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Covid, commissione d’inchiesta sì o no? Cosa dicono i...

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Covid, commissione d’inchiesta sì o no? Cosa dicono i virologi

Crisanti: "Con impronta politica destinata a fallire". Gismondo:"Doveroso fare chiarezza dopo tanti errori"

Ospedale durante il Covid - (Fotogramma)

L'ok della Camera a una commissione d'inchiesta sul Covid divide i virologi. Gli esperti, dopo la pandemia che ha colpito in maniera profonda anche l'Italia, si dividono dopo la movimentata giornata di ieri alla Camera, con il voto preceduto dalla bagarre e da accuse. Da Criisanti a Bassetti, da Pregliasco a Gismondo c'è chi si dice contrario, chi invita alla cautela e chi ritiene doveroso fare chiarezza sulle decisioni prese durante la pandemia.

Crisanti

Quanto accaduto ieri in Aula alla Camera al momento di votare la proposta di istituire la commissione d'inchiesta su Covid "è una fotografia di una commissione destinata a fallire, perché ha un'impronta politica e non tecnica". Per il professore di microbiologia e senatore Pd Andrea Crisanti la bagarre che ha preceduto l'approvazione della Commissione "è l'ulteriore conferma" di un timore da lui già espresso.

"Io sono davvero convinto che una commissione Covid ci vorrebbe - puntualizza all'Adnkronos Salute - e molti Stati europei l'hanno fatta. Fra questi il Regno Unito, con l'obiettivo di capire il flusso di informazioni, le conoscenze tecniche-scientifiche e la logistica che è stata utilizzata, con lo scopo di identificare gli errori e migliorare. Perché errori ce ne sono stati sicuramente, da tutte le parti".

Così però, riflette, "la nostra commissione fallirà l'obiettivo. Intanto perché in Italia la sanità è totalmente devoluta" alle Regioni, "quindi che senso ha stringere il campo d'azione di una commissione alle decisioni dell'esecutivo?", si chiede il senatore Dem. Questo è un primo punto. Poi, aggiunge Crisanti, "se una commissione viene utilizzata con preconcetti e come una clava per attaccare le opposizioni, è chiaro che la prima vittima sarà la verità, non c'è dubbio".

Bassetti: "Commissione valuti decisioni politiche senza invadere campo scienza"

Per Matteo Bassetti la Commissione non deve invadere il campo della scienza e della medicina. "Ho sempre pensato che l'istituzione di una Commissione di inchiesta" sulla gestione della pandemia di Covid-19 in Italia "fosse positiva, perché ci consente di guardare indietro a quello che è stato fatto, per vedere cosa ha funzionato e cosa no, soprattutto dal punto di vista degli acquisti, delle mascherine, dei ventilatori e di una serie di altre decisioni politiche, come il lockdown, la chiusura delle scuole, il coprifuoco: decisioni politiche per le quali è giusto che ci sia in qualche modo una valutazione politica", afferma direttore della Clinica di malattie infettive del policlinico San Martino di Genova. "Per quanto attiene invece gli aspetti meramente scientifici, sto parlando soprattutto di vaccinazione, terapie e protocolli di trattamento, spero e mi auguro che la Commissione non voglia invadere il campo della medicina e della scienza - sottolinea Bassetti - che evidentemente non può che essere della medicina e della scienza. Concordo sul fatto che la politica faccia un'analisi di quello che è stato fatto e delle decisioni che sono state prese dal punto di vista politico e lo trovo corretto, anche perché potrà servire per il futuro, per sapere se è si è agito bene o male, ma concordo meno - rimarca - se invece la Commissione va a vedere se i vaccini hanno funzionato o meno, per esempio. Sono convinto che su questo sia più giusto lasciare la palla alla medicina e alla scienza e che la politica faccia invece un passo indietro".

Pregliasco: "Sì a commissione ma tecnica ed estesa a operato Regioni

"Ben vengano commissioni che possano rivedere ciò che è stato fatto" durante l'emergenza Covid-19, ma "in un senso propositivo per il futuro. Cercando non tanto gli errori, bensì individuando ed esaminando le scelte che poi magari, a posteriori, non si sono rivelate le più efficaci ed efficienti". Un'analisi che dovrebbe essere affidata a tecnici, a "terzi esperti della materia", e che "dovrebbe essere estesa a tutti i livelli dell'organizzazione e gestione della sanità", Regioni comprese, precisa all'Adnkronos Salute Fabrizio Pregliasco, virologo dell'università Statale di Milano.

"Di sicuro - sottolinea - se si vuole analizzare la capacità di reazione che c'è stata da parte del Servizio sanitario nazionale, l'attività" della commissione "dovrebbe essere allargata a tutti i livelli del Ssn, considerando che per definizione costituzionale le Regioni hanno un ruolo importante in tema sanità. E anche a livello regionale abbiamo visto una certa varietà, un non coordinamento, delle iniziative di controllo dell'infezione. E' certo poi - aggiunge Pregliasco - che la commissione dovrebbe essere costituita sostanzialmente da specialisti: epidemiologi, virologi, gestori della sanità. Proprio in un'ottica non tanto di trovare colpevoli o altro - ripete - ma appunto di migliorare" la preparazione e la reazione a eventuali future emergenze e quindi di "ottimizzare quello che sarà il nuovo Piano pandemico". La cui "bozza - fa notare il virologo - non a caso ripropone elementi e metodologie di controllo delle infezioni a trasmissione respiratoria attuate nel momento dell'emergenza pandemica".

Gismondo: "Doveroso fare chiarezza dopo tanti errori anche evitabili"

Per Maria Rita Gismondo "fare chiarezza dopo un evento pandemico, e soprattutto dopo tanti errori, alcuni evitabili, è doveroso nei confronti della popolazione". "Non capisco perché qualcuno si opponga. Se si ha la coscienza pulita, far chiarezza servirà per esaltare la propria onestà. In caso contrario, è giusto riconoscere le responsabilità", dichiara all'Adnkronos Salute la direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano.

Minelli: "Legittima ma no a resa dei conti politica"

Sulla stessa linea l'immunologo Mauro Minelli. "La notizia di una Commissione d'inchiesta su Covid e dintorni, e sulle modalità di gestione dell'emergenza, possiamo dire che non ci coglie di sorpresa o, meglio, che potevamo immaginarla. Su questo ci eravamo espressi in tempi non sospetti ipotizzando la necessità di mettere in luce ciò che non ha funzionato per poter essere maggiormente reattivi nei confronti di nuove emergenze di carattere sanitario. Il punto è proprio questo, però: si è trattato solo di un'emergenza sanitaria, o anche sociale, economica e quindi politica? Sono spunti di riflessione certamente arditi, ma legittimi", afferma all'Adnkronos Salute.

"Quindi l'idea di indagare fino in fondo cosa ha funzionato e cosa no è più che legittima - osserva Minelli - anzi appartiene alle dinamiche di un confronto democratico e definisce la statura della nostra civiltà, messa in crisi dalla pandemia, a patto - precisa - che non diventi terreno di mera contesa politica o, peggio, di resa dei conti tra avversari di partito. Sarebbe troppo facile assegnare colpe a qualcuno. Disfunzioni, disservizi ed errori ce ne sono stati, ma a livello mondiale, non solo italiano. E allora, esiste anche una volontà di affrontare la vicenda su scala internazionale?". "Covid non è stato un problema circoscritto alle nostre vite - evidenzia Minelli - ma piuttosto un evento che abbiamo derivato dall'esterno e che ha arrecato danni condivisi ben oltre i confini e i poteri del nostro Stato. Da medico cercherei la verità certo, ma la verità è sempre un po' più grande".

Andreoni: "Inutile dal punto di vista scientifico"

"Fare una Commissione parlamentare per indagare su quello che è accaduto durante il Covid è positivo, tutto ciò che può essere d'aiuto per gestire al meglio prossimi eventi d'emergenza come è stato l'arrivo del Sars-CoV-2 è importante. Dal punto di vista scientifico quello che dovevamo sapere su questo nuovo virus l'abbiamo scoperto, il Governo italiano nel 2020 ha seguito indirizzi internazionali e non sono stati seguiti percorso molto diversi, ci sono stati aggiustamenti in corsa fatti con le conoscenze che arrivavano man mano dalla scienza. Da questo punto di vista non credo che la Commissione d'inchiesta possa darci elementi d'interesse. Se sono stati fatti errori è bene saperlo, ma in una emergenza mai vissuta è normale farli",a fferma all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, segretario scientifico della Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali.

Rezza: "Chiusure decise da politica"

"Tutti i Paesi fanno una revisione di quello che è stato fatto e non fatto durante la pandemia Covid, è legittimo. Se però quella italiana è una Commissione politica a me non interessa. Molte decisioni sugli obblighi e le chiusure durante l'emergenza Covid furono governative. Noi tecnici abbiamo dato le raccomandazioni sanitarie con le circolari del ministero della Salute. Il Regno Unito ha varato una commissione tecnico-scientifica e non politica", dice all'Adnkronos Salute Giovanni Rezza, già direttore Prevenzione del ministero della Salute e componente del Comitato tecnico scientifico per l'emergenza pandemica, oggi professore straordinario di Igiene presso l’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Alla domanda se andrà alle audizioni in caso di chiamata da parte della Commissione, Rezza risponde che "se c'è l'occasione di parlare in diretta senza filtri e tagli è chiaro che andrò" e conclude "non ho nulla da nascondere".

Ricciardi: "Commissione nata per crocifiggere"

Walter Ricciardi, docente di Igiene all'università Cattolica di Roma, che ha aspettative pessimistiche sull'operazione in avvio, e sull'utilità tecnica dei lavori che verranno portati avanti dalla Commissione d'inchiesta su Covid. "E' una commissione covid viziata fin dall'origine dal fatto che le indagini verranno fatte in un'unica direzione, cioè quella di crocifiggere il Governo" in carica durante la pandemia "e non di analizzare" i problemi. "E' talmente palese da come è stata presentata che non mi aspetto niente di buono, di positivo dal punto di vista della sanità pubblica", afferma.

"Tutti i Paesi del mondo hanno operato una revisione di quello che è successo" durante la pandemia, osserva all'Adnkronos Salute. "Lo hanno fatto in maniera oggettiva e basata sull'evidenza scientifica, proprio per cercare di imparare e non dimenticare la lezione di Covid. Le commissioni che cercano di approfondire, di revisionare, di trarre esperienze positive per il futuro sono tutte benvenute". Però, "per come è stata impostata" la commissione "in Italia, è un unicum. Nel senso che è stata impostata in maniera esclusivamente politica. Il fatto di escludere" dal perimetro d'indagine "le Regioni, che sono le organizzazioni che in Italia sono responsabili dell'erogazione dei servizi sanitari, fa capire che non si vuole fare un approfondimento scientifico, ma - come ha detto Roberto Speranza - cercare di evidenziare in maniera 'partisan', quindi unipolare, quanto accaduto".

Proprio per come è impostata, dunque, ribadisce l'esperto, "questa commissione non può portare a niente di buono, se non a un'ulteriore polarizzazione dei discorsi e a un'ulteriore divisione su quelle che invece dovrebbero essere delle lezioni che dovrebbero farci stare tutti uniti. Anche perché i problemi rimangono, le condizioni che hanno portato alla pandemia rimangono tutte quante in piedi, e quindi sarebbe opportuno che invece di polarizzare, spaccare, frammentare e dividere avessimo un accordo unanime in Parlamento sulla necessità di non ripetere - se ci sono stati - degli errori e di imparare soprattutto da questi".

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Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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