Salute e Benessere
Sindrome della ‘testa che scivola sul collo’,...
Sindrome della ‘testa che scivola sul collo’, come riconoscerla e trattarla
Quali sono i sintomi della spondilolistesi, come intervenire
Nella mitologia greca, Atlante era stato condannato, per aver contrariato Zeus, a reggere sulle proprie spalle il peso dell’intera volta celeste. Per questo, la prima (C1) delle sette vertebre della colonna cervicale, quella che ha il delicato compito di sostenere il cranio, si chiama proprio ‘atlante’. Il punto di contatto tra questa vertebra dalla forma particolare, la seconda vertebra cervicale (il cosiddetto dente dell’epistrofeo) e la base cranica è detta giunzione cranio-cervicale. "E' un punto molto delicato - spiega Massimiliano Visocchi, associato di neurochirurgia all’università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della Uos di Chirurgia della giunzione cranio-cervicale, Fondazione policlinico Gemelli Irccs - che può essere interessato da una serie di patologie infiammatorie, degenerative, neoplastiche e traumatiche che possono dar luogo ad una 'spondilolistesi', cioè la ‘malattia della testa che scivola sul collo'".
Quando può comparire, come riconoscerla
"Questo tipo di condizione - prosegue - può comparire nelle persone con problemi dismetabolici (sindrome di Down, mucopolisaccaridosi, iperparatiroidismo, malattia di Paget), infiammatorie (artrite reumatoide, sindrome di Griesel), con tumori della giunzione cranio-cervicale, ma anche a seguito di un evento traumatico come un incidente stradale, uno schiaffo dietro la nuca, un incidente durante una partita di tennis o di calcio, una caduta sugli sci, che porti a una frattura della prima o seconda vertebra cervicale e a una dislocazione della giunzione cranio-cervicale. Tutte queste problematiche possono portare a un’instabilità della colonna che va risolta in genere chirurgicamente - sottolinea - in urgenza nel caso di un incidente traumatico o in elezione nelle altre patologie".
I sintomi, come trattarla
I sintomi di questa condizione possono essere diversi. “Il paziente può presentare un dolore che insorge con i movimenti della testa, formicolii agli arti, un’andatura instabile (cosiddetta atassica o paraparetica). In alcuni casi si può avere perdita del controllo dello sfintere urinario", elenca Visocchi. Di fronte a questi sintomi il neurochirurgo chiederà indagini radiologiche. “La radiografia dinamica evidenzierà l’anomalo rapporto tra le prime vertebre cervicali e la base cranica, in relazione ai movimenti del capo", mentre la Tac e la risonanza magnetica consentiranno di valutare in maniera approfondita il danno da trattare.
Nei casi meno gravi si può tentare di ridurre questa dislocazione posizionando il cosiddetto collare di Halo-Vest, un’areola metallica intorno alla testa, fissata con delle viti al cranio e collegata con barre metalliche ad una sorta di corsetto toracico rigido. "Si tratta di un sistema di contenzione esterna temporanea, che si indossa per qualche mese e può fare da ponte all’intervento chirurgico - spiega ancora Visocchi - che immobilizza e protegge la colonna cervicale e il collo dopo una frattura o dislocazione delle prime vertebre cervicali. In alcuni tipi di frattura l’immobilizzazione con Halo-Vest porta alla guarigione per consolidamento della vertebra. In altri casi è necessario invece ricorrere all’intervento chirurgico, che consiste nel bloccare tra loro queste vertebre, utilizzando quattro viti e due barre in titanio. In passato veniva bloccato il cranio su tutto il collo, mentre oggi la base cranica viene bloccata solo sulle prime due vertebre cervicali".
L’intervento dura circa 3 ore e non è necessaria riabilitazione. Ma si tratta di un'operazione complessa per cui è bene affidarsi a centri con grande esperienza. “Nell’arco degli ultimi 10 anni - conclude l'esperto - abbiamo operato un centinaio di casi: siamo un centro di riferimento in Italia e anche l’unica università al mondo che dispone di un centro di ricerca, di un master di II livello e di un’unità operativa, espressamente dedicata alla chirurgia della giunzione cranio-cervicale".
Salute e Benessere
Covid, con il caldo aumenta rischio per il cuore: cosa fare
L'analisi e le raccomandazioni del cardiologo Trimarco
Fuoco incrociato sulla salute degli italiani, in particolare dei più fragili. A minacciarli c'è il mix tra caldo e Covid: "L'uno amplifica gli effetti dell'altro e viceversa, con un impatto immediato sui sintomi come mal di testa, fatigue e affanno, e sulla funzionalità del cuore". Lo spiega Bruno Trimarco, docente emerito di Cardiologia all'università Federico II di Napoli. "Il caldo - avverte - ha sicuramente un impatto importante sui pazienti colpiti dal Covid, sia in fase acuta che nel post-infezione, sul cosiddetto Long Covid. Infatti, da un lato le temperature alte amplificano i sintomi dell'infezione, dall'altro possono aumentare lo stress sul cuore, colpito contemporaneamente da un doppio fuoco, il virus e il caldo insieme". Come proteggersi? No agli integratori 'fai te te', sì a docce fresche e bere acqua anche se non si ha sete, ricorda lo specialista.
Chi rischia di più
Le persone più a rischio sono i fragili, come anziani, bambini e malati cronici, già vulnerabili a caldo e Covid singolarmente. "La letteratura scientifica - analizza Trimarco - ha già documentato che il caldo estremo rappresenta un rischio per il cuore, causando dolore al petto, infarti e morte improvvisa. Quando fa troppo caldo, si può assistere a una riduzione dei valori della pressione arteriosa per la dilatazione dei vasi sanguigni e alla perdita di liquidi con una profusa sudorazione che aumenta il pericolo disidratazione. In alcuni pazienti, tuttavia, si verifica un effetto opposto e la pressione arteriosa può aumentare in modo improvviso e incontrollato. Tra i sintomi più comuni possono comparire tachicardie, palpitazioni, vertigini e affanno".
Dal canto suo, anche Covid ai associa a sintomi comuni a quelli scatenati dal caldo, come astenia, nebbia cerebrale, affanno e mal di testa. "Inoltre - evidenzia il cardiologo - sappiamo che Covid-19 innesca una serie di processi infiammatori che colpiscono le cellule endoteliali, cioè le cellule che rivestono l'interno del cuore e dei vasi sanguigni. Tra gli effetti prodotti ci sono stress ossidativo, infiammazione, alterazione dei battiti, compromissione della capacità di pompare il sangue e l'ossigeno agli altri tessuti. Gli studi suggeriscono che le persone con Covid, rispetto ai non infettati, corrono un rischio del 55% maggiore di subire un evento cardiovascolare grave come infarto, ictus o morte. Hanno anche più probabilità di manifestare altri problemi al cuore come aritmie o miocardite, ossia infiammazione del muscolo cardiaco".
I rimedi
Per scongiurare gli effetti della combo caldo-Covid servono contromisure. Quali? "No a integratori 'fai da te', sì a docce o bagni freschi e al consumo 'programmato' di acqua: impegnarsi cioè a bere almeno un litro e mezzo d'acqua durante la giornata anche se non si ha la sensazione di sete", raccomanda Trimarco.
"Stanchezza e debolezza, sintomi comuni al Covid e a un eccesso di caldo - osserva il cardiologo - possono indurre a fare incetta di integratori. Ma la stragrande maggioranza sono inutili, almeno contro il Covid. Uno studio che abbiamo pubblicato sulla rivista 'eClinicalMedicine' promuove un mix di sostanze naturali, composto da arginina e vitamina C. L'arginina è un aminoacido prodotto naturalmente dall'organismo, che stimola la produzione di ossido nitrico, sostanza chiave per una corretta funzione vascolare. La vitamina C, invece, grazie a una nanotecnologia che ne ottimizza l'assorbimento senza effetti collaterali, antagonizza lo stress ossidativo e migliora il rimodellamento vascolare con effetti benefici sulla funzionalità cardiaca e a cascata su tutto l'organismo".
Altri consigli: evitare di uscire se positivi al Covid, sia per evitare di contagiare gli altri sia per tenersi al riparo dal caldo esterno; mantenere la casa fresca, sfruttando l'aria notturna per rinfrescarla, e durante il giorno usando tapparelle o persiane e spegnendo quanti più dispositivi elettrici possibile; usare abiti e lenzuola leggeri e larghi; evitare bevande zuccherate, alcoliche o contenenti caffeina che possono peggiorare i sintomi e interagire con i farmaci in uso.
Salute e Benessere
Caldo africano, nuova ondata sull’Italia: oggi 12...
Nelle prossime ore allerta super caldo ai massimi livelli: le città interessate
L'allerta super caldo tornerà nelle prossime ore ai livelli massimi. Se oggi, sabato 27 luglio, nessuna città è ancora da bollino rosso, per domani - domenica 27 - saranno di nuovo sei i capoluoghi interessati dal gradino più alto dell'allerta.
Dodici, intanto, le città con bollino arancione di oggi, segnalate nel bollettino sulle ondate di calore del ministero della Salute: si tratta di Firenze, Frosinone, Palermo, Perugia, Rieti e Roma, Bologna, Bolzano, Brescia, Latina, Pescara e Viterbo.
Domenica bollente, tornano i bollini rossi
Domenica 28 luglio saranno quindi 6 le città italiane da bollino rosso per il rischio di ondate di calore: massima allerta su Firenze, Frosinone, Palermo, Perugia, Rieti e Roma.
La giornata di domani si annuncia dunque la più 'bollente' di una settimana che non ha fatto registrare prima città da bollino rosso. Fra i 27 capoluoghi monitorati dal sistema di sorveglianza ministeriale, oltre ai 6 con allerta 3, il livello massimo di rischio, il 28 luglio si contano 13 bollini arancioni (livello 2): a Bologna, Bolzano, Brescia, Campobasso, Latina, Milano, Napoli, Pescara, Torino, Trieste, Venezia, Verona e Viterbo. Bollino giallo (rischio 1) per Ancona, Bari, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, Messina e Reggio Calabria. Nessun bollino verde (rischio 0).
Salute e Benessere
Alzheimer, Ema blocca farmaco Lecanemab: “Rischio di...
"In particolare il frequente verificarsi di anomalie nell'imaging correlate all'amiloide (Aria), che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello dei pazienti che lo hanno ricevuto"
No dell'Agenzia europea del farmaco Ema a una terapia anti Alzheimer. Il Comitato tecnico per i medicinali a uso umano dell'ente regolatorio Ue, "Chmp, ha raccomandato di non concedere l'autorizzazione all'immissione in commercio per Leqembi* (lecanemab), un farmaco destinato al trattamento della malattia di Alzheimer", informa l'Ema nel resoconto dell'ultima riunione del Chmp (22-25 luglio).
"Il comitato - si legge - ha ritenuto che l'effetto osservato di Leqembi sul ritardo del declino cognitivo non controbilancia il rischio di eventi collaterali gravi associati al medicinale, in particolare il frequente verificarsi di anomalie nell'imaging correlate all'amiloide (Aria), che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello dei pazienti che hanno ricevuto Leqembi".
Alzheimer Europe esprime "rammarico" e "profonda delusione" per il parere negativo formulato dal Comitato tecnico Chmp dell'Agenzia europea del farmaco Ema . Il no dell'Ema, che riguarda Ue, Islanda, Liechtenstein e Norvegia, sottolinea l'associazione in una nota, "significa che gli europei con malattia di Alzheimer in fase iniziale non avranno accesso alle opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti negli Stati Uniti e in altri Paesi".
"Le persone che vivono con la malattia di Alzheimer e le loro famiglie nutrivano grandi speranze e aspettative riguardo all'introduzione di nuove opzioni terapeutiche in Europa", scrive Alzheimer Europe, ricordando che la Fda statunitense ha concesso l'approvazione a lecanemab un anno fa, nel luglio 2023, dopo che un comitato consultivo ha riconosciuto in modo unanime l'efficacia clinica del farmaco per il quale le principali assicurazioni Usa, fra cui Medicare, hanno garantito "un'ampia copertura" nei pazienti idonei a riceverlo. Hanno dato il via libera al trattamento anche le autorità regolatorie di Giappone (25 settembre 2023), Cina (3 gennaio), Corea del Sud (27 maggio), Hong Kong (11 luglio) e Israele (12 luglio), elenca l'associazione, mentre in Europa si attendono ancora i pronunciamenti degli enti regolatori svizzero e britannico, che Alzheimer Europe auspica positivi.
"Le persone affette da malattia di Alzheimer in Europa saranno escluse dall'accesso a lecanemab senza poter compiere scelte individuali basate su un'analisi personale del profilo rischi-benefici", rimarca l'associazione. La speranza di Alzheimer Europe è che "i risultati dal mondo reale raccolti dal registro imposto dalla Fda, o dagli studi in corso su lecanemab forniranno le evidenze scientifiche necessarie affinché i regolatori Ue riconsiderino la loro posizione".