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Basquiat, Haring, Banksy: La mostra sul misterioso mondo della “Street Art” a Caorle

Fino al primo di settembre al centro culturale Bafile di Caorle, nel Veneziano, è aperta la mostra evento con 70 opere provenienti da Italia, Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Matteo Vanzan, direttore artistico: “Dalla nascita del graffitismo nella New York di fine anni Sessanta fino ai nuovi protagonisti. Raccontiamo una sottocultura indomabile e affascinante, ancora avvolta nel mistero”.

L’Amministrazione Comunale di Caorle, in collaborazione con l’agenzia MV Arte di Vicenza, presenta la mostra “Basquiat, Haring, Banksy: the international and mysterious world of Street Art” che si terrà presso il Centro Culturale A. Bafile dal 10 maggio al primo di settembre 2024.

La mostra, curata da Matteo Vanzan, racconterà l’evoluzione di un linguaggio che, come un fiume carsico, appare e scompare lasciando tracce inequivocabili del suo passaggio sui muri di tutto il mondo.

Protagonisti del percorso espositivo saranno le opere di coloro che, dagli anni ’70 ad oggi, sono considerati tra i principali portavoce di un’espressione internazionale che ha unito intere generazioni: Banksy, Jean-Michel Basquiat, Delta 2 e Arte di Frontiera, D*Face, Dolk, Stelios Faitakis, John Fekner, KayOne, Keith Haring, Logan Hicks, JR, Mike Giant, Mr. Brainwash, Nasty, Obey, Seen, Slog 175, Sten e Lex, Swoon, Taki 183, Vhils, Mr. Wany e molti altri ancora.

Oltre 70 opere le opere presentate provenienti da Italia, Spagna, Francia, Inghilterra e Stati Uniti in un’alternanza di lavori su tela, legno, carta, serigrafie firmate, poster, memorabilia oltre ad una selezione di disegni preparatori forniti direttamente dagli artisti selezionati dopo oltre due anni di ricerca e concessi in via esclusiva al Comune di Caorle (Ve) con l’obiettivo di indagare la Street Art dalla sua nascita fino ai giorni nostri comprendendone le evoluzioni ed i significati.

“Caorle si conferma meta turistica a forte vocazione culturale” commenta il Sindaco di Caorle, Marco Sarto “Anche nel 2024, la Città si è dedicata con particolare impegno a valorizzare la propria già ricca proposta culturale con manifestazioni ed eventi di assoluta rilevanza. Il 10 maggio inaugureremo la mostra “Basquiat / Haring / che, fino all’inizio di settembre, renderà il nostro centro culturale “Bafile” un punto di riferimento per gli amanti dell’arte contemporanea. Caorle è cultura e si è dimostrata ancora una volta capace di coniugare il suo passato millenario con ciò che di più interessante offre la modernità”.

“È un vero onore per Caorle poter ospitare le opere di artisti così prestigiosi. Basquiat e Haring sono i capostipiti della Street art, i primi ad aver portato questo movimento dalle strade ai musei. Banksy è il più celebre artista contemporaneo, celebrato in tutto il mondo” continua il Vicesindaco di Caorle e Assessore alla Cultura, Luca Antelmo “Quest’anno la Street Art è il filo conduttore della proposta culturale della Città di Caorle, una proposta ricca, accattivante e assolutamente trasversale. Una proposta che valorizza Caorle e che la rende un’eccellenza nel panorama della località balneari italiane. Voglio ringraziare MV Arte per aver curato l’organizzazione di una mostra così prestigiosa, la Consigliera Comunale delegata alla cultura Elisa Canta e gli Uffici Comunali per il prezioso lavoro svolto dietro le quinte”.

“La mostra” spiega Matteo Vanzan, direttore artistico di MV Arte e curatore dell’esposizione “è strutturata per essere un’indagine scientifica, oltre che artistica, sul fenomeno generazionale della Street Art, partendo dalla nascita del graffitismo nella New York di fine anni sessanta per arrivare fino ai nuovi protagonisti contemporanei. Vogliamo porre al visitatore una serie di interrogativi che parlano di una sottocultura indomabile, affascinante, misteriosa e per molti versi ancora avvolta nel mistero che, all’improvviso, emerse dall’underground per riversarsi nei canali mainstream grazie ad alcuni protagonisti: Basquiat, Haring e Banksy. Questi artisti rappresentano solamente la punta di un iceberg ben più profondo: un mondo fatto di attitudine, regole non scritte e codici interni svolti in non luoghi come le metropolitane o i muri del mondo per un’arte senza confini che si estende in ogni angolo del pianeta e che raccoglie le voci di un’umanità in continua urgenza espressiva”.

Con contenuti sempre nuovi e forme in continua mutazione, la Street Art è affascinante e sexy, alternativa e, allo stesso tempo, mainstream diventando, dagli anni Ottanta, linguaggio istituzionalizzato proprio grazie ad un sistema dell’arte che tutto fagocita. Le più rinomate gallerie newyorkesi iniziarono ad interessarsi a quelli che, ancora, non erano considerati artisti, ma che ben presto, e grazie ai sistemi di promozione culturale, divennero a tutti gli effetti delle vere e proprie leggende, in primis Keith Haring e Jean-Michel Basquiat. Oggi Banksy rappresenta una vicenda le cui origini iniziano nelle metropolitane degli Stati Uniti verso la prima metà degli anni Sessanta per espandersi sempre di più nei pieni Settanta. Fu grazie alle contestazioni studentesche e sociali del ’68 che si sancì la nascita di quella controcultura sintomo del rinnovamento di stili, linguaggi e forme espressive che, dal Post-Minimalismo, condusse alla nascita della Street Art. Quello scolpito sui muri è un messaggio necessario per esprimere il proprio dissenso, per riappropriarsi di spazi la cui genuinità non deve sopportare i vincoli dei circuiti ufficiali. Ecco nascere, in tutto il mondo, un coro che, parlando direttamente al pubblico, riporta l’arte ad una nuova dimensione di

“Credo che la Street Art” conclude Vanzan “abbia rinunciato al suo status di entità alternativa contro il mainstream nel momento stesso in cui Taki 183, il writer che diede inizio a tutto, venne “promosso” con l’articolo TAKI 183 Spawns Pen Pals, apparso sul New York Times nel 1971. Grazie a quell’articolo venne considerato il padre dei graffiti contemporanei e la sua leggenda si è estesa a dismisura. Tutto questo interessamento mediatico verso un fenomeno sovversivo e di istanza polemico-sociale fu solamente la miccia che fece esplodere l’attenzione verso quello che viene ancor oggi considerato un luogo della notte dell’invisibilità. Questo luogo si manifesta in altrettanti non-luoghi: le metropolitane, i sottopassi, i cavalcavia, ma soprattutto su muri bianchi che diventano il campo per una battaglia disputa a suon di marker, colori acrilici e bombolette spray. Quello rappresentato in questa esposizione è dunque questo luogo del mistero, consapevoli che non c’è più tempo per definizioni o accademismi, ma che la Street Art è oggi linguaggio universale della nostra società”.

La mostra sarà aperta al pubblico dal 10 maggio al 1 settembre 2024 con i seguenti orari: dal 10 a 31 maggio aperto dal lunedì al giovedì 15.00 – 19.00 e dal venerdì alla domenica 15.00 – 22.00. Dal 1 giugno al 1 settembre aperto dal lunedì alla domenica 10.00 – 13.00 e 19.00 – 22.00.

INFORMAZIONI

10 MAGGIO – 01 SETTEMBRE 2024

Centro Culturale Bafile

Rio Terrà delle Botteghe, 3 – Caorle (VE)

ORARI

Dal 10 a 31 maggio: aperto dal lunedì al giovedì 15.00 – 19.00 e dal venerdì alla domenica 15.00 – 22.00

Dal 1 giugno al 1 settembre: aperto dal lunedì alla domenica 10.00 – 13.00 e 19.00 – 22.00

BIGLIETTI

Intero: 10 €

Residenti: 6 €

Ridotto: 5 € (over 65, insegnanti, gruppi di minimo 10 persone, studenti universitari) Gratuito: under 18, portatori di handicap e loro accompagnatori, giornalisti con regolare tesserino

MAGGIORI INFORMAZIONI

Tel. 0421-81085

Email. info@caorle.eu

WWW.MVARTE.IT

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Attualità

Paddington torna a casa (anzi, in Perù): un’avventura che...

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Ci sono storie che sembrano nate apposta per farci sorridere e sentire al sicuro, anche nei momenti in cui la vita corre troppo in fretta. La saga di Paddington rientra di diritto in questa categoria: c’è un calore intrinseco in quel suo cappello rosso, nel montgomery azzurro, e in quell’atteggiamento un po’ goffo ma così sincero da ricordarci che la gentilezza, dopotutto, è un valore potente. Ora, dopo anni di attesa, l’orsetto più amato del cinema sta per tornare in una nuova avventura, e lo farà in grande stile: il terzo capitolo, intitolato “Paddington in Perù”, è atteso nelle sale italiane dal 20 febbraio 2025.

Ed è un ritorno che si carica di un certo peso emotivo. Sapete, sono trascorsi ben otto anni dal film precedente, “Paddington 2” (uscito nel 2017). Nel frattempo, abbiamo visto i tempi cambiare, abbiamo fatto i conti con turbolenze globali e forse, abbiamo avuto ancora più bisogno di un personaggio che ci ricordi che un panino alla marmellata e un abbraccio possono creare momenti di magia. C’è chi ricorda ancora la prima visione del primo “Paddington” nel 2014, quel mix di comicità e tenerezza che colpì anche i critici più rigidi. E adesso eccoci qui, a chiederci se il terzo film saprà tenere alta l’asticella. A quanto pare, la risposta sembra già positiva.

La leggenda di un orsetto educato: come è nata la “febbre da Paddington”

Prima di tuffarci nella nuova pellicola, è bene fermarsi un attimo per ricordare perché l’orso col cappello è diventato così popolare. Paddington nasce dalla penna dello scrittore inglese Michael Bond nel 1958. Un personaggio pensato per i bambini, con storie piene di dolcezza, ma anche di buffi disastri. E, un po’ alla volta, quel suo modo ingenuo e delicato di vivere il mondo l’ha reso un’icona, amata non solo dai piccoli.

Quando uscì il primo film di Paddington nel 2014, nessuno si aspettava nulla di speciale. “Sarà carino, dai.” E invece. BOOM. Paul King ha tirato fuori dal cilindro un film che non era solo dolce e buffo, ma anche caldo, accogliente, di quelli che ti fanno venire voglia di abbracciare il primo che passa.

E quell’orsetto con il cappellino rosso? Ha spopolato. Critica, pubblico, tutti innamorati. Più di 250 milioni di dollari al botteghino e un bel 97% su Rotten Tomatoes, che non è mica roba da poco. Ma poi… poi arriva il sequel nel 2017. E che succede? Succede che Paul King ci regala un sequel ancora più bello. Una storia in cui Paddington vuole solo comprare il regalo perfetto per zia Lucy ma ovviamente finisce nei guai. E chi c’è a rendere tutto ancora più epico? Hugh Grant, in una delle sue interpretazioni più divertenti di sempre.

Risultato? BOOM (di nuovo). Rotten Tomatoes lo premia con 99% di recensioni positive e il totale degli incassi? Vicino ai 500 milioni di dollari. Una roba pazzesca per un film che parla di un orsetto goloso di marmellata.

(Ri)scoprire le origini: “Paddington in Perù” e la trama che ci aspetta

E ora, cambiamo scenografia. Addio Londra grigia e piovosa, con i suoi taxi e gli ombrelli sempre aperti: in “Paddington in Perù” l’orso parte per il Sudamerica, accompagnato dalla fidata famiglia Brown. Il motivo? Visitare la cara zia Lucy, trasferitasi in una casa di riposo per orsi tra le Ande. Tuttavia, non c’è spazio per la semplice cartolina turistica: all’arrivo, Paddington e i Brown scoprono che zia Lucy è misteriosamente scomparsa, lasciando dietro di sé solo qualche indizio come gli occhiali e un braccialetto. Ed ecco che la vacanza si trasforma in una spedizione a dir poco rocambolesca. L’idea di un’orsetta anziana in pericolo accende subito la curiosità: quali segreti nasconde il passato della famiglia orsi? E soprattutto, chi potrebbe averla fatta sparire?

Secondo voci certe, questa volta Paddington si ritroverà addirittura a esplorare la giungla, ad attraversare i fiumi amazzonici e a percorrere sentieri impervi tra le vette peruviane. Risate, suspense, ma anche un pizzico di commozione, perché si tratta di un ritorno alle radici: in fondo, lui è nato in Perù, e l’idea di scoprire da dove viene davvero sembrava inevitabile per chiudere il cerchio. O forse per aprirne uno nuovo?

Dietro la macchina da presa: Dougal Wilson prende il timone

Se c’è un elemento che ha incuriosito fin da subito gli appassionati, è il cambio in cabina di regia. Dopo due capitoli acclamati dalla critica, Paul King ha deciso di passare la palla, pur restando coinvolto come co-autore del soggetto e produttore esecutivo. A dirigere questa nuova avventura è Dougal Wilson, un creativo britannico famoso per spot pubblicitari e videoclip. Un artista con uno stile originale ma alla sua prima esperienza in un lungometraggio per il grande schermo.

Quando Wilson ha confermato il suo ingaggio, non ha nascosto un misto di entusiasmo e timore, dichiarando: “Sono da sempre un grande fan di Paddington e farò di tutto per onorare la passione che il pubblico nutre per questo personaggio straordinario”. In altre parole, la voglia di metterci il cuore c’è. E, considerando le recensioni delle anteprime in Gran Bretagna (dove il film è arrivato a novembre 2024), sembra che la magia non si sia persa. Diversi critici hanno elogiato la continuità di tono con i primi due capitoli, pur notando un leggero cambio di registro in alcuni momenti. Insomma, il timone è passato di mano, ma la nave punta decisa nella stessa direzione.

Cast vecchio e nuovo: addii, ritorni e sorprese inattese

È impossibile parlare di Paddington senza considerare la sua “famiglia umana”: la famiglia Brown. Henry Brown, interpretato da Hugh Bonneville, e Mrs. Bird, affidata a Julie Walters, sono ormai presenze imprescindibili, così come i giovani Judy (Madeleine Harris) e Jonathan (Samuel Joslin). E se c’è un personaggio che non poteva mancare, quello è Mr. Gruber, l’amico antiquario di Paddington, interpretato da Jim Broadbent. Dall’altra parte, però, un cambio rilevante salta subito all’occhio: Sally Hawkins, che era Mary Brown nei primi due film, non torna. Al suo posto, troviamo Emily Mortimer, attrice britannica chiamata a vestire i panni della mamma di casa.

Non basta. Chi dobbiamo ringraziare per la voce di Paddington? In versione originale, ancora una volta c’è Ben Whishaw. Noi, in Italia, ascolteremo il doppiaggio di Francesco Mandelli. Per quanto riguarda le new entry, la curiosità è tutta per Olivia Colman, premio Oscar, che qui interpreta la Reverenda Madre, una suora canterina che gestisce la casa di riposo per orsi in Perù (immaginatevi un mix di rigore e simpatia). Poi, c’è Antonio Banderas, nei panni di Hunter Cabot, un esploratore sulle tracce di un tesoro leggendario. Pare che questo personaggio riserverà momenti di comicità e azione, un po’ come accadeva con Phoenix Buchanan, il villain del secondo film. E a proposito di quest’ultimo: a quanto pare Hugh Grant comparirà anche qui, con un cameo non accreditato. Una di quelle chicche che fanno sussultare i fan e creano l’effetto “caccia all’ospite segreto” in sala.

A completare il quadro di novità, Carla Tous (giovane attrice spagnola) prende il posto che inizialmente doveva essere di Rachel Zegler, costretta a rinunciare a causa dei conflitti di date legati allo sciopero SAG-AFTRA esploso a Hollywood durante la lavorazione. Tous interpreta Gina Cabot, figlia di Hunter, e presumibilmente compagna di viaggio di Paddington e dei Brown nei meandri della foresta. Ciliegina sulla torta, Hayley Atwell fa una comparsata in un ruolo secondario, di cui ancora si sa poco ma che promette di aggiungere un ulteriore tassello colorato al mosaico.

Il viaggio (di produzione) nel cuore del Sudamerica

Hanno davvero girato in Sudamerica! Non era scontato, eh. Potevano fare tutto con i soliti sfondi finti, un po’ di CGI ben piazzata e via, invece no. Hanno preso baracca e burattini e sono andati davvero tra Colombia e Perù. Foreste pluviali vere, montagne andine vere, non un surrogato da studio. Deve essere stata un’impresa da pazzi. Tra fango, umidità, altitudine… già mi immagino il regista a imprecare dietro la macchina da presa mentre un macchinista lotta con una telecamera appannata dal caldo. Ma alla fine, ne è valsa la pena. Il film avrà quell’anima autentica che ti fa sentire il profumo della terra bagnata e il canto degli uccelli della giungla, non un freddo rendering digitale.

E mentre il cast e la troupe si davano da fare, fuori dal set il mondo del cinema era nel caos. SAG-AFTRA in sciopero, produzioni ferme, un macello. Eppure, contro ogni pronostico, ce l’hanno fatta. Girato tutto entro ottobre. Tempismo perfetto per non far slittare l’uscita del film, che sbarcherà nelle sale italiane a febbraio 2025. E tra un ciak e l’altro? Beh, qualcuno se l’è presa comoda. Tipo Antonio Banderas, che durante le pause ha pensato bene di postare su Instagram un panino colmo di marmellata, con la frase: “Preparate un panino con marmellata extra per un’avventura davvero grande!” Ditemi voi se non è perfetto. Un attore immerso nello spirito del film fino in fondo. Chapeau.

Musica e dettagli di scena, perché l’anima del film passa anche da qui

Un aspetto che abbiamo imparato ad apprezzare nei film di Paddington è la colonna sonora, sempre giocosa e capace di sottolineare momenti teneri o buffi con grande delicatezza. Questa volta, la responsabilità di riempire la sala con note emozionanti è affidata a Dario Marianelli, il compositore italiano premio Oscar per “Espiazione”. La scelta non è casuale: c’è bisogno di qualcuno capace di passare da un’epica spedizione nella giungla a un tono più leggero, quasi da commedia, e Marianelli sembra la persona ideale. Avere un compositore che sa fondere tensione e malinconia potrebbe essere la carta vincente per accompagnare la ricerca della zia Lucy tra le foreste e i villaggi andini.

Non possiamo poi dimenticare i costumi, che nel caso di Paddington assumono un ruolo speciale: quell’iconico montgomery, il berretto rosso che fa capolino in mezzo alla folla, l’ombrello che magari torna utile contro la pioggia londinese ma è del tutto superfluo in mezzo alla giungla… Sono dettagli che ci fanno percepire quel sapore di gentile strampaleria. Dalle foto trapelate, si intravedono anche abiti peruviani e cappelli tradizionali, a testimonianza di un impegno nel rispetto delle culture locali. Tutto, a quanto pare, pensato per creare un contrasto tra la confortevole normalità di casa Brown e l’esotico battito del Sudamerica.

L’attesa del pubblico e le prime recensioni oltre confine

L’uscita di “Paddington in Perù” è uno degli eventi cinematografici family più chiacchierati degli ultimi tempi. Non è una sorpresa: la saga ha già raccolto una fan base trasversale, dai bambini ai loro genitori (e anche ai nonni). In Gran Bretagna, il film è approdato con un certo anticipo, a novembre 2024 e le reazioni dei critici non si sono fatte attendere. Molti elogiano il tono leggero ma mai banale, la capacità di far divertire senza rinunciare a una certa profondità. Qualcuno ha perfino scritto che, pur non raggiungendo la perfezione di “Paddington 2” – considerato una delle più brillanti commedie per famiglie degli ultimi decenni – questo terzo capitolo si avvicina molto, regalando un’avventura colma di cuore.

A destare particolare entusiasmo sono state le performance di Olivia Colman, che sembra incarnare una suora dal piglio canterino e allo stesso tempo, dal grande senso dell’umorismo, e di Antonio Banderas, che con il suo Hunter Cabot pare richiamare un po’ l’eccentricità di Phoenix Buchanan (il personaggio di Hugh Grant). Un paragone non da poco, visto quanto fu amato il villain narcisista del secondo film. C’è chi predice che la coppia Colman-Banderas possa entrare nella classifica dei duetti più divertenti di questa trilogia.

Perché l’orso con la valigia ci mancava così tanto

Se vogliamo capire il perché di tanto fervore, basta fermarsi a pensare a ciò che rappresenta Paddington. Non è solo un orsetto tenero che si riempie la bocca di marmellata: è un simbolo di accoglienza, di buone maniere, di curiosità verso il prossimo. In un mondo sempre più veloce e a tratti un po’ cinico, lui rimane quel personaggio che ti guarda con occhi sinceri e ti offre un panino perché “chiunque potrebbe aver fame.” Forse è questo il segreto del suo successo trasversale: non si tratta di insegnare ai bambini come comportarsi, ma di ricordarlo un po’ anche a noi adulti.

Lo abbiamo visto quando Paddington è apparso in un famoso video del 2022 con la Regina Elisabetta II, in occasione di un evento celebrativo. Il Paese intero lo ha accolto come un vecchio amico, l’orsetto gentile che riesce a strappare un sorriso a chiunque. Ora, immaginiamo di ritrovarlo, dopo otto lunghissimi anni di assenza, in un film che lo porta lontano da Londra, fino alle radici della sua storia. Non stupisce che l’aspettativa sia alle stelle e che molti prenoteranno il proprio posto al cinema con largo anticipo.

L’appuntamento in sala (e nel cuore)

A questo punto, non resta che segnare la data: “Paddington in Perù” arriva in Italia il 20 febbraio 2025. Manca pochissimo. Ci aspettiamo una pellicola che mescoli ironia, sentimenti e un po’ d’avventura esotica. Del resto, il marchio di fabbrica di questa saga è proprio questa capacità di farti sorridere mentre, in qualche modo, ti scalda il cuore.

Sarà interessante vedere come il pubblico nostrano accoglierà la sostituzione di Sally Hawkins con Emily Mortimer, o l’esordio di Dougal Wilson al posto di Paul King. Ma sembra che l’entusiasmo non manchi. La vera domanda, quasi inevitabile, è: riusciremo a trattenere le lacrime quando Paddington abbraccerà finalmente la sua zia Lucy? E soprattutto, quante fette di pane con la marmellata dovremo prepararci prima di entrare in sala?

Potreste storcere il naso di fronte a queste riflessioni semiserie ma noi siamo convinti che un po’ di coinvolgimento emotivo sia il sale di un buon film per famiglie. E se c’è un franchise che ha saputo unire i più piccoli e i più grandicelli in un coro di risate e sorrisi, è proprio questo. Il successo planetario di Paddington, l’orsetto gentile che viene da lontano, ci ricorda che c’è ancora spazio nel cinema per raccontare storie fatte di buone azioni, di pasticci e di amicizie improbabili.

Ci siamo quasi. Il grande giorno si avvicina e già immaginiamo la sala buia, il profumo dei popcorn, quel momento in cui le luci si abbassano e l’avventura ha inizio. Paddington torna e con lui torna anche un pezzo della nostra infanzia. Pensateci: è un viaggio tra i colori del Perù e l’eleganza tutta british, una storia che sembra cucita su misura per farci sorridere e scaldarci il cuore. Un film per bambini? Certo. Ma anche per chi bambino lo è stato e sente ancora quella piccola fiamma accesa dentro.

E allora, biglietto alla mano, lasciamoci trasportare. Con la valigia in una mano e un panino alla marmellata nell’altra. Perché, diciamocelo, non esiste viaggio senza un po’ di dolcezza. Ecco perché, nonostante l’inevitabile incertezza che accompagna ogni nuovo capitolo di una saga di successo, ci sentiamo di dire che “Paddington in Perù” potrebbe essere una di quelle piccole gemme capaci di restare nella memoria collettiva a lungo. Un invito a osare la gentilezza e a metterci in viaggio, valigia in mano e cuore aperto, alla volta di orizzonti inesplorati. Magari, chi lo sa, con un panino alla marmellata in tasca. Perché in qualunque posto si vada, un pizzico di dolcezza è sempre il modo migliore per sentirsi a casa.

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Attualità

Sanremo 2025: Iva Zanicchi, una vita di musica, un premio...

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Sanremo, 14 febbraio 2025 – Che notte, ragazzi. Quella che non ti scordi più. L’Ariston in delirio, la gente in piedi, un applauso infinito. E lei, Iva. Uno sguardo che dice tutto, gli occhi lucidi, il sorriso che prova a contenere l’emozione… ma è impossibile. Perché dopo sessant’anni di carriera, sessant’anni di musica, è impossibile non sentirsi travolti da un’ondata d’affetto che ti fa tremare le gambe.

Il Premio alla Carriera “Città di Sanremo”, una targa, un riconoscimento ufficiale, sì. Ma è molto di più: è un grazie collettivo, è il pubblico che ti dice “sei parte della nostra vita”. E lei lo sa. Iva lo sente, lo vive, lo respira.

Vestita di nero, elegantissima, quasi a voler ricordare a tutti che la classe non ha età, non ha tempo. Ottantacinque anni e la voce che ancora sa graffiare, accarezzare, far venire i brividi. “Non pensavo di emozionarmi così“, dice stringendo il premio, mentre il pubblico la ricopre d’amore. L’Aquila di Ligonchio ha spiccato il volo ancora una volta. E nessuno ha avuto il coraggio di farla atterrare.

Un riconoscimento alla carriera da record

Il Premio alla Carriera è stato consegnato a Iva Zanicchi direttamente dal conduttore e direttore artistico Carlo Conti, affiancato dal maestro Pinuccio Pirazzoli​. Si tratta di un tributo prestigioso, una sorta di “blasone” per una vera signora della musica italiana – come Conti stesso l’ha definita – che vanta ben tre vittorie al Festival di Sanremo (nel 1967, 1969 e 1974)​. “Che emozione!”, ha esclamato Iva appena ricevuto il premio, visibilmente emozionata di fronte al teatro gremito​. Conti l’ha presentata al pubblico sottolineando la sua statura artistica – “una donna straordinaria” – e ricordando con affetto di aver condiviso con lei un’esperienza televisiva a Domenica In molti anni fa​.

Discorsi, ringraziamenti e ironia sul palco

Durante il suo discorso di ringraziamento, Iva Zanicchi ha più volte espresso gratitudine. “Grazie, sono veramente onorata”, ha dichiarato con semplicità, rivolgendosi sia a Conti che al pubblico dell’Ariston​​. L’artista non ha nascosto la propria emozione per essere celebrata nella “sua” Sanremo: “Sono passati 60 anni dal mio primo Festival… quando ritirerò questo premio rivivrò tutta la mia vita, perché io sono nata qua”, aveva confidato alla vigilia, ricordando il suo esordio sanremese nel 1965​​. Sul palco, Zanicchi ha voluto dedicare simbolicamente il riconoscimento alle due persone a lei più care, rendendo omaggio alla madre – che fin da giovane l’aveva sostenuta con grandi sacrifici – e al compagno di una vita, Fausto Pinna, scomparso pochi mesi fa: “Lo dedico a mia mamma… E a Fausto, mio marito, da poco scomparso”​.

Fedele al suo carattere gioviale, Iva ha saputo stemperare la solennità con l’ironia che da sempre la contraddistingue. “Come mi hanno detto in tanti, meglio un omaggio da viva che da morta”, ha scherzato la cantante, strappando sorrisi e applausi durante i ringraziamenti finali​. Un momento divertente si è avuto quando Conti le ha chiesto di regalare al pubblico un assaggio dei suoi brani più celebri: inizialmente Iva ha risposto ridendo che avrebbe preferito ascoltare i Duran Duran (ospiti internazionali della serata) piuttosto che esibirsi​. Convinta dall’entusiasmo del teatro, ha poi accettato con un sorriso, pronta a cantare per il suo pubblico.

Non sono mancati piccoli fuori programma scherzosi: al momento della consegna fisica del trofeo, quando il maestro Pirazzoli è salito sul palco per porgerle il premio, la cantante – nel salutarlo affettuosamente – si è lasciata sfuggire una battuta sulla sua età: “Sei un po’ rincogl”, gli ha detto ridendo​. La frase colloquiale, rivolta a un amico di vecchia data, ha creato un attimo di sorpresa divertita in platea, testimonianza dello spirito vivace di Iva anche in diretta televisiva.

L’esibizione: un medley di successi intramontabili

Dopo la premiazione, Iva Zanicchi ha incantato l’Ariston con la sua voce, dimostrando una volta di più la forza interpretativa che l’ha resa celebre. Su invito di Conti, ha proposto un medley dei suoi brani più amati, in particolare le tre canzoni con cui conquistò Sanremo negli anni ’60 e ’70. Dal palco sono risuonate le note di “Non pensare a me” (vincitrice nel 1967), “Zingara” (trionfo del 1969) e “Ciao cara come stai?” (primo posto nel 1974)​. L’artista ha accennato anche qualche altro motivo del suo repertorio e di colleghi a cui è legata: ad esempio ha intonato poche note de “L’arca di Noè” di Sergio Endrigo, omaggiando un grande della musica italiana che aveva condiviso con lei il palco in passato​.

La performance ha messo in luce l’intonazione e la potenza vocale di Zanicchi, rimaste impressionanti nonostante l’età. La cantante, 85 anni compiuti a gennaio, ha dominato il palco con una presenza scenica energica “che ha più energia di alcuni giovani”, come notato ironicamente da commentatori in rete​. La sua voce calda e inconfondibile ha suscitato grande nostalgia nei fan di lunga data e sorpresa nelle nuove generazioni, regalando al Festival uno dei momenti musicali più alti e celebrativi della serata.

Ovazioni del pubblico e applausi della critica

L’omaggio a Iva Zanicchi si è trasformato in una vera festa collettiva. Già al suo ingresso, il pubblico dell’Ariston l’ha accolta scandendo a gran voce il suo nome (“Iva, Iva, Iva!”) in un coro affettuoso​. Al termine del medley, l’intera platea si è alzata in piedi tributando all’artista una calorosa standing ovation​. È stato un tributo spontaneo e prolungato, con Zanicchi visibilmente commossa mentre stringeva al petto il premio appena ricevuto.

Le reazioni entusiaste non si sono limitate al teatro. Sui social network, durante e dopo l’esibizione, sono fioccati i commenti ammirati: molti utenti hanno celebrato la “voce incredibile che Iva ha ancora alla sua età”, lodando la sua grinta e la sua vocalità senza tempo​. Tweet e post con l’hashtag #Zanicchi hanno sottolineato come l’artista ottantacinquenne abbia saputo tenere testa – in fatto di talento e carisma – a colleghi ben più giovani, ribadendo il suo status di icona amata da generazioni.

Anche la critica e gli addetti ai lavori hanno riconosciuto quello di Iva come uno dei momenti clou di Sanremo 2025. Nella sala stampa dell’Ariston, tradizionalmente severa, l’omaggio alla Zanicchi ha scatenato addirittura un’insolita ondata di entusiasmo: i giornalisti si sono lasciati andare a una “ola” collettiva mentre la cantante si esibiva, un fatto mai visto nelle serate precedenti​. “Standing ovation anche per la Iva nazionale, icona del nazional-popolare”, ha titolato efficacemente un commentatore, a rimarcare il sentimento unanime di stima verso un pilastro della musica leggera italiana​. Nel complesso, stampa e pubblico hanno concordato nel definire la premiazione di Iva Zanicchi come un momento storico e toccante del Festival, capace di unire generazioni davanti alla TV e di ricordare a tutti l’importanza della memoria musicale collettiva.

Un tributo alla carriera e alla storia della musica italiana

La serata del 13 febbraio non ha celebrato solo l’artista Iva Zanicchi ma anche il suo contributo indelebile alla cultura popolare italiana. Con oltre sei decenni di carriera, Zanicchi ha attraversato epoche e mode, restando sempre fedele a se stessa e conquistando successi in ambito musicale, televisivo e perfino politico. Le sue interpretazioni hanno segnato la storia del Festival di Sanremo – è l’unica cantante donna ad aver vinto tre edizioni, record che la iscrive nell’albo d’oro della manifestazione​ – e brani come “Zingara” o “Ciao cara come stai?” fanno parte del patrimonio della canzone italiana. Non a caso, questo Premio alla Carriera all’Ariston ha voluto riconoscere proprio l’impronta lasciata da Zanicchi nella musica italiana, celebrandone il timbro potente, la personalità vulcanica e la capacità di emozionare il grande pubblico attraverso le generazioni​​.

Sul palco, Iva stessa ha sottolineato il legame profondo con Sanremo, definendolo il luogo dove artisticamente è “nata” e cresciuta​. “Qui c’è il cuore”, ha confessato parlando della città dei fiori, “è sempre molto emozionante tornare”​. Sanremo per lei non è solo un palco. È casa. È vita. È quel posto che l’ha vista crescere, cambiare, diventare un pezzo di storia della musica italiana. Ma Iva non si è fermata lì. Negli anni ’70 e ’80 ha fatto cantare gli italiani in TV, li ha emozionati nelle loro case, ha portato la sua voce forte e vera ovunque. E non è finita lì: è stata anche all’Eurovision nel ‘69, ha calcato i teatri, ha scritto libri, ha persino vissuto un’esperienza in politica, sempre con quella grinta che la rende unica. Però, diciamocelo, la musica… la musica è sempre stata il suo cuore, la sua anima. E quello non l’ha mai tradito.

La celebrazione di Sanremo 2025 ha dunque suggellato un percorso artistico ricchissimo. Ma Iva Zanicchi guarda ancora avanti. Dopo aver spento 85 candeline il mese scorso, l’inarrestabile artista ha rivelato di avere nuovi progetti musicali in cantiere: “Sto preparando un nuovo album con brani del passato ma anche canzoni nuove, inedite”, ha confidato, a testimonianza di un entusiasmo creativo che non si è affievolito col tempo​. La serata della premiazione si è conclusa tra applausi scroscianti, fiori e abbracci, con Iva che lascia il palco felice e visibilmente emozionata, ringraziando ancora una volta Sanremo – il palcoscenico dove tutto ebbe inizio – per averle regalato un’altra notte indimenticabile​​.

“Ci sono voci che non appartengono solo a chi le possiede ma a un intero popolo. Iva Zanicchi ha dato voce ai battiti del cuore di generazioni intere. E mentre la sua voce si alza ancora, vibrante e intensa, ci ricorda che la musica non ha età, ma solo emozioni da donare. Perché leggende come lei non si ascoltano soltanto: si sentono dentro, per sempre.” (Junior Cristarella)

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La passione per la Terra di Mezzo non si è mai veramente assopita, e sembra che il futuro ci riservi nuovi capitoli da scoprire. Ci siamo lasciati trascinare, negli ultimi anni, dalle vicende di “Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere” come se fossimo lì, in mezzo a elfi, nani e stregoni, annusando l’aria frizzante di boschi incantati. Ora, la notizia del rinnovo per una terza stagione ci ha fatto vibrare d’emozione: non è semplice curiosità, è un attaccamento viscerale a mondi in cui adoriamo perderci, pagina dopo pagina, episodio dopo episodio.

Un percorso già tracciato… e ancora da scrivere

A dire il vero, l’idea di realizzare fino a cinque stagioni aleggia da tempo. Patrick McKay e JD Payne, gli showrunner che hanno preso per mano la serie fin dal principio, non hanno mai nascosto l’ambizione di raccontare una storia davvero estesa. Con la conferma della terza stagione, ci avviciniamo ancora di più a quel disegno originario.

Ecco, però, una piccola puntualizzazione: secondo quanto riportato da Variety, la stanza degli sceneggiatori non si è ancora messa ufficialmente al lavoro. Nessuno, dunque, sta ancora scrivendo i copioni. Ma, stando alle voci che filtrano, McKay e Payne sono già in fermento creativo: idee, appunti, possibili snodi narrativi. Tutto è lì, in attesa di trovare forma e ritmo.

Un cambio di set che racconta l’evoluzione della serie

C’è sempre qualcosa di affascinante quando una produzione di questa portata decide di cambiare location. Prima erano i Bray Studios a fare da quartier generale, ora sembra che il testimone passerà agli Shepperton Studios, sempre in Regno Unito.

È un segno di crescita? Forse, o magari è solo la naturale evoluzione di un progetto che cerca spazi e strutture capaci di supportarne le ambizioni. Quel che ci rende entusiasti è la presunta data d’inizio riprese: primavera 2025.

Uno sguardo indietro: dove ci eravamo lasciati

È sempre utile fare un rapido tuffo nel passato, per capire come siamo arrivati fin qui. La prima stagione è atterrata su Prime Video il 2 settembre 2022, conquistando un pubblico vastissimo. La seconda, in arrivo il 29 agosto 2024, già promette di approfondire le dinamiche tra personaggi chiave come Galadriel, Elrond e il misterioso Straniero (che, stando a quanto è trapelato, scopre di essere Gandalf).

Il destino degli elfi e la sorte di Durin IV sembrano intrecciarsi a un’oscurità sempre più palpabile, mentre i pelopiedi – e tutti coloro che ruotano attorno a loro – potrebbero trovarsi di fronte a sfide inaspettate. Insomma, c’è moltissima carne al fuoco e la terza stagione arriva a rimestare ancor di più il calderone.

Produzione extra-large e tempi lunghi

Dai, diciamolo: tutti abbiamo la stessa domanda che ci gira in testa. Quando esce? Eh, bella domanda. Per ora, niente di ufficiale. Ma facendo due conti – la seconda stagione è finita nel 2024, le riprese della terza iniziano nel 2025 – il 2026 sembra un’opzione plausibile. Magari pure l’inizio del 2027. Sì, è un’attesa lunga, lo sappiamo.

Ma, oh, mica si può buttare su una roba del genere in fretta e furia! Effetti speciali pazzeschi, scenari da togliere il fiato, una storia che deve respirare e crescere. Insomma, ci tocca aspettare. Ma se l’attesa significa qualità, allora va bene così. L’importante è che quando arriverà, ci lascerà di nuovo senza fiato.

Dietro le quinte: registi e volti noti

Dietro ogni grande storia c’è sempre qualcuno che tira le fila, e stavolta tornano nomi che ormai conosciamo bene. Charlotte Brändström, che ha già lasciato il suo tocco nelle prime due stagioni, sarà di nuovo in cabina di regia, stavolta con un ruolo ancora più importante come executive producer. Accanto a lei, Sanaa Hamri, che già aveva diretto alcuni episodi della seconda stagione e Stefan Schwartz, pronto a fare il suo debutto in questo universo narrativo. Insomma, un mix di mani esperte e nuovi sguardi, il che può solo far bene.

E il cast? Ma dai, davvero ce li togliamo dalla testa Robert Aramayo (Elrond), Morfydd Clark (Galadriel), Cynthia Addai-Robinson (regina reggente Míriel) e Ismael Cruz Córdova (Arondir)? No, perché diciamocelo: li abbiamo seguiti, ci hanno fatto arrabbiare, emozionare, ci hanno strappato il cuore a pezzi e poi ce lo hanno ricucito. E ora, con tutto quello che hanno vissuto, con tutto quello che ci hanno fatto vivere… come si fa a immaginare il viaggio senza di loro? Hanno ancora troppe battaglie da combattere, troppi passi da fare, troppi dubbi da sciogliere.

Poi ci sono quelli che ci hanno sorpreso nel secondo capitolo: Rory Kinnear come Tom Bombadil, quel tipo fuori da ogni schema, Gabriel Akuwudike e Sara Zwangobani, che hanno saputo ritagliarsi il loro spazio. Nessuno ha detto niente di ufficiale, nessun contratto nero su bianco, ma certe storie non possono esistere senza i loro volti, le loro voci, il loro respiro.

E noi? Noi siamo qui, già pronti ad accoglierli. Perché certe storie restano addosso, ti si infilano dentro, e non puoi far altro che aspettare di ritrovare quei volti come vecchi amici che, finalmente, tornano a casa.

Nulla di certo su trailer ed episodi

Lo ammettiamo, un bel trailer adesso ci risolleverebbe l’umore, permettendoci di sbirciare nel futuro e anticipare le emozioni in arrivo. Ma non è ancora il momento. Nessun teaser, nulla di tangibile e ci mancherebbe: le riprese non sono nemmeno iniziate. Quanto al numero degli episodi, le prime due stagioni ne hanno proposti otto ciascuna, quindi c’è da aspettarsi un formato simile, ma l’ufficialità scarseggia. Meglio, forse, non correre dietro a indiscrezioni sprovviste di basi concrete.

Un approdo globale su Prime Video

Resta, invece, una certezza: la prossima stagione verrà distribuita su Prime Video in oltre 240 Paesi. Un bacino impressionante che racconta la portata globale di quest’avventura. È incredibile come un racconto ambientato in un mondo di fantasia continui a unire persone di culture e lingue differenti, tutte accomunate dal desiderio di vedere come prosegue il viaggio di elfi, umani, nani e hobbit. Eppure, è proprio questa la magia di Tolkien e di chi oggi cerca di onorarlo attraverso una serie che ne riprende i temi, i personaggi, le paure e le speranze.

La strada che conduce alla terza stagione potrebbe essere lunga e incerta, ma non ci spaventa. In fondo, fa parte della meraviglia di chi ama seguire una saga: attendere, sperare, discutere tra amici e immaginare come si incastreranno i pezzi di un mosaico tanto vasto. E allora, continuiamo a tenere gli occhi puntati sugli aggiornamenti, pronti a gettarci – ancora una volta – nel cuore della Terra di Mezzo appena quel grande portale si riaprirà. Nel frattempo, possiamo solo custodire l’entusiasmo e lasciare che la curiosità ci guidi. Un po’ come fanno gli hobbit quando si avventurano oltre i confini della Contea.

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