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Toti interrogato per 8 ore: “Ogni euro destinato alla...

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Toti interrogato per 8 ore: “Ogni euro destinato alla politica”

Il governatore della Liguria ha consegnato una memoria nelle mani dei pm: "Ho sempre perseguito l'interesse pubblico, mai fatto pressioni o favorito qualcuno"

Giovanni Toti - (Fotogramma)

E’ durato 8 ore l’interrogatorio del governatore ligure Giovanni Toti, ai domiciliari dal 7 maggio scorso per corruzione. A partire dalle 11 ha risposto alle domande dei pm titolari dell’inchiesta che ha portato un terremoto nella politica locale, respingendo tutte le accuse. "Nel mio percorso politico ho sempre perseguito l’interesse pubblico il quale è il fine unico ed ultimo della mia azione politica", è uno dei passaggi della memoria consegnata nelle mani dei pm durante l'interrogatorio, in cui sottolinea come ogni euro sia stato usato per la politica".

"Ho sempre perseguito l'interesse pubblico"

Un interesse pubblico "costantemente rivendicato dal programma politico della maggioranza che mi sostiene, non già mediante la contrapposizione con le rivendicazioni dei privati, quanto piuttosto attraverso la veicolazione di queste verso l’interesse della collettività e del territorio, modalità con la quale si realizza la migliore essenza dell’interesse pubblico" spiega il governatore Toti nella memoria di 17 pagine. "Il faro della nostra azione politica, vede, nell’attività privata non già un fattore egoistico da contrastare ma una risorsa che, lasciata crescere nel rispetto delle regole, rappresenta un valore aggiunto per la collettività quale primario elemento di sviluppo sociale ed economico". L'impianto accusatorio, che analizza "solo una limitatissima parte dei rapporti tra amministrazione, presidente, e mondo del lavoro e delle imprese" non restituisce il giusto quadro a dire di Toti. "Tutte le mie azioni (anche quelle contestate) sono state ispirate, certamente dalla giusta attenzione verso le imprese operanti sul territorio, ma nell’unica prospettiva della tutela dell’interesse collettivo e del suo progresso".

Per Toti, tutte le imprese sono state trattate con la stessa attenzione, "nel postulato assoluto per cui ogni iniziativa imprenditoriale, purché non in contrasto con le leggi o con regole di mercato codificate, si possa considerare di interesse pubblico, portando sul territorio ricchezza e lavoro, in forma diretta ed indiretta".

"Mai fatto pressioni o favorito qualcuno, ogni euro usato per la politica"

"Non ho mai travalicato le specifiche competenze degli enti e degli uffici preposti, mai ho ingerito nelle libere scelte e decisioni dei soggetti coinvolti mai ho fatto pressioni verso alcun soggetto, mai ho servito un interesse particolare in danno di quello collettivo", è un altro passaggio della memoria. "Mai tale attenzione si è estrinsecata nel superare o modificare il parere dei propri uffici o le istruttorie degli organismi terzi, vedi gli uffici di autorità portuale. Il mio intervento in sede politico/funzionale si è sempre limitato strettamente al percorso autorizzativo tracciato dagli uffici preposti in ogni campo, circoscrivendosi a chiedere una attenzione coerente con le esigenze di rapidità del mercato, o di realizzazione delle opere sollecitate dagli altri organi amministrativi e di governo (porto, strutture Commissariali del sindaco Bucci) ovvero a sollecitare, all’interno dei percorsi amministrativi e legislativi, la solerzia e l’attenzione dei Comuni Liguri nel realizzare i piani strategici regionali", aggiunge Toti.

"La mia azione politica è sempre stata tesa alla tutela della dignità e del lustro della Regione e delle sue istituzioni", "ogni intervento a favore delle iniziative economiche è stato pubblico" e "anche ogni dazione di denaro è avventa nella massima trasparenza", scrive ancora il governatore ligure. Tra i capi di accusa si contestano i bonifici effettuali ai Comitati politici, ma il presidente della Regione Liguria si difende: "Ogni dazione di denaro è stata accreditata con metodi tracciabili e rendicontata. Del pari tutte le spese sostenute (sia a sostegno della mia attività politica come leader della lista Toti presente in Consiglio regionale e in molte amministrazioni municipali, sia per sostenere sindaci, liste e candidati collegati e coerenti alla linea politica della lista Toti, sia per quanto riguarda le iniziative della coalizione di governo) sono stati rendicontati e pubblicizzati in termini di legge e anche oltre. I bilanci e i rendiconti sono stati (e sono ancora) pubblicati sui siti internet delle organizzazioni politiche a mio sostegno".

"Ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati" rimarca Toti. "E proprio per fugare ogni minimo possibile sospetto e garantire massima trasparenza e possibilità di controllo, particolare attenzione è stata posta nel separare ogni aspetto economico della mia vita privata da qualsiasi attività economica legata alla politica, tanto da separare anche i conti correnti personali ed utilizzare per l’attività politica esclusivamente conti dedicati e 'trasparenti', con strumenti di accredito e spesa tracciati, tracciabili e sempre rigorosamente documentabili", afferma il governatore.

"L’assenza di qualsiasi collegamento tra dazioni di denaro e la mia attenzione politica a temi di pubblico interesse" può essere dimostrata incrociando la mia agenda con la rendicontazione dei versamenti denunciati. "In questo modo - si legge nella memoria consegnata ai pm di Genova - apparirà evidente che l’attenzione e l’impegno da me profuso nelle politiche di ascolto e di lecita agevolazione degli investimenti privati è stato totalmente scollegato da ogni contributo ricevuto". "L'attività di sostegno e ascolto alle iniziative private non aveva quale presupposto né fine quello della vicinanza politica o personale o, ancora, della presenza di una contribuzione (ancorché in tutto e per tutto legittima); l’unica ragione del mio agire è stata quella di aiutare l’iniziativa privata per far crescere la Liguria", sottolinea.

Allo stesso modo, scrive, "non mi sono mai sentito debitore nei confronti di chi aveva contribuito alla mia iniziativa politica: il fatto di essere contributore o comunque politicamente vicino non ha mai rappresentato un titolo per ricevere da parte mia favori o trattamenti preferenziali; del pari non vi è mai stato alcun mio atteggiamento che potesse in qualche modo dare adito a tale pensiero".

Sui bonifici a Spinelli

La procura di Genova interpreta "erroneamente" i bonifici fatti dall'imprenditore Aldo Spinelli e non ricorda che la prima elargizione del gruppo Spinelli "alle campagne politiche del mio partito risale addirittura alla prima campagna elettorale (2015) quando io non ero ancora governatore e si sono succedute nel tempo con cadenze semmai legate agli eventi politici della Regione (elezioni comunali, regionali o manifestazioni varie) e non legate a specifiche situazioni economiche o alla compresenza di vicende di interesse per Spinelli", sostiene ancora Toti.

Tenendo conto dunque del lungo arco temporale, ben 9 anni, "si può facilmente ricavare l’assenza di qualsivoglia prassi di contestualità tra richieste di 'attenzione' da parte di un donatore e sollecitazione di sostegno materiale per l’attività politica". Per Toti "sicuramente nella costruzione dell’animus con cui la donazione avviene incide la precisa politica di attenzione dell’amministrazione per le esigenze delle imprese e dei cittadini, ma certamente non incide la presunzione di specifiche utilità legate ad una singola e specifica situazione, men che meno di atti contra legem". Non solo: "Registrando ogni versamento, non solo da parte del Comitato Toti ricevente, ma anche della impresa o del soggetto donatore, appare chiaro che il donatore stesso non considera in alcun modo la sua dazione di denaro come merce di scambio o pagamento di un interesse illecito, attività che anche egli stesso con la pubblicità del versamento si incaricherebbe di denunciare" conclude Toti.

"Nel rapportarmi con Aldo Spinelli, mi interessai alle questioni da lui sollevate in modo spesso disconnesso dal contesto e totalmente estraneo allo spirito della conversazione, attraverso un intervento sempre dettato dallo spirito di pubblica utilità e spesso addirittura in contrasto con gli interessi di Spinelli stesso ma a favore - di fatto - di altri operatori", aggiunge.

Ad esempio, riferisce il presidente della Regione Liguria, "non vi è mai stato alcun mio intervento nel merito della durata della concessione, per altro elaborata dagli uffici tecnici di Autorità portuale senza alcuna intromissione della Regione". Nell'ordinanza di custodia cautelare e dalle carte delle indagini emerge, sostiene Toti, "che sono intervenuto non solo nei confronti di Spinelli, ma anche di tutti gli altri operatori coinvolti". In tutti i casi "la mia azione deve ritenersi nella sua realtà fattuale quale attività volta a perseguire il primario interesse del porto" aggiunge Toti. Il progetto Spinelli, che prevedeva alloggi di lusso con pertinenti servizi di ristorazione e tempo libero e annesso hotel di lusso, "non ha avuto nessuno specifico trattamento di favore. Al contrario preme sottolineare che la spiaggia in questione è tutt’ora una spiaggia libera, segno che la mia attenzione si limitava al mero interessamento sulle possibilità esperibili per legge per aiutare l’investimento, nel pubblico interesse", conclude il governatore ligure.

I voti della comunità Riesina

"Vinsi le elezioni con circa 380 mila voti. Il sostegno della comunità Riesina si sostanzia, nelle indagini, con una certa approssimazione, di 400 voti, giusto per proporzione e per capire che l’apporto non è tale da turbare l’equilibrio democratico del voto", scrive ancora. "I fratelli Testa venivano presentati come attivisti politici con incarichi in Regione Lombardia da due onorevoli. Nel loro curriculum vi erano incarichi politici legati alla Giunta regionale lombarda" e "il fatto di essere riesini e loro rappresentanti non può equivalere ad essere considerati come persone di malaffare", aggiunge il presidente della Regione Liguria che respinge l'accusa di voto di scambio e sottolinea di aver incontrato i fratelli Testa "al massimo due volte". Per Toti, "alla fine di una lunga ricostruzione, nessuna utilità specifica è andata alla comunità Riesina, né in posti di lavoro né altro. Trattandosi come si evince dalle stesse indagini di persone insistenti per comportamenti ed espressioni, possibile che alcune battute anche tra me e lo staff siano state interpretate fuori dal contesto".

Il porto e il Piano regolatore

"L'mpianto di indagine presenta carenze ed errori" in particolare, riguardo i temi portuali, quali Carbonile, tombamento calata Concenter e terminal Rinfuse. "Nessuno degli atti viene predisposto con la mia fattiva partecipazione né con quella dei miei uffici. Tutte le proposte arrivarono da soggetti terzi e furono elaborate e valutare dagli uffici secondo i termini di legge", sostiene.

In particolare, la durata della concessione di terminal Rinfuse "fu determinata dagli uffici secondo criteri normativi ed operativi" e "le esigenze di tombamento delle calate sono funzionali agli sviluppi del porto, programmate dalla Autorità Portuale", la proposta di assegnazione del Carbonile Enel al gruppo Spinelli "fu predisposta dagli uffici di Autorità Portuale e non soggetta a valutazione né amministrativa né tecnica degli uffici della Regione". In tal senso, "si evince che il mio intervento sulle vicende non inerì gli atti stessi e la loro qualità, ma fu una semplice opera di mediazione e sollecitazione alla realizzazione di un interesse squisitamente pubblico".

"Quanto al confronto sul futuro Piano regolatore portuale, rilevato che le competenze regionali non ineriscono alla fase programmatoria bensì alla successiva fase autorizzativa, ritengo opportuno specificare che l’attività di confronto è stata costantemente portata avanti con tutti i soggetti della Comunità portuale, senza favoritismi e parzialità alcuna. Come potrebbe risultare dalla sola lettura degli atti, il dialogo non è mai stato prerogativa specifica né tanto meno esclusiva del gruppo Spinelli".

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Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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