Vaccini, Rizzo (Asp Cs): “Per anziani e fragili opuscolo informativo e proposta attiva”
Il direttore sanitario: "40% over 65 ha almeno 2 patologie, importante prevenire complicanze di influenza, pneumococco e Hepes zoster"
“Stiamo proponendo attivamente la vaccinazione” a domicilio e nei luoghi di cura ma “è difficile, per una Asp come la nostra, raggiungere tutti i soggetti anziani. Possiamo” provare “a intercettarli attraverso il medico di medicina generale, che però è già oberato” da molte attività. Proprio per questo può essere utile “un opuscolo informativo che il medico può distribuire all’anziano che si reca nel suo ambulatorio”. Così Martino Rizzo, direttore sanitario Azienda sanitaria provinciale (Asp) Cosenza, spiega l’iniziativa realizzata con il supporto non condizionante di Gsk e la collaborazione con l'agenzia Maya idee, che ha portato alla distribuzione, nel territorio, di 5 mila copie di un opuscolo informativo sulla vaccinazione dei soggetti fragili e anziani che riprende le indicazioni contenute nel protocollo ‘Offerta vaccinazioni per soggetti appartenenti a categorie a rischio per patologie’ della stessa Asp Cosenza.
“Siamo partiti da una valutazione sulla popolazione - continua Rizzo - Gli ultra 65enni iniziano ad essere una percentuale importante della popolazione: siamo a oltre il 23%, quindi circa una persona ogni 4. Inoltre abbiamo un rapporto tra over 65 e la popolazione 0-14 anni che è superiore alla media nazionale. Le persone anziane in genere hanno condizioni di cronicità. Circa il 40% ha almeno 2 patologie, gli altri ne hanno un numero superiore. In questi soggetti un’infezione come l’influenza può far precipitare la situazione. Stiamo quindi tentando di indirizzare gli sforzi con una serie di iniziative dedicate alla popolazione anziana - aggiunge - Le più importanti sono le vaccinazioni contro lo pneumococco, che è responsabile di gravi polmoniti, e nei confronti dell’Herpes zoster, nota come fuoco di sant’Antonio, che è particolarmente dolorosa e con complicanze anche gravi per il possibile coinvolgimento oculare o per il dolore cornico da neuropatia post erpetica”.
“Dobbiamo inoltre considerare che, soprattutto nei nostri territori, ci possono essere delle fragilità dovute anche a problematiche sociali”. Attualmente “stiamo offrendo attivamente” la vaccinazione “con il servizio di cure domiciliari - spiega il direttore sanitario cosentino - Viene proposta a chi è preso in carico dall’assistenza domiciliare integrata (Adi). L’altro settore in cui ci stiamo impegnando sono le case di cura e le residenze per anziani (Rsa)”, dove c’era già un percorso attivato per l’anti-Covid.
"È un’attività in itinere - riflette Rizzo - ma è fondamentale una buona informazione, anche per vincere le resistenze nei confronti delle vaccinazioni i cui benefici”, invece, “sono ampiamente dimostrati, se consideriamo come siano scomparse malattie infettive un tempo mortali”. A tale proposito, l’opuscolo informativo distribuito negli ambulatori di medicina generale è improntate per “sensibilizzare i cittadini sulla necessità di proteggersi da certe infezioni, suscitare interesse, far trovare un inizio di informazioni su cui poi possono chiedere eventuali chiarimenti proprio al medico di medicina generale - precisa - Ma il progetto, per diffondere al massimo l'informazione, prevede anche il coinvolgimento dei mass media locali e della rete online”.
Intanto, il flyer digitale è stato pubblicato nel mese di marzo sul sito web di Maya Idee Sud. L’accesso è possibile sia agli operatori sanitari che ai pazienti previa registrazione al sito. “Ma nella popolazione anziana funziona meglio l’opuscolo - osserva Rizzo - È un lavoro che si prospetta abbastanza lungo nel tempo ed è un lavoro che va ripetuto annualmente perché, se alcune sono vaccinazioni che vengono somministrate ‘una tantum’, sull’antinfluenzale - conclude - dobbiamo insistere sempre, ogni autunno, per ridurre i danni”, in termini di ricoveri e decessi “che ogni anno si hanno a causa delle complicanze della sola influenza”.
Salute e Benessere
Aids, infettivologo Guaraldi: “Con terapie long...
‘Sono 140mila italiani con virus Hiv. L’idea di un’iniezione ogni 2 mesi ha cambiato lo stigma associato all’infezione’
“In Italia sono 140.000 le persone che vivono con Hiv. Grazie alle terapie antiretrovirali questa malattia adesso è divenuta cronica, le persone con Hiv hanno la stessa speranza di vita delle persone Hiv negative, questo almeno per quei pazienti che iniziano la terapia antiretrovirale in una condizione immunologica buona. Inoltre, abbiamo a disposizione terapie long acting, con somministrazione intramuscolare ogni 8 settimane: farmaci che avevamo già sotto forma di compresse, essenzialmente appartenenti a classi già disponibili da almeno dieci anni. Tuttavia, l’idea di una somministrazione long acting, in cui il paziente non deve più assumere una compressa quotidianamente, ma riceve un’iniezione ogni 2 mesi, ha completamente trasformato il livello di percezione. Ha cambiato lo stigma associato all’infezione da Hiv, percepita dal paziente stesso”.
Lo ha detto Giovanni Guaraldi, professore di malattie infettive all’Università di Modena e Reggio Emilia, uno tra i maggiori studiosi di clinica metabolica e immunosenescenza, intervistato da Mondosanità in occasione del World Aids Day 2024, la giornata mondiale dedicata ad accrescere la coscienza dell'epidemia mondiale di Aids dovuta alla diffusione del virus Hiv, che si celebra il primo dicembre di ogni anno.
“Le terapie attualmente disponibili – spiega Guaraldi – sono combinazioni di due o più principi attivi. Esistono studi comparativi che analizzano l’efficacia di associazioni di due e tre farmaci. Le attuali linee guida riconoscono come caposaldo la classe degli inibitori dell’integrasi, che possono essere associati a varie altre classi, come i farmaci nucleosidici o gli inibitori delle proteasi. L’obiettivo della terapia antiretrovirale non è più semplicemente quello di ‘uccidere’, in pratica neutralizzare il virus, ma punta a salvaguardare la salute del paziente nella sua complessità. Pertanto, una terapia efficace deve essere orientata verso il benessere complessivo del paziente. In passato, eravamo principalmente preoccupati per le tossicità dei farmaci, e la scelta terapeutica si concentrava nell’evitare la tossicità renale, la tossicità cardiaca o il rischio di dislipidemia. Oggi, piuttosto, ci si aspetta una terapia che consideri l’intero stato di salute del paziente, integrando gli antiretrovirali, a seconda dei casi con statine, con farmaci GLP-1, con antipertensivi o con gli antidepressivi”.
La scelta della terapia, secondo lo specialista “è dettata da criteri spefici”. Quando “valutiamo il beneficio della terapia e il suo impatto sulla salute – sottolinea Guaraldi - cercherò di comprendere quali sono i patient reported outcome, le condizioni che fanno sì che una specifica terapia, per un paziente specifico (non esisterà mai una terapia adatta a tutti), ottenga il miglior successo. Oggi questa condizione è stata analizzata attraverso un approccio mirato, che non solo consente di ridurre il carico farmacologico a una singola compressa, ma soprattutto offre la possibilità di terapie somministrate in modo dilazionato”.
“Attualmente, abbiamo a disposizione terapie long acting, con somministrazione intramuscolare ogni 8 settimane ma già sappiamo che avremo terapie long acting orali, con una compressa a settimana, e ultra long acting, che rappresentano il nostro grande obiettivo futuro, in cui potrò gestire la terapia antiretrovirale essenzialmente con un’iniezione ogni sei mesi. Questo rappresenta un cambiamento significativo, che si avvicina a quello che teoricamente mi sarei aspettato da un vaccino terapeutico, nel quale avrei sicuramente dovuto effettuare anche dei booster vaccinali”.
Infine, sul fronte prevenzione dell’infezione. “In Italia siamo un po’ un fanalino di coda rispetto al resto dell’Europa – sottlinea l’infettivologo - è soltanto da un anno che il nostro Ssn ha riconosciuto la profilassi pre-esposizione (PrEP) come strumento di sanità pubblica per la prevenzione delle infezioni da Hiv. È importante chiarire che le strategie di prevenzione dell’Hiv non vanno in una unica direzione, ma offrono un ventaglio di possibilità per consentire a ogni persona di tutelarsi, soprattutto nel contesto delle malattie a trasmissione sessuale, essendo l’Hiv una malattia principalmente di questo tipo”.
“Noi sappiamo di avere a disposizione una terapia antiretrovirale, una combinazione di soli due farmaci, in grado virtualmente di azzerare il rischio di infezione per le persone che, pur avendo avuto comportamenti sessuali a rischio, non si infettano se assumono questa terapia in modo continuativo, con una compressa ogni giorno, oppure nella modalità on demand, ossia solo in occasione di un comportamento sessuale a rischio. Questa terapia - conclude Guaraldi - è uno degli strumenti di prevenzione basilari. Ricordiamo che il condom è un altro strumento efficace di prevenzione, così come gli stili di vita rientrano nella prevenzione”.
Salute e Benessere
Cardiologi, ‘anche atleta sano può avere anomalie...
La vicenda del centrocampista della Fiorentina Edoardo Bove, crollato a terra privo di sensi durante il match contro l'Inter, ripropone importanza della prevenzione delle malattie cardiovascolari, prima causa di morte a livello globale. Il tema, che interessa anche il mondo dello sport professionistico ma anche amatoriale, è tra le priorità della Fondazione Cesare Bartorelli per lo sviluppo della ricerca e della terapia cardiovascolare. "Anche un atleta, amatoriale o professionista, pur apparendo sano, può essere affetto da anomalie cardiache celate, potenzialmente pericolose durante l'attività fisica". Lo spiega il vicepresidente della Fondazione Cesare Bartorelli, Daniele Andreini, ordinario all'Università degli Studi di Milano, responsabile della Cardiologia clinica ed Imaging cardiaco e di Cardiologia dello sport presso l'Irccs Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio di Milano.
In Italia lo sport viene praticato da più di una persona su 4 (25,5%), valore che ha superato i livelli pre-pandemici (nel 2019 era pari al 23,4%). Anche sulla scorta di queste premesse la Fondazione, riconosciuta come Ente del terzo settore, ha posto tra le sue priorità quella di finanziarie studi avanzati in una branca specialistica che interessa milioni di cittadini. "La Federazione medico sportiva italiana ha attivato il modello italiano del 'Preparticipation screening' sulla popolazione, anche giovanissima, per indagare sulla natura degli incidenti cardiaci specialmente in ambito sportivo; una strategia che ha contribuito alla riduzione delle morti improvvise da sport in Italia rispetto al resto del mondo in un rapporto di 1 a 1 milione e mezzo versus 1 a 100mila", ricorda la Fondazione Cesare Bartorelli.
'Le anomalie di origine delle coronarie pur rimanendo spesso inosservate possano avere implicazioni critiche negli atleti'
"Indagare vicende come quella avvenuta ieri - sottolinea il presidente della Fondazione, Antonio Bartorelli, ordinario all'Università degli Studi di Milano e responsabile della Cardiologia interventistica universitaria presso l'Irccs Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio di Milano - è cruciale per l'intera disciplina cardiologica. Studi pubblicati dal nostro board scientifico hanno esplorato le anomalie di origine delle coronarie dimostrando come queste, pur rimanendo spesso inosservate nella popolazione generale, possano avere implicazioni critiche negli atleti". Da qui l'importanza di screening cardiaci mirati.
"Sostenere i progetti di ricerca nella cardiologia dello sport - evidenzia lo specialista - significa investire in una comprensione più approfondita della fisiologia cardiaca, della prevenzione e della cura delle malattie cardiovascolari. I progressi ottenuti hanno un impatto diretto non solo sugli atleti, ma anche sulla popolazione più ampia e contribuiscono a migliorare la salute cardiovascolare globale e a ridurre i rischi legati all’esercizio fisico. I progetti di ricerca nella cardiologia sportiva - conclude Andreini - hanno dimostrato come screening più specifici e tecniche diagnostiche avanzate siano in grado di rilevare queste condizioni. Tali conoscenze non solo migliorano la sicurezza per gli atleti, ma hanno applicazioni più ampie nella prevenzione precoce delle malattie cardiovascolari nella popolazione generale".
Salute e Benessere
Cardiologo Grimaldi, ‘proteggere anche sportivi non...
La vicenda del calciatore della Fiorentina Edoardo Bove, colpito da malore durante il match con l'Inter, "sembra essere stata gestita bene: se il ragazzo, come è stato riportato, non ha alterazioni di tipo neurologico, vuol dire che hanno mantenuto efficacemente il circolo, perché altrimenti dopo un paio di minuti si iniziano ad avere danni cerebrali. Quindi sono stati tempestivi e bravi. Il problema è che questo tipo di situazione si può riscontrare su qualsiasi campo di calcio, di qualsiasi categoria, ma anche nei dilettanti, cioè anche in chi fa calcio o qualsiasi altro sport a livello amatoriale, non agonistico. Il mio pensiero dunque si rivolge all'enorme schiera di sportivi non agonisti". Lo evidenzia all'Adnkronos Salute Massimo Grimaldi, presidente designato dell'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) e direttore Cardiologia dell'Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari).
Cosa si può fare? "La cosa migliore è diffondere la cultura della rianimazione cardiopolmonare, una cosa che secondo me andrebbe insegnata nelle scuole, almeno per quanto riguarda i rudimenti di rianimazione cardiopolmonare - illustra l'esperto - E poi andrebbe curata particolarmente anche la diffusione dei defibrillatori automatici. Ora averli è obbligatorio nei centri sportivi, grazie ad una legge vera e propria. Ma la diffusione potrebbe essere anche più estensiva, e vi sono degli esempi virtuosi in Italia, come il progetto avviato a Piacenza con una capillare diffusione di questi strumenti. Un defibrillatore automatico tra l'altro - chiosa l'esperto - ha ormai un costo molto accessibile, dai 500 ai mille euro circa, meno di un telefonino di ultima generazione, ed è uno strumento che può salvare una vita".