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Politica
Terzo mandato, resta il muro contro muro Fdi-Lega: in...
Terzo mandato, resta il muro contro muro Fdi-Lega: in attesa soluzione big si pensa a voto
Tajani: "Apprezzo Salvini che ha detto che si troverà la soluzione"
![Tajani Meloni Salvini](https://www.adnkronos.com/resources/0289-19f820a7ae49-6dc067e0dd69-1000/format/big/tajani_meloni_salvini.jpeg)
Preso atto che la differenza di vedute resta evidente, sul terzo mandato per governatori e sindaci delle grandi città - previsto da due emendamenti leghisti al Dl Elezioni - in Senato si allargano le distanze tra Fratelli d'Italia e Forza Italia da un lato e salviniani dall'altro. Dopo la riunione della Commissione Affari costituzionali del Senato e il successivo vertice di maggioranza alza le mani il presidente meloniano Alberto Balboni: "A questo punto - dice - in Commissione ciascuno sarà libero di esprimere il voto secondo il proprio convincimento". Voto che, non manca di sottolineare il senatore di Ferrara, vedrebbe i contrari al terzo mandato (Fdi e Forza Italia, magari con l'apporto dei democratici, tuttora divisi, e di Iv) prevalere alla conta. La Lega in Senato tiene duro: "Noi non ritiriamo gli emendamenti sul terzo mandato per il presidente di regione e per i sindaci delle città sopra i 15mila abitanti", mette in chiaro a ora di pranzo una fonte leghista di primo piano, vicina al dossier.
"A livello parlamentare - rivendica Balboni - questa è la soluzione che abbiamo adottato, se poi a livelli superiori i vertici dei quattro partiti della maggioranza trovassero una sintesi, ovviamente questa sarebbe valutata e accettata, nel momento in cui ci verrà comunicata", spiega. Ma "a oggi non c'è nessuna comunicazione". "Si registra una divergenza di opinioni come legittimo che sia su un tema che non faceva parte dell'accordo di programma quando abbiamo presentato la nostra coalizione alle elezioni", sottolinea ancora il meloniano, provando a derubricare il tema come non concordato nel programma di governo.
La vicenda, che in Commissione pensano ormai di risolvere con il voto, non a caso slittato di una settimana e non più previsto per questo giovedì, registra però nuovi segnali di fumo che si scambiano i vertici. Tajani, che venerdì inizierà il congresso nazionale di Fi, cercando l'incoronazione, dice di apprezzare Salvini, il quale ha detto che "si troverà una sintesi", ribadendo però il no al terzo mandato da parte della compagine azzurra. Lo stesso capogruppo Barelli spiega che alla fine "saranno i leader a trovare la quadra".
Il risiko delle regionali
Intanto però la Commissione fibrilla. A pesare sono anche gli altri temi all'ordine del giorno, a partire dalle regionali. Dove la Lega ancora attende la 'compensazione' per aver ceduto il passo in Sardegna al candidato di Fdi, Truzzu. Un 'risarcimento' che non sembra più passare dalla Basilicata ("Bardi è il candidato migliore", punta i piedi Fi con Tajani) e neanche per il terzo mandato, dove la questione ormai pare abbandonata allo scontro parlamentare, con lo stesso Balboni che ricorda come sugli emendamenti "il governo si sia rimesso alla Commissione". Il partito di Salvini potrebbe invece ottenere la 'golden share' sul candidato alle comunali di Cagliari. Proprio nel capoluogo della Sardegna oggi Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini si ritroveranno per la chiusura della campagna elettorale di Truzzu. I sondaggi interni descrivono una lotta serrata tra il candidato del centrodestra e la sfidante del 'campo progressista', la pentastellata Alessandra Todde. Al punto che un alto in grado della Lega parla di risultato da '1-X-2' mentre un altro parlamentare sardo del centrodestra, chiacchierando nei corridoi di Montecitorio, ironizza: "Se perdiamo mi conviene emigrare...".
Un'altra riunione di maggioranza ha avuto al centro il tema delle amministrative. "Abbiamo fatto un'analisi dei comuni che vanno al voto, con le cose rimaste aperte. C'è stato un passaggio ulteriore rispetto alla fotografia di quelli che erano i candidati potenziali. Alcune cose si sono chiuse definitivamente, altre attendono", il quadro tracciato dal ministro dell'Agricoltura ed esponente di Fdi, Francesco Lollobrigida, a margine dell'incontro a cui ha preso parte, per Forza Italia, il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri. Se si è parlato di Basilicata? "Non è un comune", ha ironizzato Lollobrigida, spiegando che nella riunione non è stato affrontato nemmeno il tema del terzo mandato dei governatori ("si è parlato solo di comuni").
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.