Cronaca
Balboni (Loto OdV): “In 80% casi cancro ovaio...
Balboni (Loto OdV): “In 80% casi cancro ovaio diagnosticato in fase avanzata”
'Pazienti chiedono ascolto, sostegno psicologico e burocratico, ma non dimenticano aspetto ludico e beauty'
"Le donne con una diagnosi di cancro ovarico sono pazienti che intraprendono un percorso di cura molto complicato e difficile perché la malattia nell'80% dei casi viene rilevata al terzo o quarto stadio, quindi già molto avanzata. Le cure sono pesanti e noi negli ospedali con i quali lavoriamo in convenzione siamo al loro fianco. Queste pazienti vogliono essere comprese con un ascolto attivo, ma soprattutto empatico. Chiedono supporto psicologico e anche burocratico, ma sono attente anche all'aspetto ludico e beauty. In questi giorni al Policlinico Gemelli abbiamo realizzato il progetto 'IO nonostante tutto', dedicato al beauty, allo skin care, agli accessori, all'abbigliamento, alla gestione dell'armocromia, dei colori. Quindi un supporto da tanti punti di vista". Così all'Adnkronos Salute Sandra Balboni, presidente dell'associazione nazionale pazienti Loto OdV che conta 8 sedi presso gli ospedali più importanti in quanto centri di riferimento per la cura del tumore ovarico.
"L'accesso alle cure è fondamentale - spiega Balboni nella Giornata mondiale del tumore ovarico - Noi di Loto OdV siamo sul territorio nazionale presso i centri di riferimento, ciascuno con un team multidisciplinare che si occupa della patologia e quindi garantisce la presenza di oncologo, chirurgo, patologo, radioterapista, oltre allo specialista della terapia intensiva" e tutta una serie di elementi "che concorrono anche al raggiungimento di volumi di intervento chirurgico tali da garantire un expertise di altissima qualità. Non è un caso che nei centri di riferimento la prognosi sia migliore". Per questo "diciamo alle pazienti di non andare nell'ospedale sotto casa, ma di rivolgersi in queste realtà - spesso lontane - che sono eccellenze nelle quali è possibile fare anche i test genetici Brca1 e 2".
Balboni ricorda gli obiettivi dell'associazione pazienti: "Il primo scopo di Loto OdV è quello di essere a fianco della ricerca scientifica, soprattutto quando si parla di diagnosi precoce. Siamo molto attenti e vicini ai pazienti per quello che riguarda la prevenzione primaria, anche se la diagnosi precoce sarebbe davvero in grado di cambiare le sorti di questa malattia che viene normalmente rilevata al terzo o quarto stadio. Con la diagnosi tempestiva, infatti, vediamo che la malattia è molto più curabile quindi farebbe davvero una grande differenza. Ci sono stati moltissimi studi che fino ad ora però non hanno prodotto risultati, ma abbiamo molte speranze". E ancora: "Tra i nostri obiettivi futuri c'è quello di essere sempre più presenti nei tavoli istituzionali - prosegue Balboni - dove possiamo far sentire la voce delle pazienti e delle loro famiglie", senza dimenticare le attività gratuite che Loto OdV realizza nei centri di riferimento a supporto delle donne con tumore ovarico: "Agopuntura, yoga, mindfulness, assistenza psicologica per le pazienti e familiari, nordic walking, viaggi in crociera e vacanze".
C'è poi il supporto burocratico. "Spesso - riporta la presidente - le pazienti ci segnalano che hanno grosse difficoltà nel percorso di richiesta di invalidità civile e della legge 104", sui "requisiti per accedere alle prestazioni economiche e sociali" previste da queste normative" e su come presentare la domanda all'Inps. "Con l'Inps stiamo lavorando per facilitare questo percorso e il 15 maggio ci sarà proprio un incontro con i medici legali dell'ente e gli oncologi in modo da facilitare l'iter burocratico per queste pazienti", conclude.
Cronaca
Covid fattore di rischio per Alzheimer, l’analisi
"Va ancora capito se può causarlo o solo accelerarlo", ma gli scienziati suggeriscono "antivirali anche nei casi moderati di infezione"
"L'infezione da Sars-CoV-2 dovrebbe essere considerata un fattore di rischio per l'Alzheimer, anche se la distinzione tra causalità e accelerazione della malattia non è chiara". Va ancora capito, in altre parole, se Covid può causare la demenza oppure velocizzarne la comparsa e l'evoluzione. E' la conclusione a cui sono giunti gli autori di un approfondimento sul virus 'Sars-CoV-2 come causa di neurodegenerazione', pubblicato su 'The Lancet Neurology'.
Gli scienziati partono dal presupposto che "le malattie infettive sono una" possibile "causa di neurodegenerazione" già "stabilita, "benché il pericolo neurologico legato alle infezioni virali sia difficile da quantificare". In generale, sottolineano gli esperti, "finora il rischio cumulativo stimato di demenza dovuta a un ricovero ospedaliero per qualsiasi infezione virale nel corso della vita è di 1,48 (intervallo di confidenza 95% 1,15-1,91)". Riguardo al Covid, "uno studio longitudinale sulle conseguenze dell'infezione da Sars-CoV-2 nei decenni" successivi "non è ovviamente disponibile", considerando che la malattia è 'nata' per quanto si sa nel 2019. Tuttavia, i ricercatori citano degli studi i cui risultati indicano che "Covid-19 può determinare un rischio di demenza superiore rispetto all'influenza" e che, "a breve termine, il rischio di danni neurologici gravi come sequela di Sars-CoV-2 è significativo, guidato da meccanismi vascolari e probabilmente da altri processi complessi" che possono coinvolgere la proteina amiloide. Quella che si accumula nelle placche cerebrali caratteristiche dei malati di Alzheimer.
"Una correlazione diretta tra precedente infezione Sars-CoV-2 e aumento del rischio Alzheimer è stata segnalata" e appare "robusta", proseguono gli autori, però "rimane difficile - puntualizzano - distinguere tra casi di demenza ipoteticamente scatenati o solamente accelerati" da Covid. Alcuni punti chiave dell'analisi vengono evidenziati via social dallo scienziato americano Eric Topol, vice presidente esecutivo Scripps Research, fondatore e direttore Scripps Research Translational Institute, che ne pubblica il testo in chiaro rimarcandone in particolare la chiusa: "La terapia antivirale - ritengono i firmatari dell'articolo - dovrebbe essere presa in considerazione anche per le infezioni da Sars-CoV-2 moderate, per ridurre la gravità dei sintomi e limitare la probabilità di sequele".
Cronaca
Chico Forti trasferito oggi da Rebibbia al carcere di Verona
Il 65enne trentino ha fatto richiesta di poter incontrare la madre
Chico Forti, rientrato ieri in Italia dopo 24 anni di carcere negli Usa, è arrivato a Verona intorno alle 13.30 di oggi a bordo di un mezzo della polizia penitenziaria partito stamane da Rebibbia. Forti è stato subito portato al carcere di Montorio dove ha svolto le prime pratiche di rito. Il detenuto ha fatto richiesta di poter incontrare la madre, Maria Loner, di 96 anni. Il 65enne trentino ha inoltrato la richiesta urgente per poter incontrare l'anzana madre.
A Montorio è detenuto, fra gli altri, anche Filippo Turetta e proprio ieri la casa circondariale è stata teatro del pranzo coi detenuti che Papa Francesco ha fatto durante la sua visita alla città.
Forti è atterrato ieri mattina con volo dell’Aeronautica Militare all'aeroporto militare di Pratica di Mare, dove ha incontrato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che lo scorso marzo, in occasione della sua missione negli Stati Uniti, aveva ottenuto il consenso al trasferimento del connazionale ai sensi della Convenzione di Strasburgo. "Chico Forti è tornato in Italia. Fiera del lavoro del Governo italiano. Ci tengo a ringraziare nuovamente la diplomazia italiana e le autorità degli Stati Uniti per la loro collaborazione", ha poi scritto la premier sui social allegando un'immagine dell'incontro.
"Ho sognato ogni giorno questo momento", ha commentato ieri Forti in un'intervista esclusiva al Tg1 al suo arrivo in Italia. "Mi sono mantenuto così solo per mia madre, spero di vederla presto e darle un grande abbraccio", ha detto. "Rientrare in Italia per me è un passo positivo, cambia tutto, dal personale, la direttrice, le guardie, i vestiti che indosso, che sono italiani. Vorrei ringraziare tante persone, mio zio, Giorgia Meloni, che è stata fantastica, tutto il governo indipendentemente dalle ideologie politiche mi ha aiutato". Fra le persone che vuole ringraziare, ha sottolineato, “non possono non menzionare Andrea, Veronica e Virginia Bocelli perché sono stati incredibili”.
“Per la prima volta non ho un numero, né le manette, è un’altra atmosfera”, ha detto. Al conduttore che gli ricordava come si sia sempre dichiarato innocente, ha risposto: "Certo, è l’unico motivo per cui ho accettato l’estradizione ora, perché all’inizio per avere estradizione dovevo dichiararmi colpevole e non l’avrei mai fatto. E’ contro il mio principio. Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno, mai mezzo vuoto, sono positivo e sono convinto che il mio futuro a breve sia come io auspico. Accetto questo passo - ha concluso - so che è un passo obbligatorio”.
Cronaca
Valanga sulle Alpi svizzere, morti 2 scialpinisti lombardi
Le due vittime travolte sul Pigne d'Arolla, tra il Cervino e il Grand Combin
Tragedia sulle Alpi svizzere. Due scialpinisti italiani sono morti travolti da una valanga sul Pigne d'Arolla, tra il Cervino e il Grand Combin. Le due vittime abitavano nella provincia di Lecco.