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Cronaca

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Terrorismo, arrestati tre palestinesi a L’Aquila: la cellula pronta a colpire

Tra di loro anche Anan Yaeesh, il 37enne palestinese detenuto a Terni dopo essere stato fermato in seguito alla richiesta di estradizione presentata da Israele. A quanto apprende l'Adnkronos, i tre avevano il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie

Arresti per terrorismo a L'Aquila

Facevano opera di proselitismo e propaganda per l'associazione e pianificavano attentati, anche kamikaze, contro obbiettivi civili e militari in territorio estero. Tre palestinesi, residenti a L'Aquila, sono stati arrestati dalla polizia con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico.

Tra di loro anche Anan Yaeesh, il 37enne che vive e lavora dal 2017 a l’Aquila, già detenuto a Terni dopo essere stato arrestato il 27 gennaio scorso su richiesta di Israele che ne chiede l’estradizione. Il palestinese è accusato dalle autorità israeliane di avere finanziato un gruppo armato del campo profughi chiamato Tulkarem Brigade. I suoi legali, gli avvocati Flavio Rossi Albertini e Stefania Calvanese, hanno depositato una istanza alla corte d’appello dell’Aquila per chiedere la revoca della misura cautelare, che verrà discussa domani. Secondo gli avvocati, in caso di estradizione ci sarebbe il “rischio concreto ed effettivo che Yaeesh, venga sottoposto a trattamenti inumani e degradanti” compresa “la tortura”.

A quanto apprende l'Adnkronos, i tre palestinesi avevano il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. In particolare uno dei tre aveva un permesso di soggiorno per protezione internazionale, uno per protezione speciale il terzo perché rifugiato.

Le indagini

Gli arresti sono stati messi a segno in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip distrettuale di L'Aquila, su richiesta della Dda dell'Aquila, in coordinamento con la procura nazionale antimafia e antiterrorismo. Le indagini degli investigatori della digos de L’Aquila e del Servizio per il contrasto all'estremismo e al terrorismo internazionale della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, hanno accertato la costituzione di una struttura operativa militare denominata 'Gruppo di Risposta Rapida-Brigate Tulkarem', articolazione delle 'Brigate dei Martiri di Al-Aqsa' (riconosciuta quale organizzazione terroristica dall'Unione Europea con Regolamento di Esecuzione 2023/1505 del Consiglio Europeo del 20 luglio 2023) che si propone il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo anche contro uno Stato estero.

Da quanto emerge dall'ordinanza di misura cautelare del gip dell'Aquila Marco Billi, Anan Kamal Afif Yaeesh e Ali Saji Ribhi Irar "manifestavano le finalità terroristiche del Gruppo di Risposta Rapida tese a organizzare attentati suicidari, anche mediante l’impiego di autobombe, in territorio israelo palestinese, in particolare in Cisgiordania (West Bank), nella città di Tulkarem, in danno di obiettivi israeliani civili e militari". L'altro palestinese coinvolto dall'ordinanza cautelare è Mansour Doghmosh.

Venivano svolte anche "attività finalizzate alla creazione di video di propaganda in cui figurano miliziani armati intenti in attività di addestramento militare e all’uso delle armi di giovani reclute e bambini, corredato da canti e musica nashid di adesione ideologica e identità combattente". In particolare nell'ordinanza si fa riferimento a una conversazione tra due degli indagati. Dall'analisi di alcune conversazioni via Telegram tra Anan Kamal Afif Yaeesh e Jihad Maharaj Ibrahim Shehadeh, quest'ultimo ucciso in un conflitto a fuoco a Tulkarem con l'esercito israeliano, "emerge con chiarezza il ruolo apicale, di capo e di organizzatore, rivestito da Yaeesh Anan Kamal Afif nell’ambito del Gruppo di Risposta Rapida - Brigate Tulkarem".

Dal profilo Facebook di Yaeesh è emerso anche un post con la foto di quattro persone che il 6 novembre 2023 erano state uccise a Tulkarem in un conflitto a fuoco con l’esercito israeliano. Un'altra fotografia "ritrae un miliziano, all’interno di una autovettura, armato di fucile mitragliatore e con in pugno una pistola, che indossa un cappello con una fascia gialla recante stemma ed iscrizione simbolo delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa". Un'altra istantanea invece ritrae "13 uomini, alcuni armati di mitra". Tra loro sono stati identificati i quattro soggetti che, il 6 novembre 23, erano stati uccisi a Tulkarem in un conflitto a fuoco con l’esercito israeliano. Due dei tredici erano appartenenti alle “Brigate dei Martiri di Al-Aqsa”.

L'ordinanza del gip

"Si ritiene che gli elementi raccolti nel corso dell’attività di indagine finora svolta siano sufficienti per affermare la sussistenza di gravissimi indizi di colpevolezza nei confronti dei tre indagati". Si sottolinea nell'ordinanza del gip dell'Aquila con la quale si dispone la custodia cautelare in carcere nei confronti di tre palestinesi, arrestati dalla polizia, con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico. Secondo il gip il gruppo si è organizzato "in modo non rudimentale, ma accorto e calibrato all’ottimizzazione del risultato". Il centro decisionale e direttivo del sodalizio - si sottolinea - è stato posto volutamente all’estero (rispetto alla Cisgiordania e a Israele) per poter fuggire ai controlli israeliani ed è stata individuata come base logistica la città di L’Aquila, posta nelle vicinanze di Roma, ma "in posizione più defilata e nascosta".

Nella misura si osserva che "gli atti di terrorismo programmati e pianificati appaiono dichiaratamente rivolti contro lo Stato di Israele (la popolazione civile, l’organizzazione militare e le strutture politiche di quel Paese)", anche se da alcuni spunti dell’indagine "non appare possibile escludere che possano essere compiuti anche in Italia, non necessariamente soltanto nei confronti di obiettivi israeliani".

Nell'ordinanza si fa anche riferimento ad alcune conversazioni tra Yaeesh Anan Kamal Afif e un palestinese ritenuto comandante militare delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa e generale facente parte di Al-Fatah.

"Emerge come Yaeesh Anan Kamal Afif si rivolge con rispetto a Al-Maqdah Munir chiamandolo 'Haj', ossia 'capo' - si osserva nell'ordinanza - Yaeesh Anan Kamal Afif chiede al comandante militare delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa di pubblicare un comunicato a nome della neo-costituita formazione 'Commando Centrale per la Risposta Rapida, Brigata dei Martiri' e chiarisce a Al-Maqdah Munir che tale organizzazione è stata 'lanciata da poco', e che gli avrebbe mandato immediatamente 'tutti i dettagli in merito'. Yaeesh Anan Kamal Afif, comunque, spiega subito che 'si tratta di un’unità suicida, pronti ad agire in profondità' e chiarisce che l’azione della nuova organizzazione 'sarà prossima'”.

Dall'analisi di alcune conversazioni via Telegram tra Anan Kamal Afif Yaeesh e Jihad Maharaj Ibrahim Shehadeh, quest'ultimo ucciso in un conflitto a fuoco a Tulkarem con l'esercito israeliano, "emerge con chiarezza il ruolo apicale, di capo e di organizzatore, rivestito da Yaeesh Anan Kamal Afif nell’ambito del Gruppo di Risposta Rapida - Brigate Tulkarem".

Nell'ordinanza del gip si sottolinea che il "ruolo egemone, di capo e organizzatore, ricoperto da Yaeesh Anan Kamal Afif nell’ambito del Gruppo di Risposta Rapida - Brigate Tulkarem, trovava ulteriore conferma dall’analisi dei contatti e dei rapporti intrattenuti dall’indagato con Al-Maqdah Munir". Quest'ultimo, "come accertato dalla pg sulla base di informazioni acquisite dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione, è un palestinese, individuato come comandante militare delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa e come generale facente parte di Al-Fatah".

Piantedosi

Esprime "soddisfazione" il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, secondo il quale "l'operazione conferma il continuo impegno e la grande capacità investigativa delle nostre Forze dell’ordine”. “Alle forze di polizia e alla magistratura va il mio ringraziamento per questo importante risultato che testimonia la costante azione di monitoraggio e prevenzione realizzata sul fronte dell’estremismo e della radicalizzazione”, ha concluso il titolare del Viminale.

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Cronaca

Denise Pipitone, Piera Maggio a Domenica In: “Foto...

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La madre della bambina scomparsa nel 2004 a Mazara del Vallo nel trapanese è stata ospite del programma di Mara Venier

Dal programma Domenica In

"Ci hanno fatto vedere la foto di una ragazza che somiglia straordinariamente alla mia Denise". A parlare, ospite di Mara Venier a Domenica In nel giorno della festa della mamma, è la madre Piera Maggio che non si è mai rassegnata alla scomparsa della figlia nel 2004 a Mazara del Vallo. "Voglio assolutamente sapere chi sono quelle persone con cui è stata ripresa nello scatto" dice, aggiungendo che quell'immagine "risale a molti anni fa, non è di oggi. Stiamo cercando di individuare l'anno in cui è stata scattata e chi erano quelle persone". "Non ho mai perso la speranza di ritrovarla, anche se alcune volte mi sono sentita emotivamente fragile: non sono quella roccia che molti credono io sia" ribadisce la madre.

I sospetti di mamma Piera

"Fino a prova contraria la mia piccola va cercata" continua a ripetere, ormai, da vent'anni mamma Piera. "Da subito ho avuto un quadro ben chiaro - dice Piera Maggio - i nostri erano sospetti, ma c'è stata poi un'assoluzione in tre gradi di giudizio per insufficienza di prove. Crediamo ancora che la verità si celi dentro a quei fascicoli".

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Vaticano, da Medjugorje a Trevignano: giro di vite su...

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In arrivo le nuove regole

Il Vaticano si appresta a varare il giro di vite sulle apparizioni, lacrimazioni delle Madonne, insomma sui fenomeni soprannaturali. Venerdì prossimo il dicastero per la Dottrina della Fede renderà noto un documento - con l'ok del Papa - che regolerà una materia spinosa, come quella delle apparizioni mariane o presunte, che spesso finisce fuori controllo anche per la diffusione via social.

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Cronaca

Fedez contro la stampa: “Il pestaggio a Milano? Io...

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Il rapper al Salone del Libro di Torino: "Se non ci fosse di mezzo il mio nome, non ci sarebbe notizia"

Fedez

Fedez contro la stampa. A Torino, il rapper ha partecipato a un incontro sulla salute mentale nell'ambito del Salone del libro. "Da un lato ci sono dei ragazzi che hanno delle priorità rispetto a degli avvenimenti, dall'altra parte una stampa che si occupa fondamentalmente di notizie tipo le cazzate che fa di notte Fedez e non avete ancora capito che a loro non frega un c…", ha detto rivolgendosi ai giovani che in platea lamentavano una disparità di trattamento tra i profughi ucraini e quelli palestinesi. "Sarebbe il caso che la stampa italiana rivalutasse le priorità e non giocasse a fare l’influencer", ha aggiunto Fedez. "Credo la mia storia parli per me, non ho alcun tipo di problema a parlare di genocidio, nessuna questione ideologica", ha aggiunto riferendosi a ciò che accade a Gaza.

L'aggressione a Iovino

"Io non c'ero. E dalla telecamera non si vede niente", ha detto Fedez a La Stampa online, prima di intervenire al Salone, in merito al caso del pestaggio del personal trainer Cristiano Iovino.

"Si parla di 9 persone che hanno massacrato una persona, tutti ultras del Milan", si legge nella ricostruzione del cantante pubblicata sul sito del quotidiano torinese. "La persona viene aggredita, arriva l’ambulanza ma non viene portata in ospedale. Tutti parlano di un massacro, ma se questa persona non è stata portata in ospedale non c’è un referto medico e non ha denunciato, di cosa stiamo a parlare? Oltretutto poco dopo è andato a ballare a Ibiza … Se non ci fosse il mio nome in mezzo non ci sarebbe la notizia", ha concluso.

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