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Salute e Benessere

Smog, in periferie più danni a salute, tassi decesso quasi...

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Smog, in periferie più danni a salute, tassi decesso quasi doppi

Smog, in periferie più danni a salute, tassi decesso quasi doppi

La cappa di smog che aleggia sulle nostre città sta diventando più soffocante e letale nelle periferie, dove nei quartieri meno verdi e ad alta densità di traffico e di abitanti over 65, i tassi di decessi attribuibili a biossido di azoto e polveri sottili arrivano fino al 50-60% in più rispetto alla media delle aree centrali. Quasi il doppio. Sotto accusa il mix smog e stili di vita peggiori legati alle condizioni socio-economiche sfavorevoli, più comuni nei quartieri più periferici. Questa l'allerta lanciata a pochi giorni dal varo della nuova direttiva europea sulla qualità dell'aria e alla luce dei dati di una indagine condotta dall'Agenzia per la tutela della salute di Milano (Ats-Mi), recentemente pubblicata sulla rivista Epidemiologia&Prevenzione. Della 'relazione pericolosa' fra smog e salute parlano circa 200 scienziati da tutto il mondo, riuniti a Milano fino a oggi per la conferenza RespiraMi: Recent Advances on Air Pollution and Health 2024, co-organizzata dalla Fondazione Menarini in collaborazione con Fondazione Irccs Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico, e dall'Imperial College di Londra, con il patrocinio dell'Associazione italiana di epidemiologia.

Alle 15, alla Fondazione Cariplo, interverranno alla conferenza RespiraMi il sindaco di Milano Giuseppe Sala e Poppy Lyle, responsabile dell'inquinamento atmosferico della Greater London Authority, che nell'agosto scorso ha deciso di estendere il divieto di circolazione dei veicoli più inquinanti a tutta l'area metropolitana (Ultra-Low Emission Zone), che si è tradotto in ampi benefici per la salute. Una revisione pubblicata su Lancet Public Health dell'Imperial College di Londra ha infatti dimostrato una chiara riduzione dei problemi cardiaci, con meno casi di ipertensione, ricoveri, morti per infarti e ictus quando si adottano queste misure.

Anche Milano ha bisogno di aria più pulita. Con una popolazione di quasi 1,4 milioni di abitanti, la seconda città metropolitana d'Italia è storicamente afflitta dal problema dello smog. Per valutare gli effetti sanitari a lungo termine sulla popolazione, l'Ats ha condotto uno studio con cui ha stimato i livelli di concentrazione media degli inquinanti (No2, Pm10 e Pm2.5) per il 2019 con una risoluzione spaziale senza precedenti, pari a 25 metri quadrati. I dati sono stati poi incrociati con le informazioni sanitarie e anagrafiche georeferenziate già utilizzate per studi di popolazione in Ats-Mi. "I risultati permettono di definire una mappa dell'inquinamento, e dei suoi effetti, quartiere per quartiere e rivelano, per la prima volta, che biossido di azoto e polveri sottili hanno tassi di decesso per 100.000 abitanti che possono arrivare fino al 60% in più in alcune zone della periferia milanese rispetto al centro città", evidenzia Sergio Harari, co-presidente del congresso, della Divisione di malattie dell'Apparato respiratorio e di Medicina interna dell'ospedale San Giuseppe MultiMedica Ircss e dell'Università di Milano.

"Il caso di Milano potrebbe avvicinarsi a quello che accade anche in altre grandi città italiane nelle aree periferiche - aggiunge Harari - che presentano elevati livelli di inquinamento atmosferico dovuti all'elevato numero di abitanti, a strade a intenso traffico veicolare come le tangenziali e al poco verde con ristagno d'aria. Il combinato disposto di smog e condizioni socio-economiche svantaggiate sovrapponibili alle aree periferiche, inducendo stili di vita peggiori come ad esempio più fumo e sedentarietà, produce un effetto moltiplicativo della mortalità da inquinamento nelle aree più lontane dal centro. Il fatto di essere più fragili ed essere esposti a inquinanti si traduce quindi in un danno maggiore", chiosa l'esperto.

"Gli oltre 1.600 decessi l'anno per tutte le cause attribuibili al Pm2.5 e gli oltre 1.300 decessi annui attribuibili al biossido di azoto a Milano non sono infatti distribuiti allo stesso modo sul territorio. L'inquinamento ha effetti più grandi soprattutto nei quartieri periferici attraversati da strade molto trafficate, densamente abitati e dove c'è una maggior quantità di persone con oltre 65 anni, quindi più fragili - rimarca Francesco Forastiere, co-presidente del congresso, del Consiglio nazionale delle ricerche e del Gruppo di ricerca ambientale dell'Imperial College London - Il tasso di decessi risulta decisamente maggiore in alcune zone rispetto ad altre, meno urbanizzate e più verdi".

"Per quanto riguarda l'esposizione al biossido di azoto, responsabile del 10% delle morti per cause naturali (130,3 su 100 mila abitanti), i tassi di decessi più alti si sono registrati in quartieri periferici come Quarto Oggiaro con 158 morti su 100.000 abitanti e a Gallaratese con 170 su 100.000, a fronte di valori attorno a 100 nel centro città", illustra Pier Mannuccio Mannucci, co-presidente del congresso, della Fondazione Irccs Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico e del Centro emofilia e trombosi Angelo Bianchi Bonomi di Milano. "Per il Pm2.5, responsabile del 13% delle morti per cause naturali (160 su 100 mila abitanti) e del 18% dei decessi per tumore del polmone, le conseguenze più pesanti si hanno in zone periferiche come Mecenate, Lorenteggio e Bande Nere dove i tassi di decesso superano i 200 per 100.000 abitanti, mentre in pieno centro si attestano attorno a 130 su 100.000 abitanti". Infine, gli effetti del Pm10 si sentono soprattutto nella zona di Niguarda, Bande Nere e Gallaratese a ovest e Buenos Aires in centro.

"L'esposizione cronica allo smog è dannosa per la salute in termini globali, con ripercussioni non soltanto sull'apparato respiratorio, ma anche su quello cardio-circolatorio e un incremento di infarti e ictus. L'inquinamento può avere inoltre conseguenze negative a livello cerebrale, causando ritardi cognitivi nell'infanzia e un impatto sullo sviluppo delle malattie neurodegenerative, come ad esempio il Parkinson", concludono gli esperti.

A 'salvare' il centro città sono le zone a traffico limitato, che giocano un ruolo molto importante nel ridurre inquinanti e effetti deleteri sulla salute, come dimostra una review pubblicata sulla rivista Lancet Public Health dall'Imperial College di Londra. La revisione ha passato in rassegna 16 studi condotti sulle Ztl in Germania, Giappone e Regno Unito, in cui si dimostra appunto una chiara diminuzione dei problemi a carico dell'apparato cardiovascolare, con meno casi di ipertensione, ricoveri, morti per infarto e ictus. In particolare, uno studio tedesco su dati ospedalieri di 69 città con Ztl ha riscontrato un calo del 2-3% dei problemi cardiaci e del 7-12% degli ictus, con benefici (soprattutto per gli anziani) che hanno comportato un risparmio di 4,4 miliardi di euro per la sanità. Diversi studi hanno inoltre evidenziato effetti benefici per l'apparato respiratorio, anche se i dati sembrano meno consistenti.

"Un capitolo a parte lo merita la speciale Ztl di Londra. La scorsa estate, la capitale britannica ha deciso di estendere il divieto di circolazione dei veicoli più inquinanti a tutta l'area metropolitana (suscitando non poche polemiche). Il transito nella cosiddetta Ulez (Ultra Low Emission Zone) è consentito solo ai veicoli Euro 4 se a benzina o Euro 6 se a Diesel. Chi non possiede una vettura in linea con questi standard può utilizzarla previo pagamento di un pedaggio", commenta Harari. E l'iniziativa è stata elogiata da Maria Neira, direttrice del Dipartimento di sanità pubblica e ambiente dell'Oms, che in un'intervista sul British Medical Journal ha definito la Ulez londinese come un "esempio per tutti i sindaci del mondo".

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Salute e Benessere

Covid, con il caldo aumenta rischio per il cuore: cosa fare

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L'analisi e le raccomandazioni del cardiologo Trimarco

Medici in reparto Covid - Fotogramma

Fuoco incrociato sulla salute degli italiani, in particolare dei più fragili. A minacciarli c'è il mix tra caldo e Covid: "L'uno amplifica gli effetti dell'altro e viceversa, con un impatto immediato sui sintomi come mal di testa, fatigue e affanno, e sulla funzionalità del cuore". Lo spiega Bruno Trimarco, docente emerito di Cardiologia all'università Federico II di Napoli. "Il caldo - avverte - ha sicuramente un impatto importante sui pazienti colpiti dal Covid, sia in fase acuta che nel post-infezione, sul cosiddetto Long Covid. Infatti, da un lato le temperature alte amplificano i sintomi dell'infezione, dall'altro possono aumentare lo stress sul cuore, colpito contemporaneamente da un doppio fuoco, il virus e il caldo insieme". Come proteggersi? No agli integratori 'fai te te', sì a docce fresche e bere acqua anche se non si ha sete, ricorda lo specialista.

Chi rischia di più

Le persone più a rischio sono i fragili, come anziani, bambini e malati cronici, già vulnerabili a caldo e Covid singolarmente. "La letteratura scientifica - analizza Trimarco - ha già documentato che il caldo estremo rappresenta un rischio per il cuore, causando dolore al petto, infarti e morte improvvisa. Quando fa troppo caldo, si può assistere a una riduzione dei valori della pressione arteriosa per la dilatazione dei vasi sanguigni e alla perdita di liquidi con una profusa sudorazione che aumenta il pericolo disidratazione. In alcuni pazienti, tuttavia, si verifica un effetto opposto e la pressione arteriosa può aumentare in modo improvviso e incontrollato. Tra i sintomi più comuni possono comparire tachicardie, palpitazioni, vertigini e affanno".

Dal canto suo, anche Covid ai associa a sintomi comuni a quelli scatenati dal caldo, come astenia, nebbia cerebrale, affanno e mal di testa. "Inoltre - evidenzia il cardiologo - sappiamo che Covid-19 innesca una serie di processi infiammatori che colpiscono le cellule endoteliali, cioè le cellule che rivestono l'interno del cuore e dei vasi sanguigni. Tra gli effetti prodotti ci sono stress ossidativo, infiammazione, alterazione dei battiti, compromissione della capacità di pompare il sangue e l'ossigeno agli altri tessuti. Gli studi suggeriscono che le persone con Covid, rispetto ai non infettati, corrono un rischio del 55% maggiore di subire un evento cardiovascolare grave come infarto, ictus o morte. Hanno anche più probabilità di manifestare altri problemi al cuore come aritmie o miocardite, ossia infiammazione del muscolo cardiaco".

I rimedi

Per scongiurare gli effetti della combo caldo-Covid servono contromisure. Quali? "No a integratori 'fai da te', sì a docce o bagni freschi e al consumo 'programmato' di acqua: impegnarsi cioè a bere almeno un litro e mezzo d'acqua durante la giornata anche se non si ha la sensazione di sete", raccomanda Trimarco.

"Stanchezza e debolezza, sintomi comuni al Covid e a un eccesso di caldo - osserva il cardiologo - possono indurre a fare incetta di integratori. Ma la stragrande maggioranza sono inutili, almeno contro il Covid. Uno studio che abbiamo pubblicato sulla rivista 'eClinicalMedicine' promuove un mix di sostanze naturali, composto da arginina e vitamina C. L'arginina è un aminoacido prodotto naturalmente dall'organismo, che stimola la produzione di ossido nitrico, sostanza chiave per una corretta funzione vascolare. La vitamina C, invece, grazie a una nanotecnologia che ne ottimizza l'assorbimento senza effetti collaterali, antagonizza lo stress ossidativo e migliora il rimodellamento vascolare con effetti benefici sulla funzionalità cardiaca e a cascata su tutto l'organismo".

Altri consigli: evitare di uscire se positivi al Covid, sia per evitare di contagiare gli altri sia per tenersi al riparo dal caldo esterno; mantenere la casa fresca, sfruttando l'aria notturna per rinfrescarla, e durante il giorno usando tapparelle o persiane e spegnendo quanti più dispositivi elettrici possibile; usare abiti e lenzuola leggeri e larghi; evitare bevande zuccherate, alcoliche o contenenti caffeina che possono peggiorare i sintomi e interagire con i farmaci in uso.

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Caldo africano, nuova ondata sull’Italia: oggi 12...

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Nelle prossime ore allerta super caldo ai massimi livelli: le città interessate

Super caldo a Roma - Fotogramma

L'allerta super caldo tornerà nelle prossime ore ai livelli massimi. Se oggi, sabato 27 luglio, nessuna città è ancora da bollino rosso, per domani - domenica 27 - saranno di nuovo sei i capoluoghi interessati dal gradino più alto dell'allerta.

Dodici, intanto, le città con bollino arancione di oggi, segnalate nel bollettino sulle ondate di calore del ministero della Salute: si tratta di Firenze, Frosinone, Palermo, Perugia, Rieti e Roma, Bologna, Bolzano, Brescia, Latina, Pescara e Viterbo.

Domenica bollente, tornano i bollini rossi

Domenica 28 luglio saranno quindi 6 le città italiane da bollino rosso per il rischio di ondate di calore: massima allerta su Firenze, Frosinone, Palermo, Perugia, Rieti e Roma.

La giornata di domani si annuncia dunque la più 'bollente' di una settimana che non ha fatto registrare prima città da bollino rosso. Fra i 27 capoluoghi monitorati dal sistema di sorveglianza ministeriale, oltre ai 6 con allerta 3, il livello massimo di rischio, il 28 luglio si contano 13 bollini arancioni (livello 2): a Bologna, Bolzano, Brescia, Campobasso, Latina, Milano, Napoli, Pescara, Torino, Trieste, Venezia, Verona e Viterbo. Bollino giallo (rischio 1) per Ancona, Bari, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, Messina e Reggio Calabria. Nessun bollino verde (rischio 0).

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Alzheimer, Ema blocca farmaco Lecanemab: “Rischio di...

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"In particolare il frequente verificarsi di anomalie nell'imaging correlate all'amiloide (Aria), che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello dei pazienti che lo hanno ricevuto"

Riproduzioni del cervello - FOTOGRAMMA

No dell'Agenzia europea del farmaco Ema a una terapia anti Alzheimer. Il Comitato tecnico per i medicinali a uso umano dell'ente regolatorio Ue, "Chmp, ha raccomandato di non concedere l'autorizzazione all'immissione in commercio per Leqembi* (lecanemab), un farmaco destinato al trattamento della malattia di Alzheimer", informa l'Ema nel resoconto dell'ultima riunione del Chmp (22-25 luglio).

"Il comitato - si legge - ha ritenuto che l'effetto osservato di Leqembi sul ritardo del declino cognitivo non controbilancia il rischio di eventi collaterali gravi associati al medicinale, in particolare il frequente verificarsi di anomalie nell'imaging correlate all'amiloide (Aria), che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello dei pazienti che hanno ricevuto Leqembi".

Alzheimer Europe esprime "rammarico" e "profonda delusione" per il parere negativo formulato dal Comitato tecnico Chmp dell'Agenzia europea del farmaco Ema . Il no dell'Ema, che riguarda Ue, Islanda, Liechtenstein e Norvegia, sottolinea l'associazione in una nota, "significa che gli europei con malattia di Alzheimer in fase iniziale non avranno accesso alle opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti negli Stati Uniti e in altri Paesi".

"Le persone che vivono con la malattia di Alzheimer e le loro famiglie nutrivano grandi speranze e aspettative riguardo all'introduzione di nuove opzioni terapeutiche in Europa", scrive Alzheimer Europe, ricordando che la Fda statunitense ha concesso l'approvazione a lecanemab un anno fa, nel luglio 2023, dopo che un comitato consultivo ha riconosciuto in modo unanime l'efficacia clinica del farmaco per il quale le principali assicurazioni Usa, fra cui Medicare, hanno garantito "un'ampia copertura" nei pazienti idonei a riceverlo. Hanno dato il via libera al trattamento anche le autorità regolatorie di Giappone (25 settembre 2023), Cina (3 gennaio), Corea del Sud (27 maggio), Hong Kong (11 luglio) e Israele (12 luglio), elenca l'associazione, mentre in Europa si attendono ancora i pronunciamenti degli enti regolatori svizzero e britannico, che Alzheimer Europe auspica positivi.

"Le persone affette da malattia di Alzheimer in Europa saranno escluse dall'accesso a lecanemab senza poter compiere scelte individuali basate su un'analisi personale del profilo rischi-benefici", rimarca l'associazione. La speranza di Alzheimer Europe è che "i risultati dal mondo reale raccolti dal registro imposto dalla Fda, o dagli studi in corso su lecanemab forniranno le evidenze scientifiche necessarie affinché i regolatori Ue riconsiderino la loro posizione".

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