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Politica
Fisco, Meloni: “Fiera di riforma attesa da 50 anni,...
Fisco, Meloni: “Fiera di riforma attesa da 50 anni, non aiutiamo i furbi ma gli italiani onesti”
La presidente del Consiglio: "Mantenuti gli impegni per ridisegnare nuova idea di Italia. Non dirò mai che le tasse sono bellissime"
![Giorgia Meloni](https://www.adnkronos.com/resources/028b-1a660a8b3baf-4842738273cf-1000/format/big/meloni_fi.jpeg)
Giorgia Meloni presenta la riforma fiscale e si dice "fiera del coraggio di una riforma attesa da 50 anni" che renderà l'Italia "più attrattiva". E, sottolinea, "non aiutiamo i furbi, ma solo gli italiani onesti che pagano le tasse".
"Fisco più equo e responsabile"
"Abbiamo messo in consultazione le bozze" dei testi unici in materia fiscale e "accoglieremo gli spunti della politica e degli addetti ai lavori per varare una riforma in cui la certezza del diritto sia la cifra fondamentale. Ma lasciatemi dire - insiste Meloni - che sono fiera che questo sia il governo che affronta una riforma che per 50 anni è stata messa in un cassetto perché era troppo complessa da affrontare, fiera chi sia questo governo che sta allineando l'Italia ai principali standard europei a consegnare ai cittadini un fisco più equo e responsabile". A guidare l'esecutivo, evidenzia, la "visione di un'Italia in cui il fisco sia un alleato per la crescita e lo sviluppo, con i cittadini che si sentono supportati dalle istituzioni e tutti remano nella stessa direzione per far crescere questa nazione".
"Disegnata una nuova idea di Italia"
"Affrontiamo un momento storico particolarmente complesso a livello internazionale - sottolinea la premier - ma le crisi possono anche diventare un'occasione. Ci viene imposto di dare risposte coraggiose e strutturali. Il fisco è una delle prime materie affrontate da questo governo, con l'obiettivo di disegnare una nuova Italia. E’ una riforma attesa da 50 anni, la rivendico come le prime fatte dal governo con l’obiettivo di disegnare una nuova idea di Italia, più attrattiva”. "Abbiamo dato seguito a un impegno preso coi cittadini: era scritto nel nostro programma - ricorda Meloni - e dunque era doveroso farlo. La riforma fiscale non è solo un ammasso di regole, ma uno dei perni attorno ai quali ruota il tessuto economico della nazione, uno degli strumenti attraverso i quali lo Stato può prosperare, mettendo le aziende nelle condizioni migliori per produrre ricchezza".
“Ci siamo assunti la responsabilità storica di abbandonare la logica degli interventi spot per portare avanti una riforma del fisco organica, perché solo con una riforma strutturale e complessiva sarà possibile raggiungere l'obiettivo di una riduzione generalizzata della pressione fiscale".
"Non abbiamo amici a cui fare favori"
“Non abbiamo amici a cui fare favori, non aiutiamo i furbi, ma solo gli italiani onesti che pagano le tasse - scandisce la presidente del Consiglio -. E anche gli italiani onesti che si trovano in difficoltà meritano di essere aiutati e messi in condizione di pagare ciò che devono".
"Uno Stato amico non viene raggirato"
"Uno Stato giusto, comprensivo e disponibile non viene più percepito come un avversario o a volte addirittura come un nemico, di conseguenza - sottolinea Meloni - non merita di essere raggirato. Questa è la scommessa culturale e i dati ci dicono che abbiamo ragione”.
"Le tasse non sono bellissime"
“Non penso e non dirò mai che le tasse sono una cosa bellissima - dice citando l'affermazione dell'ex ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa - sono bellissime le libere donazioni e non i prelievi imposti per legge". Ed è la ragione per cui c'è "una grande responsabilità" nel "gestire quelle risorse che non possono essere usate in modo irresponsabile per garantirsi facile consenso immediato e lasciare chi viene dopo a ripagare quella irresponsabilità".
"2023 anno record in lotta a evasione"
Sulla riforma fiscale "ci hanno accusato di tutto e di più. Ci hanno accusato di voler aiutare gli evasori, di voler fare condoni immaginari, di voler allentare le maglie del fisco. A smentire queste accuse ci sono i numeri", ricorda Meloni ma "il 2023 è stato anno record nella lotta all'evasione - rivendica ‘snocciolando’ i numeri -: sono stati recuperati 24,7 miliardi, 4,5 in più rispetto all'anno precedente. Con altri 6,7 sono frutto dell'attività di recupero dell'Agenzia delle Entrate per altri enti si arriva alla cifra record di 31 miliardi di euro. Questo grazie al lavoro della Gdf e dell'Agenzia delle Entrate ma anche grazie a norme che abbiamo introdotto, come quelle contro il fenomeno odioso delle attività 'apri e chiudi'", ha rivendicato Meloni.
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.