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Basilicata, Lacerenza si ritira: caos a sinistra, Pd e M5S...

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Basilicata, Lacerenza si ritira: caos a sinistra, Pd e M5S non escludono di andare soli

Lacerenza annuncia il no alla candidatura. Chiorazzo torna in pista: "Noi ci siamo". Italia Viva sostiene Bardi

Elly Schlein e Giuseppe Conte

Caos totale nel centrosinistra in Basilicata in vista delle elezioni regionali 2024 in programma il 21 e 22 aprile. L'oculista Domenico Lacerenza ha rinunciato alla candidatura alla presidenza della Regione. A pochi giorni dalla chiusura delle liste, tutto viene rimesso in discussione. Pd e Movimento 5 Stelle tentano in extremis di trovare una quadra - i contatti sono in corso - ma "alla luce della situazione, non escludiamo di correre da soli", fanno sapere fonti di Campo Marzio. Una 'situazione' dovuta alle divisioni nel Pd, l'accusa dei pentastellati. "Lacerenza era la persona giusta ma è stato impallinato dai giochi di corrente locali", scandisce Giuseppe Conte.

Le ipotesi nel caos

Una presa di posizione che non depone a favore di una nuova soluzione unitaria. Ma nella maionese impazzita della Basilicata, a questo punto, nulla è più da escludere. Di certo, Conte ribadisce il no su Angelo Chiorazzo mentre è in atto un tentativo in atto di rimettere in pista la sua candidatura, già sostenuta da gran parte dei dem lucani - grande sponsor del 're delle coop bianche' è stato Roberto Speranza in questi mesi - si cui potrebbero convergere Azione e Verdi. "Avanti tutta su Chiorazzo", ha scritto il coordinatore lucano dei verdi, Giuseppe Digilio, sui social.

Ma Conte non ci sta. Angelo Chiorazzo è "una persona per bene" ma il ruolo di imprenditore nel campo della sanità, lo esporrebbe a un "conflitto d'interessi" se diventasse presidente di regione. E non se ne parla nemmeno di Marcello Pittella di Azione: "Non appoggeremo famiglie che governano la Basilicata da 40 anni".

Conte, insomma, la dice in chiaro. Dal Pd non arrivano prese di posizione pubbliche. Fonti dem lucane fanno sapere che c'è "la volontà di stare insieme". Nel tardo pomeriggio via social l'ex-presidente della provincia di Potenza, Piero Lacorazza del Pd, si fa avanti: "Vista la difficoltà del momento, siamo chiamati ad offrire disponibilità, a mettere a disposizioni idee e conoscenza del territorio. Mi metto al servizio di una comunità con la candidatura a Presidente della Regione. Confrontiamoci". Il suo sarebbe un nome su cui si potrebbero portare i 5 stelle, si spiega.

Il passo indietro di Lacerenza

"Avevo dato la mia disponibilità, ma non posso non registrare le reazioni che ci sono state in seguito", così Lacerenza ha annunciato il suo passo indietro. Le perplessità ascoltate di parte del centrosinistra lucane, manifestate anche ieri in una infruttuosa riunione anche con Pittella, hanno convinto l'oculista a farsi da parte. Nel caos lucano, Carlo Calenda affonda il coltello nella piaga. "Dilettanti allo sbaraglio. Altro capolavoro politico di Conte con Pd a rimorchio", twitta subito dopo la rinuncia di Lacerenza. E poi a margine di un'iniziativa a Mater: "Quello che mi sento di dire è che il Pd ritrovi un po' di orgoglio. Mandate a quel paese questo qualunquista che ha governato con Salvini, ha fatto i decreti sicurezza, si spaccia per progressista ma non sa scegliere tra Trump e Biden. Mandatelo a quel paese e si costruisca un'alternativa di governo seria che non può essere condizionata dai cialtroni".

Chiorazzo torna in pista: "Noi ci siamo"

"Per seminare occorre voltare pagina. Per questo, abbiamo deciso, insieme a Basilicata Casa Comune, di candidarci a rappresentare questo moto di popolo". Così Angelo Chiorazzo torna in pista per la presidenza della regione Basilicata. "Assieme a noi ci saranno altre liste civiche e chi vorrà sposare questo progetto. Ci ha convinto chi ci ha detto: ora o mai più. Noi ci siamo".

Chiorazzo ripercorre il percorso degli ultimi mesi, la sua candidatura che aveva "registrato la convergenza del Pd lucano, e di larga parte di militanti, simpatizzanti, parti significative di classe dirigente degli altri partiti e movimenti del centrosinistra, del Movimento 5 stelle, dei Verdi e di Italia viva, nonché di rappresentanti autorevoli della società civile".

Ma insieme ad "attestati di stima" è arrivata anche "l’indicazione che il mio nome non consentiva l’unità del centrosinistra. Io non ho ancora ben capito le ragioni del veto personale, soprattutto perché accompagnate a una richiesta di restare in campo. Allo stesso tempo ho ritenuto che il tema dell’unità del centrosinistra avesse un valore maggiore rispetto al mio destino personale. Per questo -prosegue Chiorazzo- , mi sono detto disponibile a fare un passo di lato per individuare una figura che fosse più unificante, e che potesse trovare il consenso di tutti, ovviamente anche il nostro. Ho così ritenuto di dare il mio consenso alla figura del dottor Lacerenza".

"È avvenuto però un fatto che, onestamente, ci ha sorpreso nella sua portata: già nei primi minuti dopo la notizia della candidatura di Lacerenza, siamo stati letteralmente travolti da una rivolta che mi permetto di definire di popolo". Dunque sono proseguite "ore di riflessione, anche di tormento. È chiaro che ognuno ha sbagliato qualcosa. Tra questi, anche io. Domenico Lacerenza ha preso atto della contestazione e della condizione di estrema difficoltà elettorale determinatesi immediatamente alla ufficializzazione dell’intesa sul suo nome e ha fatto un passo indietro. È una scelta non scontata, di cui apprezzo l'onestà intellettuale. Segnala ancora una volta lo stile dell'uomo".

"Adesso, però, non c'è davvero più tempo da perdere. E non possiamo fare finta di niente. Anzi- sottolinea Chiorazzo- c'è da ripartire da quel moto popolare che denota rabbia verso la politica e allo stesso tempo un profondo desiderio di cambiamento. Non ha prevalso l'indifferenza e, considerando come sono andate le cose, è un mezzo miracolo. Per seminare occorre voltare pagina. Per questo, abbiamo deciso, insieme a Basilicata Casa Comune, di candidarci a rappresentare questo moto di popolo. Assieme a noi ci saranno altre liste civiche e chi vorrà sposare questo progetto".

"Chiediamo a tutte e tutti quelli che ci hanno sostenuto, e in questi giorni richiamato a gran voce, di starci accanto fino in fondo, di fare con noi la campagna elettorale. Non importa se hanno in tasca la tessera di una associazione, di un partito o di un movimento: vogliamo rimettere in gioco tutta quella energia e quell’entusiasmo che aveva attraversato la Basilicata nei mesi scorsi e che in questi giorni aveva lasciato spazio alla frustrazione. Lo vogliamo fare nella composizione delle liste, nella campagna elettorale, nella volontà di far voltare pagina alla nostra amata regione. Ci ha convinto chi ci ha detto: ora o mai più. Noi ci siamo"

Renzi con Bardi, in attesa dell'annuncio di Calenda

Oggi alle 10 a Potenza, Carlo Calenda dirà quale è la scelta di Azione per la Basilicata. Italia Viva l'ha già fatta: sarà a sostegno di Bardi. Dice la coordinatrice di Iv, Raffaella Paita, che Bardi "è un candidato moderato e Italia Viva, per il bene della Basilicata, sosterrà la sua candidatura alla presidenza della regione. Ci presentiamo nella sua lista per valorizzare l'area civica, centrista e moderata".

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Politica

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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