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Terapia digitale per trattare artrosi ginocchio, team italiano studia App

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

Bernetti, ordinario di Medicina fisica e riabilitativa dell'Università del Salento: "E' la nuova frontiera della e-health, l'Ai per gestire in tempo reale se il paziente segue bene o meno gli esercizi di riabilitazione"

Terapia digitale per trattare artrosi ginocchio, team italiano studia App

Trattare l'artrosi del ginocchio con l'aiuto della terapia digitale, la nuova frontiera della medicina che utilizza software guidati dall'Ai, basati sull'evidenza scientifica ottenuta attraverso una sperimentazione clinica rigorosa, con lo scopo di prevenire o di trattare una patologia. Andrea Bernetti, professore ordinario di Medicina fisica e riabilitativa del corso di Laurea MedTec, percorso formativo in Medicina e Chirurgia a forte vocazione tecnologica e bio-ingegneristica, dell'Università del Salento (Lecce), coordina un progetto di ricerca nell'ambito dei Progetti di rilevante interesse nazionale (Prin) che ha come scopo lo sviluppo di una terapia digitale per il trattamento multimodale dell'artrosi del ginocchio.

"Lo sviluppo di questa applicazione, che vede fra l'altro come partner l'Università Campus Bio-Medico di Roma, Università degli Studi 'G. d'Annunzio' Chieti-Pescara e Università degli Studi dell'Aquila, - spiega all'Adnkronos Bernetti - rappresenterebbe la prima tipologia di terapia digitale per il trattamento dell'artrosi di ginocchio in Italia e in Europa. Il progetto, chiamato 'Sydidoa' o 'Symptomatic Digital Drugs for Osteoarthritis', è iniziato alla fine del 2023 e la sua durata sarà di 24 mesi. L'obiettivo è quello di creare un supporto digitale per il clinico ed il paziente affetto da artrosi di ginocchio, che permetta di ridurre il dolore e migliorare la funzione attraverso la sinergia con i trattamenti convenzionali".

In pratica, "l'applicazione funziona attraverso un sistema di riconoscimento video dei movimenti eseguiti dal paziente (video motion track) durante l'esecuzione di alcuni esercizi prescritti dal medico. Il paziente esegue l'esercizio mostrato da un video sullo schermo e, in tempo reale, la telecamera del dispositivo riconosce se il paziente lo stia eseguendo bene o meno, avvisandolo in caso di errore - sottolinea Bernetti - Questo sistema in riabilitazione si può anche definire 'bio-feedback', la differenza è che sarà tutto gestito da una App specifica e la cui efficacia dovrà essere dimostrata da uno studio clinico. Una vera e propria terapia digitale".

"L'artrosi rappresenta la principale causa di disabilità nel mondo occidentale e la principale causa di giorni vissuti con disabilità nella popolazione europea - ricorda Bernetti che è anche vice presidente della Società italiana di Medicina fisica e riabilitativa - Questa tendenza è in costante crescita anche in considerazione dell'invecchiamento della popolazione. Le opportunità presentate dalle tecnologie digitali nell'ambito medico e dell'assistenza sanitaria stanno ricevendo un'attenzione incredibile sia dalle autorità regolatorie che dal mondo clinico e scientifico".

"Inoltre, la pandemia da Covid-19 ha enormemente amplificato e accelerato l'uso di queste tecnologie rivoluzionarie. Da questo punto di vista, per molte patologie - aggiunge - in particolare quelle degenerative croniche, si stanno cercando soluzioni tecnologiche avanzate per la diagnosi, il trattamento e la riabilitazione. In particolare, considerando il mondo dell'e-health, una delle linee di sviluppo più interessanti al momento è rappresentata dalle terapie digitali".

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Cronaca

Covid, più rischi di infarto e ictus fino a 3 anni dopo la...

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Ma secondo la ricerca finanziata dagli Nih Usa sul periodo pre-vaccini, c'è un gruppo sanguigno che sembra proteggere da effetti gravi

Attacco di cuore -

Il Covid ha aumentato significativamente il rischio di infarto, ictus e morte fino a 3 anni dopo l'infezione. In particolare dopo una forma grave, tra le persone che hanno contratto il ceppo originale di Sars-CoV-2 durante la prima ondata, prima dell'arrivo dei vaccini. E' la conclusione di uno studio finanziato dai National Institutes of Health (Nih) americani e pubblicato sulla rivista 'Arteriosclerosis, Thrombosis, and Vascular Biology', dal quale emerge anche un'altro dato: le persone con gruppo sanguigno 0 sembrerebbero più protette dagli effetti gravi di Covid-19.

Ricerche precedenti hanno già indicato una maggiore probabilità di eventi cardiovascolari dopo un'infezione Covid, ricordano gli Nih. Ma i nuovi risultati, precisa l'agenzia governativa, sono i primi a suggerire che questo rischio aumentato potrebbe durare fino a 3 anni dopo il contagio, almeno per le persone che si sono infettate nel corso della prima ondata. Il nuovo lavoro, aggiungono gli Nih, è anche il primo a dimostrare che la maggiore probabilità di infarto e ictus dopo una forma grave di Covid-19 potrebbe avere una componente genetica relativa al gruppo sanguigno. Gli autori hanno infatti osservato che un ricovero per Covid ha più che raddoppiato il rischio di infarto o ictus tra i pazienti con sangue dei gruppi A, B o AB, ma non in quelli di gruppo 0. Questo perché avere sangue di gruppo 0 sembra associarsi a un rischio inferiore di Covid grave.

Lo studio ha coinvolto 10mila pazienti della Uk Biobank, di età compresa fra 40 e 69 anni, di cui 8mila avevano avuto una positività al coronavirus pandemico e 2mila erano stati ricoverati in ospedale per Covid-19 grave, tra il primo febbraio e il 31 dicembre 2020. Nessuno era stato vaccinato contro Covid, perché i vaccini allora non erano ancora disponibili. I due gruppi sono stati confrontati con un terzo, composto da quasi 218mila persone che in quel periodo non erano state contagiate da Sars-CoV-2. I ricercatori hanno quindi monitorato i pazienti dei primi due gruppi dal momento della diagnosi di Covid-19 fino allo sviluppo di infarto o ictus, o alla morte, per quasi 3 anni. Considerando le persone con cardiopatia preesistente, pari a circa l'11% in entrambi i gruppi, gli scienziati hanno calcolato che - rispetto a chi non aveva mai avuto Covid - il rischio di infarto, ictus e morte era 2 volte più alto tra chi era stato infettato e 4 volte maggiore tra chi aveva avuto una forma grave, da ricovero in ospedale. Per tutti i 3 anni di follow-up, inoltre, la probabilità di un evento cardiovascolare maggiore restava significativamente più alta nelle persone che avevano avuto Covid, rispetto ai controlli. In alcuni casi, il pericolo di infarto o icuts era paragonabile a quello conferito da un fattore di rischio cardiovascolare noto, come il diabete di tipo 2, o addirittura superiore.

"Questo studio getta nuova luce sui potenziali effetti cardiovascolari a lungo termine di Covid-19", che rappresenta "una minaccia per la salute pubblica ancora incombente", afferma David Goff, direttore della Divisione di Scienze cardiovascolari del National Heart, Lung and Blood Institute, parte degli Nih "Questi risultati, soprattutto se confermati da un follow-up a lungo termine - aggiunge - supportano gli sforzi per identificare strategie efficaci di prevenzione delle malattie cardiache per i pazienti che hanno avuto una forma grave di Covid-19. Ma serviranno altri studi per dimostrarne l'efficacia".

"Considerando che oltre 1 miliardo di persone in tutto il mondo hanno già contratto l'infezione" da Sars-CoV-2, "le implicazioni per la salute cardiaca globale sono significative", avverte Hooman Allayee, professore di Scienze della popolazione e della salute pubblica alla University of Southern California, Keck School of Medicine di Los Angeles, responsabile dello studio. "La questione, ora - sottolinea - è capire se Covid-19 grave debba essere considerato un altro fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, proprio come il diabete di tipo 2 o la malattia arteriosa periferica".

Gli autori puntualizzano che i risultati del lavoro si applicano principalmente alle persone che sono state infettate da Sars-CoV-2 all'inizio della pandemia, mentre non è chiaro se il rischio di malattie cardiovascolari persista o possa persistere in chi si è ammalato gravemente di Covid dal 2021 a oggi. Gli scienziati spiegano anche che i risultati andranno confermati con ulteriori indagini su una popolazione etnicamente più differenziata da quella della Uk Biobank. Infine, poiché i partecipanti allo studio non erano vaccinati, saranno necessarie future ricerche per determinare se lo stato vaccinale influenza o meno il rischio cardiovascolare da Covid. Serviranno poi studi sul legame tra infezione e gruppo sanguigno, perché il meccanismo di interazione gene-virus resta poco chiaro.

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Cronaca

Treni, da oggi sciopero nazionale di 24 ore: Frecce,...

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Possibili cancellazioni totali e parziali dei treni, l'invito a riprogrammare i viaggi. Orari, treni garantiti, come chiedere il rimborso

Sciopero treni  - Fotogramma

Sciopero nazionale dei treni oggi, sabato 12 ottobre. Lo stop durerà 24 ore. Proclamato da alcune sigle sindacali autonome, lo sciopero del personale del Gruppo FS Italiane inizierà dalle ore 21 di oggi e terminerà alle ore 21 di domani, domenica 13 ottobre.

Frecce, Intercity e regionali a rischio

Lo sciopero - fa sapere il gruppo Fs - potrebbe avere un impatto significativo sulla circolazione ferroviaria e comportare cancellazioni totali e parziali di Frecce, Intercity e treni del Regionale di Trenitalia. Gli effetti, in termini di cancellazioni e ritardi, potranno verificarsi anche prima e protrarsi oltre l’orario di termine della protesta sindacale.

Trenitalia, tenuto conto delle possibili importanti ripercussioni sul servizio, invita i passeggeri a informarsi prima di recarsi in stazione e, ove possibile, a riprogrammare il viaggio. Informazioni su collegamenti e servizi attivi sono disponibili attraverso l’App Trenitalia, la sezione Infomobilità del sito web trenitalia.com, i canali social e web del Gruppo Fs Italiane, il numero verde gratuito 800 89 20 21, oltre che nelle biglietterie e negli uffici assistenza delle stazioni ferroviarie, le self-service e le agenzie di viaggio convenzionate.

Servizi minimi e treni garantiti

Nelle giornate di sciopero Trenitalia assicura servizi minimi di trasporto, riportati di seguito, predisposti a seguito di accordi con le organizzazioni sindacali, ritenuti idonei dalla Commissione di Garanzia per l'attuazione della Legge 146/1990.

I treni che si trovano in viaggio a sciopero iniziato arrivano comunque alla destinazione finale se è raggiungibile entro un'ora dall'inizio dell'agitazione sindacale; trascorso tale periodo, i treni possono fermarsi in stazioni precedenti la destinazione finale. Qui i treni garantiti in caso di sciopero.

Come chiedere il rimborso

I viaggiatori, che intendono rinunciare al viaggio, possono chiedere il rimborso a partire dalla dichiarazione di sciopero:

- fino all’ora di partenza del treno prenotato, per i treni Intercity e Frecce;

- fino alle ore 24:00 del giorno antecedente lo sciopero stesso, per i treni Regionali;

In alternativa possono riprogrammare il viaggio, a condizioni di trasporto simili, non appena possibile, secondo la disponibilità dei posti.

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Cronaca

Omicidio Sarah Scazzi, Valentina Misseri: “E’...

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La sorella di Sabrina rompe il lungo silenzio

Sarah Scazzi

"Mio padre" ha ucciso Sarah Scazzi. Valentina Misseri accusa il padre Michele per l'omicidio della cugina Sarah Scazzi, uccisa a Avetrana il 26 agosto 2010. Per il delitto, Sabrina Misseri - sorella di Valentina - e la madre Cosima Serrano sta scontando l'ergastolo. Michele Misseri a febbraio è tornato in libertà dopo aver scontato la pena per soppressione di cadavere.

"Ma strasicuro proprio. Secondo me lui ci ha provato con Sarah", dice Valentina Misseri intervistata da Salvo Sottile a Far West in onda su Rai3. "Giustamente lei si è rifiutata. E forse lì mio padre ha temuto che Sarah l'avrebbe raccontata a noi anche per salvarsi o per scappare. Quindi secondo me lui è lì che poi l'ha voluta zittire, l'ha voluta zittire per sempre. Buona parte dell'opinione pubblica pensa che io faccia parte comunque di una famiglia di assassini, quindi comunque io vengo chiamata assassina", aggiunge.

"C'era proprio l'intenzione dall'inizio di prendere mia sorella. Buona parte dell'opinione pubblica pensa che io faccia parte, comunque no, di una famiglia di assassini e comunque sono amareggiati che io stia fuori e non in carcere insieme a mia madre e mia sorella - ha aggiunto Valentina Misseri rompendo così un lungo silenzio - Nonostante io sia arrivata ad Avetrana quasi due settimane dopo. Ci sono stati momenti in cui ho pensato mesi dopo, adesso verranno a prendere pure me perché così si accontenta di più la l'opinione pubblica".

"Io penso a mia madre tutti i giorni cioè appena mi sveglio e quando vado a dormire e non posso chiamarla - ha concluso Valentina Misseri - cioè non posso confidarmi con lei, mi manca proprio un pilastro, è come se fossi orfana come se non avessi più nessuno".

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