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Politica
Sgarbi da Meloni a Palazzo Chigi: “Mi sono...
Sgarbi da Meloni a Palazzo Chigi: “Mi sono dimesso”
Lascia l'incarico di sottosegretario alla Cultura dopo l'incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni
![Vittorio Sgarbi (Fotogramma)](https://www.adnkronos.com/resources/028a-1a246fe7e9e9-8f75d57e1578-1000/format/big/sgarbi_new_fg.jpeg)
Incontro a palazzo Chigi tra la premier Giorgia Meloni e Vittorio Sgarbi. "Mi sono dimesso, come annunciato, nelle mani della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la ringrazio dell'attenzione che mi ha riservato", scrive l'ormai ex sottosegretario sui social al termine del colloquio con la presidente del Consiglio.
La vicenda
Come previsto il caso Sgarbi si è risolto velocemente. Giorgia Meloni, avevano detto, vorrebbe chiudere la vicenda al più presto. "Riconosco la piena legittimità della premier Meloni e la ringrazio di aver considerata corretta la mia scelta di dimettermi - aveva anticipato il critico d'arte all'Adnkronos -. Come lei stessa ha chiesto, attendo un incontro per consegnarle personalmente la mia lettera di dimissioni".
"Sgarbi si è reso conto che le dimissioni sono la scelta corretta. Accetto le dimissioni" aveva già detto lunedì scorso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, aggiungendo di volerlo incontrare "a Roma per accoglierle" come, poi, ha fatto oggi. "Sgarbi ha potuto contare su un governo che ha atteso elementi oggettivi, ora spero che Sgarbi non pretenda che quello stesso governo sugli altri decida su elementi non obiettivi. Sarebbe eccessivo", ha sottolineato la premier rispondendo alle richieste di Sgarbi.
"Io mi sono dimesso, ma i tempi delle dimissioni sono in due tempi. Per ora sono autosospeso, non ho deleghe attive né voglio esercitarle, quindi non faccio il sottosegretario" e "ho dato incarico a uno studio di procedere con la valutazione delle incompatibilità che io continuo a ritenere che non esistono" ha detto lunedì scorso il sottosegretario dimissionario Vittorio Sgarbi, ospite de 'L'Aria che tira' su La7. "Se il governo ritiene di chiedermi le dimissioni immediate, può chiedermelo e io posso anche darle, e le darò" aveva precisato ancora Sgarbi.
Chi potrebbe prendere il suo posto
Secondo gli ultimi boatos il posto lasciato libero da Sgarbi non sarebbe più riempito. Verrebbe nominato, invece, il successore di Augusta Montaruli all'Università, casella libera da un anno. In ogni caso, nella maggioranza c'è accordo nel considerare il posto appannaggio di Noi Moderati. C'è chi dice che in pole ci sarebbe Ilaria Cavo, deputata vicina a Giovanni Toti, e chi invece prevede che il sostituto del critico d'arte dovrà essere scelto dopo un confronto interno tra le anime del partito guidato da Maurizio Lupi. Voci sempre più insistenti, poi, assicurano all'Adnkronos che le 'caselle governative' in ballo sarebbero due e non una, visto che ci sarebbe bisogno di un altro sottosegretario al Mef (fonti di via XX Settembre preferiscono non commentare l'indiscrezione).
La nota dell'Antitrust
"Il sottosegretario di Stato alla Cultura, Prof. Vittorio Sgarbi ha esercitato attività professionali in veste di critico d’arte, in materie connesse con la carica di governo, come specificate in motivazione, a favore di soggetti pubblici e privati, in violazione" della legge Frattini sul conflitto di interesse aveva scritto l'Antitrust nella sua delibera, pubblicata sul bollettino settimanale. L'autorità nel bollettino rilevava, inoltre, che "con riguardo alle attività di offerta al pubblico di prodotti editoriali svolte attraverso il sito Internet www.vittoriosgarbi.it" veniva deliberata "la chiusura del procedimento istruttorio per la sopravvenuta cessazione della situazione di incompatibilità ipotizzata nell’atto di estensione oggettiva".
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.