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Politica

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Cariche su studenti a Pisa e Firenze, Fratelli d’Italia: “Colpa della sinistra che spalleggia i violenti”

Il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani: "Responsabilità sono individuali, forze dell'ordine non si toccano: rischiano la vita per quattro soldi"

Poliziotti in assetto antisommossa (Fotogramma)

Cariche della polizia ieri a Pisa contro gli studenti in corteo pro Palestina e, poi, a Firenze. Mentre le opposizioni insorgono e su quanto è accaduto è intervenuto anche il Capo dello Stato Mattarella, in una nota Fratelli d'Italia scrive: "La sinistra che spalleggia i violenti è la causa dei disordini ai quali abbiamo assistito".

"Noi siamo garantisti, le forze dell'ordine non si toccano, rischiano la vita per quattro soldi, le responsabilità sono individuali, se uno o due hanno sbagliato pagheranno, ma non si toccano migliaia di carabinieri e poliziotti" dice il leader di Forza Italia Antonio Tajani, con riferimento agli scontri di piazza tra polizia e studenti, rievocando episodi del passato come "gli sputi in faccia, gli insulti, ricordo in Val di Susa il carabiniere insultato immobile per 10 e 15 minuti, ma anche quello a Roma insultato da un no vax". Poliziotti e carabinieri "rischiano la pelle per quattro soldi: sono figli del popolo, non sono figli di radical chic", ha detto Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, in un passaggio del suo intervento a chiusura del congresso azzurro.

Da Schlein a Conte, l'opposizione sul piede di guerra

"Basta manganellate sugli studenti" ha detto Elly Schlein arrivando alla convention 'Stati Uniti d'Europa' a Roma. "Bisogna che Piantedosi venga finalmente a chiarire in Parlamento e davanti al Paese e prendersi le sue responsabilità. Non possiamo più assistere a scene inaccetabili come quelle viste ieri di manganellate sui minori e minori trattenuti e immobilizzati a terra. Non è accettabile e non è un episodio isolato. Abbiamo visto scene come queste a Firenze, Napoli e Bologna. E' un clima di repressione di cui abbiamo chiesto conto anche la settimana scorsa al ministro Piantedosi. E' necessario che venga a chiarire e a prendersi le sue responsabilità. Esprimo la solidarietà del Pd agli studenti che sono stati feriti e alle loro famiglie".

"Presidente Meloni, ancora una volta sei rimasta silente senza proferire parola, ignorando le violente manganellate che ieri hanno provato a silenziare i giovani scesi pacificamente per le strade di Pisa e Firenze" attacca il leader del M5S Giuseppe Conte con un post su Facebook. Non si tratta di un caso isolato: sono episodi che si stanno ripetendo da Torino a Milano, da Vicenza a Catania. E tu, Giorgia Meloni, continui a tacere, a nascondere la testa sotto la sabbia". "Abbiamo chiesto al Ministro dell’Interno Piantedosi di riferire urgentemente in Parlamento, sulla preannunciata 'riflessione e verifica sugli aspetti organizzativi e operativi'. La questione però coinvolge più ampiamente le responsabilità dell’intero Governo sulla gestione delle manifestazioni di protesta e si ricollega anche all’inasprimento delle norme che il Governo sta perseguendo per reprimere il dissenso".

"Presidente Meloni, ricordi le parole che hai pronunciato quando in Parlamento hai chiesto e ottenuto la fiducia? Allora dichiarasti solennemente: 'Difficilmente riuscirò a non provare un moto di simpatia anche per coloro che scenderanno in piazza per contestare le politiche del nostro Governo, perché inevitabilmente tornerà nella mia mente una storia che è stata anche la mia. Io ho partecipato a tantissime manifestazioni nella mia vita'. Aggiungesti anche un’esortazione: 'Siate liberi!'. A rileggerla oggi quella esortazione si rivela una presa in giro". "Che fine ha fatto quel tuo 'moto di simpatia'? Dov’è oggi il riconoscimento del legittimo diritto al dissenso? Hai incitato i nostri ragazzi a credere alle proprie idee, ad agire di conseguenza, a non rinunciare alla libertà. È bastato un anno e mezzo di Governo, di giornate rinserrate nel palazzo, per cambiare totalmente idea: la retorica dell’ardore giovanile scompare sotto i ruvidi colpi di manganello. Un’altra abiura, l'ennesima retromarcia", conclude Conte.

"Le dichiarazioni del presidente della Repubblica mi portano a fare due riflessioni. La prima è che il governo deve darsi una regolata. La seconda è che penso che oggi sia chiaro perché nel 2015 prima e nel 2022 poi abbiamo fatto quella battaglia per il Quirinale" ha detto Matteo Renzi. "Il presidente della Repubblica ha rappresentato il buon senso e il rispetto delle istituzioni come è suo dovere fare e come sa fare in modo magistrale".

Domenica manifestazione al Viminale

''Domani alle 18.30 al Viminale, saremo in piazza in seguito agli avvenimenti di Pisa e Firenze, dove studenti sono stati manganellati durante le manifestazioni a favore della Palestina'' scrive Instagram la Rete studenti del Lazio che lancia per domenica la manifestazione con lo slogan 'Contro le vostre manganellate- Piantedosi dimettiti', dando appuntamento a piazza Beniamino Gigli davanti al Teatro dell'Opera a Roma.

''Non tolleriamo un governo che utilizza metodi violenti e di repressione nei confronti di chi manifesta pacificamente. Se chi vuole mandare messaggi di pace viene manganellato, se non si può manifestare, non è democrazia. Domani saremo in piazza contro questo governo, vogliamo le dimissioni di Piantedosi, perché gli studenti non possono essere manganellati, perché chi mette in pericolo, chi reprime, chi manganella, non può essere al Governo. Scendete in piazza insieme a noi''.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Politica

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Politica

Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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