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Salute e Benessere

Vaccini: da nord a sud, sempre più ‘open day’

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Nei grandi come nei piccoli centri, si moltiplicano i momenti di sensibilizzazione e informazione ad accesso libero o agevolato, promossi da ospedali, servizi di igiene, clinici e istituzioni locali

(Fotogramma)

I vaccini sono uno strumento fondamentale per salvare vite, combattere il fenomeno dell'antimicrobico-resistenza e prevenire alcuni tumori. Lo ha recentemente ricordato Farmindustria in occasione della Settimana mondiale delle vaccinazioni (World Immunization Week) e della Settimana europea delle vaccinazioni (European Immunization Week), celebrate a fine aprile con l’obiettivo di mettere in luce l’importanza dei vaccini per proteggere la salute delle persone di tutte le età. L’edizione 2024 della Settimana mondiale delle vaccinazioni, in particolare, ha celebrato i 50 anni dell’Expanded Programme on Immunization (Epi), riconoscendo gli sforzi collettivi per salvare molte vite da malattie prevenibili con vaccino e invitando i Paesi ad aumentare gli investimenti nei programmi di vaccinazione nazionali per proteggere le prossime generazioni.

Ma la sfida è anche quella di offrire protezione lungo tutto l’arco della vita, stante il progressivo invecchiamento della popolazione e la necessità di mantenerla attiva e in salute. Diverse le vaccinazioni che possono proteggere gli adulti oltre i 65 anni di età e le persone fragili perché affette da altre patologie: dall'anti-Herpes zoster all' anti-papilloma virus (Hpv); dall'antitetanico a quello contro lo pneumococco e i vari ceppi di meningococco (A, B, C, W, Y), senza dimenticare i vaccini contro l'influenza e il Covid-19.

Tuttavia, negli ultimi anni, a causa della pandemia di Covid-19, i progressi compiuti grazie alle vaccinazioni sono rallentati. Una modalità efficace per facilitare l’accesso dei cittadini ai servizi vaccinali sono gli open day: momenti di sensibilizzazione e informazione ad accesso libero o agevolato, promossi da ospedali, servizi di igiene, clinici e istituzioni locali, che consentono di effettuare diversi tipi di vaccinazione.

“Per cercare di raggiungere la maggior parte della popolazione possibile, già lo scorso anno, in autunno, abbiamo fatto un open day che abbiamo poi ripetuto anche quest’anno. Si è trattato di open day riservati alla fascia di popolazione che ha diritto alla vaccinazione gratuita per età per coorte. A questi abbiamo aggiunto anche altre attività portando avanti un progetto di vaccinazione nei pazienti cronici seguiti presso gli ambulatori di Niguarda che potevano avere un accesso “privilegiato” in determinate giornate e orari”, spiega Maurizio Orso, Direttore Dipartimento funzionale di prevenzione e Direttore della Struttura Complessa Vaccinazione e Sorveglianza Malattie Infettive Ospedale Niguarda.

E in Lombardia - da inizio anno - sono scesi in campo anche i medici di famiglia che possono somministrare il vaccino anti Herpes zoster nel proprio ambulatorio. “L’apertura ai medici di medicina generale - osserva Orso - è una cosa assolutamente positiva poiché loro hanno accesso agli elenchi dei loro pazienti anche sulla base delle patologie da cui sono affetti e quindi possono anche più facilmente identificare la popolazione che si può avvantaggiare da questa vaccinazione. E comunque una collaborazione sempre più attiva con i medici di base per identificare i pazienti e poterli poi mandare in una struttura che può farsi carico della vaccinazione è sicuramente un aspetto molto positivo”, aggiunge.

“Quella della medicina ospedaliera e generale è un’unica macchina e quindi se tutto funziona in collaborazione, sicuramente funziona meglio, piuttosto che in maniera indipendente”, sottolinea Riccardo Capucci, medico di medicina generale di Milano, che aggiunge: “Laddove la collaborazione fra territorio e ospedale funziona bene, i pazienti sono meglio seguiti”.

Spesso gli open day sono anche delle occasioni in cui è prevista contemporaneamente l'offerta di più vaccinazioni: un’opportunità che può invogliare le persone ad approfittare di queste occasioni. È quello che è successo, ad esempio, a Viterbo in occasione della settimana di prevenzione contro l’Herpes zoster, quando si è effettuata un’apertura straordinaria del Centro vaccinale della Asl, in collaborazione con l’Associazione italiana donne medico di Viterbo. “È stata una giornata molto soddisfacente”, racconta Chiara Errera, segretaria della sezione di Viterbo dell’Associazione Italiana Donne Medico (Aidm), che aggiunge: “Abbiamo avuto una buona adesione e abbiamo effettuato 55 vaccinazioni fra anti-Herpes zoster, anti-papilloma virus (Hpv) e antitetanico e anche contro lo pneumococco e il covid. Se pensate che l'anno scorso, in totale, contro lo zoster sono state effettuate una cinquantina di vaccinazioni nel corso dell’anno; abbiamo ottenuto lo stesso risultato in un solo giorno”. Ed Errera sottolinea l’importanza della collaborazione dei medici di medicina generale con i servizi di igiene del territorio: “È sul territorio che si riesce a fare prevenzione, si riesce a fare sensibilizzazione e a mettere in atto quelle soluzioni, come gli open day, che consentono di raggiungere più facilmente il paziente”, osserva.

Se poi la collaborazione investe anche le amministrazioni locali, il successo di queste iniziative è assicurato: anche nei centri più piccoli. A Striano, comune di quasi 9.000 abitanti della città metropolitana di Napoli situato nella Valle del Sarno, recentemente l'amministrazione locale, in collaborazione con l'Asl Napoli 3 Sud e l'Aft2 - Associazione Funzionale Territoriale dei Medici di Medicina Generale di Striano-Poggiomarino-Terzigno, ha promosso un open day per la vaccinazione contro l'Herpes zoster ad accesso libero e rivolto a tutta la popolazione del distretto sanitario. “Lo scopo principale di queste iniziative è informare i cittadini e, al tempo stesso, offrire loro l'opportunità di effettuare delle vaccinazioni”, racconta Luigi Francese, medico di medicina generale di Striano, che aggiunge: "Abbiamo fatto squadra con le istituzioni del territorio e con l'amministrazione comunale, che è sempre stata sensibile ai temi della prevenzione e della salvaguardia della salute pubblica, per raggiungere il maggior numero di persone possibile. Da questo punto di vista, infatti, la formula dell'open day si dimostra efficace ed è esportabile in differenti contesti territoriali e organizzativi".

Talvolta, poi, i primi cittadini sono direttamente coinvolti in quanto essi stessi medici, come nel caso di Francesco Buzzo, medico di medicina generale e primo cittadino di Valle di Maddaloni, in provincia di Caserta, che ha recentemente promosso la giornata di salute e prevenzione “Spegniamo il fuoco di Sant’Antonio”. “Per la buona riuscita di queste iniziative è essenziale la collaborazione fra istituzioni, medici e associazioni – ricorda Buzzo –. Io, come amministratore, non sono nuovo a queste iniziative. Facciamo spesso giornate di prevenzione ma questa ha visto il coinvolgimento dell’Associazione Funzionale Territoriale dei Medici di Medicina Generale del distretto 13 di Maddaloni e quindi si è registrata l'adesione di numerosi medici di medicina generale”. E il valore aggiunto di questi appuntamenti è proprio legato al binomio informazione e coinvolgimento del medico di medicina generale, riferimento per il paziente: “Se c'è informazione, la gente risponde e l'opera del medico di medicina generale è fondamentale in tutto ciò”, conclude.

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Salute e Benessere

Salute, Stallone (Enpab): “Biologi fondamentali per...

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Si chiude a Roma il congresso nazionale

 - Tiziana Stallone, presidente Enpab

Grande partecipazione per il III Congresso nazionale Enpab, l’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei biologi, che si conclude oggi a Roma. Al centro dell’evento l’importanza della figura professionale del biologo per sensibilizzare i cittadini a un corretto stile di vita, il potenziamento delle forme di assistenza, delle prestazioni previdenziali e il ruolo sussidiario delle Casse. Le conseguenze positive della transizione ecologica nella nostra economia sulla categoria che in Italia conta oltre 18mila professionisti, sono alcuni fra i temi principali trattati nella due giorni all'Auditorium della Conciliazione, dal titolo “Previdenza è salute. Il futuro nelle nostre mani”. Ad aprire la prima giornata un messaggio di Papa Francesco incentrato sull’importanza del ruolo dei biologi nella società.

Per Tiziana Stallone, presidente Enpab, “il messaggio principale del III congresso Enpab è questo: il futuro è nelle nostre mani e non va delegato. Siamo noi che lo costruiamo responsabilmente attraverso il nostro lavoro, le reti professionali, la formazione costante che ci consente di sfruttare, e non subire, l’innovazione. Nella costruzione del futuro attraverso il presente Enpab vuole essere al fianco dei suoi iscritti”. "Il Congresso è un momento fondamentale dell’anno in cui abbiamo la massima partecipazione degli iscritti - commenta Massimo Opromolla, direttore generale Enpab - enfatizzando così il rapporto diretto tra l’ente e i biologi che sono i veri protagonisti. Abbiamo immaginato un evento volto a unire e a favorire l’appartenenza degli iscritti alla propria cassa”.

Durante il Congresso è stata presentata la nuova edizione del progetto 'Costruiamo la salute! Biologi nelle scuole', promosso da Enpab, in collaborazione con il Comitato paritetico del ministero della Salute e del ministero dell'Istruzione e del merito. Nell’anno scolastico 2024/2025, 100 biologi Enpab - spiega una nota - potranno mettere a disposizione la loro professionalità con l’intento di sviluppare, incrementare e diffondere agli studenti e alle loro famiglie “la cultura e la consapevolezza alimentare nel rispetto coerente dell’ambiente”. Il Progetto, rivolto unicamente agli studenti che frequentano la classe terza della scuola primaria, sarà organizzato in incontri educazionali frontali con gli alunni. Sono oltre 80 gli istituti scolastici coinvolti su tutto il territorio nazionale.

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Neoplasie rare Gep-Nen, studio ‘profilazione rivela...

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Nuove prospettive di cura per forme del tratto gastro-entero-pancreatico grazie a lavoro italiano

Massimo Milione, direttore della Sc di Anatomia Patologia 1 della Fondazione Irccs Istituto dei tumori di Milano

La profilazione molecolare del paziente per calibrare la terapia in modo da produrre la massima efficacia è già una realtà in molti tumori comuni, come il carcinoma della colon-retto o del polmone. La stessa prospettiva si apre ora per neoplasie rare come le neuroendocrine del tratto gastro-entero-pancreatico (Gep-Nen), grazie ai risultati di un nuovo studio appena pubblicato sulle pagine del 'British Journal of Cancer' da Massimo Milione, direttore della Sc di Anatomia Patologia 1 della Fondazione Irccs Istituto dei tumori di Milano (Int), condotto grazie alla storica collaborazione con il Laboratorio di Biologia Molecolare dell’Università di Padova diretto da Matteo Fassan. Se ne è parlato oggi alla Fondazione milanese in occasione del VI Workshop dell’Anatomia Patologica 1 dal titolo ‘La predittività clinica della Surgical Pathology’.

Le cellule neuroendocrine - si legge in una nota - presentano caratteristiche miste tra le cellule nervose e quelle endocrine, deputate cioè alla produzione di ormoni. Complessivamente, costituiscono il cosiddetto sistema neuroendocrino diffuso (Sned) e sono presenti in diversi organi, dove svolgono compiti particolari, necessari al loro funzionamento: per esempio, regolano il flusso d’aria nei polmoni, la velocità di transito del cibo nel tratto gastrointestinale o la produzione dei succhi gastrici nello stomaco. Si parla perciò di tumori neuroendocrini quando la neoplasia ha origine dalle cellule del sistema neuroendocrino, e possono perciò riguardare l’apparato gastrointestinale o i polmoni.

Particolare importanza rivestono le neoplasie neuroendocrine del tratto Gep-Nen, localizzate cioè a livello di stomaco, duodeno, intestino tenue e crasso, retto e appendice, nonché del pancreas. Più di dieci anni fa, emerse l’idea che per una particolare tipologia di Gep-Nen, i carcinomi neuroendocrini, la classificazione dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) del 2010 fosse troppo ampia. Da qui le intuizioni originali e le successive ricerche del professor Milione. “Nel 2012, in un ampio congresso che si teneva a Milano, feci notare questa anomalia dell’anatomia patologica, trovando conferma dal confronto con i maggiori oncologi dell’epoca che partecipavano all’evento - spiega Milione - Da lì partì l’iniziativa di riunire i massimi anatomo-patologi italiani per raccogliere e analizzare i dati relativi a questo tipo di tumori raccolti da tutta Italia: i primi dati sono stati presentati già nel 2015 nel corso del congresso mondiale di Anatomia Patologica Uscap a Boston e confermavano la correttezza della nostra intuizione, perché la categoria dei carcinomi neuroendocrini è in realtà un gruppo eterogeneo di neoplasie”.

Questi risultati sono stati recepiti dell’Oms e integrati nella classificazione del 2022 facendo un salto di qualità nelle terapie, trattando la neoplasia in base alle caratteristiche istologiche. Nel caso dei tumori neuroendocrini, si distinguono infatti i quelli di grado 3 (Net-G3), con lesione ben differenziata, dai carcinomi neuroendocrini (Nec), con lesione scarsamente differenziata. “I Net-G3 possono essere trattati con farmaci molto ben tollerati dal paziente, molto spesso con un’infusione di terapia ogni 21 giorni - spiega Milione - la malattia viene così cronicizzata, con una sopravvivenza molto lunga, tanto che il decesso nella maggior parte dei casi avviene per altri tipi di malattie. Nel caso dei Nec, invece, l’unica terapia disponibile è stata, almeno finora, la chemioterapia a base di sali di platino, con una sopravvivenza dell’ordine di alcuni mesi”. La situazione però potrebbe presto cambiare, grazie ai progressi compiuti nella caratterizzazione molecolare di questi tumori.

“Recentemente - continua Milione - si è dimostrata l’utilità del Ki-67, un biomarcatore che funziona come una sorta di ‘contagiri’ della replicazione cellulare e quindi anche come indice dell’aggressività della neoplasia” che, come è noto, si replica più rapidamente di una cellula sana. Proprio la misurazione del Ki-67, associata all’analisi molecolare, permette di “spacchettare” la categoria tumori a lesione scarsamente differenziata in Nec con Ki-67 inferiore al 55% (Nec< 55) e maggiore o uguale al 55% (Nec ≥55). “Il nostro ultimo studio ha caratterizzato le differenze tra le tre categorie Net-G3, Nec< 55 e Nec ≥55 dal punto di vista genomico e trascrittomico – cioè sulla base del patrimonio genetico e delle proteine codificate dal genoma – un risultato che ha profonde conseguenze in termini di prognosi e di terapia - precisa il professore - Per i Net-G3 e per i Nec ≥55 la situazione cambia poco, mentre ci sono novità interessanti per la ‘zona grigia’ rappresentata dai Nec<55, che presentano somiglianze con tumori, come gli adenocarcinomi del colon o i carcinomi polmonari, che già beneficiano di chemioterapie standardizzate e terapie ‘a target’: la prospettiva concreta è quindi quella di trasferire queste terapie ai NEC<55%, che finora finivano nel calderone dei Nec che avevano come unica opzione la chemioterapia ai sali di platino”.

Nuove e importanti indicazioni sono emerse anche per il sito d’insorgenza del tumore. “I tumori presentano un livello di aggressività diversa a seconda del sito - conclude Milione - a parità di caratteristiche, per esempio, i Nec del pancreas hanno una prognosi più favorevole rispetto a quelli del colon. Manca ancora però un ultimo passo. Abbiamo per così dire squarciato il velo dell’uniformità di trattamento, ma purtroppo non siamo ancora arrivati a una terapia mirata, perché mancano ancora studi dimostrativi, anche se questo è l’obiettivo verso il quale siamo diretti”.

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Salute e Benessere

Tumori, generazione X più colpita: differenze tra donne e...

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Fra i nati dal 1965 all'80 incidenza più alta rispetto ai Baby Boomer: la conclusione a cui è giunto uno studio del National Cancer Institute negli Usa

Un laboratorio di ricerca - FOTOGRAMMA

La generazione X è la più colpita dal cancro. Fra i nati dal 1965 al 1980 si registra il maggior aumento pro capite nell’incidenza dei principali tumori rispetto a qualsiasi generazione precedente dal 1908 al 1964. Questa la conclusione a cui è giunto uno studio del National Cancer Institute negli Usa, analizzando i dati di 3,8 milioni di pazienti oncologici nel programma 'Surveillance, Epidemiology, and End Results'. Secondo i risultati, pubblicati su 'Jama Network', l'incidenza del cancro negli Stati Uniti potrebbe rimanere elevata per decenni.

I tumori sono in aumento nelle fasce di età più giovani, ma i trend dell'incidenza per anno di nascita sono ancora poco chiari. A questo interrogativo hanno cercato di rispondere i ricercatori stimando l'andamento della diffusione del cancro nelle varie generazioni sulla base dei casi accertati nel database di 13 registri del programma Surveillance, Epidemiology, and End Results. I tumori invasivi diagnosticati all’età di 35-84 anni tra il 1992 e il 2018 sono stati 'catalogati' in base alla sede colpita e ad altri parametri come sesso ed etnia. I ricercatori hanno poi utilizzato diversi modelli di calcolo per confrontare l'incidenza dei vari tipi di cancro a 60 anni nella Generazione X (1965-1980) e nei Baby Boomer (1946-1964).

La GenX è risultata la più colpita. In particolare, le donne hanno maggiori probabilità di sviluppare tumori della tiroide, rene, retto, utero, colon, pancreas, linfoma non Hodgkins e leucemia. Tra gli uomini aumenta il tasso di cancro alla tiroide, rene, retto, colon, prostata e leucemia. Non manca qualche buona notizia. L’incidenza dei tumori del polmone è diminuita sie nel sesso maschile che in quello femminile. In calo anche quella del cancro al collo dell’utero e, fra gli uomini, il linfoma non Hodgkins. Ma questa diminuzione, avvertono i ricercatori, potrebbe essere compensata dall'aumento di neoplasie in altri organi e l’incidenza del cancro potrebbe rimanere elevata per decenni.

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