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Politica
Sfiducia a Santanchè, così l’opposizione prova a...
Sfiducia a Santanchè, così l’opposizione prova a compattarsi
La mozione approda oggi alla Camera. Pd vota la mozione M5s, sì anche di +Europa e Azione (con distinguo), Avs valuta
![Daniela Santanchè - Fotogramma](https://www.adnkronos.com/resources/0283-186b6e2454de-8c3b79f360d6-1000/format/big/santanche_senato_fg.jpeg)
L'opposizione prova a saldarsi sulla mozione di sfiducia a Daniela Santanchè, che approda oggi, mercoledì 3 aprile, all'esame dell'aula della Camera con la discussione generale del provvedimento. Sulla mozione, prima firma del capogruppo del M5s Francesco Silvestri, è arrivato l'ok del gruppo del Partito democratico, che la sottoscriverà e la voterà. I dem, tra l'altro, hanno apprezzato il fatto che il testo accolga un precedente ordine del giorno simile presentato dalla deputata Pd Chiara Gribaudo. Il M5s, intanto, ha aggiornato il contenuto del provvedimento depositato in vista della discussione in aula, inserendo le fattispecie legate all'indagine per truffa nell'utilizzo dei fondi Covid relativa alla società riconducibile alla ministra del Turismo.
"La situazione soggettiva del ministro del turismo, alla luce dei fatti emersi, risulterebbe sempre più incompatibile con la delicatezza degli incarichi ricoperti, non potendo l'Italia proseguire ad avere un Governo i cui membri espongano il sistema Paese a situazioni perniciose derivanti dalla commistione di interessi pubblici e privati", si legge nella mozione. "E' imprescindibile che il nostro Paese e le sue istituzioni siano salvaguardate, nel loro prestigio e nella loro dignità, anche attraverso il doveroso principio di 'onorabilità' per coloro a cui sono affidate funzioni pubbliche. Ne consegue la responsabilità politica anche del Presidente del Consiglio dei ministri, che, ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione, dirige la politica generale del Governo", prosegue il testo in cui la Camera "esprime la propria sfiducia al Ministro del turismo, senatrice Daniela Garnero Santanchè, e lo impegna a rassegnare le proprie dimissioni".
Prima tocca a Salvini
Il voto alla mozione sulla Santanchè, secondo il calendario dell'ultima capigruppo della Camera, dovrebbe comunque tenersi tra oggi e domani. Sarà un voto nominale, quindi non segreto come era trapelato in un primo momento. In particolare, la Camera si esprimerà sulla ministra del Turismo subito dopo essersi pronunciata su un'altra mozione di sfiducia già in calendario e già discussa in aula: quella a Matteo Salvini. La sfiducia al ministro di Trasporti, per la vicenda del patto con il partito pro Putin 'Russia Unita', è stata già sottoscritta da tutte le opposizioni. Con l'eccezione di Italia viva.
Il fronte del sì
Sulla sfiducia alla Santanchè, oltre a M5s e Pd sulla stessa linea, c'è il sì di +Europa, mentre il gruppo di Avs sta valutando in queste ore la possibilità di sottoscrivere il testo Silvestri o presentare una propria mozione. Azione, invece, ha formalmente fatto arrivare il proprio ok, ma con alcuni distinguo. "Come anticipato da Carlo Calenda, Azione alla Camera voterà a favore della mozione di sfiducia alla ministra Santanchè", ha annunciato a Rai RadioUno la portavoce di Azione Mariastella Gelmini.
"Personalmente ho una posizione diversa: sono da sempre garantista e quindi contraria a mozioni di sfiducia individuali -ha proseguito Gelmini-. Così come dichiarato anche dal collega Enrico Costa, questa non è una mozione politica sul lavoro della ministra, ma nasce da una vicenda giudiziaria e come tale credo che rappresenti un precedente pericoloso. Ad ogni modo, la posizione di Azione è stata espressa dal leader, non siamo una caserma e rispettiamo tutte le posizioni". Italia viva, come su Salvini, non ha aderito all'iniziativa delle altre opposizioni.
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.