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Foibe, Mattarella: “Si formò muro di silenzio e...

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Foibe, Mattarella: “Si formò muro di silenzio e oblio. Negare è un affronto alle vittime”

Il Capo dello Stato celebra al Quirinale il Giorno del Ricordo

Sergio Mattarella

"Un muro di silenzio e di oblio - un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità - si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani massacrati nelle foibe". Ma "i tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione". Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione al Quirinale del Giorno del Ricordo, "dedicato alla tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra".

"Sul confine orientale il nostro Muro di Berlino"

Il Presidente ha quindi ripercorso la storia di quegli anni ricordato che "il nostro Paese, per responsabilità del fascismo, aveva contribuito a scatenare una guerra mondiale devastante e fratricida; e fu grazie anche al contributo dei civili e dei militari alla lotta di Liberazione e all’autorevolezza della nuova dirigenza democratica, che all’Italia fu risparmiata la sorte dell’alleato tedesco, il cui territorio e la cui popolazione vennero drammaticamente divisi in due. Questo, tuttavia - ha sottolineato Mattarella -, non evitò che le legittime istanze di tutela della popolazione italiana residente nelle zone del confine orientale fossero osteggiate, frustrate e negate. Il nostro 'muro di Berlino' - certamente ben minore per dimensioni ma con grande intensità delle sofferenze provocate - passava per il confine orientale, per la cortina di ferro che separava in due Gorizia, allontanando e smembrando territori, famiglie, affetti, consuetudini, appartenenze".

"Stravolgimento della realtà trasformò vittime in colpevoli"

"Il nuovo assetto internazionale, venutosi a creare con la divisione in blocchi ideologici contrapposti, secondo la logica di Yalta, fece sì che passassero in secondo piano le sofferenze degli italiani d’Istria, Dalmazia e Fiume. Furono loro a pagare il prezzo più alto delle conseguenze seguite alla guerra sciaguratamente scatenata con le condizioni del Trattato di pace che ne derivò. Dopo aver patito le violenze subite all’arrivo del regime di Tito, quei nostri concittadini, dopo aver abbandonato tutto, provarono sulla loro sorte la triste condizione di sentirsi esuli nella propria Patria. Fatti oggetto della diffidenza, se non dell’ostilità, di parte dei connazionali".

"Le loro sofferenze - ha ricordato il Capo dello Stato - non furono, per un lungo periodo, riconosciute. Un inaccettabile stravolgimento della verità che spingeva a trasformare tutte le vittime di quelle stragi e i profughi dell’esodo forzato, in colpevoli -accusati indistintamente di complicità e connivenze con la dittatura- e a rimuovere, fin quasi a espellerla, la drammatica vicenda di quegli italiani dal tessuto e dalla storia nazionale".

"Colpiti per essere italiani"

"La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone -ha proseguito il Presidente della Repubblica- non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti; il cui dominio era stato – sappiamo - intollerante e crudele per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse".

"Le sparizioni nelle foibe o dopo l’internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa -ha rimarcato Mattarella- era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e per i loro figli, di ostacolare l’annessione di quei territori sotto la dittatura comunista".

"Consolidare Ue come antidoto e ripudio barbarie totalitarismo"

Quindi dal Capo dello Stato arriva un richiamo sulla situazione attuale: "Pagine buie della storia, anche d’Europa, sembrano volersi riproporre. Disponiamo di un forte antidoto e dobbiamo consolidarlo e svilupparlo sempre di più. La costruzione dell’Unione europea, pur con i suoi ritardi e le sue carenze, ha rappresentato il ripudio della barbarie provocata da tutti i totalitarismi del Novecento e la concreta e valida direzione di marcia per guardare al futuro con fiducia e speranza".

"In questo quadro -ha aggiunto Mattarella- nelle splendide terre di cui parliamo, oggi, grazie alla comune appartenenza all’Unione europea, non esistono più barriere o frontiere, ma strade e ponti. La diversità non genera più risentimento o sospetto, ma produce amicizia e progresso. Con Slovenia e Croazia coltiviamo e condividiamo, in Europa e nel mondo, i valori della democrazia, della libertà, dei diritti. E lavoriamo insieme per la pace, lo sviluppo, la prosperità dei nostri popoli, amici e fratelli. I giovani lo sanno e lo vivono".

"Gorizia, la città simbolo della divisione, è oggi associata -grazie a una generosa intuizione della Slovenia- a Nova Gorica: due città, due Stati, una sola capitale della cultura europea 2025. Occorre adesso lavorare alacremente, a livello europeo, perché anche gli altri Paesi dei Balcani Occidentali candidati all’ingresso nell’Unione -ha quindi ribadito Mattarella- possano compiere le procedure di adesione senza indugi o ritardi. Si tratta anche di una risposta concreta ai pericoli del possibile riaccendersi, nella regione, di sopiti conflitti di natura etnica o religiosa, che rischiano di riportare la storia, a tempi che non vogliamo rivivere mai più".

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Esteri

Ucraina, Macron: “Non escluso invio truppe se Russia...

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Il presidente francese torna a mettere in guardia Mosca in un'intervista al The Economist: "Siamo stati troppo titubanti nel definire i limiti delle nostre azioni nei confronti di qualcuno che non li ha più e che è l'aggressore"

Emmanuel Macron - Afp

Il presidente francese torna a mettere in guardia la Russia: in caso di sfondamento del fronte in Ucraina, l'invio di truppe di terra occidentali non è da escludere. Dalle pagine di The Economist, Emmanuel Macron torna su un concetto espresso a febbraio e che allora aveva fatto molto discutere.

"Se i russi dovessero andare a sfondare le linee del fronte, se ci fosse una richiesta ucraina - cosa che oggi non è il caso - dovremmo legittimamente porci il problema", ha affermato. "Escluderla a priori, non equivale a trarre le conclusioni degli ultimi due anni", ha aggiunto, alludendo al primo rifiuto dei paesi della Nato di inviare carri armati e aerei, e al successivo ripensamento.

"Non escludo nulla - ha quindi sottolineato il presidente francese -, perché davanti a noi c’è qualcuno che non esclude nulla. Senza dubbio siamo stati troppo titubanti nel definire i limiti delle nostre azioni nei confronti di qualcuno che non li ha più e che è l'aggressore".

"Ho un obiettivo strategico chiaro: la Russia non può vincere in Ucraina. Se la Russia vincesse in Ucraina, non ci sarebbe sicurezza in Europa", ha poi rimarcato Macron aggiungendo: "Non dobbiamo escludere nulla, perché il nostro obiettivo è che la Russia non possa mai vincere in Ucraina".

"L'aggressività della reazione russa alle mie parole ha dimostrato che ha avuto l’effetto desiderato, ossia 'non pensare che ci fermeremo qui se non lo fai'".

E ancora: "La Francia è un paese che ha effettuato interventi militari, anche di recente. Abbiamo dislocato diverse migliaia di soldati nel Sahel per combattere il terrorismo che potrebbe rappresentare una minaccia per noi. Lo abbiamo fatto su richiesta di Stati sovrani", ha detto in riferimento all'operazione Barkhane delle forze armate francesi in Mali, Ciad, Burkina Faso, Mauritania e Niger contro gruppi terroristici islamici.

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Usa, non si fermano proteste pro-Gaza nelle università:...

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Secondo quanto riportato, l'intervento sarebbe stato preceduto dal lancio di una granata stordente

Manifestanti pro-Gaza nell'Università della California - (Afp)

Le forze di sicurezza sono entrate nell'accampamento pro-Palestina allestito dai manifestanti nell'Università della California, Ucla. Lo riporta la Cnn. Secondo quanto riportato, l'intervento sarebbe stato preceduto dal lancio di una granata stordente. "Proprio negli ultimi minuti - ha riferito la corrispondente di SkyNews - la polizia ha lanciato un 'flashbang', quasi come una tecnica di distrazione, mentre avviava la sua operazione per smantellare l'accampamento". In precedenza le forze dell'ordine avevano chiesto via altoparlante ai manifestanti di lasciare il posto, dopo aver dichiarato illegale l'accampamento.

Diverse agenzie per la sicurezza hanno inviato sul posto le loro unità con compiti specifici: al Dipartimento di Polizia di Los Angeles è affidato l'incarico di mettere in sicurezza il perimetro, la California Highway Patrol entrerà nell'accampamento, il dipartimento dello sceriffo di Los Angeles sarà responsabile del controllo sulla folla. Le forze dell'ordine sul posto sono dotate di dispositivi di protezione, comprese maschere antigas, secondo le fonti citate dall'emittente.

Scontri tra gruppi filo israeliani e filo palestinesi

Ieri scontri tra gruppi di manifestanti filo israeliani e filo palestinesi sono scoppiati nel campus di Los Angeles. "Sono avvenuti orribili atti di violenza e abbiamo immediatamente chiamato la polizia", ha detto la vice rettrice. Un giornalista che lavora per il "Daily Bruin", giornale dell'università, ha riferito che i manifestanti filo Israele hanno lanciato "petardi, uno scooter, bottiglie d'acqua e gas lacrimogeni" contro il gruppo avverso.

Arrestati centinaia di manifestanti

Centinaia di manifestanti sono stati arrestati nelle ultime 24 ore durante le proteste che stanno infiammando i campus universitari negli Stati Uniti. Anche se le richieste dei manifestanti variano da università a università, la maggior parte chiede agli atenei di disinvestire dalle aziende che sostengono Israele e la guerra a Gaza.

Università dell'Arizona: mercoledì le forze dell'ordine hanno usato palline di pepe e proiettili di gomma contro i manifestanti, ha detto l'università in una nota.

A New York, circa 300 persone sono state arrestate nell'operazione di polizia condotta per sgomberare i campus della Columbia e del City College dai manifestanti pro Gaza. Ancora da capire quanti di coloro che occupavano la Hamilton Hall della Columbia fossero studenti e quanti no. Il sindaco di New York, Eric Adams, ha denunciato "un movimento per radicalizzare i giovani...non permetterà che questo accada".

Fordham University: almeno 15 persone sono state arrestate dopo che decine di manifestanti hanno allestito un accampamento all'interno dell'edificio Lowenstein dell'università, secondo una dichiarazione della scuola che ha chiesto al Dipartimento di Polizia di New York di essere nel campus almeno fino al 22 maggio.

Università di Buffalo: circa 16 persone sono state arrestate mercoledì sera dopo una protesta filo-palestinese al North Campus dell'università, ha detto la scuola in un comunicato.

Dartmouth College: Novanta persone sono state arrestate durante la protesta filo-palestinese di mercoledì con l'accusa di aver commesso reati tra cui violazione di domicilio e resistenza all'arresto, ha detto la polizia della città di Hanover nel New Hampshire.

Università del Texas a Dallas: almeno 17 arresti sono stati effettuati nel campus mercoledì sera, hanno detto i funzionari della scuola.

Università del Wisconsin-Madison: diversi manifestanti sono stati arrestati mercoledì, ha detto il cancelliere Jennifer L. Mnookin in una lettera alla comunità del campus.

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Autostrada crollata in Cina, si aggrava bilancio vittime:...

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La tragedia è avvenuta dopo giorni di forti piogge nell'area

Autostrada crollata in Cina - (Afp)

E' salito a 48 morti il bilancio ufficiale delle vittime del crollo di un tratto di un'autostrada nella provincia del Guangdong, nella Cina meridionale. Lo ha riferito l'agenzia cinese Xinhua, dopo le prime notizie di ieri che parlavano di 24 morti a seguito del cedimento di un tratto di carreggiata di 18 metri all'altezza della città di Meizhou. Almeno 30 sono le persone ricoverate in ospedale.

Circa 20 i veicoli coinvolti nel crollo, hanno riferito le autorità locali. Le immagini diffuse sui social mostrano auto travolte da terra e fango, probabilmente dopo una frana. Ancora sconosciute le cause del crollo, ma nei giorni scorsi nella regione erano state registrate piogge torrenziali.

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