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Cronaca

Andreoni: “Dengue non è emergenza nazionale ma è bene...

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Andreoni: “Dengue non è emergenza nazionale ma è bene vigilare”

'La zanzara Aedes aegypti non è in Italia ma se dovesse arrivare diventeremmo più simili ai Paesi ad alta endemia'

Andreoni:

"Dengue non è certamente un'emergenza nazionale e non ci aspettiamo una grande epidemia. Tuttavia, dobbiamo controllare quello che accade. Lo scorso anno abbiamo avuto 82 casi autoctoni, questo a dimostrazione che il sistema è in grado di sviluppare, di ampliare la malattia una volta che è arrivata nel nostro Paese. Vista la situazione generale, è presumibile che qualche caso in più in Italia quest'anno lo avremo. La possibilità che una persona, dopo aver contratto infezione in una zona ad alta endemia (Sud America o Sud Est Asiatico), arrivi da noi e avendo noi il vettore - la zanzara tigre - sia in grado di trasmettere la malattia è molto probabile". Così all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, Società italiana malattie infettive e tropicali, a margine del convegno 'La protezione vaccinale nei pazienti fragili a rischio' promosso oggi al ministero della Salute.

"Non ci aspettiamo grandi numeri - rassicura l'infettivologo - anche perché la zanzara tigre è meno competente della zanzara della febbre gialla (Aedes aegypti) a trasmettere il virus. Dobbiamo fare attenzione ovviamente a quante persone arrivano in Italia con la malattia, perché bloccando il paziente si blocca il circuito. Quindi è bene fare attenzione che non arrivi l'Aedes aegypti in Italia, perché è già presente sul Mar Caspio e quindi sta vicino. Se arrivasse anche in Italia questa zanzara, evidentemente la situazione si modificherebbe e diventeremmo più simili ai Paesi ad alta endemia", conclude Andreoni.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

Saman Abbas, “non escluso che a ucciderla sia stata...

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Lo scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza che definiscono Shabbar Abbas, sua moglie Nazia e Danish Hasnain "parimenti e pienamente coinvolti nell’omicidio"

Un cartellone con la foto di Saman Abbas e un mazzo di fiori - Fotogramma

Non è escluso che a uccidere materialmente Saman Abbas, la 18enne pakistana assassinata a Novellara, sia stata la madre. E' quanto scrivono i giudici della Corte d'Assise del tribunale di Reggio Emilia nelle motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo dei genitori e dello zio della ragazza.

Il ruolo di madre, padre e zio

"Non ci sono elementi certi - si legge nelle oltre 600 pagine del provvedimento - in base ai quali affermare che sia stato Danish Hasnain (zio di Saman, ndr) da solo a eseguire materialmente l'azione di strozzamento che ha portato alla morte Saman Abbas. Difatti la circostanza che Nazia Shaheen, la madre della vittima, scompaia dalla vista delle telecamere per un minuto, con Saman ancora in vita, non consente di escludere con certezza che anche lei abbia effettivamente partecipato all'omicidio, tenendo ferma la figlia mentre lo zio Danish le afferrava il collo, o che sia stata lei direttamente, anche da sola, a serbare la condotta materiale con cui si è determinata l'asfissia meccanica da strozzamento o da strangolamento che ha portato alla morte Saman". Lo scrive la Corte d'Assise del tribunale di Reggio Emilia.

Scrive ancora la Corte: "Non può escludersi, con certezza assoluta, che l'omicidio possa essere avvenuto in un momento di poco successivo, con la conseguente possibilità di ipotizzare anche un apporto materiale del padre, Shabbar Abbas, nel momento in cui esce nuovamente di casa sei minuti dopo la mezzanotte, inoltrandosi lungo la carraia e facendo ritorno dopo sei minuti, con in mano quello che sembra essere lo zaino portato prima in spalla da Saman".

La Corte ritiene che "pur persistendo alcune incertezze su chi abbia materialmente ucciso Saman Abbas, sussiste una trama densa e serrata di plurimi e convergenti indizi che consente di inferire che Shabbar, sua moglie Nazia e Danish sono parimenti e pienamente coinvolti nell'omicidio e compartecipi della sua realizzazione".

"Contesto familiare chiuso ma non violento"

Tuttavia la Corte d'Assise del Tribunale di Reggio Emilia parla di un "nucleo familiare legato a determinate tradizioni ma che non aveva mai reagito in modo intransigente o violento alle trasgressioni della ragazza, mostrandosi più interessato a metterle a tacere che a sanzionarle". E ancora: "Neppure gli inquirenti avevano concepito quel contesto familiare in termini talmente allarmanti da fare sin da subito ipotizzare quanto poi è accaduto, non essendovi pregressi episodi di violenza o di altro tipo che deponessero in tal senso".

"Nessuna prova di imminenti nozze combinate"

"In relazione all'allontanamento di Saman Abbas - scrivono ancora i giudici - si ritiene doveroso rilevare che non sono emersi elementi probatori relativamente alla prossima pianificazione o celebrazione delle nozze né si sono avute conferme dell'acquisto dei biglietti per il Pakistan. Della celebrazione di lì a breve del matrimonio con il cugino pakistano non vi è traccia neppure nelle dichiarazioni rese dagli altri familiari della giovane".

"Quanto alle violenze, riferite ma mai denunciate formalmente dalla ragazza, si evidenzia che in relazione all'episodio del lancio del coltello, l'unico circostanziato, sono emerse incertezze e incongruenze rispetto alla sua effettiva verificazione - si legge ancora - Non sono emersi altri elementi cui ricondurre comportamenti violenti in danno della ragazza e pregressi ai gravi fatti del 1 maggio 2021".

"Relazione con Saqib determinante"

A giocare un ruolo determinante nelle scelte prese da Saman nell'ultimo periodo e nelle sue continue fughe dalla comunità, è stata la relazione della 18enne con un suo connazionale, Ayoub Saqib, conosciuto su TikTok. "Nonostante i tentativi di intermediazione messi in atto - si legge nelle oltre 600 pagine del provvedimento - in diverse occasioni Saman si era allontanata dalla struttura all'insaputa o nonostante il dissenso degli educatori e del servizio, al fine di incontrare Saqib, descritto da diversi testimoni come insofferente e ostile alla comunità e alle sue regole".

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Cronaca

Sanità, Marino (Unindustria): “Rivedere norma Ddl...

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"Scelta non rispetta i requisiti di legge"

Luca Marino, vicepresidente Unindustria con delega alla sanità

“Auspichiamo che l’iter parlamentare del cosiddetto ‘Ddl semplificazioni’ consenta di rivedere la norma che prevede l’implementazione delle analisi cliniche in farmacia, perché rappresenta una scelta che non rispetta i requisiti previsti dalla legge n. 502/1992; non tiene conto del progresso tecnologico delle apparecchiature e delle professionalità specifiche necessarie; non contempla il tema dell’appropriatezza dell’esame in un percorso clinico-diagnostico delegando al paziente la scelta di quali esami effettuare, e rappresenta un potenziale enorme spreco di risorse”. Così Luca Marino, vicepresidente Unindustria con delega alla sanità, interviene sul tema del Ddl semplificazioni, presentato al Consiglio dei ministri dal ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ma non ancora approvato dal Parlamento.

Nei giorni scorsi sono state diverse le prese di posizione di associazioni di categoria e società medico-scientifiche che hanno criticato il provvedimento che, come ricorda anche Marino, “crea una spaccatura tra i percorsi e le norme autorizzative a cui sono subordinate le strutture sanitarie per poter erogare servizi sanitari a tutela della salute dei cittadini. Il Ddl - aggiunge Marino - prevede l'implementazione delle analisi presso le farmacie, senza però il rispetto dei requisiti previsti dalla legge n. 502/1992 per le strutture sanitarie”.

Secondo Unindustria, le ragioni di una simile opposizione non sono solo di natura formale e autorizzativa ma sostanziali. “Negli ultimi decenni la medicina di laboratorio ha vissuto una forte evoluzione tecnologica che oggi consente di avere dati sempre più accurati – ricorda Marino - Lo stesso ministero della Salute ha imposto la riorganizzazione della rete laboratoristica su tutto il territorio italiano, che prevede la costituzione di grandi hub che eseguono la fase analitica, per milioni di prestazioni annue, proprio grazie all’utilizzo di strumentazione automatizzata e altamente raffinata". Eseguire "i test di laboratorio in farmacia utilizzando i sistemi rapidi su card oppure le strumentazioni denominate Poct-point of care testing (ossia le analisi eseguite in prossimità del punto di cura o di assistenza del paziente, ndr), rappresenterebbe - avverte - un’incomprensibile inversione di marcia verso una tecnologia di qualità decisamente inferiore a quella oggi disponibile sul mercato” .

Ma c’è anche un tema di appropriatezza dell’esame diagnostico: “L’autocontrollo affidato alla scelta del cittadino - osserva Marino - senza una precisa prescrizione di un clinico che, dopo aver inquadrato attentamente il paziente e avere espresso il quesito diagnostico, decide gli esami di laboratorio da effettuare è una modalità erronea e, a volte, pericolosa per la salute delle persone, come hanno ricordato recentemente diverse società medico-scientifiche e gli ordini professionali, attraverso la Fnomceo”.

Infine, il provvedimento – secondo il vicepresidente Unindustria sanità – rischia di essere controproducente sotto il profilo finanziario: “⁠Da un punto di vista puramente economico e di sostenibilità – evidenzia Marino – siamo di fronte a un potenziale, enorme, spreco di risorse in un contesto in cui le stesse risultano insufficienti a garantire le cure a tutti i cittadini italiani. Proprio in questi giorni in cui il ministro Schillaci annuncia di mettere in campo importanti provvedimenti per migliorare l’accuratezza della prescrizione, non si capisce quale sia la ratio che possa avallare un sistema in cui, in virtù del principio dell’autocontrollo, il ricorso a prestazioni inappropriate da parte dei cittadini potrebbe aumentare in modo vertiginoso, gravando ulteriormente sulle casse" del Ssn. “Ci auguriamo quindi che il provvedimento, nel corso del cammino parlamentare, possa essere rivisto per superare le tante criticità riscontrate”, conclude.

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Cronaca

Danni gravi al cervello inalando Fentanyl, allarme dopo il...

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L'uomo non rispondeva più a stimoli e domande. Per riprendersi ha impiegato quasi un anno

Pasticche di Fentanyl

Lo hanno trovato nella sua stanza d'albergo, sconnesso dal mondo, incapace di rispondere alle domande, di eseguire semplici comandi. L'origine della sua sindrome? L'inalazione di Fentanyl, potente oppioide sintetico responsabile di un alto numero di morti di overdose negli Stati Uniti, rilevato anche in Italia in questi giorni fra gli ingredienti di una dose intercettata in Umbria. E' allerta per i danni potenzialmente irreversibili al cervello scatenati da quella che è stata definita 'droga degli zombie'. Protagonista del primo caso osservato dagli scienziati di leucoencefalopatia tossica legata al Fentanyl inalato è un uomo di mezza età. La sua storia è descritta sulle pagine della rivista 'Bmj Case Reports'.

Sniffare questo oppioide sintetico, avvertono i medici autori dell'analisi, può avere conseguenze gravi e durature. L'uomo era in uno stato non responsivo quando è arrivato all'attenzione dei camici bianchi: la leucoencefalopatia, entrano nel dettaglio gli autori, si presenta come un'infiammazione, un danno alla sostanza bianca del cervello, alla rete di fibre nervose che consente lo scambio di informazioni e la comunicazione tra diverse aree della materia grigia del cervello. Questa sindrome neurologica improvvisa o di lunga durata era già stata segnalata in relazione all'eroina e alla pratica nota come 'chasing the dragon', inseguire il dragone, che consiste nell'inalare i vapori dell'eroina scaldata su un foglio di alluminio. Questo è il primo caso segnalato come associato al Fentanyl, affermano gli autori del rapporto.

I sintomi

La condizione si manifesta con vari segni e sintomi, i più evidenti sono cambiamenti neurologici e comportamentali: si va dalla lieve confusione all'assenza di reattività, fino al coma e alla morte. Le prospettive per le persone colpite dalla sindrome dipendono generalmente dall'entità della lesione della sostanza bianca, spiegano gli esperti. Alcune persone guariranno completamente, altre peggioreranno progressivamente. In questo caso, l'uomo non aveva precedenti problemi di salute di rilievo, è rimasto incosciente per un periodo di tempo di durata non nota nella camera d'albergo, su un tavolo vicino sono state trovate pillole frantumate non identificate e un residuo bianco.

Il caso

All'arrivo in ospedale, il paziente non era in grado di rispondere a domande o eseguire comandi. Ha risposto agli stimoli del dolore alle gambe, ma non alle braccia. Una scansione cerebrale ha rivelato infiammazione della sostanza bianca, gonfiore e lesioni al cervelletto, la parte del cervello responsabile dell'andatura e dell'equilibrio. L'uomo è risultato negativo all'epilessia. Uno screening delle sostanze ha restituito risultati negativi, ma un test separato delle urine ha indicato un livello molto elevato di Fentanyl, il che - ragionano gli autori del report - suggerisce una diagnosi di leucoencefalopatia tossica indotta dall'inalazione dell'oppioide sintetico.

Diciotto giorni dopo, l'uomo era ancora costretto a letto e aveva bisogno di essere alimentato tramite un sondino. Gli sono stati somministrati diversi farmaci per trattare l'incontinenza urinaria, il danno renale, il deterioramento cognitivo, la sospetta astinenza da oppioidi, il dolore e l'agitazione e la polmonite. Dopo 26 giorni è stato dimesso e destinato a una struttura riabilitativa. Trascorso un altro mese è tornato a casa con il supporto della fisioterapia ambulatoriale e della terapia occupazionale. Di tempo ne è passato tanto prima di una ripresa. Poco meno di un anno dopo il ricovero in ospedale, continuano a illustrare gli autori, il paziente si era finalmente ripreso completamente ed era tornato a lavorare a tempo pieno. E ora descrive la sua guarigione come "miracolosa", commentando l'incidente che lo ha visto protagonista.

Il racconto

"All'inizio - ricorda - sembrava che avrei avuto bisogno di cure 24 ore su 24 dopo essere stato dimesso, ma mi sono concentrato e ho lavorato duro". L'uomo ha espresso gratitudine a tutti gli operatori sanitari che gli hanno salvato la vita e permesso di tornare alla vita che aveva prima: "Mi pento spesso di ciò che ho fatto a me stesso, a mia moglie e alla mia famiglia". Questo caso, concludono gli autori del rapporto, supporta "la necessità di includere il Fentanyl negli screening di routine delle urine per un'identificazione precoce e una gestione appropriata".

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