Roberto Cavalli: L’addio a un gigante della moda
Il 12 aprile 2024, il mondo della moda ha dovuto fare i conti con la perdita di uno dei suoi più grandi innovatori, Roberto Cavalli. Cavalli, morto all’età di 83 anni, ha lasciato un’impronta indelebile nell’industria grazie al suo spirito indomito e alla sua straordinaria capacità di reinventare il concetto di lusso. Famoso per le sue audaci stampe animalier, Cavalli ha spesso mescolato l’opulenza con un tocco di provocazione, rendendo ogni collezione un’affermazione di libertà e audacia.
Roberto Cavalli non è stato vero pioniere nel campo dei materiali innovativi. La sua ricerca costante di nuove tecniche di lavorazione e la sua sperimentazione con diversi tessuti hanno portato alla creazione di capi che erano tanto rivoluzionari quanto esteticamente impressionanti. Questa propensione per l’innovazione ha fatto sì che Cavalli tracciasse nuovi sentieri nell’industria della moda, introducendo metodi che sarebbero stati adottati e adattati da molti altri dopo di lui.
Le sue collezioni, caratterizzate da un mix vibrante di colori, stampe e materiali, hanno sempre sfidato le convenzioni, offrendo una nuova visione del lusso che è stata sia celebrata che imitata in tutto il mondo. L’uso caratteristico delle stampe animalier, in particolare, è diventato un segno distintivo del marchio Cavalli, simbolo di una moda senza paura che abbraccia la propria selvaggia bellezza.
L’eredità di Cavalli è tangibile non solo nelle collezioni che portano il suo nome ma anche nell’ispirazione che continua a offrire a stilisti e designer di tutto il mondo. La sua capacità di fondere arte e moda con un audace senso estetico garantirà che il suo impatto perdurerà per le generazioni a venire.
Le radici Fiorentine di Roberto Cavalli: Tra arte e innovazione
Roberto Cavalli è nato in una famiglia dove l’arte non era solo un passatempo, ma un vero e proprio modo di vivere. I suoi nonni, entrambi artisti riconosciuti, hanno instillato in lui una profonda apprezzazione per la bellezza e la creatività fin dalla più tenera età. Crescendo a Firenze, una città che è stata da sempre un crogiolo di arte e cultura rinascimentale, Cavalli ha assorbito l’influenza del suo ricco patrimonio culturale, che ha poi sapientemente trasfuso nelle sue creazioni di moda.
La propensione di Cavalli per il design si è manifestata inizialmente nel campo del design tessile. Qui ha iniziato a sperimentare con tecniche innovative, soprattutto nella stampa su pelle, un materiale che fino a quel momento era stato utilizzato in modo tradizionale e convenzionale. La sua capacità di trasformare la pelle in un tessuto stampato ad alta moda ha rivoluzionato l’industria, portando freschezza e novità in un settore che stava cercando nuove direzioni creative.

Il vero punto di svolta nella carriera di Cavalli arriva nei primi anni ’70, quando brevetta una tecnica rivoluzionaria per la stampa su tessuti leggeri. Questo metodo non solo ha permesso di superare numerosi limiti tecnici dell’epoca ma ha anche introdotto un nuovo livello di dettaglio e vivacità nei disegni su tessuti morbidi e fluttuanti, che hanno catturato l’immaginario del pubblico globale. La sua innovazione ha attirato l’attenzione di influenti figure della moda e ha segnato l’inizio del suo riconoscimento internazionale come pioniere del design tessile moderno.
Questa fusione di arte e innovazione tecnica è diventata la firma di Cavalli, distinguendolo come uno stilista che non solo ha compreso i suoi materiali ma ha anche osato spingerli oltre i loro confini tradizionali. Le sue prime sperimentazioni e successi hanno posto le basi per una carriera leggendaria, segnando l’inizio di un nuovo capitolo nella storia della moda, dove l’arte non si limita a decorare la vita ma la trasforma in modo audace e vivace.
L’ascesa di Roberto Cavalli negli anni ’90: Icona di una moda sfrenata
Gli anni ’90 rappresentano un periodo di definitiva consacrazione per Roberto Cavalli, anni in cui il suo nome diventa sinonimo di un lusso audace e irriverente. In questo decennio, Cavalli ha saputo incarnare lo spirito di un’epoca caratterizzata da un rinnovato desiderio di espressione individuale e di rottura con gli schemi tradizionali della moda.
Le collezioni di Cavalli di quel periodo sono dominate da stampe animalier, una scelta stilistica audace che diventa rapidamente il marchio di fabbrica del designer. Questi motivi, ispirati alla natura ma reinterpretati attraverso una lente glamour e sofisticata, simboleggiano una libertà espressiva che si distacca nettamente dalle tendenze minimaliste dominanti nell’industria della moda del tempo.
L’uso di colori vivaci e tagli audaci aggiunge un ulteriore livello di dinamismo alle sue creazioni, rendendo ogni capo una dichiarazione di indipendenza e audacia. Questa capacità di Cavalli di mescolare il lusso con l’anticonformismo attira l’attenzione di celebrità di tutto il mondo, che trovano nelle sue creazioni un alleato perfetto per i loro momenti pubblici più scrutati.

Figure iconiche come Madonna, Sharon Stone e Victoria Beckham diventano ambasciatrici dello stile Cavalli, consolidandone la fama a livello internazionale. La scelta di queste celebrità di indossare abiti Cavalli sui red carpet e in occasioni pubbliche trasforma ulteriormente il designer in un simbolo di un glamour audace e senza compromessi.
Innovazione e anticipazione: Il segno distintivo di Roberto Cavalli
Roberto Cavalli non si è mai limitato a seguire le tendenze; al contrario, ha spesso giocato un ruolo chiave nel definirle. La sua propensione per l’innovazione si è manifestata non solo nell’introduzione di nuove tecniche di stampa e nell’uso pionieristico di materiali insoliti, ma anche nella sua visione unica del design di moda. Cavalli ha infatti ridefinito il concetto stesso di moda attraverso una filosofia di design senza compromessi, che poneva al centro l’espressione libera e audace.
Il designer fiorentino ha saputo abbracciare il rischio con entusiasmo, vedendolo non come un ostacolo, ma come un’opportunità per esplorare e innovare. Questa apertura al nuovo ha reso le sue collezioni anticipatrici di tendenze, spesso introducendo stili e motivi che sarebbero diventati popolari solo anni dopo. Le sue creazioni non erano semplici abiti, ma veri e propri manifesti di un’estetica ricercata e selvaggia, che ha influenzato profondamente il settore della moda e ha ispirato altri designer a seguire il suo esempio.
Le stampe animalier di Cavalli, ad esempio, non erano semplici riproduzioni naturalistiche, ma interpretazioni audaci e artistiche che trasformavano tessuti e pelli in tele per esprimere la sua visione dell’eleganza selvaggia e indomita. Questo approccio ha reso le sue collezioni non solo iconiche ma anche estremamente desiderabili, creando un legame profondo tra l’arte della moda e l’espressione personale.
Questo spirito innovativo e anticipatore ha assicurato a Cavalli un posto d’onore nell’olimpo della moda, dove il suo lascito continua a essere una fonte di ispirazione e di ammirazione. Con ogni collezione, Cavalli ha dimostrato che è possibile rimanere fedeli alla propria visione artistica, anche sfidando le convenzioni e superando le aspettative del pubblico e della critica.
La transizione e l’innovazione sotto la direzione di Fausto Puglisi
Fausto Puglisi ha preso le redini del marchio Roberto Cavalli nel 2020, portando una ventata di freschezza e innovazione. Dopo la partenza del designer precedente, Puglisi ha introdotto nuove idee mantenendo al tempo stesso il rispetto per l’eredità iconica di Cavalli, noto per i suoi audaci motivi animalier e il lusso sfrenato.
Sotto la sua direzione, Puglisi ha effettuato cambiamenti significativi, mantenendo l’essenza del marchio ma aggiungendo il suo tocco personale. Ha esplorato nuove direzioni artistiche, come mostrato nelle recenti collezioni che presentano una fusione di classico e moderno, evidenziando stampe marmoree e nuovi approcci ai materiali e ai design. La collezione autunno/inverno 2024, ad esempio, si distacca dall’estetica “jungle disco” delle stagioni precedenti, optando per un’ispirazione più radicata e maturo, dove il marmo diventa una nuova fonte di ispirazione.

L’approccio di Puglisi ha ricevuto elogi per il suo equilibrio tra innovazione e rispetto del patrimonio di Cavalli, dimostrando una profonda comprensione del DNA del marchio e spingendo i confini della moda con nuove interpretazioni visive e materiali innovativi. Questo cambio di direzione segna un nuovo capitolo, con collezioni che continuano a stupire il pubblico mantenendo l’audacia e il lusso che hanno sempre caratterizzato Roberto Cavalli.
Riconoscimenti e impatto culturale di Roberto Cavalli
Roberto Cavalli non è stato solo un pioniere nel campo della moda, ma anche un influente protagonista nella cultura popolare e nel design. Il suo stile unico e le sue innovazioni hanno attratto l’attenzione non solo nell’ambito della moda ma anche in quello dell’arte e del design, influenzando una vasta gamma di artisti e designer. Questa intersezione tra diverse discipline creative ha contribuito a consolidare la sua fama ben oltre i confini dell’industria della moda.
Le creazioni di Cavalli sono state riconosciute con numerosi premi e riconoscimenti che testimoniano l’importanza del suo contributo al settore. Oltre ai successi commerciali, il modo in cui ha saputo fondere arte e moda in maniera così personale e profonda è stato particolarmente apprezzato. Questo approccio ha permesso di elevare la moda a una forma di espressione artistica, rendendo ogni capo una vera e propria opera d’arte.
La presenza di Cavalli nel panorama culturale va oltre le passerelle. Il suo impatto si estende alla musica, al cinema e alla televisione, dove i suoi abiti sono stati spesso scelti per definire i caratteri di icone di stile e per momenti memorabili. Questo ha contribuito a rendere il marchio Cavalli un simbolo di lusso e audacia, riconoscibile e desiderato a livello globale.
La capacità di Cavalli di mescolare con maestria gli elementi visivi e di utilizzare la moda come strumento di narrazione ha aperto nuove vie per la creatività, mostrando come la moda possa trascendere la sua funzione pratica per diventare un mezzo di comunicazione potente. Questa visione innovativa ha garantito che il suo lascito continuerà a ispirare designer e artisti, influenzando il modo in cui la moda è percepita e realizzata.
L’eredità di Roberto Cavalli
La scomparsa di Roberto Cavalli segna il momento di celebrare una vita dedicata all’innovazione e alla sfida dei confini della creatività. Attraverso il suo lavoro, Cavalli ha lasciato un messaggio duraturo di libertà e bellezza che continua a riecheggiare nel mondo della moda e oltre. I suoi contributi hanno ridefinito l’estetica della moda contemporanea, spingendo i limiti dell’espressione personale e del lusso.
Le innovazioni di Cavalli e il suo audace senso estetico sono stati celebrati in tutto il mondo, attirando tributi da figure di spicco nell’industria della moda e da ammiratori di tutto il globo. Questo riconoscimento universale è la testimonianza dell’ampio impatto che il suo lavoro ha avuto non solo nell’ambito della moda ma anche nella cultura popolare, influenzando stili di vita e percezioni estetiche su scala globale.
Il suo lascito vivrà attraverso le sue creazioni, che continuano a ispirare nuove generazioni di designer e artisti. Il suo approccio rivoluzionario alla moda, che ha sempre privilegiato l’innovazione e la sperimentazione, rimarrà un punto di riferimento essenziale per chi cerca di trasformare la visione artistica in realtà tangibili. Cavalli non è stato solo un designer di moda: è stato un visionario che ha saputo vedere oltre le tendenze del momento, creando un linguaggio visivo che parla di audacia, passione e libertà ineguagliabili.
In ultima analisi, la storia di Roberto Cavalli è quella di un uomo che ha saputo non solo anticipare i tempi ma anche plasmarli, lasciando un’impronta indelebile nel tessuto della moda mondiale. Con tributi che continuano ad affluire, è chiaro che il suo spirito creativo e la sua eredità continueranno a influenzare il mondo della moda per molti anni a venire.

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Attualità
Truman Capote e la ferita di un delitto: il nuovo sguardo di “Pagine” su Rai 5

Avvertiamo sempre un brivido, quasi un sussurro inquieto, quando pensiamo a quei delitti che scuotono intere comunità. Voi vi siete mai chiesti che cosa spinga uno scrittore a immergersi così a fondo in un omicidio da farne un romanzo-capolavoro? In “A sangue freddo” Truman Capote fece esattamente questo, scavando nella tragica vicenda della famiglia Clutter e finendo per portarsi dietro un peso enorme. Adesso, questo stesso racconto torna sotto i riflettori grazie al documentario di Julien Gaurichon e Frédéric Bas, che lunedì 24 marzo verrà proposto in seconda serata su Rai 5, all’interno di “Pagine”.
La voce di Federica Sciarelli: dal crimine narrato al crimine reale
Nel nuovo programma di Rai Cultura, ci affacciamo su scenari di letteratura che spesso s’intrecciano con la cronaca. Ed è proprio Federica Sciarelli, popolare volto di “Chi l’ha visto”, a introdurre il mondo di “A sangue freddo”. Sentiamo tutta l’intensità di chi ha familiarità con storie difficili, perché la Sciarelli di crimini ne ha raccontati tanti e sa bene quanto possa pesare l’eco di un fatto violento.
Noi immaginiamo la vita a Holcomb, in Kansas, nel 1959. Un posto tranquillo dove improvvisamente accade qualcosa di mostruoso: quattro membri della famiglia Clutter vengono trovati assassinati il 15 novembre. Capote, ancora noto soprattutto per “Colazione da Tiffany”, resta catturato dalla notizia letta sul “New York Times”. Un crimine così efferato lo spinge a passare cinque anni tra interviste e ricerche, fino alla pubblicazione di “A sangue freddo” nel 1965 sulle pagine del “New Yorker”. Nel 1966 esce il romanzo completo, e quel successo esplode al punto da cambiare la sua vita e quella di una certa narrativa true crime.
Le ombre dei colpevoli e le ferite interiori
Vi siete mai chiesti come reagiremmo davanti a chi ha commesso un massacro? Capote incontrò più volte i due responsabili, Perry Smith e Dick Hickock, ex pregiudicati in libertà vigilata. Ci sconvolge sentire che lui descriveva Perry come colto e sensibile, mentre Dick sembrava incredibilmente pacato. Eppure, nel 1960 furono entrambi arrestati e poi condannati a morte. Cinque anni dopo, Capote assistette alle impiccagioni. Da lì la ferita, un vuoto che lui stesso definì insopportabile: “Nessuno conoscerà mai il vuoto che A sangue freddo ha scavato in me. In qualche modo credo che questo libro mi abbia ucciso”.
Con filmati d’archivio e testimonianze, Gaurichon e Bas riportano alla luce la forza devastante di quella storia e mostrano quanto abbia segnato Capote. Noi ci ritroviamo quasi senza fiato, perché scopriamo un autore diviso fra la voglia di raccontare e il peso di un’esperienza troppo intensa. “Pagine” – curato da Silvia De Felice, Emanuela Avallone e Alessandra Urbani, per la regia di Laura Vitali – ci accompagna lungo questo percorso fra parole e immagini, invitandoci a esplorare la letteratura come specchio della realtà più crudele.
Non sappiamo se avremo mai risposte definitive, ma restiamo uniti in questa riflessione collettiva, mentre la Sciarelli ci introduce a un racconto che vibra ancora di tensione. E forse, alla fine, ci rendiamo conto che l’anima di Capote aleggia ancora su quelle pagine, come se il crimine avesse stretto uno strano patto con la sua penna.
Attualità
Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti di voi, probabilmente, preferirebbero non rivivere certi ricordi. Eppure sentiamo il dovere di ripercorrere fatti come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, perché non possiamo permettere che scivolino nell’oblio.
Un processo fra indignazione e memoria
Il nome di Erich Priebke rimane un simbolo del male: ex ufficiale delle SS, coinvolto in uno dei massacri più atroci del nostro Paese. Nel 1996 lo arrestano in Argentina e lo trasferiscono in Italia. Sembra quasi un film, ma è tutto drammaticamente reale. Il tribunale militare di Roma, in un’aula piccola e soffocante, diventa il palcoscenico di un dibattito giuridico infuocato. La prima sentenza riconosce la colpevolezza di Priebke ma, incredibilmente, dichiara prescritto il reato.
Vi immaginate la rabbia? Familiari delle vittime che protestano, che occupano l’aula, che non riescono ad accettare una conclusione tanto assurda. Eppure quei momenti di tensione hanno contribuito a riaccendere l’attenzione collettiva su un capitolo oscuro della nostra storia. Nel 1997, alla fine, arriva la condanna definitiva all’ergastolo, con un principio che ormai conosciamo bene: i crimini di guerra non vanno in prescrizione.
Sentiamo un fremito nel presentarvi La verità del male – Il processo Priebke, un documentario prodotto da Golem Multimedia, in collaborazione con Rai Documentari e Fondazione Museo della Shoah, che va in onda venerdì 21 marzo in seconda serata su Rai 3. Il racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e Alberto Ferrari, e diretto dallo stesso Ferrari, mette in scena le voci di chi ha vissuto quei giorni intensi: Francesco Albertelli (ANFIM), Giovanni Maria Flick (Ministro della Giustizia di allora), Antonino Intelisano (pubblico ministero del Tribunale Militare) e Riccardo Pacifici, protagonista delle proteste e oggi vice presidente della European Jewish Association. La narrazione di De Cataldo penetra nelle pieghe del passato, mentre la colonna sonora, firmata da Gabriele De Cataldo e il montaggio di Luca Mariani completano un quadro crudo e necessario.
Siamo convinti che un lavoro del genere non sia solo un prodotto televisivo. È un richiamo collettivo a guardare in faccia l’orrore e a non smettere di fare i conti con ciò che è stato. Voi siete pronti a rivivere tutto questo? Noi crediamo che non ci sia scelta: occorre ricordare, sempre.
Attualità
Mafie, corruzione e innovazione: un viaggio tra resistenza civile, politiche globali e...

È strano, vero, ritrovarci con tante storie diverse che si intrecciano? Ci fa un po’ girare la testa, perché passiamo dalla lotta contro le mafie qui in Italia a proteste in altre parti del mondo. Eppure, tutto ci appare connesso. Noi stessi sentiamo il bisogno di capire in profondità come questi eventi si influenzino a vicenda. Voi potreste chiedervi: perché accostare tecnologie futuristiche, vicende di repressione politica e corruzione? Forse perché, nel loro complesso, ci mostrano la direzione in cui stiamo andando.
La rincorsa all’AI: soglia del “Sovrumano”
Iniziamo da qualcosa che cattura l’attenzione di tutti: l’intelligenza artificiale. Fino a ieri ci chiedevamo se le macchine potessero mai pensare. Ora siamo arrivati a porci una domanda più inquietante: quando supereranno le nostre abilità? Abbiamo ascoltato il parere di Nello Cristianini, professore all’Università di Bath, che sembra convinto di una prossima svolta. Ci dice che le IA non si limiteranno a eguagliare le nostre competenze, ma potrebbero addirittura superarle. C’è un brivido che corre lungo la schiena. Siamo davvero pronti?
Eppure, questa corsa alla tecnologia non è così astratta. È connessa al modo in cui gestiamo il potere, le libertà individuali e persino la trasmissione del sapere. Senza rendercene conto, l’AI irrompe nella nostra vita con una velocità inaudita. Inquieta, appassiona, spaventa. Ci sentiamo sospesi: da un lato siamo entusiasti di scoprire fin dove possiamo arrivare, dall’altro ci domandiamo se stiamo perdendo di vista i nostri valori più umani.
Riflessioni dalla Sicilia: il coraggio di dire no
Parallelamente, entriamo in un mondo che abbiamo appena dietro l’angolo, ma che a volte fingiamo di non vedere: quello delle mafie. Oltre 40 miliardi di euro, un giro d’affari colossale qui in Italia. Lì, nella giornata dedicata al ricordo delle vittime di mafia, migliaia di persone hanno sfilato a Trapani insieme a Libera e Don Ciotti. E ci siamo commossi quando abbiamo incontrato i fratelli Lionti, imprenditori di Niscemi. Loro si sono opposti al pizzo e hanno rischiato di essere ammazzati. Vivono sotto scorta, non vogliono lasciare la Sicilia, e continuano a lavorare fianco a fianco con la federazione antiracket. Uno slancio di determinazione che ci fa sentire un po’ più speranzosi.
Il Procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, ha lanciato l’allarme: ci sono sequestri frequenti di armi da guerra. Armi pesanti destinate – dice – a gesti clamorosi. Parla di un mandamento di Cosa Nostra in mano a giovani reclutati con un compenso misero, poche migliaia di euro, per uccidere. Tutto questo scuote la nostra coscienza. E ci fa chiedere se stiamo facendo abbastanza per sostenere chi non si piega.
Corruzione e proteste: drammi condivisi
Potremmo spostarci lontano, in Macedonia, dove un incendio in una discoteca abusiva – un capannone privo di uscite di sicurezza – ha causato 59 vittime e 155 feriti. Una strage che ha scioccato il Paese e che ha scatenato proteste furiose contro la corruzione. Non sono bastati gli arresti dei responsabili e le dimissioni del sindaco. In Serbia, intanto, da quattro mesi non si fermano le manifestazioni iniziate dopo il crollo di una pensilina, costato la vita a 15 persone. Più proteste, più rabbia, più richieste di cambiamento. E noi ci chiediamo: quante altre tragedie dovranno avvenire prima che le istituzioni intervengano davvero?
Tagli e repressione: gli Stati Uniti di Trump
Da un’altra parte del mondo troviamo un altro scontro. Trump vs Campus. Forse alcuni di voi hanno sentito parlare di Mahmoud Khalil, studente siriano di origine palestinese, con una famiglia, una green card e una laurea alla Columbia. La sua detenzione e la minaccia di espulsione hanno sollevato proteste accese a New York. Khalil paga per essere stato un leader delle dimostrazioni a favore della Palestina. E la Columbia rischia pure la perdita di 400 milioni di dollari di fondi federali. Pare che tutti i campus americani siano entrati nel mirino, costretti a tagliare corsi e ricerche su temi sgraditi a Trump: inclusione, riscaldamento globale, ogni cosa giudicata troppo “ribelle”. Sembra un attacco alla libertà di pensiero. A noi pare gravissimo.
Un rifugio per animali (e per noi)
Spostiamoci in Lazio, provincia di Viterbo. Due sorelle gemelle, una avvocata e una medica, hanno deciso di prendersi cura di cani, gatti, pecore non riproduttive e perfino cinghialetti. Hanno creato un rifugio per animali abbandonati, malati o capitati in eredità a chi non li voleva. Sembrava un sogno ingenuo. Invece, con un po’ di donazioni e tanta testardaggine, ci sono riuscite. Noi ammiriamo la loro scelta. Sì, perché ci dimostrano che esiste un modo diverso di vivere e trovare serenità, riscoprendo un contatto autentico con la natura.
I problemi del lago Trasimeno
Nel frattempo, in Umbria, il lago Trasimeno segna un metro e 25 centimetri sotto lo zero idrometrico. Poche piogge e cambiamenti climatici preoccupanti. Il turismo e la pesca ne risentono. Si parla di convogliare l’acqua dal lago Montedoglio, in Toscana, per evitare il peggio. Ma è un progetto da accelerare, prima che arrivi l’estate. Noi, se fossimo in voi, cercheremmo di capire quanto questo specchio d’acqua, il quarto lago d’Italia, rappresenti un patrimonio da non perdere.
Una pausa dai social?
In carne e ossa: secondo alcuni studenti della Civica scuola di cinema di Milano, i “reel” e i video brevissimi su TikTok o simili potrebbero non essere più così irresistibili. C’è voglia di stare insieme, di rallentare. Li vediamo correre e pedalare a mezzanotte per le strade della città, alla ricerca di un contatto vero. Rimane il fatto che, tramite i social, ci si organizza e si condivide ogni novità. È un paradosso che fa sorridere. Ma forse è solo la nostra natura, sempre in bilico tra tecnologia e desiderio di relazione.
Tradizioni giapponesi: spade e cicatrici dorate
Avete mai sentito parlare dei fabbri di katane? In Giappone ne sono rimasti solo 80, custodi di un’arte che esiste da mille anni. Le spade dei samurai non erano concepite come strumenti d’offesa, ma come protezione contro le forze negative. Poi c’è il kintsugi, la riparazione dei vasi rotti con oro fuso. Qualcosa che ci fa riflettere: le ferite si trasformano in elementi preziosi della nostra storia. E noi ci emozioniamo davanti a una cultura che, pur essendo proiettata al futuro, difende le proprie radici.
Come eravamo: Giappone 1963
Concludiamo con un salto indietro. L’archivio di TV7 ci mostra un Giappone del 1963 lanciato verso la modernità: treni rapidi, città in fermento, costruzioni vertiginose. Eppure il confronto con le tradizioni, il ruolo delle geishe e i ritmi antichi era già allora un enigma. Forse è sempre la stessa storia: un popolo in bilico tra evoluzione e rispetto delle proprie origini.
Alla fine di questo viaggio, abbiamo la sensazione di un’umanità che lotta, a volte soffre, e cerca risposte in mille direzioni. Siamo convinti che voi, come noi, abbiate bisogno di queste storie: per trovare il coraggio di resistere o per custodire un ricordo prezioso. Noi, tutti insieme, non dovremmo mai smettere di cercare un equilibrio tra innovazione e radici, tra legalità e libertà. Il resto è un percorso da costruire, un passo alla volta.
Tutto questo e molto altro nel prossimo appuntamento su Rai 1 con TV7, venerdì 21 marzo, a mezzanotte!