Biennale Venezia, Zabotti: ‘Dimensione affettiva di ‘Sestante domestico’ permette di parlare a tutti’
“Ciò che vogliamo comunicare è la possibilità di lasciare da parte per un attimo la dimensione geografica e sociale e dedicarci alla ricerca della dimensione affettiva, che permette di rivolgersi a tutti”. Così la curatrice del Padiglione Venezia Giovanna Zabotti, a margine della conferenza stampa di presentazione di "Sestante domestico" l'allestimento del Padiglione Venezia in occasione della 60^ Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia, firmato da Zabotti e sostenuto da Bper Banca quale main partner.
Attualità
Open Dialogues for the Future: torna la terza edizione
Ci siamo, ci siamo di nuovo. Torna l’appuntamento con “Open Dialogues for the Future”, e quest’anno è la terza edizione. Due giornate piene, cariche di dibattiti, conversazioni, interventi e, soprattutto, di visioni per il futuro.
Quando e dove
Segnatevi queste date, scrivetele su un foglietto, memorizzatele: 6 e 7 marzo 2025, a Udine. Sì, proprio lì, in quel piccolo angolo di Friuli che magari non ci pensi… ma sta diventando un posto speciale. Un posto dove chi ha voglia di parlare di geopolitica e geoeconomia si ritrova, perché sì, questi temi sono sempre stati importanti.
Ma adesso? Adesso sono diventati urgenti. Non possiamo più far finta di niente. Il mondo si sta rompendo, si sta dividendo. Le vecchie potenze stanno perdendo colpi, i nuovi equilibri si stanno creando. E noi? Abbiamo bisogno di un posto dove fermarci, fare un respiro profondo e provare a capirci qualcosa. Un posto dove provare a mettere insieme tutti questi pezzi sparsi, questo puzzle che ormai è diventato una follia. Saremo lì, tutti quanti. Imprenditori, professori, studenti, gente comune. Tutti. A guardarci negli occhi e a chiederci: “Ma davvero, dove stiamo andando? Dove stiamo andando tutti insieme?“
La presentazione a Milano
La presentazione dell’evento è stata qualche giorno fa a Milano, in uno di quei posti che ti fanno sentire un po’ piccolo, un po’ fuori luogo, tipo Palazzo Giureconsulti. Una di quelle sale grandi, un po’ troppo eleganti, che ti mettono soggezione appena ci metti piede. Ma c’era tanta gente. C’era Giovanni Da Pozzo, il presidente della Camera di commercio di Pordenone-Udine, e poi c’era Federico Rampini, il giornalista che ci sta mettendo anima e corpo per dare una direzione scientifica a tutto questo.
E non erano soli. L’ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, Mariangela Zappia, era lì anche lei, insieme ad altri nomi importanti. Carlo Sangalli, per esempio, presidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. E poi rappresentanti di tante istituzioni del Friuli Venezia Giulia. Insomma, una sala piena di gente che conta, ma soprattutto piena di gente che vuole fare la differenza.
Cos’è “Open Dialogues for the Future”?
Ma cos’è davvero “Open Dialogues for the Future”? Be’, è più di un semplice forum. Non è solo un evento in cui ascoltare relatori di spicco e annuire, è un momento per fare domande, per sfidare le idee. L’idea è nata dalla Camera di Commercio di Pordenone-Udine e l’obiettivo è chiaro: fare di questo angolo del nord-est Italia un centro di dibattito sulle sfide economiche e politiche che ci attendono.
Come dice Da Pozzo, “il Friuli è una regione piccola, ma con una grande apertura al mondo“. Due confini, tre lingue, un’economia basata sull’export. Insomma, un territorio che ha qualcosa da dire in fatto di relazioni internazionali.
L’Importanza del Friuli Venezia Giulia
In effetti, a sentir parlare Rampini e l’ambasciatrice Zappia, c’è molto da riflettere. L’ambasciatrice, in particolare, ha portato una prospettiva interessante, ricordandoci quanto è importante che le piccole realtà territoriali si facciano conoscere a livello internazionale, che trovino spazio in contesti come quello degli Stati Uniti.
“La geopolitica non è solo roba da grandi potenze”, ha detto. “È anche una questione di come le comunità locali sanno giocare le loro carte.” E il Friuli Venezia Giulia è una di quelle realtà che ha imparato a farlo, portando il suo sistema produttivo, universitario, il suo tessuto economico, al di là dell’Atlantico.
Trump e il futuro delle relazioni internazionali
E poi c’è Rampini, che ci ricorda che la prossima edizione di Open Dialogues sarà davvero unica: cade poco più di un mese dopo l’insediamento ufficiale di Trump. Già, Trump di nuovo presidente. E sarà interessante capire cosa questo significa per l’Europa, per l’Italia, per le nostre piccole e grandi imprese.
Perché, diciamolo chiaramente, c’è sempre un po’ di incertezza quando si tratta di Stati Uniti e delle loro politiche estere. Ma c’è anche la speranza che, alla fine, le relazioni economiche restino forti, che le nostre aziende possano continuare a trovare spazio in quel mercato così grande e complesso.
La metafora del rinoceronte grigio
La metafora del “rinoceronte grigio”, che Rampini ha tirato fuori durante il suo intervento, è una di quelle che restano impresse. Non è come il cigno nero, l’evento imprevisto che cambia tutto. No, il rinoceronte grigio è l’evento che vedi arrivare da lontano, che tutti sanno che accadrà, ma che comunque, quando succede, è uno shock.
Trump è stato un po’ così, la prima volta. Adesso lo conosciamo, sappiamo cosa aspettarci, eppure resta una figura capace di scuotere gli equilibri. E Rampini, con quella sua lucidità, ci fa capire che siamo entrati in una nuova fase della globalizzazione, più frammentata, più chiusa, con meno certezze.
Ma Open Dialogues non sarà solo Stati Uniti e Trump. Sarà anche un’occasione per parlare di Europa, di conflitti e di pace, di come le nostre economie possano reggere il passo con le trasformazioni digitali e ambientali che ci attendono.
La prima giornata: focus su Europa e conflitti
La prima giornata, il 6 marzo, si aprirà con un’analisi sulle conseguenze geopolitiche dei conflitti in Ucraina e Palestina. “Fattori di accelerazione per la formazione di un nuovo ordine mondiale”, come l’ha definito Filippo Malinverno, responsabile del programma.
E poi ci sarà spazio per parlare delle sfide della competitività europea, con un focus su Italia, Francia e Germania. Quelle che una volta erano le locomotive del continente, oggi faticano a ritrovare la fiducia necessaria per trainare tutti gli altri. E forse, proprio a partire da eventi come questo, possiamo cominciare a ricostruirla.
La seconda giornata: Stati Uniti e nuove prospettive
La seconda giornata? Beh, sarà tutta dedicata agli Stati Uniti. E non sarà certo una passeggiata. Ci sarà Federico Rampini, con la sua solita energia, pronto a fare il punto sulla nuova amministrazione Trump. Sì, di nuovo Trump. E poi ci saranno i rapporti con la Cina, l’Europa… insomma, un bel po’ di questioni complicate. Ma ci serve capire. Serve davvero capire come questa superpotenza si sta muovendo, quali sono le intenzioni, cosa ci aspetta. Sarà una giornata bella tosta, piena di spunti, di riflessioni. Di quelle che ti fanno uscire con la testa che gira ma con qualche idea in più su dove stiamo andando.
E non finisce qui. Ci saranno anche delle storie vere, concrete, di aziende friulane che sono riuscite a mettere radici negli Stati Uniti. Persone che hanno vissuto tutto sulla propria pelle. Racconteranno i loro successi, certo, ma anche le difficoltà, i momenti in cui hanno pensato di mollare tutto. Perché alla fine sono quelle storie lì, quelle vere, che ti fanno capire davvero cosa significa essere nel bel mezzo di tutto questo.
È un luogo dove i giovani possono trovare ispirazione, dove possono vedere che ci sono opportunità, nonostante tutto. L’assessore regionale Sergio Emidio Bini l’ha detto chiaramente: “Siamo un popolo un po’ strano, amiamo sottovalutarci. Ma eventi come Odff ci consentono di continuare a trasmettere senso di realtà e conoscenza”. Ed è vero. Spesso ci dimentichiamo di quello che siamo capaci di fare, ma abbiamo tutte le carte in regola per giocare una partita importante.
Un evento diffuso a Udine
E così, tra un panel e una conversazione, tra una sessione plenaria e una chiacchierata informale, Open Dialogues ci darà anche quest’anno l’opportunità di fermarci e di pensare. Di fare il punto su dove siamo e dove vogliamo andare.
Sarà un evento che si spargerà per tutta Udine, un po’ come un abbraccio che coinvolge tutta la città. Non sarà solo la Camera di Commercio ma anche altri posti che hanno un’anima, come la Fondazione Friuli o la vecchia chiesa di San Francesco. Perché sì, vogliamo che sia dappertutto, che si respiri ovunque. E poi, sai, è tutto pensato per essere libero, senza costrizioni. Vuoi seguire un panel e saltarne un altro? Vai tranquillo. Vuoi startene a chiacchierare con qualcuno e perderti una sessione? Nessun problema. Alla fine, è tutto fatto per te, per renderlo davvero qualcosa di tuo. Un’esperienza che scegli tu, che vivi tu, come vuoi tu.
Ospiti di rilievo
Tra gli ospiti attesi, ci saranno volti noti e meno noti, persone che hanno qualcosa da dire, che hanno un punto di vista interessante da condividere. Orietta Moscatelli, analista di Limes, Benedetta Berti, responsabile delle politiche strategiche della Nato, Arduino Paniccia, Paolo Mieli, Gilles Gressani e molti altri. Saranno loro a guidarci in queste due giornate, a farci riflettere, a darci nuovi spunti per capire il mondo.
Perché Open Dialogues è importante
Quello che ci resta è la sensazione che eventi come Open Dialogues siano più importanti che mai. In un mondo che sembra sempre più diviso, dove le certezze vacillano, abbiamo bisogno di momenti come questi, di spazi dove confrontarci, dove costruire insieme un’idea di futuro.
Non è detto che troveremo tutte le risposte ma di sicuro usciremo da quelle due giornate con qualche domanda in più. E forse, è proprio questo il punto. Essere pronti a mettersi in discussione, a guardare il mondo con occhi nuovi, a non accontentarsi mai di quello che già sappiamo. Appuntamento a Udine, il 6 e 7 marzo. Perché il futuro non aspetta e nemmeno noi dovremmo farlo.
Cultura
Nuovo tesoro riemerso a San Casciano, 4 statue e serpenti...
Lo scavo ha messo in luce gran parte della vasca più antica, che fu poi ricostruita tra i regni degli imperatori Tiberio e Claudio, forse a seguito di un prodigio associato alla caduta di un fulmine
Un nuovo eccezionale tesoro - per oltre 2.300 anni protetto dall'acqua termale e dal fango argilloso - è riemerso dal santuario etrusco e romano del 'Bagno Grande' di San Casciano dei Bagni (Siena): quattro statue intere in bronzo, uno straordinario mezzo corpo nudo maschile, la statua di un sacerdote bambino, serpenti in bronzo (uno dei quali lungo quasi un metro, tra i più grandi dell'antichità), migliaia di monete di età repubblicana e imperiale, una corona d'oro, oltre a gemme e gioielli. Tra le curiosità riemerse anche migliaia di frammenti di uova, alcune ancora con il tuorlo. Questa scoperta, avvenuta durante gli scavi che si sono svolti negli ultimi mesi, da giugno a ottobre, si aggiunge ai precedenti ritrovamenti ugualmente eccezionali del 2022 quando vennero portate alla luce 24 statue bronzee di epoca etrusca e romana, cinque delle quali alte quasi un metro, perfettamente integre.
Alla presenza del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, nel borgo senese la sindaca di San Casciano dei Bagni, Agnese Carletti, ha presentato le recenti scoperte avvenute all'interno di quello che è ormai chiamato il 'Santuario Ritrovato'. A illustrare le ultime novità sono stati Tomaso Montanari, rettore dell'Università per Stranieri di Siena, e Jacopo Tabolli, archeologo dell'Università per Stranieri di Siena, direttore dello scavo.
il 'Bagno Grande'
L'estensione delle indagini nel santuario del 'Bagno Grande' ha portato al rinvenimento del 'temenos', il muro di recinzione dello spazio sacro, che racchiudeva più edifici tra i quali il tempio in corso di scavo, costruito attorno alla grande vasca sacra. Un edificio più antico, o forse un grande recinto, costruito in blocchi di travertino, già in età etrusca circondava la sorgente del Bagno Grande, definendo lo spazio sacro del culto, almeno dal III secolo a.C. Lo scavo ha ora messo in luce gran parte della vasca più antica, che fu poi ricostruita tra i regni degli imperatori Tiberio e Claudio, forse a seguito di un prodigio associato alla caduta di un fulmine.
Se all'esterno del tempio sono stati portati alla luce gli strati di vita e, soprattutto, i resti di doni e cerimonie che avvennero nel corso dei secoli (con deposizioni di lucerne, unguentari di vetro, bronzetti votivi, ex voto anatomici in terracotta dipinta e perfino foglie d'oro), è all'interno della vasca sacra che la stratificazione dei doni votivi continua a restituire un contesto assolutamente unico, protetto dall'acqua bollente e dal fango argilloso. Dopo un complesso lavoro di gestione dell'acqua proveniente dalla sorgente, alla profondità di quasi 5 metri, lo scavo ha raggiunto nuove sequenze stratigrafiche.
Ancora una volta sono le offerte in metallo pregiato a costituire l'elemento caratterizzante del deposito votivo. Sono emerse quattro nuove statue e poi braccia, teste votive e gambe iscritte, assieme a strumenti del rito, come un elegante lucerna e un piccolo toro in bronzo, a richiamare quel mondo agro-pastorale così importante in questo contesto e già rappresentato dal bassorilievo all'interno della vasca sacra. E ancora monete di età repubblicana e imperiale, ormai più di 10.000, rinvenute nel santuario del 'Bagno Grande'. Ma accanto al bronzo, il rinvenimento di una corona e di un anello d'oro si associa alla moltiplicazione di aurei romani. Sono metalli preziosi (tra cui gemme, ambra e altri gioielli) che legano il dono per le capacità terapeutiche delle acque calde alle pratiche divinatorie che presso il santuario dovevano certamente trovare il loro fulcro.
Tesoro etrusco e romano
Le nuove, eccezionali iscrizioni rinvenute sono in Etrusco e in Latino. Appaiono voti che recano il nome etrusco di Chiusi, Cleusi, accanto a dediche alle Ninfe e alla Fonte calda, Flere Havens in Etrusco, giuramenti sulla Fortuna e sul Genio dell'Imperatore. Un eccezionale corpo nudo maschile è offerto esattamente a metà, come reciso dal collo ai genitali da un taglio chirurgico: dedicato da un Gaio Roscio alla Fonte Calda, questo mezzo corpo testimonia forse la guarigione della parte immortalata nel bronzo. Un bimbo augure, un piccolo sacerdote della fine del II secolo a.C., con una lunga iscrizione in etrusco sulla gamba destra, reca nella mano sinistra una palla, con i classici pentagoni cuciti, che ancora ruota tra le dita (forse un elemento divinatorio, da far ruotare in un rito). Il gesto dell'offerente è reso da una statua femminile, quasi identica a quella rinvenuta nel 2022, con eleganti trecce che ricadono sul petto e deposta su un lato. Le teste votive sono ritratti eleganti proto imperiali, con la prima dedica in Latino alla fonte, sul collo di una testa, i cui tratti sembrano quasi ricordare Cesare, che menziona anch'essa la fonte.
Nella stratificazione del deposito - che fu rapida, come suggerisce la conservazione di migliaia di frammenti di uova in alcuni casi rinvenute intere, o praticamente integre con il tuorlo ancora visibile all'interno, la cui deposizione rimanda ai riti di rinascita e rigenerazione - si alternano strati di offerte, scaglie di travertino e piani d'argilla. E ancora pigne, rametti tagliati e decorati con intrecci vegetali, a ricordare come le acque salutifere debbano essere in qualche modo 'nutrite' dalla forza riegenerante della natura.
Alla base di grandi tronchi lignei, infissi in verticale nel deposito, in uno dei punti focali della vasca più antica, lo scavo ha portato alla luce una serie di serpenti in bronzo, concentrati nella profondità del deposito, di forme diverse presentano misure di scale differenti: dai piccoli serpentelli ad un esemplare di oltre 90 cm (quasi la 'mensura honorata', la misura perfetta di tre piedi romani), barbuto e cornuto. Si tratta, con ogni probabilità, di un serpente 'agatodemone', il più grande ad oggi rinvenuto (se ne conoscono in bronzo al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e al British Museum a Londra), protettore della sorgente detentore di un ruolo fondamentale nelle pratiche di divinazione e predizione del futuro, come si può osservare in molti altri contesti del Mediterraneo antico.
"La varietà delle offerte votive, che ricalca quanto già emerso nel 2022 e, allo stesso tempo, lo arricchisce e lo completa, offre uno squarcio ulteriore sul significato e suo ruolo di questo luogo di culto e cura, dove il rapporto col sacro, tra umano e divino, è forse percepito come diretto, quasi affidato allo continuo scorrere delle acque calde e al 'genius loci' nella forma del serpente 'agatodemone'", ha spiegato l'archeologo Jacopo Tabolli.
Gli scavi
Lo scavo del 'Bagno Grande' di San Casciano dei Bagni è in concessione di scavo al Comune di San Casciano dei Bagni, da parte della Direzione Generale Archeologia, belle arti e paesaggio e nasce in collaborazione con la Soprintendenza archeologica per le province di Siena, Grosseto e Arezzo e il coordinamento scientifico dell'Università per Stranieri di Siena. Gli interventi di conservazione e restauro avvengono in collaborazione con l'Istituto Centrale per il Restauro.
Hanno preso parte alla campagna di scavo 2024, più di 80 studenti e studentesse di archeologia provenienti da università di tutto il mondo. Il gruppo interdisciplinare e internazionale di ricerca e studio coinvolge oltre 90 specialisti di varie discipline. Al progetto stanno inoltre lavorando numerosi professionisti esterni e interni al Ministero della Cultura che si occupano della progettazione e dell'esecuzione degli interventi architettonici e di restauro necessari alla conservazione e alla tutela delle strutture archeologiche e dei reperti. L'evento di oggi è stata anche l'occasione per presentare la progettazione del costituendo Museo Archeologico Nazionale di San Casciano dei Bagni nel Palazzo dell'Arcipretura assieme al Parco Archeologico Termale che nascerà attorno allo scavo del 'Bagno Grande'.
Alla conferenza stampa sono intervenuti, tra gli altri, Luigi La Rocca, direttore del Dipartimento Tutela del Ministero della Cultura, Massimo Osanna, direttore generale Musei del MiC, Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, Gabriele Nannetti, soprintendente per le province di Siena, Grosseto e Arezzo, e i funzionari Emanuele Mariotti (Comune di San Casciano dei Bagni) e e Ada Salvi (Soprintendenza). (di Paolo Martini)
Cultura
**Biennale Arte: Koyo Kouoh sarà la direttrice...
Lo ha deciso il Cda su proposta del presidente Pietrangelo Buttafuoco
Koyo Kouoh, camerunense di nascita cresciuta in Svizzera, 57 anni, è la nuova direttrice del Settore Arti Visive della Biennale di Venezia, con lo specifico incarico di curare la 61esima Esposizione Internazionale d'Arte nel 2026. Lo ha deciso il Consiglio dell'amministrazione dell'istituzione, su proposta del presidente Pietrangelo Buttafuoco. La nomina è stata deliberata martedì 5 novembre ed è stata resa nota oggi, a una decina di giorni dalla chiusura della Biennale Arte 2024 curata dal brasiliano Adriano Pedrosa.
Koyo Kouoh (Camerun/Svizzera) è dal 2019 direttrice esecutiva e Chief Curator dello Zeitz Museum of Contemporary Art Africa (Zeitz MOCAA) a Città del Capo, in Sudafrica. È stata direttrice artistica fondatrice di RAW Material Company, un centro per l'arte, la conoscenza e la società a Dakar, in Senegal. Ha fatto parte del team curatoriale di Documenta 12 (2007) e Documenta 13 (2012) a Kassel, in Germania. Nel 2020 ha ricevuto il Grand Prix Meret Oppenheim, prestigioso premio svizzero che riconosce successi nei campi dell'arte, dell'architettura, della critica e delle esposizioni. Vive e lavora tra Città del Capo (Sudafrica), Dakar (Senegal) e Basilea (Svizzera).
"La nomina di Koyo Kouoh alla direzione artistica del Settore Arti Visive è la cognizione di un orizzonte ampio di visione nel sorgere di un giorno prodigo di parole e occhi nuovi - ha dichiarato il presidente Pietrangelo Buttafuoco -. Il suo sguardo di curatrice, studiosa e protagonista nella scena pubblica incontra, infatti, le intelligenze più raffinate, giovani e dirompenti. Con lei qui a Venezia, la Biennale conferma quel che da oltre un secolo offre al mondo: essere la casa del futuro".
Koyo Kouoh ha commentato il nuovo incarico con queste parole: "L'Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia è da oltre un secolo il centro di gravità dell'arte. Artisti, professionisti dell'arte e dei musei, collezionisti, galleristi, filantropi e un pubblico in continua crescita si riuniscono in questo luogo mitico ogni due anni per cogliere il battito dello Zeitgeist. È un onore e un privilegio unici seguire le orme degli illustri predecessori nel ruolo di direttore artistico e creare una mostra che spero possa avere un significato per il mondo in cui viviamo attualmente e, cosa più importante, per il mondo che vogliamo costruire. Gli artisti sono i visionari e gli scienziati sociali che ci permettono di riflettere e proiettare in modi che solo questa professione consente. Sono profondamente grata al Consiglio di amministrazione della Biennale e in particolare al suo Presidente, Pietrangelo Buttafuoco, per avermi affidato questa missione così importante e non vedo l'ora di lavorare con l'intero team".
Koyo Kouoh ha organizzato mostre significative come "Body Talk: Feminism, Sexuality and the Body in the Works of Six African Women Artists", presentata per la prima volta a Wiels a Bruxelles, in Belgio, nel 2015. Ha curato "Still (the) Barbarians", la 37/a edizione di Eva International, la Biennale d'Irlanda a Limerick nel 2016 e ha partecipato alla 57a Carnegie International a Pittsburgh, in Pennsylvania (Stati Uniti), con il progetto espositivo ampiamente documentato "Dig Where You Stand" (2018), una mostra nella mostra, tratto dalle collezioni dei Carnegie Museums of Art and Natural History. Ha curato il Programma Educativo e Artistico di 1-54 Contemporary African Art Fair a Londra e New York dal 2013 al 2017. È stata l'iniziatrice del progetto di ricerca "Saving Bruce Lee: African and Arab Cinema in the Era of Soviet Cultural Diplomacy", co-curato con Rasha Salti presso il Garage Museum of Contemporary Art a Mosca, Russia, e la Haus der Kulturen der Welt a Berlino, in Germania (2015-2018).
Attiva nel campo critico della comunità artistica in una prospettiva panafricana e internazionale, Kouoh vanta una lunga lista di pubblicazioni, tra cui "When We See Us: A Century of Black Figuration in Painting" (2022), uscito in occasione della mostra omonima aperta al Zeitz MOCAA nel novembre 2022; "Shooting Down Babylon" (2022), la prima monografia sull'opera dell'artista sudafricana Tracey Rose; "Breathing Out of School: RAW Académie" (2021); "Condition Report on Art History in Africa" (2020); "Word!Word?Word! Issa Samb and The Undecipherable Form" (2013); e "Condition Report on Building Art Institutions in Africa" (2012), per citarne alcune. Dal 2013 al 2017 ha ricoperto il ruolo di Curatrice del Programma Educativo e Artistico della 1-54 Contemporary African Art Fair a Londra e a New York, la prima e unica fiera internazionale d’arte dedicata all'arte contemporanea africana e alla sua diaspora. Durante il mandato allo Zeitz MOCAA, il suo lavoro curatoriale si è concentrato su mostre personali approfondite di artisti africani e di discendenza africana. In questo contesto, ha organizzato mostre con Otobong Nkanga, Johannes Phokela, Senzeni Marasela, Abdoulaye Konaté, Tracey Rose e Mary Evans.
(di Paolo Martini)