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Berlusconi, il ritorno di Veronica Lario: “Mi sono...

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Berlusconi, il ritorno di Veronica Lario: “Mi sono rialzata e ho ricominciato”

Ospite a sorpresa della terza puntata di 'A cena da Maria Latella', l'ex first lady torna dopo 15 anni di silenzio: "Descritta come una velina ingrata. Miliardaria? Il Tribunale di Milano mi ha negato tutti i diritti"

Veronica Lario e Maria Latella - Sky

E' il ritorno che non ti aspetti dopo 15 anni di silenzio. Ai quali si aggiungono gli anni in cui, pur vestendo i panni da first lady, decise di restare quasi sempre nell'ombra, "un passo indietro", come ripete più volte. Veronica Lario è l'ospite a sorpresa della terza puntata di ‘A cena da Maria Latella’, il dinner talk di Sky Tg24. Per lei, oggi 67enne, è l'esordio in un programma tv nonché la prima volta che parla al pubblico da quando, nel 2009, fu avviata la dolorosa e rumorosissima separazione da Silvio Berlusconi, di cui si definì lei stessa, all'epoca, 'la metà di niente', prendendo in prestito il titolo del romanzo di Catherine Dunne. Quel dolore appare ancora vivo nella sala da pranzo di Latella, sua amica da ormai 33 anni e con cui scrisse, un libro a quattro mani, 'Tendenza Veronica', nel 2004, quando era ancora la signora Berlusconi in carica.

Poi sono volati stracci, accompagnati dalle contese, dalle liti, dagli scandali sui giornali. E i titoli che alludevano ai soldi, che la descrivevano come una supermiliardaria. "In realtà - racconta nel suo elegante tailleur color terra, una spilla a forme di ape appuntata sul petto generoso - non è stato nulla di tutto questo, c'è stata una sentenza che mi ha negato qualsiasi diritto, che ho rispettato, e oggi sono una persona normale, un'imprenditrice". A capo di una start-up di gaming -Tambù- nata dall'amore per il gioco con i figli prima e i nipoti poi, lei che alla prole -nonostante le imprese di famiglia- ha sempre centellinato la tv: "Ma il gioco è altra cosa", mette in chiaro.

A giocare con loro non ha mai rinunciato, nemmeno nei mesi più bui. In cui "sono passata dall'essere 'una velina ingrata' al tribunale di Milano che mi ha negato ogni diritto. Un salto di 10 anni in cui mi sono sentita un po’ vessata. Cosa facevo? Subivo: è difficile combattere contro il potere e la stampa, soprattutto quando la stampa è piegata al potere. Io l'unica cosa che potevo fare era qualche passo indietro e quelli ho imparato a farli, forse dall'equitazione...”, di cui racconta nei suoi 15 minuti in solitario con Latella, dopo la cena gustata con gli altri ospiti della trasmissione, tra una lasagna al ragù di pesce e la millefoglie con frutta e chantilly di cui Carlo Calenda, ha raccontato la giornalista ai commensali, va ghiotto, 'ne ha voluto due porzioni...'.

Lario ha un passato da attrice alle spalle, passione messa da parte dopo l'incontro col Cavaliere. Eppure la sua emozione davanti alle telecamere è palpabile, fatica quasi a nasconderla. Subito dopo aver 'vuotato il sacco' appare quasi sollevata, passa nella sala dove sono raccolti i giornalisti d'agenzia a salutare e ringraziare per essere lì per lei. Che, per la prima volta alle telecamere, racconta gli anni bui dopo il 2009. “Finito questo momento per me davvero molto complesso - ricorda ripercorrendo i mesi dopo il divorzio -, mi sono chiesta se era possibile ricominciare, per la mia vita e per delle scelte personali. In un certo momento ho pensato che per me non ci fosse più nulla, mi era stato negato un diritto, ho pensato 'forse ha vinto il potere'. Ma mi sono detta non ho finito e ci ho provato”. A ripartire, a ricominciare.

Ad aiutarla anche la passione per i cavalli, che racconta. La scintilla si accende "per seguire i nipoti, ma poi tutti hanno smesso ed io ho continuato", iniziando a montare a cavallo "a 55 anni: quando uno smette, io ho iniziato. Mi è servito molto, ho usato molto dell'ippoterapia che mi ha aiutato tanto in questi anni di momenti difficili nei quali era meglio chiudersi che aprirsi".

Ancora oggi, fatica a mettere insieme i momenti più complicati dopo il divorzio. "Indicare solo tre momenti", come chiesto da Latella, "è difficile", ammette, "è stato tutto un'altalena: da un lato la speranza di ricongiungermi in modo equilibrato con la mia famiglia, in altri momenti la speranza la perdevo. Sono stata molto vicina ai miei figli e loro vicini a me. Sono stati tutti momenti molto belli - prosegue - perché ho avuto la mia famiglia. Se proprio ne devo dire uno meno edificante: io non ho partecipato alle lauree dei figli perché in due eravamo troppi. E allora ho fatto un passo indietro".

Di passi indietro, del resto, racconta di averne sempre fatti. Al riguardo, nega di non aver amato il ruolo da first lady, che ha tuttavia scelto di interpretare restando spesso nell'ombra: “I personaggi che sono passati nei salotti di Berlusconi sono stati sempre di grande livello e in qualche modo ne ho sempre subito il fascino, ma non ho mai pensato di trovarmi un mio spazio all'interno di quelle dinamiche. Io ero li perché rispettavo un ruolo, cercavo di farlo al meglio e per me il meglio significava anche fare un passo indietro".

E a Latella che, ricalcando parole usate dalla premier Giorgia Meloni, le chiede se si considera una donna non ricattabile, "non ne ho motivo - risponde - perché io non porto con me nessun segreto, non ho segreti dell'impresa di Berlusconi o della sua vita a parte e quindi posso dire quello che penso indipendentemente dal mio passato, un passato che non ha segreti". Ma che resta comunque ingombrante, e a cui racconta di rivolgere ben pochi pensieri: "Io ho una finestra ideale e quando la apro la mattina vedo il futuro, poi ne ho una alle mie spalle che apro poco, guardo sempre quella che mi fa vedere il futuro”.

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Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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