Attacco Iran, generale Cuzzelli: “Cosa deve fare Israele e i veri motivi di Teheran”
“Israele deve la sua sopravvivenza alla capacità di dissuasione, da solo o in tandem con gli Stati Uniti. E solo la capacità di (poter) fare tanto male ai suoi nemici ha concesso a Israele di sopravvivere fino a oggi”, spiega all’Adnkronos il Generale Giorgio Cuzzelli, docente di Studi Strategici e Sicurezza Internazionale all'Università Lumsa. “È un atteggiamento che nasce dalla consapevolezza del suo vicinato. In quella parte del mondo l’unica logica compresa è l’attacco, per non dire la sopraffazione: se attacchi per primo sei vincente, anche quando perdi. Agli occhi dell’opinione pubblica iraniana, l’operazione dell’altro giorno è stata un successo. Per questo Israele ha dovuto mantenere una postura assertiva dal 1948 a oggi, passando per la Guerra del Kippur. Il problema è che dopo anni di “solidità”, è stato sorpreso due volte: il 7 ottobre e lo scorso sabato notte. Abbattere i droni è stata una vittoria tattica ma ora la mano ce l’ha Teheran”, prosegue Cuzzelli.
“Ora Israele ha due obiettivi. Una priorità esistenziale è quella di eliminare o almeno neutralizzare Hamas, una minaccia immediata e immanente sul suo territorio - continua il generale - Poi, in seconda battuta, dovrà neutralizzare la minaccia iraniana, ma non può farlo da solo. Le azioni ‘puntiformi’ su singoli obiettivi non hanno efficacia, e ciò in ragione non degli aspetti militari ma politici. La teocrazia islamica è lì ed è inutile illudersi in un colpo di Stato. Anche immaginando un’improbabile caduta del regime degli ayatollah, al loro posto non arriverebbe un amico di Israele o dell’Occidente. Il gioco di offese reciproche, “tit for tat”, non risolve il problema. L’Iran è troppo grosso e troppo potente per essere eliminato, a meno di uno scenario nucleare apocalittico che non metto neanche sul tavolo. L’Iran può solo essere contenuto. Israele può farlo da solo? No. Ci vogliono anche gli Stati Uniti, e non bastano: serve il concerto delle nazioni alleate. Israele deve rassegnarsi a lasciar fare (anche) agli altri, e devolvere parte del suo potere di dissuasione”.
Secondo Guzzelli, “un contrattacco sul contrattacco, a mio modesto parere, sarebbe un errore per Israele: accresce la minaccia diretta che invece deve stemperare. Perché l’Iran ha deciso di attaccare ora? Per una serie di motivi. Certo, dovevano evitare di perdere la faccia dopo lo strike sul consolato di Damasco”. “Ma la vera ragione è politico-economica: gli Accordi di Abramo. Che convengono a Israele, ai sauditi e all'Occidente, e sono un pugno nell'occhio di Iran, Russia e Cina - conclude il generale - Anche gli attacchi di Hamas sono legati a questa alleanza regionale. Quindi Teheran con i missili doveva distrarre Israele da Gaza, dando fiato ad Hamas, e allo stesso tempo offrire un segnale ai propri succedanei (i cosiddetti proxy), che da anni si dissanguano per la causa iraniana. I vari Hezbollah, Houthi, le milizie sparse tra Iraq e Siria, hanno finora pagato il costo più alto mentre Teheran forniva armi e finanziamenti ma non alzava un dito. Stavolta ha fatto volare i suoi droni e pure i suoi missili balistici per continuare a essere credibile nei confronti dei propri alleati nella regione".
Esteri
Harris-Trump, ultimi sondaggi: tycoon in testa nei 7 Stati...
L'analisi condotta dalla società brasiliana Atlas Intel: a livello nazionale l'ex presidente avrebbe il 49,6% dei voti, contro il 48,2% della vice di Biden
Donald Trump sarebbe in testa in tutti e sette gli Stati chiave di queste elezioni per la Casa Bianca. E' quanto emerge dagli ultimi sondaggi condotti dalla società brasiliana Atlas Intel, che nelle tornate elettorali americane del 2020 e del 2022 è stata accreditata come una delle società che ha diffuso i dati più accurati. Secondo la rilevazione condotta il 30 e 31 ottobre scorso, a livello nazionale l'ex presidente avrebbe il 49,6% dei voti, contro il 48,2% di Kamala Harris.
E Trump sarebbe in testa anche nei sette Stati che decideranno la corsa: in Arizona avrebbe il 51% contro il 46,8% della vice presidente democratica, in Georgia sarebbe 50,1% a 47,8%, in Michigan 49,3% contro 48,7%, in Nevada 50,6% contro il 47%, in North Carolina 50,7% contro il 47%, in Pennsylvania l'ex presidente sarebbe in testa con il 49,4% contro il 47,9% della Harris, mentre in Wisconsin sarebbero quasi in parità: 49-48,8%.
Rispetto al precedente sondaggio, però, condotto tra il 25 ed il 29 ottobre, la candidata dem ha rosicchiato qualche punto percentuale in tutti gli Stati, con Trump che ha perso qualcosa, tranne che in North Carolina, dove prima era in testa e negli ultimi giorni ha ceduto il passo all'ex presidente.
Gli Stati chiave e gli ultimi sondaggi, quanto pesano?
Sono 240 milioni gli elettori americani, ma le sorti del duello della Casa Bianca tra Kamala Harris e Donald Trump sarà deciso al fotofinish nei sette Stati chiave. Il sistema del Collegio elettorale - che prevede che vengano eletti in ogni stato i grandi elettori, in numero proporzionale alla popolazione, che poi voteranno per il presidente - impone quindi che ciascuno candidato disegni un 'path', un cammino attraverso gli Stati, quelli in cui sono favoriti e quelli in cui non c'e' un chiaro vantaggio, definiti appunto "battleground", terreno di battaglia, per raggiungere il 'magic number' di 270 voti elettorali che fa vincere la presidenza. Ecco la lista degli Stati chiave, con i sondaggi più recenti che descrivono un testa a testa.
ARIZONA (11 voti elettorali)
Quattro anni fa è stato conquistato da Joe Biden, che è stato dichiarato vincitore per appena 10mila voti di scarto, pari allo 0,3%, dopo una lunga fase di contestazioni e ricorsi legali da parte di Trump. Secondo un sondaggio pubblicato qualche giorno fa da Cnn, Harris ha un vantaggio di appena un punto su Trump, con il 48% contro il 47%, che statisticamente significa una situazione di parità.
Le sue centinaia di chilometri di confine con il Messico hanno reso la questione dell'immigrazione centrale nella campagna elettorale di Trump, con le sue promesse draconiane di deportazioni di massa di migranti. Per contro, i dem sperano di mobilitare la propria base elettorale con un referendum per la difesa dell'aborto.
GEORGIA (16 voti elettorali)
Quattro anni fa Biden si è aggiudicato lo stato con 150mila voti di vantaggio, diventando il primo democratico a vincere le presidenziali in Georgia dal 1992, soprattutto grazie al sostegno degli afroamericani che sono un terzo della popolazione dello Stato. Anche qui l'ultimo sondaggio Ssrs, pubblicato dalla Cnn, dà un testa a testa, con Trump al 48% e Harris al 47%. Da ricordare che Trump, insieme ad una lunga lista di suoi collaboratori, è stato incriminato nella contea di Fulton per interferenze elettorali per aver cercato di rovesciare i risultati elettorali del 2020.
MICHIGAN (15 voti elettorali)
Anche qui Biden vinse per 150mila voti, dopo che Trump nel 2016 conquistò, a sorpresa, e per meno di 11mila voti, lo stato del Mid West fino ad allora considerato parte della "Blue Wall", cioè il gruppo di Stati che dal 1992 al 2012 hanno votato sempre democratico alle presidenziali. Secondo il recente sondaggio Cnn, Harris sarebbe in vantaggio in Michigan, con il 48% contro il 43%, un vantaggio che viene registrato, anche se in misura minore, di tre punti, dall'ultimo rilevamento Marist.
Un problema per Harris e i democratici in questo stato, dove vivono 200mila arabo americani, potrebbe essere il voto di protesta contro il sostegno di Israele alla guerra a Gaza, che durante le primarie ha spinto 100mila elettori dem a votare per delegati "uncommitted' e non per quelli di Biden. Numeri contenuti, ma che potrebbero essere cruciali considerati gli scarti minimi tra i due candidati nelle ultime elezioni.
NEVADA (6 voti elettorali)
Biden ha vinto quattro anni fa con uno scarto di 34mila voti. L'ultimo sondaggio Cnn dà Trump in testa con il 48% contro il 47% della democratica. Negli ultimi cicli elettorali lo Stato, dove c'è una consistente comunità ispanica, si è spostato sempre più verso i dem, l'ultimo repubblicano a vincere le presidenziali è stato, due volte, George W. Bush. Ad agosto la democratica ha incassato l'endorsement dell'influente Culinary Workers Union Local 226, che rappresenta i lavoratori del settore alberghiero di Las Vegas e Reno ai quali entrambi i candidati hanno promesso misure per detassare le mance.
NORTH CAROLINA (16 voti elettorali)
Trump ha vinto nello stato sia nel 2016 che nel 2020 (per appena 20mila voti), e anche i precedenti storici lo favoriscono: Barack Obama è stato l'unico democratico a vincere nello stato dal 1976. E ci è riuscito nel 2008 ma non nel 2012. Ma in favore di Harris può giocare il fatto che il 22% della popolazione è afroamericana ed una sua affluenza massiccia alle urne potrebbe essere in suo favore. Il recente sondaggio Cnn le dà un vantaggio, statisticamente irrilevante, del 48% contro il 47%. Potrebbe giocare in favore dei democratici anche il fatto che la North Carolina - che è governata dal democratico Roy Cooper - è tra gli stati chiave quello con il maggior numero di laureati, gruppo che negli anni recente tende a votare dem.
PENNSYLVANIA (19 voti elettorali)
E' stato vinto da Biden per 82mila voti, dopo che Trump nel 2016 aveva strappato ad Hillary Clinton anche questo stato del "Blue Wall" per un pugno di voti. E' da tutti considerato lo stato dove non si può perdere per poter arrivare alla Casa Bianca, grazie al fatto che è quello tra tutti gli Stati chiave con il bottino maggiore di voti elettorali, e non solo. Per questo da settimane i due candidati - che da metà luglio hanno partecipato ad oltre 50 eventi in Pennsylvania - e i loro alleati stanno puntando il tutto per tutto per vincere.
E questo si rispecchia nel recente sondaggio Cnn che dà Harris e Trump in perfetta parità, al 48%, nel Keystone State. Mentre il sondaggio Marist dà Harris lievemente in testa, di due punti. Bisogna ricordare che Trump il 13 luglio scorso è sopravvissuto ad un attentato alla sua vita durante un comizio nello Stato, a Butler. E che si sta concentrando nella Pennsylvania l'enorme mobilitazione finanziaria e logistica di Elon Musk, che ha investito 118 milioni di dollari in un super Pac per far vincere Trump.
WISCONSIN (10 voti elettorali)
Nelle ultime elezioni in questo stato, che anche faceva parte del Blue Wall, i sondaggi si sono dimostrati clamorosamente errati: nel 2016 davano Clinton in testa per 6 punti, invece Trump vinse di misura. E anche quattro anni fa Biden era dato avanti di 7 punti, invece alla fine ha vinto per il rotto della cuffia, con appena 21mila voti. Ora il sondaggio della Cnn dà ad Harris un vantaggio di sei punti, il 51% contro il 45%. Anche Marist dà la democratica in testa, ma di due punti.
Esteri
Kemi Badenoch, chi è la nuova leader dei Tory anti-woke e...
Scelta con 53.806 voti, prende il posto di Rishi Sunak alla guida dei conservatori
Brexiter-entusiasta, socialmente conservatrice e anti-woke: sono alcune delle definizioni che dà di sé stessa Kemi Badenoch, nuova leader dei conservatori britannici. Olukemi Olufunto Adegoke, questo il suo nome per esteso, è nata il 2 gennaio del 1980 a Wimbledon da genitori nigeriani: il padre era un medico, mentre la madre - che l'ha partorita in una clinica di Wimbledon dove si era sottoposta a un trattamento per la fertilità - una professoressa di fisiologia.
Cresciuta a Lagos, in Nigeria, fino all'età di 16 anni, si è trasferita a Londra per gli esami di maturità, ospite di amici di famiglia e lavorando al McDonald's. Ed è cosi che "sono diventata working class", ha spiegato la stessa Badenoch, rivendicando la sua appartenenza alla classe lavoratrice, in contrapposizione agli "stupidi ragazzi bianchi di sinistra" che ha conosciuto subito dopo studiando informatica alla Sussex University e che l'hanno fatta diventare "più conservatrice". In quello stesso periodo ha criticato il 'Live 8' di Bob Geldof, accusandolo di "paternalismo" nei confronti dell'Africa.
Combattiva al limite dell'aggressivo - si ricorda un episodio del 2006 durante un evento dei Tory, quando si mise a inseguire per le scale del municipio di Oxford una donna che le aveva dato uno schiaffo, prendendola per i capelli - ha lavorato nel settore bancario e come direttore digitale dello Spectator, dopo aver anche studiato legge part time. In politica dal 2005, è entrata all'Assemblea di Londra nel 2012, ricoprendo poi negli anni successivi - il primo a volerla nel governo fu Boris Johnson nel 2019 - una serie di incarichi, fino a quelli di sottosegretario al Commercio prima con Liz Truss e poi con Rishi Sunak.
Badenoch si definisce anche una "femminista critica del genere", si oppone all'auto-identificazione per le persone trans ("Abbiamo il matrimonio gay e le unioni civili, quindi cosa cercano i transessuali?"), alla "politica dell'identità" e alla 'teoria critica della razza', sostenendo che "non tutte le culture sono ugualmente valide" e che le discussioni sull'impero dovrebbero includere le "cose buone".
Da sottosegretario ha accusato pubblicamente un giornalista di comportamento "inquietante e bizzarro" per aver posto delle domande, ha avuto un battibecco pubblico con l'attore David Tennant ed è stata accusata di "bullismo" dal personale quando era segretario al Business, accusa che ha respinto.
Sposata con il banchiere Hamish Badenoch - che ha lavorato in Malawi, Nigeria e Kenya, prima di rientrare a Londra e al suo incarico attuale in Deutsche Bank, impegnato anche lui in politica con i Tories - la nuova leader dei conservatori è madre di tre figli, due femmine e un maschio.
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Esteri
Gb, Kemi Badenoch è la nuova leader dei conservatori:...
Prende il posto di Rishi Sunak: scelta con 53.806 voti, Jenrick si è fermato a 41.388 preferenze
Kemi Badenoch è la nuova leader dei conservatori nel Regno Unito. E' stata scelta con 53.806 voti, battendo Robert Jenrick che si è fermato a 41.388 preferenze. Lo riferisce la Bbc. Badenoch prende il posto di Rishi Sunak, ex inquilino di Downing Street, costretto alle dimissioni dall'ondata Labour del 4 luglio.
"E' l'onore più grande essere eletta" alla guida del "partito che mi ha dato così tanto", ha detto Badenoch, l'ex ministra del Commercio di origine nigeriana dopo l'annuncio dei risultati del complesso processo di selezione del nuovo leader Tory culminato in una corsa a due con Jenrick.
Con la sfida di rilanciare un partito che ha visto il numero dei parlamentari eletti crollare verticalmente dai 365 delle elezioni del 2019 ai 121 di quattro mesi fa, Badenoch ha detto che la forza politica deve essere onesta sul fatto che "abbiamo commesso errori".
"Congratulazioni a Kemi Badenoch, nuova leader del partito conservatore. La prima leader nera di un partito di Westminster è un momento di orgoglio per il nostro Paese. Attendo di lavorare con voi e il vostro partito nell'interesse del popolo britannico". Così in un post su X il premier britannico, Keir Starmer.
"Congratulazioni a Kemi Badenoch, eletta leader dei conservatori. So che sarà una leader eccellente per il nostro grande partito. Rinnoverà il nostro partito, difenderà i valori conservatori e affronterà i Labour. Uniamoci al suo fianco". Così in un post su X l'ex premier del Regno Unito, Rishi Sunak, costretto alle dimissioni dall'ondata Labour del 4 luglio.
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