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Politica
Mozione sfiducia, stasera voto su Salvini alla Camera
211 no, 129 sì e tre astenuti. Il ministro: "Ennesima figuraccia della sinistra"
![Matteo Salvini - Fotogramma](https://www.adnkronos.com/resources/028c-1a90f59f8d06-84167b6188a0-1000/format/big/salvini_new_fg.jpeg)
Con 211 no, 129 sì e 3 astenuti la Camera ha respinto la mozione di sfiducia nei confronti del vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, finito nel mirino delle opposizioni per i rapporti di collaborazione con Russia Unita. "Grazie. Ennesima figuraccia della sinistra, andiamo avanti col nostro lavoro". Questo, su Instagram, il commento del ministro al voto dell'aula.
"Ringraziamo l’opposizione per aver rafforzato con questo voto il Governo e la maggioranza che lo sostiene. In molti in Italia avevano il dubbio che non fossero attrezzati per uno scontro con il centrodestra, per togliere ogni dubbio ci hanno fatto il primo assist e domani arriverà il resto", le parole del vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia, a proposito della bocciatura della mozione di sfiducia.
L'aula aveva votato nel primo pomeriggio di oggi a favore della richiesta della maggioranza di inversione dell'ordine del giorno, con le dichiarazioni di voto ed il voto sulla mozione di sfiducia nei confronti di Salvini già in serata e quindi, domattina alle 9.30, quella nei confronti della ministra Daniela Santanchè .
"Noi -ha detto in aula Davide Faraone di Italia viva- avevamo previsto un calendario in cui le mozioni fossero prima rispetto ai provvedimenti che andremo a trattare, ma tutti i colleghi di centrodestra ci hanno spiegato quanto fosse opportuno esaminare prima i provvedimenti e poi le mozioni. Ora cambiano idea. Mi chiedo che le facciamo a fare le capigruppo...".
"Ho una riunione sulle concessioni autostradali, vado a fare il mio lavoro di ministro", ha detto Salvini nel primo pomeriggio rispondendo al termine del question time a chi gli chiede se tornerà nell'Aula di Montecitorio per la discussione sulla mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata dalle opposizioni.
Conte: "Grave se mozioni compattano il governo"
"Non so valutare" se le mozioni di sfiducia nei confronti dei ministri Santanchè e Salvini "abbiano come effetto quello di compattare il governo, certo sarebbe un compattamento in 'peius', su una base di lesione della dignità delle istituzioni e dell'onore e del rispetto che si deve alle istituzioni". Lo dice il leader del M5S Giuseppe Conte, dopo aver visitato la mostra su Giacomo Matteotti a Palazzo Braschi.
"Se il compattamento avviene per una solidarietà di partito o di coalizione, per mascherare comportamenti che, al di là delle responsabilità penali, sono assolutamente gravi sul piano della responsabilità politica ed etica, io dico che il governo non sta facendo un buon servizio all'Italia anche in un contesto internazionale", ha rimarcato l'ex presidente del Consiglio. "Se il compattamento arriva su questo terreno - ha proseguito - noi non possiamo che deprecare e stigmatizzare fortemente l'operato del governo".
Come ha votato Renzi
"Votiamo sì alla sfiducia a Salvini perché contesta il posizionamento politico di Salvini sulla Russia", scriveva Matteo Renzi, leader di Italia Viva, sui social. "Ci scappa da ridere a pensare che questa mozione sia firmata anche dal Movimento Cinque Stelle - che era ospite dei congressi del partito di Putin esattamente come la Lega - e da Giuseppe Conte, che ha fatto entrare i soldati russi in Italia senza alcuna logica. Ma noi facciamo politica e dunque l'ipocrisia grillina non ci interessa. Votiamo sì alla sfiducia basata sulla politica".
"Votiamo no alla sfiducia a Santanché perché basata sulle indagini giudiziarie che la riguardano. E noi non chiediamo le dimissioni per un avviso di garanzia o per un rinvio a giudizio. Il garantismo è tale se si applica a tutti, soprattutto agli avversari. Facile fare i garantisti con gli amici: la vera sfida è essere garantisti con gli avversari", prosegue Renzi.
"Daniela Santanché ministra ha fallito e noi la contestiamo sul piano politico. Ma noi non usiamo le indagini per attaccarla. A differenza di quello che ha sempre fatto la stessa Santanché che ha chiesto in carriera le dimissioni di 18 ministri, tra cui tutti i nostri amici. Noi siamo profondamente diversi dalla Santanchè e da chi vive con la doppia morale. O da chi si professa custode autonominato di uno stato etico. Votiamo no alla sfiducia basata sul giustizialismo", conclude.
Calenda
"Su Salvini e Santanché non si tratta di garantismo, ma di argomenti politici. Non possiamo avere un viceministro che ha un accordo in essere con Putin e una Ministra del Turismo che imbarazza il Paese. E su questo bisogna essere chiari", scrive sui social Carlo Calenda, leader di Azione.
"Sono tre giorni che vediamo Salvini arrampicarsi sugli specchi cercando di spiegare che l'accordo con Putin non è attuale ma contemporaneamente non riuscendo ad esibire una conferma della disdetta. A cosa serve la mozione di sfiducia? A questo, e a dimostrare che l'Italia non passa sotto silenzio lo sconcio di un Vice Presidente del Consiglio formalmente alleato con un dittatore sanguinario", afferma ancora.
Svp si astiene
La Svp si è astenuta sulla mozione di sfiducia nei confronti di Salvini, anche se "non abbiamo apprezzato e non apprezziamo" le sue "affermazioni ambigue sulla Russia". Lo ha annunciato alla Camera la deputata Renate Gebhard.
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.