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Al via Myplant & Garden, il salone internazionale del verde, baluardo antismog’
Attesi in fiera oltre 20.000 operatori dal mondo
Si è aperta oggi l’ottava edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde. Padiglioni gremiti, 768 espositori (650 nell’edizione precedente), il 21% dall’estero. “Green, sostenibile e smart: questo è il futuro che stiamo disegnando per le imprese, il comparto e il Paese”, affermano gli organizzatori. “A Myplant i migliori assist alla transizione verde”.
Nei quattro padiglioni, con una superficie espositiva di 50.000 mq, i visitatori possono infatti trovare le soluzioni verdi a 360°, dalle produzioni ai sistemi di coltivazione, dai giardini – anche terapeutici e inclusivi - alle green cities, dai campi e gli impianti sportivi al paesaggio, agli spazi pubblici, alle infrastrutture verdi, dalla robotica alle decorazioni per la casa, dai digital twin degli alberi alle nuove varietà botaniche, ai trend del giardinaggio (un hobby che appassiona 6 italiani su 10).
“Il potenziale del capitale verde nell’affrontare questioni ambientali, salutistiche e sociali è enorme”, sostengono da Myplant. Ogni euro investito nel verde pubblico si rivaluta sino a 4 euro. Il verde come materia prima di progetto diviene baluardo climatico, barriera antinquinamento, motore di inclusione e sicurezza sociale, bastione nella protezione ambientale, fattore di resilienza territoriale e tutela idrogeologica, custode di biodiversità. Con evidenti ricadute economiche dirette e indirette, materiali e immateriali.
Potenza del verde: qualche numero utile
Più verde significa meno PM atmosferici (dal 7 al 24% in meno), meno caldo (da 2 a 8°C in meno), minori spese sanitarie (a New York è stato registrato un beneficio di oltre 100milioni di dollari annui, mentre gli effetti a favore della comunità a San Francisco sono stati tradotti in quasi 160 dollari ad albero all’anno) e costi sociali, più risparmio energetico, maggiore valore immobiliare.
Un ettaro di foresta urbana è in grado di rimuovere mediamente 17 kg/anno di PM10 e 20.000kg di CO2. Secondo un recente studio condotto dall’Istituto per la Bioeconomia del Cnr, i fiori e le piante abbattono fino al 20% di CO2 e polveri sottili presenti in ambienti chiusi (in cui passiamo l’80% del tempo) come case, scuole e ospedali. Ospedali oggetto di sperimentazione, sempre condotte dal medesimo istituto, della cosiddetta ‘terapia forestale’ e dei suoi benefici fisio-psicologici.
Solo nel 2022, in tutta Europa i decessi da caldo eccessivo hanno superato quota 20.000: secondo una recente ricerca pubblicata da The Lancet, con l’aumento della copertura verde del 30% nei centri urbani si può ottenere un abbassamento delle temperature e ridurre le morti premature del 40%. Un aumento auspicabile in un Paese come l’Italia, che dispone di appena 32,5 mq di verde urbano per abitante. Mettere a dimora nuove alberature è fondamentale per affrontare balzi climatici, alluvioni, ondate di calore e assedio dello smog nelle città. Ma non solo: ogni aumento del 10% di copertura verde, secondo gli studi dell’Università di Cardiff, comporta un calo di criminalità del 2%.
Temi che troveranno spazio nei convegni e incontri organizzati durante la tre-giorni milanese, e che chiamano a raccolta imprese, esperti, scienziati, rappresentanze del settore.
A partire dall’apertura, con gli incontri dedicati alle coltivazioni fuori-suolo, alle proposte di rilancio della filiera (con Confagricoltura e Assoverde), alla gestione predittiva del patrimonio verde pubblico con l’AI e i digital-twin degli alberi, passando per il meeting delle federazioni sportive con FIGC, Federcalcio, LND, Fidal, Coni, Aitg, Fig, Fitp e, nel pomeriggio, sarà analizzato il ruolo e le ricadute dello sport nella rigenerazione urbana.
Si farà il punto della situazione sul PNRR e la forestazione urbana con Confartigianato, saranno esposte le buone pratiche di gestione del verde pubblico e, con ASSO.IMPRE.DI.A. e molte rappresentanze pubbliche, si parlerà del futuro verde, e quindi più salutare, inclusivo e sicuro dei centri urbani.
Di contorno, seminari e convegni di taglio più tecnico e professionale con le principali associazioni e confederazioni del settore e talk con trend setter e influencer internazionali.
Singolare, da quest’anno, il percorso in fiera denominato Myplantech, una mappa che individua i prodotti e le soluzioni più innovative che stanno dando forma al futuro del comparto, tra digitalizzazione, serre hi-tech, risparmio energetico, circolarità, riciclo, coltivazioni fuori suolo, mini-biofabbriche, nuove varietà di piante e fiori.
Innovazione che sta trasformando il mondo del motorgarden, i cui investimenti nella ricerca di soluzioni d’avanguardia tagliano a Myplant nuovi traguardi in termini di performance, autonomia, risparmio energetico, ergonomia e sicurezza.
Novità e curiosità tra gli stand, tra nuovi brevetti botanici, alghe e ai funghi da salotto, olivi pluricentenari, fiori e piante anti-caldo, nuove tendenze floreali per i matrimoni, architetture botaniche, eco-materiali per i giardini, sfilate flower-fashion.
La seconda giornata, giovedì 22 febbraio, ha in programma un doppio, prestigioso appuntamento col tema dello sport. Al mattino, un approfondimento sul tema della gestione dei manti erbosi, con ospiti internazionali provenienti dalla Serie A e dalle leghe estere; a seguire, il confronto istituzionale sulle SI-Sustainable Infrastructures, tema molto attenzionato da UEFA e FIGC, insieme a LND impianti.
Nel pomeriggio, sarà proprio la LND impianti a presentare pubblicamente obiettivi e novità della Lega.
Con Coldiretti e Assofloro saranno affrontati molti temi – florovivaismo, biodiversità, salute, ambiente, il ruolo degli alberi nell’ambiente urbano - nel ricco programma di conferenze, con relatori ed esperti di rilevanza nazionale.
Anche gli incontri sul paesaggio, che coinvolgono figure di prestigio internazionale, terranno banco per tutta la giornata. Tra i temi, i programmi di de-pavimentazione del Comune di Milano, la valorizzazione del patrimonio naturale, l’illuminazione degli spazi aperti, il risparmio idrico.
Si segnalano anche, nella giornata di chiusura di venerdì 23 febbraio, la cerimonia di conferimento del Premio ‘La città per il verde’, l’unico riconoscimento nazionale assegnato a realtà pubbliche e associazioni di volontariato che si sono distinte in opere di realizzazione, valorizzazione, manutenzione e riqualificazione del verde.
Sempre in tema progettuale, il nuovo concorso di Myplant per l’ideazione di un giardino terapeutico all’interno dell’Ospedale Niguarda di Milano, il legame tra sport e inclusività con ASSO.IMPRE.DI.A. e molte rappresentanze istituzionali, il convegno AIAPP in collaborazione con gli ordini professionali, l’accento sul ricambio generazionale all’interno della filiera e le opportunità di lavoro per i giovani (con CIA-Agricoltori italiani e Florovivaisti italiani), e il
convegno Fnsi dell'Unione Nazionale Associazioni Regionali Giornalisti Agricoltura, Alimentazione, Ambiente, Territorio, Foreste, Pesca, Energie, Turismo Rurale e Ambientale sulle sfide della comunicazione ambientale.
Finanza
Fuga da Piazza Affari, l’esperto: ‘Si parla di...
"Pesano costi di quotazione elevati, la storica dipendenza dal credito bancario e una mentalità di breve termine che scoraggia gli investitori"
Un miliardo in entrata, ventotto in uscita. È il bilancio di un mercato dei capitali che perde pezzi, colpendo soprattutto le piccole e medie imprese. Se un tempo la Borsa era un traguardo, oggi il delisting per molti è una scelta strategica. A pesare sono costi di quotazione elevati, la storica dipendenza dal credito bancario e una mentalità di breve termine che scoraggia gli investitori. A tracciare lo scenario all'Adnkronos è l'analista Pietro Calì. "Si parla di 28 miliardi in uscita rispetto a 1 miliardo in entrata: queste le conseguenze dei delisting", sottolinea. "Al di là delle big come Cnh soprattutto il mercato mid e small è stato colpito. Sulle società a piccola capitalizzazione il delisting è conseguenza della scarsa liquidità sul mercato, pochi pochissimi scambi, fa riflettere il fatto che fino a qualche anno fa la quotazione era un traguardo, un obiettivo. Adesso tutt'altro, e il Delisting non è considerato un fallimento. Negli ultimi 4 anni 100 società hanno lasciato Piazza Affari", prosegue Calì. Ma quali sono i fattori che pesano?
Costi di quotazione elevati... 6/7% del capitale
I costi di quotazione sono alti. "Per costi di quotazione - sottolinea Calì - intendiamo i costi diretti e indiretti, nell'iter di quotazione ci sono diverse figure necessarie come società di revisione, studi legali, società di comunicazione, advisor e global cordinator. Il costo si aggira intorno al 6/7% del capitale raccolto. L'iter di quotazione è tendenzialmente molto complesso. I costi inoltre non sono una tantum, ma alcuni sono ricorrenti. Come è giusto che sia la quotazione pretende grande trasparenza. E la trasparenza per le aziende ha un costo", sottolinea.
E la cultura del ... debito.. guadate a Mps
La cultura finanziaria italiana si basa ancora sul finanziamento bancario, sul debito. "Proprio per questo - evidenzia l'analista - la cultura delle azioni è molto meno radicata rispetto al mondo anglosassone (le azioni per gli italiani sono poco presenti in percentuale rispetto al mercato americano). È una questione di cultura e fiducia", sottolinea. Il problema, prosegue, "è che se il finanziamento non è regolato del mercato si possono creare distorsioni in riferimento al merito creditizio". Ciò che è successo a banche come Mps, chiosa, ''è la conseguenza del sistema non meritocratico dei finanziamenti il direttore di banca che concede finanziamenti non realmente coperti. Questa cultura forse è l'aspetto più grave e impattante in un sistema che, per essere competitivo, deve cambiare", evidenzia.
E quel vizio di non guardare lontano..
Le aziende quotate in Borsa hanno spesso manager la cui abilità è valutata sul breve termine. "Se io sono Ad di una società spesso tendo a essere misurato su obiettivi di breve termine", sottolinea Calì. "Chi porta ottimi numeri nel breve termine spesso sul lungo si sbaglia", dice. "Ma questo è un paradigma generale sul business. La sostenibilità di una azienda può essere penalizzata dalla redditività di breve termine, come conseguenza ci possiamo trovare aziende e dunque titoli che nel lungo termine si ritrovano in difficoltà. Deludendo le aspettative degli azionisti. Nelle non quotate, rimarca l'analista, "il management, avendo meno trasparenza, può avere più spazio e tempo per manovre di ampio respiro e lungo termine".
Ma non tutto va male.. oggi in Italia sono quotate 420 società da 837 mld
Barbara Lunghi, responsabile dei mercati primari azionari di Borsa Italiana, traccia il quadro: "Oggi in Italia sono quotate oltre 420 società con una capitalizzazione complessiva di 837 miliardi di euro", sottolinea. "Sono società di tutte le dimensioni, dalle piccole e piccolissime a società di maggiori dimensioni e appartengono a tutti i settori dell'economia italiana", afferma. "Le società italiane quotate - spiega - attraggono già oggi molti investitori internazionali, per un totale di 9.000 fondi e oltre 2 mila case di investimento". I primi investitori, sottolinea, sono americani, il 34%, seguiti dagli investitori istituzionali europei al 32 per cento. Di questi, la quota italiana è piuttosto limitata e pari all'8 per cento. Seguono gli investitori del Regno Unito al 19% e dall'Asia, il 2%".
C'è chi lavora per facilitare l'ingresso in Borsa
Fabrizio Testa, amministratore delegato di Borsa italiana, ribadisce che negli ultimi anni sono state portate alla quotazione molte più società di quelle delistate. "Quello che noi cerchiamo di fare - evidenzia - è facilitare l'ingresso in Borsa e lo facciamo su vari tavoli di lavoro, ad esempio con la task force del Tesoro abbiamo partecipato al draft della legge capitali e poi con un manifesto abbiamo supportato anche l'attivazione di un fondo di fondi che poi Cdp ha attivato. Ci sono altre altre iniziative, quindi l'intento è veramente di far sì che la Borsa porti risorse alternative di finanziamento alle società". Quello del delisting, rimarca Testa, non è solo un fenomeno italiano, è un fenomeno internazionale. Sono fasi abbastanza cicliche. Il delisting, spiega Testa, ha varie nature, spesso la maggior parte sono consolidamento e quindi Opa volte poi a far entrare delle eccellenze. (di Andrea Persili)
Economia
Addio a Giorgio Trombetta, l’imprenditore romano del...
Presidente del Gros, aveva 92 anni
Si è spento ieri, all'età di 92 anni, l'imprenditore romano Giorgio Trombetta, presidente del Gros - Gruppo Romano Supermercati. Lo annuncia una nota diffusa dal gruppo.
La nota dell'azienda
"Il consiglio di amministrazione, il Collegio dei Revisori, i dipendenti e i collaboratori del Gros - Gruppo Romano Supermercati si stringono uniti e partecipi attorno alla famiglia Trombetta - si legge - e, con enorme commozione, rendono omaggio a Giorgio Trombetta il quale ha lasciato un segno importante nella storia dell'economia italiana e in particolare di quella romana grazie alle sue qualità di grande uomo e straordinario imprenditore che si è sempre distinto per modernità e visione d'impresa. Dal 2010 Giorgio Trombetta, tra i fondatori del Gros – Gruppo Romano Supermercati, ha assunto la carica di presidente contribuendo con le sue spiccate doti allo sviluppo dell'azienda".
"Il Gros intende rivolgere alla Famiglia del presidente Giorgio Trombetta le più sentite condoglianze e ricordare e ringraziare il presidente Giorgio Trombetta per tutto ciò che ha fatto in questi anni, coniugando le scelte imprenditoriali all'umanità espressa per applicarle. Lascerà un grande vuoto che il Gros cercherà di colmare con impegno e dedizione, nella consapevolezza di essere custode dei suoi preziosi insegnamenti e proseguendo nell’attuazione delle strategie di sviluppo e di crescita condivise fino agli ultimi istanti della sua esistenza", conclude la nota.
Economia
Risparmio, Findomestic, 65% italiani che mette da parte...
Negli ultimi mesi solo il 33% degli italiani ha dichiarato di essere riuscito a risparmiare qualcosa del reddito guadagnato (in media l’8%), ma quasi 7 su 10 dichiarano di avere comunque soldi da parte.
Il 65% degli italiani che ha risparmiato tende a investire i soldi accantonati. Il 55% di questi predilige i prodotti finanziari classici come fondi o titoli di Stato, mentre il 45% opta per libretti di risparmio e conti deposito. C’è, inoltre, una quota rilevante di risparmiatori, il 35%, soprattutto donne e giovani, che lascia i propri risparmi sul conto corrente rinunciando a farli fruttare, molto spesso per diffidenza e timore. E' quanto emerge dall'analisi sul risparmio degli italiani condotta dall’Osservatorio mensile Findomestic, Gruppo Bnp anticipata dall'Adnkronos.
Oltre la metà (55%) di chi ha risparmi investiti, evidenzia ancora il rapporto, ha rinunciato ad acquisti importanti o li ha rinviati per tenere bloccati i propri risparmi e beneficiare così dei rendimenti elevati garantiti dai prodotti finanziari negli ultimi tempi. Si tratta del 23% del campione complessivo la cui tendenza al rinvio degli acquisti importanti è dovuta anche al perdurante clima di grande incertezza e preoccupazione rilevato oramai da anni dall’Osservatorio Findomestic.
"Il risparmio accantonato - spiega Claudio Bardazzi, responsabile dell'osservatorio - ha principalmente uno scopo difensivo: quasi il 70% degli intervistati lo destina alla creazione di una riserva per le emergenze e gli imprevisti. Ma c’è anche un 55% che risparmia per permettersi acquisti significativi in futuro come un immobile (13% delle preferenze), un’auto o altri beni per la famiglia (19%) o per sostenere spese importanti per i figli (18%). Altri risparmiano per mantenere in pensione il tenore di vita acquisito in età lavorativa (23%) o per lasciare un’eredità importante per i propri familiari (11%) a dimostrazione di come gli italiani continuino a considerare il risparmio uno strumento essenziale per affrontare il futuro con maggiore sicurezza", conclude Bardazzi.
Negli ultimi mesi solo il 33% degli italiani ha dichiarato di essere riuscito a risparmiare qualcosa del reddito guadagnato (in media l’8%), ma quasi 7 su 10 dichiarano di avere comunque soldi da parte. Oltre la metà (56%) non riesce, l’11% non ne ha percezione. E' quanto emerge dall’analisi sul risparmio degli italiani condotta dall’Osservatorio mensile Findomestic, Gruppo Bnp.
Se da un lato la capacità di accantonare regolarmente una parte di quanto si guadagna è una prerogativa di pochi, si legge nel rapporto, dall’altro la tendenza a costruire un risparmio nel tempo appartiene ad una larga maggioranza della popolazione. Quasi la metà di chi ha soldi da parte risparmia senza un metodo e un programma specifico, solo il 22% fissa degli obiettivi e li raggiunge, mentre il 30%, pur ponendosi degli obiettivi, non riesce a centrarli.