Esteri
Biden e l’incubo delle ‘guerre eterne’...
Biden e l’incubo delle ‘guerre eterne’ difficili da chiudere
Dall'obbligo di risposta se colpiti al rischio escalation a un passo dalle elezioni i crucci Usa
"E' arrivato il momento di mettere fine alla guerra eterna". Così Joe Biden annunciava nel 2021 la decisione di andare avanti con i piani di ritiro delle forze Usa dall'Afghanistan. Una decisione rivelatasi poi fatale, come ha dimostrato la disastrosa debacle del ritiro delle truppe americane nell'agosto del 2021 e la caduta di Kabul e l'intero Paese di nuovo nella mani dei talebani, contro i quali l'America del post 11 settembre aveva avviato 20 anni prima il conflitto più lungo della sua storia.
Houthi, nuova 'forever war'?
E negli ultimi giorni Biden si è visto costretto a fare di nuovo ingresso in una serie di campi di battaglia dell'era post 11/9 che si confermano essere 'guerre eterne' difficili da chiudere. Con le decine di raid venerdì notte contro obiettivi di gruppi filoiraniani in Iraq e Siria - il teatro della guerra tra la coalizione internazionale guidata dagli Usa contro lo Stato Islamico la cui minaccia si sperava annientata a partire dal 2017 - e poi la notte successiva con la nuova, massiccia, ondata di raid contro le basi dei ribelli Houthi nello Yemen dove sembra quindi riproporsi un'altra 'forever war'.
"Se colpite un americano, noi risponderemo", è il mantra a cui, ha ribadito Biden dopo i raid di venerdì in risposta all'uccisione dei tre militari americani nella base in Giordania, Washington è costretta ad attenersi. Anche se gli analisti sono scettici sul fatto che i raid di venerdì potranno ottenere obiettivi strategici considerevoli, considerando che l'amministrazione Biden ha ampiamente preannunciato le sue mosse e deliberatamente scelto di evitare di coinvolgere elementi del regime iraniano, sponsor dei gruppi che dal 7 ottobre, inizio della guerra a Gaza, hanno lanciato oltre 160 attacchi contro le forze Usa nella regione.
Le valutazioni degli analisti
"E' apparsa un'azione significativa da parte dell'amministrazione Biden, ma d'altra parte non credo che riuscirà minimamente a scoraggiare questi gruppi - spiega Charles Lister, direttore del programma Siria del Middle East Institute - queste milizie sono impegnate in questa campagna da oltre 20 anni e sono predisposte ad una lotta di lungo termine, di cui fa parte l'attuale campagna d'attrito contro gli Usa".
Quello che è più probabile è che i raid faranno crescere maggiormente la tensione e la rabbia nella regione, con la spinta a rispondere "all'escalation con l'escalation", come ha detto gli Houthi. Anche se, sottolineano alti analisti, il dato importante è che al momento né Washington né Teheran vogliono un conflitto vero e proprio.
"L'amministrazione Biden ha di fronte a sé le elezioni di novembre, e non ha bisogno di un'altra costosa avventura militare all'estero, problemi per la sua politica con Israele o un aumento del prezzo della benzina - ha scritto Nick Paton Walsh sulla Cnn - l'economia iraniana è ancora instabile, le tensioni interne non sono una memoria così distante e ha l'obiettvo di allargare la sua influenza regionale, traendo vantaggio dalla sua relazione con Mosca e, a quanto appare, continuare la marcia verso il nucleare".
Esteri
Russia, Putin ‘licenzia’ Shoigu: Belousov nuovo...
Il nome indicato dal presidente
Vladimir Putin silura Sergei Shoigu e sceglie un nuovo ministro della Difesa. Il presidente russo ha proposto, per il nuovo governo da formare dopo la sua rielezione avvenuta a marzo, il nome di Andrei Belousov - come riferisce l'agenzia Tass - per l'incarico ricoperto da Shoigu dal 2012 a oggi. Belousov, nel precedente governo, era vice primo ministro.
In ambito militare, spicca la conferma del generale Valeri Gerasimov come Capo di stato maggiore generale delle Forze armate. Putin, tra le nomine, ha proposto nuovamente il nome di Sergei Lavrov per la carica di ministro degli Esteri. La composizione del nuovo governo sarà sottoposta al Consiglio della Federazione Russa, che si riunirà martedì 14 maggio.
Perché Shoigu viene rimosso, cosa farà
Shoigu viene ricollocato: sarà segretario del Consiglio di Sicurezza, come stabilito dal decreto del presidente, e prenderà il posto di Nikolai Patrushev, che verrà destinato a un nuovo incarico.
Come ha spiegato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, Shoigu sarà anche il numero 2 di Putin nella Commissione dell'industria militare della Federazione. Secondo l'agenzia Ria Novosti, la decisione di rimuovere Shoigu dal ministero della Difesa è legata all'esigenza di affidare il dicastero ad un civile per favorire l'evoluzione del ministero, che "dovrebbe essere aperto all'innovazione e alle idee avanzate".
Peskov ha evidenziato l'importanza del processo di integrazione dell'industria militare nel sistema economico del paese per adeguarsi in maniera più rapida e funzionale alle dinamiche in continua evoluzione.
Esteri
Morto l’uomo con un rene da maiale a due mesi dal...
Il Massachusetts General Hospital: "Nulla fa pensare che il decesso sia legato all'intervento"
E' morto Richard 'Rick' Slayman, 62 anni, che era stato a trapianto con un rene di maiale geneticamente modificato. Il decesso, riferisce il Guardian, circa due mesi dopo l'intervento del Massachusetts General Hospital che ha precisato che "nulla fa pensare che abbia perso la vita per l'operazione".
I chirurghi avevano detto che il rene di maiale sarebbe durato almeno due anni. Il team dei trapianti dell'ospedale del Massachusetts ha dichiarato in un comunicato di essere profondamente addolorato e ha espresso le sue condoglianze alla sua famiglia.
Slayman è stata la prima persona vivente a sottoporsi alla procedura. In precedenza, i reni di maiale erano stati temporaneamente trapiantati soggetti in riceventi cerebralmente morti a scopo sperimentale. Slayman aveva subito un primo trapianto di rene in ospedale nel 2018, ma era dovuto tornare in dialisi l’anno scorso e in presenza di altre complicazioni i suoi medici gli suggerirono il trapianto di rene di maiale.
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Tunisia, arrestata nota opinionista Sonia Dahmani
L'Organismo Congressuale Forense chiede l'intervento dell'Italia per il suo immediato rilascio. "Grave violazione dei diritti umani" dice all'Adnkronos l'avvocato Mario Scialla
Arrestata Sonia Dahmani, avvocato e nota opinionista tunisina. Il mandato, emesso dal gip del tribunale di Tunisi, è stato eseguito sabato sera. Lo ha detto all'agenzia di stampa tunisina Tap il portavoce del Tribunale di Tunisi, Mohamed Zitouna, aggiungendo che "la procura desidera chiarire che gli agenti delle forze dell'ordine incaricati dell'esecuzione del mandato lo hanno eseguito sulla base della buona applicazione della legge e dell'efficienza delle indagini in corso e che tutte le procedure legali sono state rispettate".
Zitouna ha sottolineato che il caso contro la Dahmani, che secondo lui era "in fuga", non ha nulla a che fare con la sua professione di avvocato. Ha, inoltre, spiegato che sono attualmente indagati anche i giornalisti Borhen Bssais e Mourad Zeghidi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di primo grado di Tunisi. Gli esiti delle indagini e gli sviluppi verranno comunicati successivamente. L'avvocato Sonia Dahmani - conclude la Tap - è stata portata via durante un sit-in presso la sede dell'Ordine degli avvocati, in esecuzione del mandato di arresto.
L'Organismo Congressuale Forense "chiede che il governo italiano si attivi immediatamente per il rilascio dell'avvocato Dahmani e pretenda dai propri partner internazionali garanzie in ordine al rispetto dei diritti fondamentali sanciti nei trattati internazionali, esprimendo fortissima preoccupazione in ordine a tutti gli accordi bilaterali con Paesi i cui governi non rispettino i diritti umani e le fondamenta dello stato di diritto, quali l'indipendenza dell'avvocatura e la libertà di stampa".
Quello che è avvenuto "ci preoccupa molto - dice all'Adnkronos il coordinatore dell'Organismo Congressuale Forense, l'avvocato Mario Scialla - una violazione grave nei confronti di un avvocato nel corso di un'attività associazionistica. Da qui il nostro invito all'Italia ad intervenire considerato che si tratta di un Paese 'partner' del nostro per tutta una serie di politiche".