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Tatarella, al Senato il ricordo del ‘ministro...

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Tatarella, al Senato il ricordo del ‘ministro dell’armonia’, in Sala applausi per Mattarella

La Russa: "Ci insegnò a mettere in un cantuccio ogni nostalgismo"

Tatarella, al Senato il ricordo del 'ministro dell'armonia', in Sala applausi per Mattarella

Doppio evento in Senato per ricordare Pinuccio Tatarella, ex vicepremier e ministro, tra i fondatori di Alleanza nazionale, a 25 anni dalla scomparsa. In Sala Maccari prima tavola rotonda con la cerimonia di presentazione del francobollo dedicato al politico che venne chiamato il ministro 'dell'armonia', per la capacità di trovare sintesi tra le varie posizioni, sin dai tempi del primo governo Berlusconi. A prendere la parola sono il fratello Fabrizio Tatarella, il ministro per il made in Italy Adolfo Urso, l'attuale capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama, Maurizio Gasparri, con loro il giornalista Italo Bocchino.

La Russa sottolinea subito come "a Pinuccio si debba la nascita del bipolarismo, rimasto purtroppo imperfetto in Italia". Poi il ricordo di Tatarella, la rievocazione della sua carriere politica, dal Msi ad An, si spostano nella sala Koch, dove arriva accolto dagli applausi degli ex aennini e dei senatori di Fdi, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nella sala, alle spalle dell'emiciclo, a discutere dello scomparso Tatarella sono Giuseppe Valentino, presidente della Fondazione An, ancora il presidente del Senato Ignazio La Russa, che fa gli onori di casa, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, i giornalisti Maurizio Belpietro, Stefano Folli e Antonio Polito.

In Senato anche l'ex presidente di Alleanza nazionale e della Camera dei deputati, Gianfranco Fini e la ministra Daniela Santanchè, seduta in prima fila. Con loro Lucio Malan, presidente dei senatori di Fdi, il questore Gaetano Nastri (Fdi), il responsabile della organizzazione di Fdi, Giovanni Donzelli, la senatrice di Fi, Stefania Craxi, per citare alcuni dei presenti.

La Russa ringrazia Mattarella, 'onore averla qui'

Al centro del dibattito è il tema della politica inclusiva, di "allargamento e ascolto" che per tutti fu la cifra della lezione politica di Tatarella. "Seppe unire cose anche lontane, come la Lega e la destra quando erano ai ferri corti -sintetizza Gasparri- Servirebbe sempre gente come lui, ma purtroppo ce ne sono pochi". Il ministro Sangiuliano ricorda che Tatarella disse che lui "figlio di calzolaio" si era iscritto al Msi "perché era il partito più anticomunista di tutti, dicendo che non era per il fascismo".

Per il titolare della Cultura "Tatarella capì prima di tutti che il mondo stava cambiando, fece entrare in An, ex Dc, repubblicani, liberali" perché "aveva fatto propria la lezione di Croce, pensava che l'azione politica dovesse essere preceduta da quella culturale", sottolinea il ministro del governo Meloni. "Qualcuno dice che sia stato il 'dottor Sottile' del Berlusconismo", ricorda poi il giornalista Polito. A chiudere il convegno l'intervento di Ignazio La Russa. "Non c'è scelta che ho fatto che non mi chiedo se sia nel solco di Pinuccio", dice la seconda carica dello Stato. "Si arrabbiava sulla nostra incapacità di capire dove dovevamo andare, ci insegnò a mettere in un cantuccio ogni nostalgismo e il segno esteriore -a volte non esteriore- del passato".

"Fu convinto che la figura giusta" per quel cambiamento "prima di An fosse quella di Gianfranco Fini. Non ha perso di vista la necessità di una destra che non dimenticasse la storia, ma facesse la storia", ricorda ancora l'ex colonnello di An. "Sono commosso e onorato di averla qui", dice poi rivolto a Mattarella La Russa. "Il suo riferimento -ricorda- nella fase di trapasso fu il presidente Mattarella, abbiamo fatto delle cene per discutere del Mattarellum, cui seguì non a caso il Tatarellum". Vede il 'timbro' di Tatarella anche sulla prima donna a palazzo Chigi, La Russa: "Credo che anche il ruolo della prima donna presidente del Consiglio sia la chiusura di una storia che non solo Tatarella aveva immaginato, ma probabilmente sperato".

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Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Politica

Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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