - si legge - ha ritenuto che l'effetto osservato di Leqembi sul ritardo del declino cognitivo non controbilancia il rischio di eventi collaterali gravi associati al medicinale, in particolare il frequente verificarsi di anomalie nell'imaging correlate all'amiloide (Aria), che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello dei pazienti che hanno ricevuto Leqembi".
Alzheimer Europe esprime "rammarico" e "profonda delusione" per il parere negativo formulato dal Comitato tecnico Chmp dell'Agenzia europea del farmaco Ema . Il no dell'Ema, che riguarda Ue, Islanda, Liechtenstein e Norvegia, sottolinea l'associazione in una nota, "significa che gli europei con malattia di Alzheimer in fase iniziale non avranno accesso alle opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti negli Stati Uniti e in altri Paesi".
"Le persone che vivono con la malattia di Alzheimer e le loro famiglie nutrivano grandi speranze e aspettative riguardo all'introduzione di nuove opzioni terapeutiche in Europa", scrive Alzheimer Europe, ricordando che la Fda statunitense ha concesso l'approvazione a lecanemab un anno fa, nel luglio 2023, dopo che un comitato consultivo ha riconosciuto in modo unanime l'efficacia clinica del farmaco per il quale le principali assicurazioni Usa, fra cui Medicare, hanno garantito "un'ampia copertura" nei pazienti idonei a riceverlo. Hanno dato il via libera al trattamento anche le autorità regolatorie di Giappone (25 settembre 2023), Cina (3 gennaio), Corea del Sud (27 maggio), Hong Kong (11 luglio) e Israele (12 luglio), elenca l'associazione, mentre in Europa si attendono ancora i pronunciamenti degli enti regolatori svizzero e britannico, che Alzheimer Europe auspica positivi.
"Le persone affette da malattia di Alzheimer in Europa saranno escluse dall'accesso a lecanemab senza poter compiere scelte individuali basate su un'analisi personale del profilo rischi-benefici", rimarca l'associazione. La speranza di Alzheimer Europe è che "i risultati dal mondo reale raccolti dal registro imposto dalla Fda, o dagli studi in corso su lecanemab forniranno le evidenze scientifiche necessarie affinché i regolatori Ue riconsiderino la loro posizione".