Salute: solo 50% cardiopatici aderisce a cure, al via campagna ‘Affetti Desiderati’
Per Giornata nazionale aderenza terapia Siprec e Gruppo Servier lanciano iniziativa per un cuore in salute
Le malattie cardiovascolari costituiscono ancora oggi in Italia e nel mondo uno dei più importanti problemi di salute pubblica: insieme a cancro, diabete e malattie respiratorie croniche fanno parte delle malattie non trasmissibili (Mnt), tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità. Con quasi 20 milioni di decessi all'anno a livello mondiale, nell'Unione europea rappresentano la principale causa di mortalità (oltre il 90%) causando il 25% della spesa sanitaria annua complessiva. In Italia il 60% degli over 65 è colpito da una malattia cronica e, tra queste, le malattie cardiometaboliche sono le più frequenti. Gestire e tenere sotto controllo queste patologie richiede non solo terapie efficaci, ma anche un impegno costante e continuativo da parte dei pazienti nel seguire attentamente le cure e i controlli periodici. Nonostante le indicazioni mediche, però, solo il 50% dei pazienti con malattie cardiovascolari aderisce correttamente alle cure tanto, che la scarsa aderenza terapeutica può essere considerata un fattore di rischio cardiovascolare occulto che si aggiunge a ipertensione, dislipidemia, diabete e a stili di vita non corretti.
Per far capire quanto sia cruciale l'aderenza alle terapie nel controllo delle malattie croniche cardiometaboliche, in occasione della Giornata nazionale per l'aderenza alla terapia viene presentata 'Affetti desiderati', la nuova campagna di sensibilizzazione promossa dal Gruppo Servier in Italia in collaborazione con la Società italiana per la prevenzione cardiovascolare (Siprec). 'Affetti desiderati' usa le dinamiche di 'coppia' narrate dalla prospettiva delle terapie: protagoniste della campagna sono, infatti, 'pillole e compresse' tristi, trascurate dai pazienti e impegnate nel rendere consapevoli pazienti e caregiver che gli 'effetti indesiderati' di una scarsa aderenza possono essere trasformati con costanza e impegno in 'affetti desiderati' per la salute del nostro cuore.
"La corretta aderenza terapeutica è fondamentale per il successo nel trattamento delle malattie cardiovascolari. Educare e motivare i pazienti a seguire le terapie prescritte è cruciale per migliorare la loro prognosi e la loro qualità di vita - afferma Massimo Volpe, professore di Cardiologia dell'Università La Sapienza di Roma e presidente Siprec - E' importante che i pazienti comprendano appieno l'importanza della terapia e siano supportati nel loro percorso di cura, affinché possano ottenere i migliori risultati possibili nella gestione delle malattie cardiovascolari".
E' dimostrato che una corretta aderenza terapeutica porta a una riduzione del 20% delle malattie cardiovascolari e addirittura del 35% della mortalità per tutte le cause. Tuttavia, molti pazienti riscontano difficoltà nel seguire regolarmente le terapie prescritte, compromettendo così i risultati del trattamento e la loro salute a lungo termine. Già dopo il primo anno di terapia, si stima che il 20% dei pazienti non aderisca correttamente alle terapie prescritte, percentuale che sale all'85% al quinto anno. Le motivazioni della scarsa aderenza alle cure sono diverse: dimenticanza, complessità della terapia, durata ed eventuali effetti collaterali del trattamento e mancata percezione sulle potenziali conseguenze della non aderenza. Si aggiunge inoltre la possibilità che siano presenti comorbidità, che fanno sì che il numero di farmaci da assumere aumenti e con esso la difficoltà ad aderire correttamente al piano terapeutico.
"Nel trattamento dei pazienti la chiarezza nelle istruzioni terapeutiche è essenziale per garantire un'aderenza ottimale. Fornire al paziente dettagli precisi su come e quando assumere la terapia, considerando circostanze come i pasti o gli spostamenti, è essenziale - spiega Claudio Ferri, professore ordinario di Medicina interna, Università degli Studi dell'Aquila - Ridurre il numero di compresse attraverso combinazioni fisse, sia di tipo 'monotematico', cioè dirette verso un singolo fattore di rischio, sia di tipo 'ibrido', dirette cioè verso più fattori di rischio, implica la prescrizione di differenti farmaci, combinati però in una singola compressa e non prescritti separatamente. Ciò semplifica notevolmente il regime terapeutico ed aumenta in modo consistente la probabilità che il paziente sia continuo nell'assunzione della terapia prescritta e raggiunga quindi più frequentemente gli obiettivi di trattamento in modo tanto efficace quanto sicuro".
La non aderenza ha poi un forte impatto economico-sociale, in quanto si traduce in un danno non solo per il paziente, ma anche per la società e il sistema sanitario nazionale, chiamati ad assorbire i costi diretti e indiretti generati dagli interventi sanitari e previdenziali necessari per gestire eventi maggiori e disabilità correlate. Aiutare i pazienti affinché aderiscano al meglio al trattamento prescritto permetterebbe di salvare la vita di circa 200mila pazienti e di ridurre significativamente l'impatto economico in Europa, riducendo le spese sanitarie di circa 125 miliardi di euro l'anno.
"Anche quest'anno il Gruppo Servier in Italia rinnova il suo impegno a sostegno dell'aderenza terapeutica nelle malattie cardiovascolari con la nuova campagna 'Affetti desiderati': siamo una delle prime aziende che 7 anni fa ha posto questo tema al centro del suo impegno - dichiara Gilles Renacco, Presidente Gruppo Servier in Italia - Oggi siamo spronati più che mai dalle recenti evidenze che stimano che in Europa circa 200mila decessi e il 9% degli eventi cardiovascolari potrebbero essere attribuiti a una scarsa aderenza alle cure. Da 70 anni ci impegniamo nella ricerca cardiovascolare che, attraverso una strategia di innovazione incrementale, ha sviluppato una serie di farmaci sicuri, efficaci e 'patient friendly' che contribuiscono a facilitare l'aderenza al trattamento per i pazienti con patologie cardiometaboliche".
Fulcro della campagna 'Affetti desiderati' è un video, ironico e divertente, dal quale sono stati creati un set di contenuti informativo-educazionali diffusi da oggi fino a fine maggio online, attraverso i social aziendali e il portale Al Cuore dell'Aderenza, e offline con eventi open air ospitati a Napoli, Roma e Milano.
Salute e Benessere
Tumori al seno, da Ieo Milano ‘3 passi verso la...
Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Nuovi farmaci per terapie innovative e vicedirettore dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, professore all'Università Statale del capoluogo lombardo, è autore di 3 studi, pubblicati quasi contemporaneamente su 'New England Journal of Medicine' (Nejm) e 'Nature Medicine', che segnano "3 pietre miliari nella lotta al tumore del seno, sia in fase iniziale che metastatica", informano dall'Irccs fondato da Umberto Veronesi. I risultati delle ricerche sono presentati e discussi al San Antonio Breast Cancer Symposium (10-13 dicembre, San Antonio, Texas).
Il primo studio (Destiny06), pubblicato sul 'Nejm' il 6 dicembre - riporta una nota - consacra il ruolo degli anticorpi coniugati nella cura delle pazienti con tumore al seno Her2 low, le cui cellule presentano cioè un'espressione bassa del recettore 2 del fattore di crescita dell'epidermide umana. I dati dimostrano che anche nelle pazienti con bassa espressione del recettore (tumore Her2-low o Her2-ultralow) l'anticorpo monoclonale trastuzumab coniugato con il farmaco deruxtecan, dopo la terapia ormonale, migliora la sopravvivenza senza progressione di malattia in media di 5 mesi rispetto alla chemioterapia. Un importante progresso nelle terapie per i tumori mammari metastatici emerge anche dai risultati del secondo lavoro, apparso sul 'Nejm' il 10 dicembre. Si tratta dello studio Ember-3 sull'efficacia di imlunestrant, un degradatore orale selettivo del recettore degli estrogeni, nelle pazienti con carcinoma mammario avanzato Er+ Her2-, che esprime cioè il recettore degli estrogeni, ma non il recettore Her2. I dati hanno dimostrato che in pazienti già trattate con terapia endocrina imlunestrant, associato al chemioterapico abemaciclib, migliora di circa 4 mesi la sopravvivenza senza progressione di malattia rispetto alla terapia standard.
Lo studio pubblicato su Nature Medicine segna invece un passo avanti nella terapia neoadiuvuante, somministrata prima dell'intervento chirurgico per ridurre le dimensioni del tumore e renderlo più facilmente operabile. La ricerca ha dimostrato che l'immunoterapia con nivolumab aumenta l'efficacia della chemioterapia neoadiuvante, senza peggiorare gli effetti collaterali, nelle donne con tumore al seno iniziale Er+ Her2- ad alto rischio, vale a dire con alti livelli di Er e assenza di Her2. I ricercatori hanno inoltre identificato specifici sottogruppi di pazienti che hanno maggiori probabilità di rispondere e trarre beneficio dalla associazione di nivolumab e chemioterapia neoadiuvante. Questi pazienti sono quelli con maggiore livello di linfociti infiltranti e di PD-L1 (recettore bersaglio per l'immunoterapia).
"Questi risultati - dichiara Curigliano - dimostrano che dobbiamo continuare a interrogarci sugli schemi terapeutici e le classificazioni del tumore al seno, per migliorare le cure dei tumori metastatici e quelli iniziali ad alto rischio: le 2 grandi sfide della senologia contemporanea. Dobbiamo continuare a sviluppare lo studio delle caratteristiche molecolari del tumore e in particolare la presenza o meno di target molecolari sulla superficie delle cellule tumorali e i livelli a cui sono presenti, perché su questa conoscenza si basa la strategia terapeutica del futuro. I progressi ci sono già oggi, come dimostra il fiorire di studi mondiali, tra cui i 3 appena pubblicati a cui sono orgoglioso di avere contribuito".
"La prospettiva di vita per una donna con una malattia metastatica è quasi triplicata negli ultimi 20 anni, ma io sono convinto - conclude l'oncologo - che questo è solo l'inizio di un processo che ci porterà verso l'obiettivo della guarigione per tutte le pazienti con tumore del seno".
Salute e Benessere
Salute, +34% allergie alimentari negli ultimi 10 anni, più...
Le allergie alimentari nei bambini aumentano in tutto il mondo e anche in Italia. Secondo i risultati dello studio Epifa (Epidemiology of Paediatric Italian Food Allergy), promosso dalla Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp), negli ultimi 10 anni c'è stato un aumento del 34%: "Più colpita la fascia d'età tra 0 e 3 anni, con un incremento del 120%", evidenzia la Sigenp. Alcune di queste allergie possono avere un esito infausto, come accaduto a Roma a una bambini di 9 anni morta al Policlinico Gemelli dove era stata trasferita giovedì sera in condizioni disperate dal Policlinico Casilino. La bambina è deceduta in seguito a una reazione allergica con shock anafilattico insorto a casa, dopo che a pranzo aveva mangiato a quanto pare degli gnocchi in un ristorante.
Ma a che cosa è dovuto l'aumento vertiginoso della prevalenza di queste condizioni? "Le cause possono essere molteplici, da una eccessiva prescrizione di antibiotici e farmaci inibitori dell'acidità gastrica, all'uso di disinfettanti e antisettici. Ma un ruolo di grande importanza nel favorire la comparsa di allergie alimentari è dato dall'aumento continuo e inarrestabile del consumo di alimenti ultraprocessati in età pediatrica già a partire dal primo anno di vita - spiega Berni Canani, professore ordinario di Pediatria all'Università degli Studi di Napoli Federico II e coordinatore dello studio Epifa - Questi alimenti ultraprocessati, il cosiddetto 'cibo spazzatura' che in Italia, così come in altri Paesi come gli Stati Uniti o l'Australia, viene consumato sempre di più dai bambini, anche dai più piccoli, sono in grado di alterare il sistema immunitario e scatenare la comparsa di allergie".
'I casi più gravi da crostacei e molluschi, cereali, uova e alimenti vegetali'
"Da uno studio sull'incidenza e sulle cause di allergie alimentari in Italia dell'Associazione allergologi italiani territoriali e ospedalieri (Aaaito) - si legge nel documento di indirizzo sull'allergie alimentari del ministero della Salute - è risultato che gli allergici ad alimenti sono l'8% di tutti gli allergici. Il 45% presentava una allergia primaria (non collegata ai pollini) agli alimenti, gli altri una reazione crociata tra pollini e alimenti, mentre l'1% è risultato allergico ad alimenti per reazione crociata al lattice. Fra gli alimenti sono causa di allergia primaria i vegetali 72% (frutta, legumi, pomodoro), crostacei e molluschi 13%, pesci 4%, uova 3%, latte 3 %, cereali 2%, carni 1%, anisakis e lumache meno dell'1%. I quadri clinici più gravi sono causati da allergia primaria a crostacei e molluschi, cereali, uova e alimenti vegetali quali sesamo, spinaci, avocado, arachidi e semi".
"In età pediatrica latte vaccino, uova, grano, soia, pesce ed arachidi sono responsabili di circa il 90% delle reazioni allergiche ad alimenti. Le reazioni sistemiche per le allergie alimentari crociate con i pollini sono il 5%. La causa più frequente di allergia ai vegetali è rappresentata dalle proteine Lipid Transfer Protein (Ltp) (20% di tutte le allergie alimentari e 60% dei vegetali); le Ltp sono contenute soprattutto in pesca, mela, albicocca, ciliegia, nocciola, arachidi e noci", aggiunge il documento del ministero della Salute.
Salute e Benessere
Metamizolo, alert Aifa su antidolorifico e antifebbre:...
Lettera ai medici con misure importanti per minimizzare gli esiti gravi della agranulocitosi, che può portare anche a infezioni fatali
Alert dell'Agenzia italiana del farmaco sull'antidolorifico e antipiretico metamizolo e il rischio di agranulocitosi, una condizione patologica che comporta una diminuzione improvvisa e severa dei globuli bianchi (granulociti) e può portare a infezioni gravi, anche fatali. La comunicazione dell'Aifa è ai medici che in questo modo possono informare e sensibilizzare i pazienti che assumono metamizolo e intercettare precocemente i sintomi di agranulocitosi, che in questo periodo possono confondersi con quelli dell'influenza e passare inosservati.
Metamizolo e rischio agranulocitosi, quali sono i sintomi
Secondo la nota informativa pubblica sul sito dell'Aifa, concordata con le autorità regolatorie europee, "i pazienti trattati con medicinali contenenti metamizolo devono essere informati riguardo ai sintomi precoci suggestivi di agranulocitosi, tra cui febbre, brividi, mal di gola e piaghe dolorose delle mucose, in particolare nella bocca, nel naso e nella gola o nelle regioni genitali o anali; alla necessità di mantenere alta l'attenzione su questi sintomi, poiché possono manifestarsi in qualsiasi momento durante il trattamento, anche poco dopo l'interruzione del trattamento; alla necessità di interrompere il trattamento e rivolgersi immediatamente al medico se sviluppano questi sintomi.
Se il metamizolo viene assunto per la febbre, alcuni sintomi di una agranulocitosi emergente possono passare inosservati", avverte la nota. "Inoltre, i sintomi possono essere mascherati nei pazienti in trattamento con una terapia antibiotica. Se si sospetta agranulocitosi, deve essere eseguito immediatamente un emocromo completo (inclusa la formula leucocitaria) e il trattamento deve essere interrotto in attesa dei risultati.
Le indicazioni in caso si agranulocitosi
Se l'agranulocitosi viene confermata, il trattamento non deve essere reintrodotto". E ancora, "il monitoraggio di routine dell'emocromo nei pazienti trattati con medicinali contenenti metamizolo non è raccomandato. Il metamizolo è controindicato nei pazienti con un'anamnesi di agranulocitosi indotta da metamizolo (o da altri pirazoloni o pirazolidine), con compromissione della funzionalità del midollo osseo o con malattie del sistema emopoietico".
A luglio l'Agenzia europea del farmaco (Ema) ha avviato una revisione dei medicinali a base di metamizolo. Intanto - come raccomandato dal Comitato sicurezza dell'ente regolatorio Ue - l'Aifa anche con questa nota rafforza le misure per ridurre al minimo le conseguenze gravi di questo effetto collaterale dell'antidolorifico.