Il dibattito innescato dalle parole di Stoltenberg: impossibile difendere Kharkiv senza colpire il territorio russo
Bruxelles si sta orientando, lentamente, verso la rimozione delle restrizioni all'uso delle armi che l'Occidente fornisce all'Ucraina per difendersi dalla Russia nella guerra in corso da oltre 2 anni. Ad imporre un'ulteriore escalation, malgrado l'imminenza delle elezioni europee 2024 consigli prudenza ai governi più a ovest del Vecchio Continente, sono l'evoluzione del conflitto iniziato dalla Russia il 24 febbraio 2022 e la dura legge della geografia.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, è stato chiarissimo, ribadendo quello che aveva già detto in una intervista all'Economist: per l'Ucraina, ha notato a Bruxelles a margine del Consiglio Difesa, sarà "molto difficile" difendere Kharkiv, la seconda città del Paese, senza colpire in territorio russo.
Il motivo è semplice: Kharkiv dista solo una trentina di km dal confine con la Federazione governata da Vladimir Putin, quindi quella parte di Russia, l'oblast di Belgorod, costituisce, a tutti gli effetti, una base per lanciare attacchi contro l'Ucraina.
"Dobbiamo ricordare - ha affermato Stoltenberg - che questa è una guerra di aggressione. La Russia ha attaccato un altro un altro Paese e l'Ucraina, secondo il diritto internazionale, ha il diritto all'autodifesa. E il diritto all'autodifesa include anche colpire obiettivi al di fuori dell'Ucraina, obiettivi militari legittimi all'interno della Russia".
"Ciò è particolarmente rilevante ora - ha continuato Stoltenberg - perché i combattimenti più pesanti si stanno svolgendo nella regione di Kharkiv, vicino al confine russo-ucraino. Quella è in realtà la prima linea, quindi ovviamente sarà molto duro e difficile per gli ucraini difendersi, se non riescono a colpire obiettivi militari proprio dall'altra parte del confine. Potrebbe trattarsi di artiglieria o di aeroporti utilizzati per attaccare l'Ucraina: se l'Ucraina non riesce a colpire quegli obiettivi militari, ovviamente sarà molto più difficile per loro difendersi".
Chi prende le decisioni?
Beninteso, non è l'Alleanza atlantica che decide: "Queste sono decisioni nazionali - ha ricordato Stoltenberg - non sono decisioni della Nato. Alcuni alleati non hanno imposto restrizioni sulle armi che hanno consegnato. Credo che sia giunto il momento di valutare tali restrizioni, anche alla luce dello sviluppo della guerra. Si trasformerà in una guerra che ora si svolge effettivamente lungo i confini e che rende agli ucraini ancora più difficile difendersi".
Per Stoltenberg, comunque, permettere agli ucraini di colpire in territorio russo con armi fornite da Paesi Nato non rende l'Alleanza un cobelligerante: "Dobbiamo ricordare che ciò non rende gli alleati della Nato parte del conflitto: abbiamo il diritto di fornire supporto all'Ucraina per aiutarli per l'autodifesa".
Per il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, in Occidente ci sono "teste calde che fanno dichiarazioni provocatorie assolutamente irresponsabili", in particolare il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, "ma - ha detto secondo l'agenzia russa Tass - c'è anche chi si chiede se sia necessario un'ulteriore escalation di questo tipo". Le resistenze maggiori si riscontrano in Italia e Germania, ma anche il primo ministro belga Alexander De Croo, un liberale, ricevendo oggi il presidente ucraino Volodymir Zelensky per firmare un accordo di assistenza bilaterale ha messo in chiaro che le armi che Bruxelles fornirà a Kiev serviranno solo per colpire "in territorio ucraino".
Chi vuole rimuovere il divieto
Zelensky ha assicurato che l'Ucraina, su questo, rispetta le consegne. Non è solo la Nato a spingere affinché le armi che arrivano a Kiev da ovest possano essere utilizzate per colpire anche in territorio russo. Oggi si è aggiunta anche l'Ue, per bocca del suo Alto Rappresentante Josep Borrell, che dovrebbe fare sintesi tra le linee dei 27 Stati membri, assolutamente divergenti su questo punto, ma che interpreta il suo ruolo in modo attivo, spingendo nella direzione che ritiene giusta.
Il socialista catalano, fin dall'inizio a favore dell'Ucraina (mentre per quanto riguarda il Medio Oriente è tra le voci più critiche nei confronti del governo di Benjamin Netanyahu), è stato chiaro almeno quanto Stoltenberg.
"C'è il problema - ha affermato - di autorizzare l'uso delle armi fornite all'Ucraina in territorio russo, come ha proposto il segretario generale della Nato Stoltenberg. Alcuni Stati membri hanno deciso di rimuovere questo vincolo: è un'altra cosa importante da discutere".
Alla domanda diretta, se secondo lui sia opportuno rimuovere quelle restrizioni, Borrell ha risposto senza esitazioni: "Secondo il diritto di guerra - ha detto - è perfettamente possibile e non ci sono controindicazioni nel rispondere" a qualcuno che ti attacca a partire dal suo territorio "colpendolo lì. Di sicuro alcuni Paesi metteranno sul tavolo il rischio di una escalation. Ma occorre bilanciare il rischio di escalation con il diritto dell'Ucraina di difendersi. Se non puoi colpire il luogo da cui provengono gli attacchi, allora sei in una situazione completamente asimmetrica. E diventa sempre più cruciale, perché gli attacchi contro Kiev (ma stava parlando in inglese e probabilmente voleva dire Kharkiv, ndr) arriveranno dal territorio russo".
Perché la questione è cruciale
L'uno-due verbale arrivato da Stoltenberg e Borrell ha sollevato diverse reazioni negative in Italia, a partire dal leader del M5S Giuseppe Conte, per due volte presidente del Consiglio, che paventa il rischio di arrivare alla "Terza Guerra Mondiale". Se è vero che né Stoltenberg né Borrell hanno poteri decisionali in merito, nessuno dei due è inesperto. Se hanno parlato pubblicamente in quel modo, significa che se lo possono permettere. Una volta passata la boa delle elezioni europee, dunque, sarà sempre più difficile, per i Paesi europei più a ovest, negare agli ucraini la possibilità di colpire in territorio russo per difendere Kharkiv.
E' la seconda città dell'Ucraina, con oltre 1,4 mln di abitanti: perderla sarebbe un colpo mortale per Kiev. Durante la Seconda Guerra Mondiale, fu uno degli obiettivi principali della Wehrmacht, durante l'Operazione Barbarossa. Venne presa dalle forze dell'Asse e ripresa più volte dall'Armata Rossa, in quattro battaglie nel 1941, '42 e '43, che lasciarono la città completamente distrutta. Oggi viene martellata dai missili russi. Che cosa comporterà questo ulteriore gradino che l'Europa si appresta a salire nel confronto con il rinato imperialismo russo, per permettere agli ucraini di difendere Kharkiv, lo si vedrà nei prossimi mesi.
Esteri
Ucraina, migliaia di soldati nordcoreani combattono a...
Lo riferisce l'ultimo rapporto dell'Institute for the study of war. Altri soldati nordcoreani si starebbero addestrando a Mosca
Kim Jong un al fianco di Vladimir Putin nella guerra in Ucraina. Migliaia di soldati nordcoreani si stanno addestrando in Russia e molti di loro sono già presenti in Ucraina a combattere a fianco delle truppe russe .
L'asse tra Pyongyang e Mosca è sempre più solido, come evidenzia l'Institute for the study of war (Isw), think tank americano che monitora quotidianamente il conflitto: nell'ultimo rapporto si legge che i soldati nordcoreani si troverebbero già in Ucraina a combattere a fianco delle truppe russe e che prima di scendere sul campo di battaglia verrebbero addestrati in Russia.
Viene citato anche un funzionario dell'intelligence militare ucraina, secondo cui alcuni ufficiali nordcoreani sono presenti in Ucraina e nelle aree occupate dalla Russia. Tuttavia, l'Ucraina non ha rilevato alcuna unità militare nordcoreana che operi attivamente nel paese.
"Il funzionario ucraino avrebbe aggiunto che 'diverse migliaia' di uomini della fanteria nordcoreana si stanno addestrando in Russia e che il comando militare russo potrebbe schierarli in prima linea in Ucraina entro la fine del 2024 o nelle zone di confine russe per alleggerire i 'riservisti' russi e consentire loro di combattere in Ucraina", ha scritto Isw.
Funzionari sudcoreani e ucraini hanno indicato che personale militare nordcoreano sta probabilmente operando nelle zone occupate dell'oblast di Donetsk. Si ritiene anche che un attacco missilistico ucraino nei pressi della città di Donetsk abbia ucciso diversi funzionari militari nordcoreani.
"Non è chiara l'entità del raggruppamento di forze nordcoreane che la Russia potrebbe schierare in prima linea o che potrebbe liberare le forze russe lungo il confine, ma questi scenari potrebbero anche favorire un invio maggiore di personale russo nelle operazioni offensive prioritarie in Ucraina e prolungare il culmine dell'operazione offensiva russa dell'estate 2024", ha sottolineato Isw.
L'invio di truppe nordcoreane in Ucraina potrebbe rappresentare un'opportunità da sfruttare per la Russia, a seconda di fattori quali la qualità, l'organizzazione, il posizionamento e la capacità delle forze nordcoreane di collaborare efficacemente con le truppe russe.
Lo scorso 19 giugno il presidente russo Vladimir Putin e il leader nordcoreano Kim Jong Un hanno firmato un accordo di partenariato strategico globale che prevede la reciproca assistenza in caso di aggressione contro uno di questi Stati. Shin Won-sik, ministro della Difesa sudcoreano, ha invece denunciato che gli impianti di produzione di munizioni in Corea del Nord stanno lavorando a pieno regime per fornire armi alla Russia.
Gli Stati Uniti hanno quindi detto di avere informazioni, confermate da immagini satellitari, secondo cui la Corea del Nord ha consegnato alla Russia più di mille container di munizioni. A metà giugno, Shin Won-sik, ministro della Difesa sudcoreano, ha dichiarato che la Corea del Nord ha inviato via mare alla Russia almeno 10mila container, che possono contenere fino a 4,8 milioni di proiettili di artiglieria.
Esteri
Israele, Hezbollah lancia missili contro base Idf. Blinken:...
L'attacco sferrato alle 6 di questa mattina su Haifa. L'Iran teme la rappresaglia israeliana: intenso lavoro diplomatico con i Paesi del Medioriente per limitarla
Nuova giornata di guerra oggi, 12 ottobre, tra Israele e Libano. Hezbollah ha rivendicato il lancio di missili contro la base delle Idf a Haifa, nel sud di Israele. Lo riporta Al Mayadeen, media vicino a Hezbollah, spiegando che i missili sono stati lanciati alle 6 di questa mattina, ora locale. In Israele non sono però suonate le sirene di allarme antiaereo, afferma il Times of Israel.
Blinken: "Massimo impegno diplomatico per evitare conflitto più ampio'
Intanto proseguono le pressioni Usa per una soluzione diplomatica. Occorre arrivare a una soluzione diplomatica in Libano per evitare un confitto più ampio nella regione, ha dichiarato il Segretario di Stato americano Antony Blinken ribadendo che Israele ''ha il diritto a difendersi'', ma dicendosi ''allarmato'' per la crisi umanitaria causata dalla guerra. "Continuiamo a impegnarci intensamente per prevenire un conflitto più ampio nella regione", ha detto Blinken ai giornalisti dopo un vertice in Laos.
"Abbiamo tutti un forte interesse nel cercare di contribuire a creare un ambiente in cui le persone possano tornare a casa, in sicurezza e protezione, e i bambini possano tornare a scuola", ha affermato. "Quindi Israele ha un interesse chiaro e molto legittimo'' nel lavorare per la propria sicurezza, ma ''il popolo del Libano vuole la stessa cosa''. Per cui, ha aggiunto Blinken, ''crediamo che il modo migliore per arrivarci sia attraverso un'intesa diplomatica, una su cui stiamo lavorando da un po' di tempo e su cui ci concentriamo in questo momento".
L'Iran e la rappresaglia di Israele
Anche il governo dell'Iran è impegnato in un ''intenso e urgente'' lavoro diplomatico con i Paesi del Medioriente per cercare di limitare la rappresaglia israeliana per l'attacco missilistico lanciato da Teheran il primo ottobre, riporta la Cnn citando proprie fonti ben informate secondo le quali, se proprio l'attacco israeliano dovesse esserci, l'obiettivo è almeno quello di proteggere Teheran.
Secondo le fonti citate dalla Cnn, la preoccupazione dell'Iran deriva dall'incertezza sulla possibilità che gli Stati Uniti convincano Israele a non colpire i siti nucleari e gli impianti petroliferi iraniani. Gli Stati Uniti hanno già detto a Israele che non vogliono che prenda di mira i siti nucleari o i giacimenti petroliferi iraniani. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha parlato mercoledì con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, la loro prima conversazione in quasi due mesi , dicendogli che la rappresaglia di Israele sia "proporzionata".
Anche gli alleati degli Stati Uniti nel Golfo, tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Qatar, hanno espresso preoccupazione per un possibile attacco agli impianti petroliferi iraniani, che potrebbe avere un impatto negativo sull'economia e sull'ambiente dell'intera regione, ha detto un diplomatico arabo alla Cnn.
Nuovi avvisi Idf a Gaza city: "Evacuare anche i rifugi al nord"
Le Idf hanno diffuso oggi un ''messaggio importante'' in arabo per i cittadini che vivono del nord di Gaza City, dicendo che ''l'area deve essere evacuata immediatamente tramite Salah El-Din Street verso l'area umanitaria'' perché ''è considerata una zona di combattimento pericolosa''. L'Idf spiega che vanno evacuati anche ''i rifugi lì situati'' perché i militari israeliani stanno ''operando con grande forza contro le organizzazioni terroristiche e continueranno a farlo per molto tempo''.
Esteri
Biden: “Israele smetta di colpire forze Unifil”. La...
Nota congiunta di Francia, Italia e Spagna: "Grave violazione". Tajani scrive a a Herzog e Katz: "Attacchi sono totalmente inaccettabili"
La richiesta a Israele di smetterla di colpire le forze Unifil in Libano arriva da più parti a poche ore dal ferimento di altri 2 peacekeeper della forza delle Nazioni Unite. Non ha dubbi il presidente Usa Joe Biden che, alla domanda "Vuole chiedere a Israele di cessare gli attacchi sulle forze di mantenimento della pace dell'Onu?", ha risposto "Sì, assolutamente". Nel frattempo l'Italia trova il sostegno di Francia e Spagna a Cipro, nell'ambito del vertice dei 9 Paesi europei del Mediterraneo.
Meloni a Cipro trova sostegno Macron e Sanchez
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a Cipro nell'ambito del vertice dei 9 Paesi europei del Mediterraneo trova una sponda nel capo dell'Eliseo Emmanuel Macron e nel primo ministro spagnolo Pedro Sanchez quando si tratta di condannare i ripetuti attacchi di Israele alle basi italiane Unifil. In quanto partner della missione istituita nel 1978 dalle Nazioni Unite dopo la prima invasione di Israele in Libano, i leader di Italia, Francia e Spagna - nell'ambito dei lavori del Med9 - firmano una dichiarazione comune per ribadire la loro "indignazione" dopo il ferimento di alcuni militari Unifil a Naqoura: "Questi attacchi costituiscono una grave violazione degli obblighi di Israele ai sensi della Risoluzione delle Nazioni Unite 1701" e "devono cessare immediatamente" intimano i tre Paesi, invitando Israele a impegnarsi per la sicurezza delle missioni Onu.
Netta la posizione del presidente francese Macron il quale rinnova il suo appello a "interrompere l'esportazione armi utilizzate" in scenari di guerra come Gaza e Libano: "E' l'unica leva che potrà mettere fine a tutto ciò. Stabilità e pace si ottengono solo attraverso soluzioni diplomatiche" scandisce il leader di Parigi, preoccupato per il rischio che le tensioni in Medio Oriente possano contaminare l'intera Regione ed estendersi a macchia d'olio anche oltre. Sulla stessa lunghezza d'onda il premier spagnolo Sanchez per quanto riguarda lo stop all'invio di armi a Israele: "Noi - spiega - lo facciamo già da tempo. La motivazione è semplice: senza armi non c'è guerra". Poi l'invito a "rivedere l'accordo tra Ue e Israele. Chiedo alla Commissione europea di dare una prova di coerenza".
"Come Italia non posso non tornare a condannare quello che è accaduto. Non è accettabile" dirà poi Meloni nelle dichiarazioni finali al termine del summit. La premier definisce "preziosa" l'opera prestata dai militari italiani nella missione Onu e in quella bilaterale Mibil, ribadendo l'impegno del suo governo a monitorare la situazione in Libano. E' necessario, secondo Meloni, "arrivare a un cessate il fuoco a Gaza e in Libano e al rilascio degli ostaggi israeliani" che si trovano ancora nelle mani di Hamas.
E' il presidente cipriota Nikos Christodoulidīs a illustrare alla fine dei lavori i contenuti della dichiarazione conclusiva, dove i 9 Paesi del Mediterraneo chiedono un "immediato cessate il fuoco" lungo la Blue Line che separa Israele dal Libano e in merito al conflitto russo-ucraino confermano il sostegno a Kiev per tutto il tempo necessario. Nel capitolo relativo ai migranti i leader auspicano una attuazione "efficace e tempestiva" del Patto su asilo e migrazione, con focus sulla dimensione esterna. A conclusione del Med9 il passaggio di consegne tra Cipro e Slovenia, che ospiterà il prossimo summit mediterraneo nel 2025.
Tajani a Herzog e Katz: "Attacchi a basi Unifil totalmente inaccettabili"
Sugli attacchi da parte di Israele alle basi Unifil in Libano è intervenuto anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha inviato nuovi messaggi al ministro degli Esteri israeliano Israel Katz e anche al capo dello Stato Isaac Herzog per confermare che per l’Italia questi attacchi "sono totalmente inaccettabili". Secondo fonti della Farnesina il ministro ha scritto ai suoi interlocutori: "Sappiamo che la situazione sul terreno sta diventando molto complicata, ma crediamo che il vostro Governo prenderà ogni misura necessaria per evitare ogni possibilità di nuovi attacchi di questo tipo".
Il ministro Katz ha garantito "ogni sforzo possibile per evitare di danneggiare Unifil”. Lo stesso capo dello Stato Isaac Herzog ha garantito di occuparsi direttamente della questione con il governo del suo paese. Tajani ha chiesto al governo israeliano una inchiesta e comunque le scuse per i danni provocati nei giorni scorsi. Secondo fonti della Farnesina le prossime ore saranno decisive per ricevere chiarimenti e indicazioni cruciali da parte del governo di Israele. Il Governo italiano ritiene che a Gaza e in Libano si debba passare al più presto a un cessate il fuoco che permetta di riprendere un negoziato diplomatico verso un confronto politico fra le parti.