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Pizzagalli (Ivsi): “Reporter del Gusto premia chi ha...
Pizzagalli (Ivsi): “Reporter del Gusto premia chi ha capito valore nostri prodotti”
La cerimonia di premiazione della 17esima edizione si è svolta ieri, al Ristorante Cracco di Milano
“Il progetto Reporter del Gusto è nato 17 anni fa per una preoccupazione che era all'interno delle aziende, quindi all'interno dell'Istituto: cercare di dare spazio e valore a coloro che avevano un'informazione corretta su quelli che sono i nostri prodotti a tutti i livelli, non soltanto nel descrivere gli aspetti nutrizionali dei prodotti, ma anche di capire il valore di questi prodotti, il legame con la tradizione, il legame con la storia". Lo spiega Francesco Pizzagalli, presidente dell’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani (Ivsi), che dal 2005 ha ideato e promosso il premio giornalistico Reporter del Gusto. La cerimonia di premiazione della 17esima edizione si è svolta ieri, al Ristorante Cracco di Milano.
"Il premio è sempre stato assegnato a figure che in qualche modo ci hanno aiutato non solo a farci conoscere, ma ad abbinare i due elementi essenziali della nostra storia: tradizione e innovazione. Il premio ha continuato negli anni e continua ancora oggi ad avere successo e devo dire che ci ha aiutato molto anche fuori dai confini del nostro Paese”, ha evidenziato Pizzagalli.
“L’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani (Ivsi) - ha ricordato il presidente - è nato nel 1985 all'interno del mondo della salumeria italiana. Nei primi anni è nato con un obiettivo ben preciso: dare una corretta informazione sulla qualità e le caratteristiche dei nostri prodotti. Nel corso degli anni, poi, l'Istituto ha compiuto passi importanti, in quanto si è occupato anche di ricerca, di sviluppo e di ricerche, che in qualche modo dovevano venire incontro alle nuove esigenze dei consumatori su prodotti con meno grassi".
L'Ivsi riunisce "tutte le aziende che appartengono a questo settore, con sono consorziati che sono direttamente iscritti all'Istituto e altri iscritti indirettamente tramite l'associazione Assica, Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi, di cui l'Istituto è parte importante, strettamente legato alle dinamiche dell'associazione”.Terza tappa nella storia dell'Istituto è rappresentata dall'impegno "a far conoscere i salumi fuori dai confini dell'Italia, in parte dell'Europa e in altri Paesi, dell'Estremo Oriente, al Nord America. L'ultima fase della vita dell'Istituto è stata dedicata ad aiutare le imprese verso il cambiamento per un modello di sviluppo sostenibile ed è il lavoro che è in corso tutt’oggi”.
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Meghan, Harry e l’ondata di regali durante tour in...
Il duca e la duchessa di Sussex li hanno potuti portare a casa senza più dover seguire il protocollo reale
Il duca e la duchessa di Sussex hanno ricevuto oltre 20 regali speciali durante il loro tour di tre giorni in Nigeria e hanno potuto portarli a casa senza più dover seguire il protocollo reale. "La coppia è stata inondata da una serie di omaggi, tra cui gioielli, opere d'arte e vestiti", scrive il Sun. Le regole sulle donazioni ai reali - ricorda il tabloid britannico - prevedono che i membri della famiglia non possano accettare alcuni regali offerti loro durante le visite. E i doni provenienti da individui non conosciuti devono essere rifiutati, "laddove vi siano dubbi sulla correttezza o sulle motivazioni del donatore o sul dono stesso".
Ma mentre il principe William e Kate Middleton dovranno seguire rigide linee guida per eventuali tour reali che effettueranno, Meghan e Harry hanno più libertà. La coppia ha fatto un passo indietro come membri della famiglia reale senior nel 2020 e ora vive in California con i loro due figli Archie e Lilibet. Pertanto, il viaggio in Nigeria si è svolto a titolo privato, nonostante molti osservatori lo abbiano definito un "finto tour reale". I regali che possono essere accettati dalla famiglia reale sono fiori, cibo e libri, se costano meno di 150 sterline (circa 175 euro). Secondo la Official royal policy, "in tutti i casi, e in particolare nei viaggi ufficiali all'estero, le organizzazioni e gli individui dovrebbero essere scoraggiati dall'offrire regali stravaganti, cioè regali di alto valore monetario".
Tutti i regali accettati dalla famiglia reale vengono annotati in un registro rigoroso e molti di essi sono ospitati nella Collezione reale o concessi in prestito a organizzazioni rispettabili. Durante il viaggio, a Harry sono stati regalati due dipinti: uno della sua defunta mamma, la principessa Diana, e un altro di lui e Meghan. Gli sono stati inoltre donati vestiti, tra cui un tradizionale gilet nigeriano e un berretto Hula. Meghan, invece, ha ricevuto un mazzo di rose da una giovane ragazza e un disegno di animali selvatici. Durante una partita di pallavolo, ai Sussex sono state regalate sciarpe tradizionali con i colori della bandiera nigeriana. Hanno anche ricevuto abiti nigeriani completi e magliette personalizzate con la scritta "Harry Dreams Big" e "Meghan Dreams Big".
Meghan ha poi avuto in regalo uno scialle da abbinare al suo abito giallo di Carolina Herrera l'ultimo giorno del tour. Le sono stati offerti anche dei bellissimi orecchini pendenti tradizionali in corallo nigeriano e, sia a lei che al marito, sono state donate collane di perline di legno. Un altro regalo che hanno avuto è stato un grande specchio con un dipinto della coppia sul retro. Il duca e la duchessa di Sussex, che hanno definito il loro viaggio in Nigeria "indimenticabile", sono tornati a casa, in California e, al momento di partire, hanno espresso la loro "più profonda gratitudine" per la "straordinaria ospitalità" del Paese.
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Massimo Galli, pm chiede 1 anno e 10 mesi per concorso...
L'infettivologo imputato per il presunto condizionamento di un concorso universitario per favorire l'assegnazione di un posto da professore associato
Condannare a un anno e dieci mesi l'infettivologo Massimo Galli, ex direttore del reparto Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, imputato per falso e per turbativa d'asta o abuso d'ufficio, per il presunto condizionamento di un concorso universitario per favorire l'assegnazione di un posto da professore associato al suo ex collaboratore Agostino Riva (un anno e sei mesi). Sono le richieste pronunciate, davanti alla X sezione penale del tribunale di Milano, dai pm Carlo Scalas ed Eugenia Bianca Maria Baj Macario.
Per la pubblica accusa è Galli, uno dei volti simbolo durante l'emergenza Covid, il "regista dell'operazione" che riguarda un concorso che si è svolto nell'aprile del 2020. Due i candidati, lo stretto collaboratore del professor Galli, Agostino Riva, e il collega del Niguarda Massimo Puoti. Riva, coimputato, aveva ottenuto il posto di professore di seconda fascia in malattie cutanee, infettive e dell'apparato digerente. Secondo l'accusa Puoti, invece, sarebbe stato svantaggiato.
Contro Galli ci sono più intercettazioni telefoniche che dimostrerebbero come il concorso sia stato 'calibrato' da Galli, "presidente della commissione giudicatrice, una persona che sposta gli equilibri all’interno del dipartimento" e che avrebbe favorito Riva con cui ha "uno stretto rapporto fiduciario". In sostanza "una selezione vera in questo caso non c’è stata", ma i criteri valutativi sarebbero stati cuciti addosso ai candidati.
Nella selezione il curriculum "strutturato" di Puoti, direttore al Niguarda, non basta, ma "Andare contro Galli significa andare contro una macchina mediatica, era come andare contro Maradona a Napoli" spiega il pm Scalas. "Parlerò alla fine del processo" il commento di Galli al termine della requisitoria. La sentenza potrebbe arrivare nell'udienza del 13 giugno.
Salute e Benessere
Settimana della tiroide, esperti: “Per 6 milioni più...
Dal 20 al 25 maggio riflettori accessi in tutto il mondo su patologia e spesa sanitaria - Associazioni pazienti e società scientifiche 'ora riconoscimento di malattia cronica'
In Italia le persone che soffrono di patologie della tiroide sono più di 6 milioni. La Settimana mondiale della tiroide è l’occasione per parlare delle malattie che colpiscono questa ghiandola, dell'importanza di una diagnosi corretta e degli opportuni controlli, senza eccedere. Anche quest’anno la Smt si celebrerà a partire dal 20 maggio e si concluderà il 25 maggio, nella Giornata mondiale della tiroide.
“Malattie tiroidee croniche: più informazione meno esami inutili” vuole essere un invito - riporta una nota - rivolto a tutta la popolazione, ad avere un ruolo attivo nell’informarsi, da fonti qualificate, sui temi della salute e che l’informazione sia considerata parte degli stili di vita raccomandati al pari della buona alimentazione e del movimento. Le organizzazioni dei pazienti e la comunità scientifica - riferisce la nota - chiedono che l’Organizzazione mondiale della sanità riconosca le malattie tiroidee quali malattie non trasmissibili che, per definizione della stessa Oms, sono le patologie croniche, a lungo decorso, che derivano da una combinazione di fattori genetici, ambientali e comportamentali, differenziandosi quindi dalle malattie infettive contagiose, trasmissibili da un soggetto all’altro, che causano epidemie.
Le malattie non trasmissibili costituiscono la principale causa di morte e di disabilità nel mondo: appartengono a questa categoria le malattie cardiovascolari, il cancro, le malattie respiratorie croniche, il diabete e anche l’obesità. L’interesse principale nel far riconoscere le malattie della tiroide nell’ambito delle malattie croniche risiede nel fatto che la ricerca biomedica - si legge nella nota - in questo settore richiede finanziamenti cospicui; riconoscere le malattie tiroidee quali malattie croniche consentirebbe l’accesso a maggiori finanziamenti per nuovi studi i cui risultati andrebbero a beneficio della popolazione interessata da tali patologie.
"La Settimana mondiale della tiroide 2024 - ricorda Rossella Elisei, presidente Associazione italiana tiroide (Ait) e coordinatrice della Smt - è patrocinata dall’Iss e promossa dalle principali società scientifiche endocrinologiche, mediche e chirurgiche, quali Associazione italiana della tiroide (Ait), Associazione medici endocrinologi (Ame), Società italiana di endocrinologia (Sie), Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica (Siedp), Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg), Società italiana unitaria di endocrino chirurgia (Siuec), Associazione italiana medicina nucleare (Aimn), European thyroid association (Eta), insieme a Cape - Comitato delle associazioni dei pazienti endocrini e sostenuta con un contributo incondizionato da parte di Eisai, Ibsa e Merck Serono".
La maggior parte delle malattie della tiroide "possono entrare di diritto nel gruppo delle malattie non trasmissibili - afferma Gianluca Aimaretti, presidente Sie - Sia l’ipertiroidismo che l’ipotiroidismo sono patologie croniche, nella maggior parte dei casi di natura autoimmune, ovvero causate da una reazione immunitaria anomala che si rivolge contro le cellule della tiroide, causandone distruzione nel caso dell’ipotiroidismo o eccessiva stimolazione nel caso dell’ipertiroidismo. In entrambi i casi si tratta di patologie che hanno necessità di essere periodicamente controllate, senza eccedere nel numero dei controlli e nel tipo di esami da eseguire ciclicamente. Ad esempio, il dosaggio degli autoantianticorpi, il cui valore numerico può variare indipendentemente dalla variazione clinica della malattia, non va ripetuto ad ogni controllo, ma solo in particolari momenti del percorso di cura identificati dallo specialista".
È "importante, tuttavia, sottolineare che, se è vero che da un lato la frequente ripetizione di esami clinici e strumentali non strettamente necessari, rappresenta una delle voci più dispendiose, per quanto riguarda il bilancio del nostro Ssn, dall’altro - fa notare Fabio Monzani, delegato Sigg - non deve essere dimenticata, come invece purtroppo spesso accade, la necessità del monitoraggio della funzione tiroidea nei pazienti anziani con nota patologia, soprattutto se in terapia con ormone tiroideo o farmaci antitiroide".
E "proprio per la natura cronica della maggior parte delle patologie tiroidee - sottolinea Renato Cozzi, presidente Ame - è indispensabile che l’endocrinologo avvicini con empatia questi pazienti, che spesso incontrano lo specialista dopo lunghi periodi di attesa". Anche "la patologia nodulare tiroidea è una patologia cronica - aggiunge Laura Fugazzola, presidente Eta - La presenza di noduli di ridotte dimensioni, a volte più piccoli di 1 cm, è molto comune nella popolazione generale adulta (50% degli over 50) ma la loro rilevanza clinica è molto scarsa. Per tale motivo l’esecuzione di ecografie tiroidee su grandi segmenti di popolazione, eseguite senza una motivazione clinica, è oggi sconsigliata perché evidenzierà noduli che avranno una scarsissima importanza clinica, ma che provocheranno inutile preoccupazione nel soggetto in cui sono stati casualmente rilevati".
"Diversamente, i noduli di dimensioni più grandi - sottolinea Fugazzola - devono essere valutati per la possibilità di alterare la funzione tiroidea e per verificarne la loro natura. Noduli benigni che non alterano la funzione ghiandolare dovranno comunque essere controllati periodicamente e l’inserimento di questa condizione clinica tra le malattie croniche potrebbe contribuire a ridurre la spesa sanitaria attraverso una migliore programmazione dei controlli clinici, evitando quindi la ripetizione di esami inutili. Allo stesso tempo si potrebbe prevedere di inserire questa patologia, in quanto cronica, tra le esentabili dal pagamento del ticket".
Fondamentale per Antonella Olivieri del Dipartimento di Malattie Cardiovascolari, Endocrino-Metaboliche e dell'Invecchiamento dell'Iss, "fare prevenzione attraverso la profilassi con sale iodato: la patologia nodulare tiroidea è infatti fortemente condizionata dalla carenza di iodio. Sebbene in Italia, grazie alla campagna sull’uso del sale iodato iniziata nel 2005, la nutrizione iodica sia molto migliorata, occorre che la popolazione continui ad essere sensibilizzata ad utilizzare poco sale e solo iodato già a partire dall’età pediatrica, al fine di contrastare in maniera rilevante la formazione del gozzo e dei noduli tiroidei".
Capitolo a parte per i tumori della tiroide. "Sono senz'altro da considerare tra le malattie croniche non trasmissibili - spiega Elisei (Ait) - in quanto spessissimo, e fortunatamente, guariscono o cronicizzano con una bassa probabilità di recidivare ma, trattandosi di pazienti tiroidectomizzati e sottoposti a terapia con ormone tiroideo, devono essere seguiti per lungo tempo. Anche per questa patologia vi sono dei fattori di rischio che possono essere positivamente modificati, ad esempio evitando o minimizzando l’esposizione della regione del collo alle radiazioni ionizzanti".
L’identificazione della malignità del nodulo "avviene con l’agoaspirazione e l’esame citologico - aggiunge Elisei - che però oggi vengono riservati solo a noduli di dimensioni maggiori di un centimetro e con caratteristiche ecografiche sospette. È importante ricordare che solo il 5% dei noduli tiroidei è di natura maligna e raramente si presenta in forma avanzata con lesioni a distanza. La terapia chirurgica e, quando opportuno la terapia radiometabolica, possono risolvere completamente la malattia. Viste le caratteristiche di queste malattie molto diffuse, ma spesso, non gravi e curabili con successo, è particolarmente importante promuovere un’informazione esauriente ma non allarmistica, evitando approfondimenti diagnostici non motivati".
Nella gestione delle patologie croniche della tiroide anche la "medicina nucleare svolge un ruolo importante - evidenzia Marco Maccauro, delegato Aimn - in particolare, due procedure comuni utilizzate sono la scintigrafia tiroidea e la terapia con iodio radioattivo. Queste procedure richiedono la valutazione accurata del paziente, la scelta appropriata della procedura, dosaggi precisi, monitoraggio attento e gestione responsabile dei rifiuti radioattivi. Queste pratiche contribuiscono a garantire risultati efficaci e sicuri per i pazienti affetti da patologie tiroidee croniche".
Diventa "quindi importante che giungano a valutazione chirurgica, sia per patologia benigna che tumorale, i soggetti che trovino effettiva indicazione e che al paziente venga proposto il percorso e l’eventuale opzione chirurgica più idonea - ribadisce Giovanni Docimo, presidente Siuec - Non esiste un trattamento standard per tutti ma numerose opzioni terapeutiche da verificare caso per caso in cui, dopo una attenta valutazione di tutti fattori di rischio, il colloquio tra l’endocrinologo, il chirurgo ed ovviamente l’interessato riveste un ruolo fondamentale nel proporre il trattamento più adeguato".
L’unico screening di massa necessario per le patologie tiroidee (in atto, per legge, da molto tempo nel nostro Paese) "è lo screening per l’ipotiroidismo congenito - ricorda Malgorzata Wasniewska, presidente eletto Siedp - che ancora oggi rappresenta la più frequente endocrinopatia dell’infanzia e che grazie allo screening consente di identificare i neonati affetti, e iniziare subito la terapia che risolverà il quadro clinico, ma che dovrà essere portata avanti per tutta la vita. Lo screening per l’ipotiroidismo congenito, durante i suoi 50 anni di storia, ha permesso, grazie all’intervento tempestivo, di prevenire il ritardo psico-motorio e mentale nei soggetti affetti dalla citata patologia".
Infine, Anna Maria Biancifiori, presidente Cape: "Siamo impegnati a portare e facilitare, attraverso tutte le nostre iniziative sul territorio, un’adeguata e corretta informazione che pensiamo possa aiutare il paziente a convivere con queste patologie croniche. Il loro eventuale riconoscimento all’interno delle malattie croniche non trasmissibili comporterà un beneficio sia clinico che economico per i pazienti che ne sono portatori" conclude.