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Puglia, M5S esce da giunta Emiliano. Conte: “Non...

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Puglia, M5S esce da giunta Emiliano. Conte: “Non possiamo chiudere gli occhi”

Il leader Cinquestelle in conferenza stampa nella sede del Consiglio regionale dopo le inchieste giudiziarie dei giorni scorsi: "Lasciamo posti e deleghe, contributo a opera di pulizia nel mondo politico". Il governatore pugliese: "Indagini non riguardano Giunta in carica"

Giuseppe Conte

"Rinunciamo ai nostri posti in giunta regionale e lasciamo tutte le deleghe e i ruoli di governo". Lo ha detto il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, parlando in conferenza stampa nella sede del Consiglio regionale della Puglia. "Chiudere gli occhi per la nostra storia non sarebbe possibile", ha aggiunto, annunciando che il M5S esce dalla giunta regionale guidata da Michele Emiliano a seguito delle inchieste giudiziarie degli ultimi giorni.

Con questa decisione "non ci limitiamo più a dire che siamo per la legalità e a chiedere onestà ma ci assumiamo la responsabilità di contribuire alla disinfestazione e all'opera di pulizia nel mondo politico" , ha detto ancora il leader pentastellato. "Non è una decisione nel segno dell'antipolitica - ha aggiunto - ma oggi che siamo nelle istituzioni vogliamo la buona politica".

"La politica dei favori, clientele, degli scambi illeciti il Movimento 5 Stelle - ha aggiunto - l' ha sempre combattuta fin dall'inizio e continuerà a combatterla. Non combattiamo solo Meloni e soci sul tema della legalità. Non facciamo neppure sconti alle forze del nostro stesso campo politico perché su questi principi non possono esistere due pesi e due misure, almeno non per il Movimento 5 Stelle. Vogliamo dare una fortissima scossa - ha proseguito Conte -, è il momento di fare pulizia e di fare tabula rasa".

E ancora: "Noi siamo entrati in giunta anche perché il presidente Emiliano ha una storia come pm che ha combattuto le mafie e perché ha una storia in termini di affinità politica rispetto a principi e valori che per noi sono importanti. Penso al welfare, alla giustizia sociale, alla giustizia ambientale. Non disconosciamo le ragioni politiche che ci hanno indotto a fare la scelta di entrare in giunta e non disconosciamo il lavoro che è stato fatto", ha continuato Conte.

"Però oggi chiudere gli occhi - ha aggiunto - sarebbe un’assurdità e non sarebbe possibile per la nostra storia. Noi siamo in una nuova fase, sin qui abbiamo fatto la scelta di contribuire al governo di questa regione. Quindi è anche con rammarico che oggi si interrompe questo lavoro e questo grande contribuito che abbiamo dato".

"Per contribuire all'opera di pulizia e disinfestazione della politica abbiamo elaborato un patto per la legalità, un protocollo molto articolato che, a tutti i livelli, a partire dagli eletti e da chi ha cariche politiche, a partire dai dipendenti e dai collaboratori esterni che stipulano convenzioni e contratti con la pubblica amministrazione e dal personale di staff inseriti a vari livelli degli uffici a degli incaricati politici che prevede la costituzione di un nucleo ispettivo qui alla regione Puglia che possa vigilare su tutti I criteri anche di nomina nelle partecipate e su ogni passaggio significativo dell'azione complessa di una amministrazione regionale come quella della Puglia. Lo consegnerò al presidente della Regione Puglia Michele Emiliano che incontrerò tra poco per rispetto istituzionale", ha continuato.

"Sulla legalità - ha aggiunto - non esistono opportunismi non abbiamo mai imbarcato acchiappavoti noi siamo assolutamente impermeabili alla cattiva politica. Non sapete quanti finanziatori di campagne elettorali abbiamo rifiutato".

“Non abbiamo mai imbarcato acchiappavoti, abbiamo anche noi la lista di capibastone che hanno pacchetti precostituiti di voti che ci hanno offerto dappertutto e li abbiamo sempre rifiutato. Noi siamo impermeabili a questo modo di fare, questa è cattiva politica. Abbiamo rinunciato anche a finanziatori, ma non sapete quanti finanziatori sono venuti che ci volevano finanziare le campagne elettorali, abbiamo sempre rifiutato lavorando con le micro donazioni degli iscritti. Noi siamo quelli che hanno candidato campioni alla mafia”, ha continuato.

Emilano: "Indagini con riguardano Giunta in carica"

''Tutte le diverse indagini in questo momento in corso da parte della Procura di Bari non hanno mai riguardato l'attività istituzionale della Giunta in carica, ed anche nell'ipotesi ultima, si sottolinea che è stato un dirigente regionale a dare inizio alle indagini attraverso una sua denuncia. Ciò dimostra una capacità degli uomini e delle donne della Regione Puglia di comprendere e reagire ad ogni tentativo di commettere atti illegali''. Così il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sull'arresto dell'ex assessore Alfonso Pisicchio che da ieri non è più commissario dell'Arti, agenzia regionale per la tecnologia e l'innovazione.

''Al fine di rafforzare la capacità di vigilanza e di denuncia da parte di chiunque abbia notizie di attività illegali compiute a qualunque titolo collegate alle attività istituzionali della Regione Puglia è attivo un sistema anticorruzione conforme alle leggi nazionali - ha aggiunto - che ha consentito anche in passato di scoprire, ad iniziativa della Regione Puglia, gravi reati, come le truffe in agricoltura commesse da diversi professionisti, dando modo all'Autorità giudiziaria di condannare diversi soggetti ritenuti responsabili e di ottenere i relativi risarcimenti''.

''La esecuzione delle misure cautelari e quanto riportato dalla stampa in merito alle accuse rivolte allo stesso e agli altri coindagati costituiscono elementi gravissimi ed intollerabili che indurranno, ove confermati dalle indagini in corso, la Regione Puglia a costituirsi parte civile nell'eventuale processo richiedendo come sempre avvenuto il risarcimento del danno a tutte le persone che saranno condannate'', ha sottolineato ancora su Pisicchio.

Emiliano ha spiegato come è avvenuta la nomina di Pisicchio a commissario dell'agenzia regionale per la tecnologia e l'innovazione. ''La nomina a commissario Arti di Alfonso Pisicchio è stata effettuata nel dicembre scorso al solo fine di seguire il percorso legislativo con eventuali riformulazioni del disegno di legge per l'attribuzione all'Arti delle competenze aggiuntive di trasferimento tecnologico. L'incarico - ha spiegato - aveva natura temporanea, questo è il ruolo del commissario, e sarebbe seguita successivamente la nomina del direttore generale ad altra persona non appena concluso l'iter di cui sopra. La nomina è stata effettuata sulla base del fatto che il prof Pisicchio aveva dato assicurazioni che le indagini a suo carico erano state chiuse con archiviazione''.

Ma ''nel momento in cui è stato richiesto allo stesso prof Pisicchio di dare riscontro fattuale a queste sue assicurazioni - ha sottolineato - alla luce delle verifiche a 360 gradi che l'amministrazione regionale sta effettuando su tutte le eventuali situazioni giudiziariamente rilevanti, lo stesso non è stato in grado di dare tali riscontri. Per questa ragione in data di ieri ho proposto alla Giunta di sostituirlo con un dirigente della Regione Puglia''. Il principio di costituirsi parte civile, ''è sempre stato applicato per tutti in passato e lo sarà anche in futuro''.

Via 9 consiglieri, sospeso il Consiglio comunale di Triggiano

Il prefetto di Bari Francesco Russo ha intanto disposto la sospensione del Consiglio comunale di Triggiano e la contestuale nomina della dott.ssa Giuseppina Ferri, Viceprefetto con funzioni vicarie nella Prefettura di Isernia - quale Commissario Prefettizio per la provvisoria gestione dell’Ente. Il provvedimento si è reso necessario a seguito delle dimissioni contestuali di nove Consiglieri comunali che hanno fatto venir meno il quorum strutturale in seno al Consiglio. Nei giorni scorsi è stato arrestato il sindaco Antonio Donatelli per presunto voto di scambio alle elezioni del 2021.

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Parigi 2024, Salvini contro la cerimonia: “Cristiani...

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Il leader della Lega: "E' stato davvero un pessimo inizio, cari francesi"

Matteo Salvini

"Aprire le Olimpiadi insultando miliardi di Cristiani nel mondo è stato davvero un pessimo inizio, cari francesi. Squallidi''. E' duro il commento su X del leader della Lega Matteo Salvini alla 'parodia drag' de l'Ultima cena' nella cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Parigi 2024. Il vicepremier posta l'immagine della rappresentazione dell'Ultima cena uno dei quadri omaggiati e rivisitati nella cerimonia di apertura dei Giochi, e la mette a confronto con il dipinto di Leonardo Da Vinci.

"Anche all'inaugurazione dei Giochi la Francia di Macron e Melènchon è riuscita a dare il peggio di sè: prima la rappresentazione in chiave drag queen dell'ultima cena che prende in giro miliardi di cristiani nel mondo, poi i capi di Stato lasciati sotto la pioggia. La Francia di oggi sembra in mano a filo islamici che non hanno nulla delle loro radici. E offende quella laicità che impone il rispetto per ogni religione", dice il vicecapogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Alfredo Antoniozzi.

Sulla stessa linea, l'ex senatore leghista Simone Pillon. "Quello rappresentato a Parigi 2024 è il neo Occidente woke. Le radici cristiane ridicolizzate, l'umanità priva di identità sessuale, tutto ridotto a un gigantesco gay pride dionisiaco. Dovremmo ritirare la nostra delegazione, e lasciare Macron a correre solo verso l'abisso", scrive.

"Ma perchè Macron ha scelto di far infangare ai suoi amici transessuali l'Ultima Cena? Poteva far loro rappresentare qualche passaggio del Corano no? Se non altro avrebbe denotato un minimo di fegato. Invece così è uno schifo e basta. Almeno secondo la mia opinione. Voi che dite?", aggiunge in un altro post.

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Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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